Il ricorso introduttivo notificato al Fisco e al concessionario non realizza l’ipotesi del litisconsorzio necessario

L'azione del contribuente rivolta a far valere l'illegittimità di un atto non preceduto dalla notificazione dell’atto presupposto può essere svolta indifferentemente nei confronti dell'ente creditore o del concessionario della riscossione, senza che tra costoro si realizzi un'ipotesi di litisconsorzio necessario e senza perciò che il giudice adito debba ordinare l'integrazione del contraddittorio , essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l'ente creditore.

A ribadirlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16372 del 26 settembre 2012, in materia di ricorso introduttivo notificato all’Agenzia delle entrate e al Concessionario avverso la notifica ad una società fallita di una cartella di pagamento, ex art. 36-bis, d.p.r. n. 600/1973, ai fini IRAP, IRPEG ed IVA per l’anno 1988. Orientamenti consolidati. In particolare, osserva la Suprema Corte, il mancato rispetto della sequenza procedimentale determina sicuramente un vizio della procedura di riscossione che, incidendo sulla progressione di atti stabilita dalla legge a garanzia del contribuente, determina l'illegittimità dell'intero processo di formazione della pretesa tributaria. Non solo. In materia di impugnazione della cartella esattoriale, la tardività della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio. La legittimazione passiva spetta pertanto all'ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell'impugnazione, incombe l'onere di chiamare in giudizio l'ente predetto, se non vuole rispondere all'esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario. Inoltre, precisa piazza Cavour, la mancata esplicita previsione di un termine entro il quale la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell'art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973, deve essere notificata, a pena di decadenza, al contribuente, costituisce violazione del principio generale secondo il quale non è consentito lasciare il contribuente esposto senza limiti temporali all'azione esecutiva del Fisco. E ancora, gli atti del procedimento tributario debbono essere emessi nei confronti del soggetto esistente al momento dell'emissione e, quindi, nei confronti della società finché questa è in bonis. Con il fallimento la società non viene meno ma i suoi organi perdono la legittimazione sostanziale art. 44 legge fallimentare e processuale art. 43 legge fallimentare che viene assunta dalla curatela fallimentare la quale, per tale ragione, subentra nella posizione della fallita. Ciò comporta che sono opponibili alla detta curatela salva la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 2704 c.c. nella specie non contestati gli atti formati nei confronti della società in bonis mentre dopo la dichiarazione di fallimento gli ulteriori atti del procedimento tributario debbono indicare quale destinataria l'impresa in procedura e quale legale rappresentante della stessa il curatore. Il caso. Il giudice di gravame ha accolto l’appello dell’ufficio poiché nelle ipotesi di liquidazione della dichiarazione, non è necessaria la preventiva comunicazione d’irregolarità, ritenendolo dovuta solo qualora il controllo automatico della dichiarazione riveli un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione , mentre nel caso di specie, invece, l’Ufficio non era di fronte ad un risultato diverso da quello indicato in dichiarazione e, pertanto, s’è limitato a iscrivere a ruolo le somme che lo stesso contribuente aveva dichiarato ma non versato . Infatti, i dati contabili risultanti dalla liquidazione automatica si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente . L’ufficio poi era tenuto alla iscrizione a ruolo nel termine di due anni dalla data di presentazione della dichiarazione ai sensi dell’art. 17, dpr n. 602/1973 come modificato dall’art. 36, comma 2, d.lgs. n. 46/1999 dichiarazione presentata nel 1999 e ruolo reso esecutivo il 28 dicembre 2001 e quindi nei termini. Litisconsorzio necessario escluso. Il giudice di legittimità con la pronuncia citata respingendo il ricorso in cassazione della curatela, ha precisato che non ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario passivo tra l’Agenzia delle Entrate e il Concessionario , che la comunicazione prevista dall’articolo 36 bis del dpr 600/1973 non esclude il potere del fisco di iscrivere direttamente nei ruoli la somme esposte nella dichiarazione come dovute ma non versate, che la pronuncia di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 280/2005 della Consulta ha reso indispensabile l’intervento legislativo avutosi con il dl n. 106/2005 convertito nella legge n. 56/2005.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 9 luglio - 26 settembre 2012, n. 16372 Presidente Relatore D’Alonzo Svolgimento del processo Con ricorso notificato all’AGENZIA delle ENTRATE ed al suo Ufficio di Caserta, il Fallimento della s.p.a. San Giuseppe - premesso che aveva impugnato la cartella esattoriale di pagamento di Euro 777.964,05” notificata” al curatore il 3 novembre 2003 conseguente all’iscrizione a ruolo dell’IRAP, dell’IRPEG e dell’IVA per l'anno 1998 e di correlative sanzioni ed interessi , eseguita a seguito del controllo, ai sensi dell'art. 36 bis del DPR n. 600 del 1973 e del'art. 54 bis del DPR n. 633 del 1972, della dichiarazione dei redditi presentata dalla società poi fallita con il mod. Unico/1999” -, in forza di quattro motivi, chiede di cassare la sentenza n. 120/08/06 della Commissione Tributaria Regionale della Campania depositata il 14 giugno 2006 che ha recepito il gravame dell’Ufficio avverso la sentenza 112/09/04 con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Caserta aveva accolto il suo ricorso. L’Agenzia intimata insta per il rigetto dell’impugnazione il suo ufficio periferico non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. La Commissione Tributaria Regionale ha accolto l’appello dell’Ufficio osservando - l’Ufficio non era tenuto ad inviare comunicazione alla contribuente prima dell’iscrizione a ruolo in quanto . a seguito del controllo della dichiarazione, non è pervenuto a risultati diversi da quelli indicati nella stessa che doveva quindi porre all’attenzione della contribuente ma ha solo riscontrato che la contribuente non aveva provveduto al pagamento di quanto in essa segnalato” pertanto la contribuente, e a maggior ragione il curatore fallimentare, conosceva bene la situazione debitoria di cui alla cartella” - sull’”eccepito ritardo nella notifica”, che l’Ufficio era tenuto alla iscrizione a ruolo nel termine di due anni dalla data di presentazione della cartella [reete dichiarazione] ai sensi dell’art. 17 del DPR 602/73 come modificato dell’art. 36 co. 2 del D. Lgs. 46/99” dichiarazione presentata nel 1999 e ruolo reso esecutivo il 28 dicembre 2001 quindi nei termini” - riguardo ai tempi concessi all’esattore per la notifica della cartella”, che all’epoca in cui è stato reso esecutivo il ruolo era in vigore il D.Lgs. 193/2001 che aveva eliminato addirittura il termine utile per la presentazione delle cartelle . termine che già in precedenza veniva considerato da molta giurisprudenza ordinatorio”. 2. La curatela censura la decisione per quattro motivi 1 con il primo, la ricorrente - esposto che il suo ricorso introduttivo era stato notificato all’Agenzia delle Entrate e al concessionario della riscossione” - denunzia violazione degli artt. 49 D. Lgs. n. 546/92, 102, 350 e 331 cpc . in ordine alla mancata estensione del contraddittorio nei confronti del concessionario della riscossione nel giudizio di appello”, sintetizzata nel quesito ex art. 366 bis c.p.c se ricorra un'ipotesi di litisconsorzio necessario passivo tra l'Agenzia delle Entrate e il concessionario della riscossione in caso di impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento proposta dai contribuente deducendo l'avvenuta decadenza dell’erario dal diritto a percepire le somme iscritte a ruolo per inutile decorso del termine stabilito per la notifica della cartella di pagamento 2 con la successiva doglianza, la contribuente denunzia violazione degli artt. 36 bis DPR n. 600/73, 54 bis e 60 DPR n. 633/72, 2 D. Lgs. n. 462/97 in ordine alla ritenuta superfluità dell'invio della comunicazione-invito di pagamento prevista dalle norme contenute nei detti articoli”, compendiata nel quesito ex art. 366 bis c.p.c se la comunicazione prevista dall’art. 36 bis DPR n. 600/73, 54 bis e 60 DPR 633/72 sia obbligatoria nel caso in cui dalla procedura di controllo automatico della dichiarazione dei redditi emerge soltanto il mancato versamento di quanto autoliquidato nella dichiarazione stessa, e inoltre, per l’ipotesi di ritenuta obbligatorietà, se la mancata emissione e notificazione di detta comunicazione sia suscettibile di incidere, escludendolo, sul potere dell’amministrazione finanziaria di iscrivere direttamente nei ruoli le somme esposte nella dichiarazione come dovute ma non versate, o abbia la sola funzione di consentire al contribuente di attenuare le conseguenze sanzionatorie della realizzata omissione 3 nel terzo motivo la ricorrente denunzia omessa e insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta conoscenza da parte del curatore fallimentare della situazione debitoria di cui alla cartella” 4 nell’ultima censura la curatela denunzia violazione dell’art. 25, co. 1, del DPR n. 602/1973, nel testo vigente prima della modifica disposta dall'art. 1, comma 1, lett. b , D. Lgs. n. 193/2001 in ordine alla ritenuta inesistenza di un termine perentorio di notifica della cartella di pagamento”, conclusa con il quesito ex art. 366 bis c.p.c se il termine fissato al concessionario , perla notifica della cartella di pagamento, dall’art. 25 sia previsto a pena di decadenza e, inoltre, per il caso di ritenuta perentorietà . se, nell’ipotesi di ruolo esattoriale formato in epoca successiva alta soppressione del termine medesimo operato dal[l’] art. 1, comma 1, lett. b, D. Lgs. n. 193/2001, ma prima della legge n. 311/2002 - a seguito di liquidazione ex art. 36 bis DPR n. 600/1973 di dichiarazione presentata entro il 2001 -, e notificato a mezzo di cartella prima del 10 agosto 2005, debba farsi applicazione, ai fini dell’accertamento dell’eventuale decadenza per tardiva notifica della cartella . della disciplina prevista dal suddetto art. 25 DPR n. 602/1973 testo vigente prima della modifica operata dall’art. 1, comma 1, lett. b, D. Lgs. n. 193/2001 . 3. Il ricorso che, come esposto dalla stessa curatela, ha ad oggetto l’impugnazione della cartella esattoriale di pagamento notificata al curatore il 3 novembre 2003, conseguente all’iscrizione a ruolo dell'IRAP, dell'IRPEG e dell'IVA per l’anno 1998 e di correlative sanzioni ed interessi eseguita il 28 dicembre 2001, a seguito del controllo, ai sensi dell'art. 36 bis del DPR n. 600 del 1973 e dell’art. 54 bis del DPR n. 633 del 1972, della dichiarazione dei redditi presentata dalla società poi fallita con il modello Unico 1999” - deve essere respinto. A. La circostanza che il ricorso introduttivo” del giudizio di primo grado sia stato stato notificato all’Agenzia delle Entrate e al concessionario della riscossione”, invero, non importa affatto la necessità, pretesa dal fallimento con la prima censura del suo ricorso, di estendere ad una di tali convenuti” il contraddittorio nel giudizio di appello , sia se proposto dall’altro convenuto che dallo stesso contribuente. Le sezioni unite di questa Corte, infatti, hanno ormai statuito sentenza 25 luglio 2007 n. 16412 che - essendo la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa e costituendo nella predetta sequenza, l'omissione della notificazione di un atto presupposto vizio procedurale che comporta la nullità dell'alto consequenziale notificato - l’azione volta a far dichiarare tale nullità può può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell'ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l'ente creditore . Parimenti si è chiarito a che la tardività della notificazione della cartella non costituisce, in ogni caso, vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio, e ciò soprattutto dopo la pronuncia della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 280 del 2005, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25 , come modificato dal D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193 in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione , nella parte in cui non prevedeva un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario dovesse notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi Cass., trib., 30 ottobre 2007 n. 22939 , e b che il disposto del secondo comma dell’art. 52 D. Lg.vo n. 546 del 1992 neppure invocato dalla curatela - secondo cui il ricorso in appello è proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado - non ha fatto venir meno, nel processo tributario, la distinzione tra cause scindibili ed inscindibili Cass., trib., 9 maggio 2007 n. 10580 . B. La violazione degli artt. 36 bis DPR n. 600/73, 54 bis e 60 DPR n. 633/72, 2 D. Lgs. n. 462/97 in ordine alla ritenuta superfluità dell’invio della comunicazione-invito di pagamento prevista dalle norme contenute nei detti articoli”, denunziata con la seconda censura, è insussistente questa Corte, invero [Cass., trib., ord. 4 agosto 2011 n. 16983, la quale richiama Cass. n. 26671 del 2009 conf. Cass. n. 14414 del 2005 ] ha già enunciato il principio - da ribadire per carenza di convincente argomentazione contraria - secondo cui in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento , nell'ipotesi di liquidazione dell'imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis id est per la liquidazione effettuata ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis , pur costituendo l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere motivata , nel caso quale quello di specie di mera liquidazione dell'imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente medesimo nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovrattasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall'Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima . C. Il terzo motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. lo stesso, infatti, manca materialmente della illustrazione imposta da tal norma nel caso previsto dall’articolo 360, primo comma, n. 5 del c.p.c., ovverosia della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittorietà o delle le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione . Peraltro e comunque la doglianza - ove intesa come violazione di legge in ipotesi, della norma contenuta nell’ultimo inciso del primo comma dell’art. 7 legge 27 luglio 2000 n. 212 se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama sub specie di inopponibilità di un atto dichiarazione presentata dal fallito in bonis per mancata conoscenza della stessa - è priva di fondamento avendo questa sezione precisato sentenza 9 febbraio 2010 n. 2803, la quale richiama Cass. 12893/07 6032/93 Cass. 14144/2009 che, non comportando la dichiarazione di fallimento il venir meno dell’impresa ma solo la perdita della legittimazione sostanziale e processuale da parte del suo titolare, nella cui posizione subentra il curatore fallimentare , gli atti del procedimento tributario formati in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento del contribuente, ancorché intestati a quest'ultimo, sono opponibili alla curatela, mentre quelli, formati in epoca successiva debbono indicare quale destinataria l’impresa assoggettata alla procedura concorsuale, e quale legale rappresentante della stessa il curatore la dichiarazione presentata dal fallito in bonis è, per l’appunto, atto fondamentale per il procedimento tributario oggetto di questa controversia di riscossione, ai sensi degli artt. 36 bis DPR n. 600 del 1973 e 54 bis DPR n. 633 del 1972, dell’imposta dichiarata e non versata. D. L’infondatezza della violazione dell’art. 25, co. 1, del DPR n. 602/1973, nel testo vigente prima della modifica disposta dall’art. 1, comma 1, lett. b , D. Lgs. n. 193/2001 in ordine alla ritenuta inesistenza di un termine perentorio di notifica della cartella di pagamento”, infine, discende dalle specifiche osservazioni della Corte Costituzionale in ordine alle conseguenze della sua declaratoria sentenza 15 luglio 2005 n. 280 di illegittimità costituzionale dell’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 , come modificato dal decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione , nella parte in cui non prevede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 . Il giudice delle leggi - rilevato esser ad essa a preclusa la possibilità di determinare detto termine competendo la sua individuazione alla ragionevole discrezionalità del legislatore e b precluso, dalla struttura del procedimento, di individuare in taluno di quelli già previsti dalla legge, ma per attività, interne all’Amministrazione, un termine che possa disciplinare anche la successiva notifica della cartella di pagamento al contribuente -, infatti, ha precisato che la definizione del giudizio con una pronuncia di illegittimità costituzionale rende indispensabile un sollecito intervento legislativo intervento avutosi, come noto, con il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, commi 5 bis e 5 ter, convertito nella L. 31 luglio 2005, n. 156 con il quale si colmi ragionevolmente la lacuna che si va a creare” con ciò la Corte ha univocamente escluso qualsiasi possibilità di reviviscenza del testo di cui, quindi, vanamente la curatela invoca l’applicazione dell’art. 25 antecedente alla modifica apportata con la norma ritenuta incostituzionale. In diritto, peraltro, va ribadito Cass., III penale, 18 aprile 2007 n. 19037 depositata il 17 maggio 2007 che il presupposto della riviscenza di una norma è pur sempre che la disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima abbia come unico contenuto precettivo quello di abrogare altra disposizione talché la pronuncia caducatoria fa venir meno proprio quest’unico contenuto normativo costituito dall’abrogazione espressa di altra disposizione con l’effetto appunto di far rivivere quest'ultima ove , invece vi sia come nel caso un fenomeno di successione di leggi nel tempo la dichiarazione di incostituzionalità della disposizione sopravvenuta attinge, in tutto o in parte, il nuovo contenuto precettivo della disposizione, fermo restando l’effetto abrogativo della precedente [ salvo che la prima non sia affetta da un radicale di vizio del procedimento legislativo nel qual caso la norma dichiarata incostituzionale non solo cessa di avere efficacia art. 136 Cost., comma 1 , ma perde anche l'idoneità ad abrogare la disciplina precedente, che rivive ]. 5. Le spese di questo giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi del secondo comma dell’art. 92 c.p.c P.T.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.