L'attribuzione della partita IVA comporta l’esistenza di stabile organizzazione

L'attribuzione della partita Iva a un soggetto che ne abbia fatto richiesta comporta, per ragioni di ordine logico-giuridico, la presunzione della esistenza di stabile organizzazione.

La presunzione suddetta non è di ordine assoluto, sicché non è precluso, a colui che agisca per il rimborso a norma dell'art. 38-ter, d.p.r. n. 633/1972, di offrire la dimostrazione della mancanza in concreto di quegli elementi di ordine personale e materiale, che contrassegnano la nozione di stabile organizzazione. Tale assunto è stato precisato della Corte di Cassazione con l’ordinanza del 30 novembre 2012, n. 21380. Il caso. Il giudice del gravame ha confermato la decisione di primo grado, di accoglimento di un ricorso avverso un diniego di rimborso dell'Iva. Il diniego dell’ufficio era stato motivato con la circostanza che la società era in possesso di codice fiscale e di partita Iva, e dunque non potevasi ritenere in possesso dei requisiti di cui all'invocato art. 38-ter, d.p.r. n. 633/1972. In particolare, il giudice di seconda istanza ha ritenuto che la nomina di un rappresentante fiscale in Italia, e la conseguente attribuzione di partita Iva, non costituissero un valido presupposto al fine di sostenere l'inapplicabilità del procedimento di rimborso di cui all'art. 38-ter. Il quale invece doveva individuarsi nella scelta dell'imprenditore di avvalersi del rappresentante fiscale per talune operazioni. Inoltre ,ha sostenuto che la nomina del rappresentante fiscale e la conseguente attribuzione di partita Iva non dimostrassero di per sé l'esistenza di una stabile organizzazione, che è un fatto che può essere agevolmente dimostrato e non può essere presunto . Il giudice di legittimità, accogliendo il ricorso in cassazione del fisco ,ha chiarito che dall'attribuzione della partita Iva a un soggetto che ne abbia fatto richiesta deriva, per ragioni di ordine logico-giuridico, la presunzione della esistenza di stabile organizzazione . La presunzione suddetta non è di ordine assoluto, sicché non è precluso, a colui che agisca per il rimborso a norma dell'art. 38-ter, d.p.r. n. 633/1972, di offrire la dimostrazione della mancanza in concreto di quegli elementi di ordine personale e materiale, che contrassegnano la nozione di stabile organizzazione. Non appare di alcuna rilevanza la circostanza valorizzata dal giudice di merito per sostenere l'ammissibilità del ricorso alla procedura di rimborso nel caso di specie, che cioè l'operazione commerciale, da cui deriva il credito d'imposta, sia stata effettuata non avvalendosi del nominato rappresentante fiscale. Una partita IVA e un rappresentante generano una stabile organizzazione. si ravvisa il requisito impositivo della stabile organizzazione, secondo un ragionamento logico-giuridico, nel momento in cui l’Amministrazione finanziaria attribuisce il numero di partita Iva al soggetto che lo richiede pertanto, da questo momento, gli vengono preclusi i benefici fiscali della detrazione dell’imposta per gli acquisti effettuati nel territorio comunitario. Infatti, è proprio l’art. 38-ter, d.p.r. n. 633/1972 che prevede, per i soggetti domiciliati e residenti negli Stati membri della Comunità europea, il diritto al rimborso dell'imposta, nel caso in cui essi siano privi di stabile organizzazione in Italia e di rappresentante nominato ai sensi del comma 2 dell’art. 17. L’onere della prova, per la fruizione del menzionato beneficio fiscale, ricade sul contribuente e non anche sull’Amministrazione finanziaria. La Cassazione, con l’ordinanza 12633/2012, ben chiarisce che la società estera, avendo effettuato operazioni nel territorio italiano, palesate dal fatto che ne aveva richiesto il rimborso dell’Iva e, avendo nominato un rappresentante fiscale seppur leggero , aveva superato di fatto la presunzione di prova contraria derivante dalla titolarità della partita Iva, rivelando la presenza della stabile organizzazione nello Stato. Fatta salva la possibilità che l’ordinamento tributario offre al contribuente di fornire prova contraria a dimostrazione della mancanza degli elementi in ordine materiale e personale che individuano la nozione di stabile organizzazione cfr Cass. n. 3570/2003 e 6799/2004 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 4 ottobre - 30 novembre 2012, n. 21380 Presidente Merone – Relatore Terrusi Fatto e diritto L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale del Lazio n. 315/5/2006, pubblicata l'11.12.2006. che ha confermato la decisione di primo grado, di accoglimento di un ricorso della s.a.s. C. avverso un diniego di rimborso dell'Iva. Il diniego era stato motivato con la circostanza che la società era in possesso di codice fiscale e di partita Iva, e dunque non potevasi ritenere in possesso dei requisiti di cui all'invocato art. 38-ter del d.p.r. n. 633/1972. La sentenza ha ritenuto che la nomina di un rappresentante fiscale in Italia, e la conseguente attribuzione di partita Iva, non costituissero un valido presupposto al fine di sostenere l'inapplicabilità del procedimento di rimborso di cui all'art. 38-ter. Il quale invece doveva individuarsi nella scelta dell'imprenditore di avvalersi del rappresentante fiscale per talune operazioni. Ha quindi concluso richiamando i principi da questa Corte enunciati nella sentenza n. 7703/2005 e sostenendo che la nomina del rappresentante fiscale e la conseguente attribuzione di partita Iva non dimostrassero di per sé l'esistenza di una stabile organizzazione, che è un fatto che può essere agevolmente dimostrato e non può essere presunto . 2. - L'Agenzia censura la suddetta statuizione con un motivo. L'intimata resiste con controricorso, nel quale propone ricorso incidentale condizionato sorretto da due motivi. 3. - L'unico motivo del ricorso principale denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 38-ter del d.p.r. n. 633/1972, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. in base al quesito di diritto, si sostiene che, nel sistema dei rimborsi dell'Iva, la circostanza che il soggetto comunitario non residente abbia nominato un rappresentante fiscale, ai sensi dell'art. 17 d.p.r. n. 633/1972, comporta l'impossibilità di richiedere rimborsi infrannuali attraverso il sistema di cui all'art. 38-ter, 1° co., a prescindere dalla circostanza, del tutto irrilevante, che l'operazione che dà luogo al rimborso sia stata o meno effettuata per il tramite del suddetto rappresentante legale. Il motivo - il cui quesito risponde ai requisiti di legge appare manifestamente fondato, dal momento che questa corte ha già chiarito proprio nella sentenza evocata dalla commissione regionale che dall'attribuzione della partita Iva a un soggetto che ne abbia fatto richiesta deriva, per ragioni di ordine logico-giuridico, la presunzione della esistenza di stabile organizzazione Cass. n. 7703/2001& gt . La presunzione suddetta non è di ordine assoluto, sicché non è precluso, a colui che agisca per il rimborso a norma dell'art. 38-ter d.p.r. n. 633/1972, di offrire la dimostrazione della mancanza in concreto di quegli elementi di ordine personale e materiale, che contrassegnano la nozione di stabile organizzazione. Ma, ciò nonostante, non appare di alcuna rilevanza, agli specifici fini, la circostanza valorizzata dal giudice di merito per sostenere l'ammissibilità del ricorso alla procedura di rimborso nel caso di specie, che cioè l'operazione commerciale, da cui deriva il credito d'imposta, sia stata effettuata non avvalendosi del nominato rappresentante fiscale. Ne deriva il vizio di violazione di norma di diritto che inficia la sentenza. 4. - Il ricorso incidentale condizionato appare invece inammissibile. Esso è affidato a due motivi, denuncianti vizi in procedendo. Si denunciano omissioni di pronuncia su fatto decisivo per il giudizio e violazioni del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Ma i motivi non soddisfano il fine di autosufficienza, dal momento che attengono a questioni che, in base alla sentenza impugnata, non risultano essere state poste all'attenzione del giudice d'appello art. 56 del d. Igs. n. 546/92 . Cosicché la società aveva innanzi tutto l'onere di rendere il proprio ricorso autosufficiente sullo specifico punto, trascrivendo i termini in cui le questioni involte dal motivo erano state sollevate in sede di gravame al di là dell'indicazione dell'atto contenente v. per tutte Cass. 24791/2008 . Il mancato rispetto del principio di autosufficienza che, quanto al primo motivo, rileva anche in rapporto al ricorso originario per la commissione provinciale rende il ricorso incidentale inammissibile su entrambi i motivi. I quali peraltro sembrano altresì e comunque conclusi da quesiti inidonei nei senso di cui all'art. 366-bis c.p.c., in quanto privi di riferimenti alla fattispecie concreta e generici nella circolarità degli interrogativi formulati. 5. - Per le esposte considerazioni si propone la trattazione in forma camerale, l'accoglimento del ricorso principale e la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale condizionato - che i ricorsi, principale e incidentale, proposti avverso la medesima sentenza e separatamente iscritti a ruolo, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c. - che il collegio condivide le considerazioni di cui alla unitaria relazione donde a in accoglimento del ricorso principale l'impugnata sentenza va cassata con rinvio alla medesima commissione regionale, diversa sezione, per nuovo esame della regiudicanda in ossequio al principio di diritto suesposto e b il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile - che il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità P.Q.M. Riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile l'incidentale, cassa l'impugnata sentenza in relazione al profilo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale del Lazio.