Valido l’accertamento notificato a chi si dichiara coniuge del destinatario

Se all’ufficiale notificatore si dichiara un rapporto di parentela con il soggetto cui è destinato l'avviso di accertamento, la notifica è da considerarsi pienamente efficace e valida .

Il caso. Secondo la Suprema Corte di Cassazione Sesta Sezione Civile, sentenza numero 18492/2013, depositata il 1° agosto non può considerarsi inesistente la notifica a persona rivelatasi estranea al rapporto tributario laddove quest’ultima abbia dichiarato di essere coniuge convivente ed abbia accettato la ricezione della stessa notifica. Questo l’esito del fatto di causa che vedeva coinvolte l’Agenzia delle Entrate, da un lato, e un contribuente il quale aveva contestato l’inesistenza di un rapporto di familiarità, di vicinanza o di coniugio con la persona che aveva ricevuto l’avviso di accertamento, che, invece, aveva dichiarato il contrario. Le dichiarazioni che le parti rendono ai pubblici ufficiali fanno piena prova Secondo i Giudici di legittimità, conformemente a quanto dispone l’art. 2700 c.c., le dichiarazioni che le parti rendono ai pubblici ufficiali fanno piena prova, fino a querela di falso . Restano dunque tuttora valide le conclusioni che già in passato la Cassazione aveva reso nella Sentenza numero 239/2007, secondo cui la validità della notificazione non può contestarsi laddove esista una relazione tra il consegnatario e destinatario idonea a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l’atto ricevuto . fino a querela di falso. Nella pronuncia del 2007, confermata nella sentenza depositata ieri, si legge ancora che tale presunzione non potrebbe neppure essere superata dalla circostanza che il soggetto cui l’atto è notificato sia dipendente di un terzo e non del destinatario, dal momento che sarebbe necessario provare l’inesistenza di una relazione fra il ricevente, che si trovava nei locali, e il destinatario. Se, dunque, non è provato il falso nella dichiarazione resa, la notifica al presunto coniuge è pienamente efficace, così come se fosse effettuata direttamente nelle mani del contribuente nei cui confronti è diretto l’avviso di accertamento. fonte www.fiscopiu.it

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, sentenza 27 giugno - 1° agosto 2013, n. 18492 Presidente Cicala – Relatore Caracciolo In fatto e diritto La CTR di Napoli, accogliendo parzialmente l'appello di S. E. - appello proposto contro la sentenza n. 437/01/2007 della CTP di Avellino che aveva respinto il ricorso della parte contribuente relativo a cartelle di pagamento per IVA-IRPEF-IRAP ed addizionali comunali per gli anni 2002-2003 - ha dichiarato nullo il ruolo n. 2006/379 confermando invece gli altri oggetto del giudizio. La CTR ha motivato la propria decisione nel senso che era risultato dalla documentazione depositata agli atti che gli avvisi di accertamento presupposti rispetto al ruolo risultavano notificati a tale F. A. che si era dichiarata moglie capace e convivente e che aveva sottoscritto la notifica , soggetto del tutto estraneo al rapporto tributario, residente in altro comune rispetto a quello del destinatario della notifica e rispetto al quale la F. non risultava essere in rapporto né familiare, né di vicinanza né di coniugio. Essendo risultata inesistente la notifica dell'atto presupposto, anche il ruolo e la cartella di pagamento risultavano viziati. L'Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La parte contribuente non ha svolto attività difensiva. Il ricorso - ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore - può essere definito ai sensi dell'art. 375 c.p.c Ed invero, con il primo motivo di impugnazione improntato alla violazione dell'art. 2700 cod civ la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante del merito abbia inficiato -sulla base della documentazione risultante in atti - la fede privilegiata della relata di notifica, dalla quale risulta che il soggetto consegnatario si era qualificato moglie convivente all'atto di ricevere la notifica e di sottoscriverla, La censura appare fondata e da accogliersi in ragione del solo primo motivo, con assorbimento del secondo. Il giudice del merito ha dato prevalenza alla documentazione depositata in giudizio e dalla quale risultava che la F. non fosse in rapporto di coniugio né convivente con lo S., senza curarsi del fatto che la F. medesima con dichiarazione resa all'ufficiale che aveva curato la notifica, e perciò dotata di fede privilegiata ai sensi dell'art. 2700 c.c. si era qualificata moglie convivente ed aveva accettato di ricevere la notifica. Di tanto il giudice del merito avrebbe dovuto contentarsi per ritenere efficace e valida la notifica, alla luce della confermata giurisprudenza di questa Corte. Si veda, per tutte senza che il riferimento a diversa figura soggettiva alteri la correttezza del principio e la sua applicabilità al caso qui in esame Cass.Sez. L, Sentenza n. 239 del 10/01/2007 In caso di notificazione effettuata a norma dell'art. 139, comma secondo, cod. proc. civ., con consegna dell'atto a persona qualificatasi secondo le dichiarazioni rese all'ufficiale giudiziario e dal medesimo riportate nella relata di notificazione quale dipendente del destinatario o addetta all'azienda, all'ufficio o allo studio del medesimo, l'intrinseca veridicità di tali dichiarazioni e la validità della notificazione non possono essere contestate sulla base del solo difetto di un rapporto di lavoro subordinato tra i predetti soggetti, essendo sufficiente che esista una relazione tra consegnatario e destinatario idonea a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l'atto ricevuto. Conseguentemente tali presunzioni non possono essere superate dalla circostanza, provata a posteriori, che la persona che aveva sottoscritto l'avviso di ricevimento lavorava, sia pure nella predetta sede, alle dipendenze esclusive di altro soggetto, se non accompagnata dalla prova che il medesimo consegnatario non era addetto nei medesimi locali ad alcun incarico per conto o nell'interesse del destinatario . Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera dì consiglio per manifesta fondatezza e che la Corte possa decidere la controversia anche nel merito non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto respingendo integralmente il ricorso della parte contribuente avverso le impugnate cartelle di pagamento. Che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti - che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie - che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto - che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in € 10.200,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.