Lo sgravio non comporta rinuncia al gravame

Lo sgravio, conseguente alla sentenza di primo grado favorevole al contribuente, non importa acquiescenza e rinuncia al gravame.

La S.C., con ord. 30 novembre 2012, n. 21385, ha affermato che la condotta dell’amministrazione finanziaria che, successivamente alla sentenza della Commissione tributaria regionale, abbia emesso un provvedimento di sgravio, non presenta quel carattere di univocità indispensabile per ritenere formata un'acquiescenza implicita ostativa all'impugnazione ex art. 329 c.p.c. Acquiescenza totale o parziale . L’art. 329 c.p.c. stabilisce nel primo caso che l’acquiescenza derivante da accettazione espressa o da atti incompatibili con la volontà di procedere con impugnazione non ne ammette la proponibilità, mentre l’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti processuali della sentenza non impugnata. In sostanza l’acquiescenza di cui al predetto articolo consiste nell’accettazione della medesima ovvero nella manifestazione del soccombente della volontà di non impugnare che può avvenire in forma espressa o tacita ma che comunque deve essere desunta da fatti specifici nell’accettazione tacita, l’acquiescenza sussiste solo quando l’interessato abbia posto in essere atti da cui promana l’intenzione di non continuare nel giudizio. L’art. 49 prevede, inoltre, che alle impugnazioni delle sentenze delle CT si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, fatta eccezione per l’art. 337 c.p.c. Sospensione dell’esecuzione e dei processi , il quale sancisce che il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza a meno che dall’esecuzione derivi un danno grave e irreparabile. Da quanto sopra emerge la non applicabilità al processo tributario dell’art. 337 c.p.c. Sospensione dell’esecuzione e dei processi il quale prevede che l’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione, così come previsto dall’art. 49, D.Lgs n. 546/1992. La giurisprudenza di merito ha affermato che il giudice tributario non può sospendere, attraverso l'applicazione delle norme del processo civile, l'esecuzione delle sentenze emesse in grado di appello, impugnate per cassazione, atteso che l'art. 49, D.Lgs. n. 546/1992 espressamente esclude l'applicabilità dell'art. 337 c.p.c. e delle norme dallo stesso richiamate, tra le quali l'art. 373 dello stesso codice, Cfr. CTR Puglia Ord. 1 dicembre 2010, n. 156 . Il caso. La vicenda prende spunto dall’emissione di un cartella esattoriale contenente il recupero dell’Iva dovuta da un società. L’ufficio ha proposto ricorso per cassazione impugnando la sentenza del giudice tributario di appello. In detta sentenza si legge che l’amministrazione aveva dato parere favorevole ad uno sgravio degli importi richiesti con la cartella esattoriale, confermando però le sanzioni e gli interessi afferenti ai carenti versamenti relativi ai codici 6007 e 6010. Il provvedimento di sgravio, pur la sentenza di appello contenendo la formula respinge l’appello , poteva intendersi come rinuncia all’impugnazione. Lo sgravio non importa acquiescenza. La SC, non accogliendo le motivazioni dei giudici di merito, hanno ritenuto errata la suddetta previsione atteso che la sentenza della CTR, in relazione allo sgravio, conferma comunque la debenza di sanzioni e interessi relativi ai carenti versamenti. I giudici hanno ritenuto che lo sgravio, conseguente alla sentenza di primo grado favorevole al contribuente, non importa, in generale, acquiescenza e rinuncia al gravame. L’acquiescenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c., consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa che tacita, ma che va comunque univocamente desunta da fatti specifici e significativi. In particolare, quanto all'accettazione tacita, l'acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l'interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa e univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè quando gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell'impugnazione Sull’argomento in esame, in materia di imposta sulla pubblicità, la condotta dell'Amministrazione finanziaria che, successivamente alla sentenza della Commissione tributaria regionale, abbia emesso provvedimenti di sgravio totale, non presenta quel carattere di. univocità indispensabile per ritenere formata un'acquiescenza implicita ostativa all'impugnazione ai sensi dell'art. 329 c.p.c. cfr. Cass. n. 2826/2008 n. 27082/2006 Vd. anche Cass. n. 15212/2000 . Un precedente pronunciamento di legittimità aveva già affermato che dopo una sentenza definitiva, non è opponibile ad Equitalia lo sgravio disposto a favore del contribuente, recitando che lo sgravio, conseguente alla sentenza di primo grado favorevole al contribuente, non importa, in generale, acquiescenza e rinuncia al gravame. L’acquiescenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c. , consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare Cass. 16 maggio 2012, n. 7680 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 4 ottobre - 30 novembre 2012, n. 21385 Presidente Merone – Relatore Terrusi Fatto e diritto 1. - L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 132/47/2006. L'intimata non si è costituita. I motivi, con idonei quesiti e sintesi conclusive, deducono violazione di norme di diritto in particolare degli artt. 13 del d. lgs. n. 471/1997, 329 c.p.c. e 68 del d. lgs. n. 546/1992 e vizi della motivazione. Nel loro complesso appaiono manifestamente fondati. 2. - La sentenza, in controversia relativa a una cartella esattoriale contenente il recupero dell'Iva asseritamente dovuta dalla C.G. s .p.a. oggi Enel Rete Gas per l'anno 1999, ha respinto l'appello dell'amministrazione rilevando i che la cartella aveva tratto origine da un mancato riconoscimento dell'Iva versata nell'anno 1999, prima della incorporazione, da due società poi incorporate dalia contribuente nei mese di novembre ii che l'amministrazione, dopo la sentenza di primo grado, aveva dato parere positivo circa lo sgravio degli importi richiesti con la cartella confermando però le sanzioni e gli interessi afferenti ai carenti versamenti relativi ai cdd. 6007 e 6010 iii che detti carenti, versamenti e rimo stati in effetti indicati nell'atto di appello con riferimento al prospetto dell'Iva, per lire 282.462.000 e per lire 218.786.000 iv che tuttavia non erano state precisate le entità corrispondenti, appunto, alle sanzioni e agli interessi ancora pretesi iv che infine era stato prodotto, in riferimento alla sentenza di primo grado, un provvedimento di concessione di sgravio per euro 83.602,99. In considerazione di ciò la commissione regionale ha ritenuto che fossero venute meno le richieste dell'ufficio . 3. - Ora, la suesposta ratio decidendi, ancorché contenendo il dispositivo della sentenza la formula respinge l'appello , appare in base alla motivazione associata alla considerazione che il provvedimento di sgravio parziale tale risultando quello che ne occupa in considerazione del confronto con l'originaria pretesa , successivo alla sentenza di primo grado, dovesse intendersi alla stregua di rinuncia al gravame. Tale considerazione è però insufficientemente motivata e in parte intrinsecamente errata, stante che la stessa sentenza assume che in relazione allo sgravio venne confermata la debenza di sanzioni e interessi relativi a carenti versamenti d'imposta. E, avuto riguardo alla pacifica perché nella stessa sentenza riportata indicazione degli importi dei versamenti contestati, nessuna rilevanza potevasi razionalmente annettere al fatto di non essere indicato l'ammontare delle corrispondenti entità, posto che le sanzioni per ritardato od omesso versamento dell'Iva come pure gli interessi sono per legge determinate le prime in misura percentuale fissa all'ammontare dell' importo non versato - art. 13 del d. lgs. n. 471/1997,- i secondi in base al tasso legale con decorrenza dalle prescritte scadenze . La sentenza del resto non spiega in qual senso lo sgravio del ruolo per l'indicato importo di euro 33.602,99 andrebbe ritenuto sintomatico di una rinuncia alla pretesa residua, nulla essendo in motivazione evidenziato circa il fatto decisivo concernente la relazione di identità prima, faci e contraddetta dalla differenza di importi tra il mentovato importo e la somma pretesa al sopra detto residuo titolo. Devesi di contro confermare il consolidato principio secondo cui l'acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione ai sensi dell'art. 329 c.p.c., consiste nell'accettazione della stessa, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa che tacita, ma che va comunque univocamente desunta da fatti specifici e significativi in particolare, quanto all'accettazione tacita, l'acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l'interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa e univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè quando gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell'impugnazione. E, in tal senso è stato affermato che la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado favorevole al contribuente da parte della p.a. non comporta - in quanto tale - acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 329 c.p.c. e 49 d.lg. 31 dicembre 1992 n. 546, trattandosi di un comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione v. Cass. n. 2826/2008 n. 27082/2006 cfr. anche Cass. n. 24547/2009 . In base a detto principia la sentenza per prima evocata ha giustappunto ritenuto che, a esempio, in materia di imposta sulla pubblicità, il comportamento dell'Amministrazione che, successivamente alla sentenza della Commissione tributaria regionale, abbia emesso provvedimenti di discarico totale, non presenta quel carattere di. univocità indispensabile per ritenere formata un'acquiescenza implicita ostativa all'impugnazione ai sensi dell'art. 329 c.p.c. . 4. - Poiché simile insegnamento ben si attaglia anche alla rinuncia, può il ricorso, per le esposte considerazioni, essere trattato in camera di consiglio e definito con pronuncia di manifesta fondatezza. - che il collegio condivide le considerazioni di cui alla relazione, talché l'impugnata sentenza va cassata con rinvio alla medesima commissione regionale, diversa sezione, per nuovo esame, - che il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Lombardia.