Nel rispetto di norme comunitarie imperative, il giudicato esterno non vincola le controversie in tema di IVA

Le controversie in materia di IVA sono annoverabili fra quelle che richiedono il rispetto di norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall'art. 2909 c.c., e dalla sua proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, ove gli stessi impediscano la realizzazione del principio di contrasto dell'abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria, come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema comunitario di imposta.

In caso d'impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivamente ai fini dell'IVA e delle imposte sui redditi, con cui l'Amministrazione finanziaria abbia fatto valere l'inesistenza soggettiva di operazioni industriali o commerciali, la sentenza emessa nel giudizio riguardante le imposte sui redditi non spiega efficacia di giudicato in quello avente ad oggetto l'IVA, non risultando a tal fine sufficiente la mera circostanza estrinseca dell'identità di contenuto delle due sentenze, in quanto la problematica relativa alla detraibilità dell'IVA può anche risolversi secondo criteri di fatto diversi da quelli riguardanti la deducibilità dei costi dalla base imponibile delle imposte sui redditi. Tali interessanti principi sono stati statuiti dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13029 del 24 luglio 2012. Il caso. Un contribuente ha dedotto con il ricorso in cassazione la violazione di norme di legge, in quanto la CTR non aveva considerato che ormai si era formato il giudicato esterno sul medesimo rapporto tributario, posto che la CTP aveva dichiarato l'infondatezza della pretesa erariale relativamente alle imposte dirette per la stessa annualità con sentenza n. 145/01/99, passata in giudicato, peraltro come addotto con l'atto di controdeduzioni e la produzione della decisione all'udienza di discussione dinanzi al giudice di secondo grado. Il motivo è stato ritenuto infondato dal giudice di legittimità poiché il giudicato, formatosi in materia di tributi diretti, non è preclusivo delle questioni concernenti il diverso rapporto giuridico d'imposta in tema di IVA, anche se relativo alla stessa annualità e scaturente dalla medesima indagine di fatto. In particolare, le controversie in materia di IVA sono annoverabili fra quelle che richiedono il rispetto di norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall'art. 2909 c.c., e dalla sua proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, ove gli stessi impediscano - secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 3 settembre 2009, in causa C-2/08 - la realizzazione del principio di contrasto dell'abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria, come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema comunitario di imposta. La CGUE interviene sul giudicato esterno. La Corte di Giustizia europea, con la sentenza C-2/08, ha stabilito che l’art. 2909 c.c. che impedisce di accertare due volte gli stessi elementi in caso di pronunce successive tra le medesime parti e sugli stessi fatti può essere disapplicato se impedisce l'attuazione del diritto comunitario. L'intervento della Corte di Giustizia ha riguardato il cosiddetto giudicato esterno, cioè l'estensione della cosa giudicata, formatasi in una controversia, ad altri procedimenti relativi al medesimo soggetto e al medesimo oggetto, non ancora decisi in via definitiva. Secondo la Corte di Giustizia va affermata l’inapplicabilità del codice civile ogni volta che la sua attuazione mina in maniera assoluta la possibilità di fare ricorso al diritto comunitario si pensi al vincolo di decisioni precedenti che compromette la lotta all’abuso del diritto ed in tal caso spetta al giudice nazionale provvedere a disapplicare l’art. 2909 c.c Secondo la Corte di Giustizia applicare le statuizioni di una sentenza definitiva con riferimento a una annualità diversa impedisce al giudice di prendere in considerazione le norme di contrasto degli abusi e di correggere eventuali errori di interpretazione delle norme comunitarie che riguardano pratiche abusive in materia di iva in contrasto con il diritto comunitario . Secondo la Corte di Giustizia occorre affermare il primato del principio di effettività del diritto comunitario rispetto alla tutela della certezza del diritto con riguardo all’abuso del diritto da ciò ne consegue che l’efficacia del giudicato esterno si esaurisce quando il suo effetto si scontra con un ulteriore principio di derivazione comunitaria. Secondo la Corte di Giustizia poiché l’iva svolge un ruolo importante nella costituzione delle risorse proprie della Comunità europea essa deve essere soggetta alle regole del diritto comunitario in cui le sentenze della Corte di giustizia hanno carattere vincolante e definitivo. In definitiva, il principio dell’intangibilità del giudicato esterno espresso con la sentenza n. 13916/2006 si incrina [come già è successo per il principio della formazione del giudicato di cui all’art. 2909 c.c. con sentenza della Corte di giustizia del 18 luglio 2007, in causa C-119/05, Lucchini s.p.a. ] di fronte al principio della prevalenza del diritto comunitario su quello interno, con la conseguenza che troverà di nuovo spazio il principio dell’autonomia dei singoli periodi d’imposta, non solo per quanto riguarda i tributi armonizzati cd. principio di effettività del diritto comunitario .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 20 giugno - 24 luglio 2012, n. 13029 Presidente Cicale – Relatore Bognanni Svolgimento del processo 1. La società Italpomice Spa. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. stacc. di Messina, n. 50/27/09, depositata il 14 luglio 2009, con la quale, accolto l'appello dell'agenzia delle entrate contro la decisione di quella provinciale, l'opposizione avverso l'avviso di rettifica relativamente all'Iva per il 1990, veniva respinta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che il metodo induttivo seguito era stato regolare, atteso che si basava su presunzioni costituite dalle rilevazioni della Guardia di finanza, per le quali si era trattato di operazioni inesistenti, senza che la documentazione prodotta dalla contribuente potesse provare il contrario. Peraltro era emerso che gli assegni erano stati emessi nei confronti di ditte non coinvolte nella esecuzione dei lavori, anche perchè erano prive di macchinari e maestranze, come accertato dalla Guardia di finanza. L'agenzia delle entrate si è solo costituita. Motivi della decisione 2. Col secondo motivo, che viene esaminato prima, avendo esso carattere preliminare, la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che ormai si era formato il giudicato esterno sul medesimo rapporto tributario, posto che la CTP aveva dichiarato l'infondatezza della pretesa erariale relativamente alle imposte dirette per la stessa annualità con sentenza n. 145/01/99, passata in giudicato, peraltro come addotto con l'atto di controdeduzioni e la produzione della decisione all'udienza di discussione dinanzi al giudice di secondo grado. Il motivo è infondato, in quanto, com'è noto, le controversie in materia di IVA sono annoverabili fra quelle che richiedono il rispetto di norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall'art. 2909 c.c., e dalla sua proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, ove gli stessi impediscano - secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 3 settembre 2009, in causa C-2/08 - la realizzazione del principio di contrasto dell'abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria, come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema comunitario di imposta Cfr. anche Cass. Sentenze n. 12249 del 19/05/2010, n. 24784 del 2009 . Ma, a parte ciò, va pure rilevato che in caso d'impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivamente ai fini dell'IVA e delle imposte sui redditi, con cui l'Amministrazione finanziaria abbia fatto valere l'inesistenza soggettiva di operazioni industriali o commerciali, la sentenza emessa nel giudizio riguardante le imposte sui redditi non spiega efficacia di giudicato in quello avente ad oggetto l'IVA, non risultando a tal fine sufficiente la mera circostanza estrinseca dell'identità di contenuto delle due sentenze, in quanto la problematica relativa alla detraibilità dell'IVA può anche risolversi secondo criteri di fatto diversi da quelli riguardanti la deducibilità dei costi dalla base imponibile delle imposte sui redditi, come nella specie V. pure Cass. Sentenze n. 15396 del 11/06/2008, n. 14087 del 2007 . 3. Il primo motivo, attinente alla mancata pronuncia in ordine al dedotto giudicato esterno di cui sopra, rimane assorbito. 4. Ne discende che il ricorso va rigettato. 5. Quanto alle spese del giudizio, non si fa luogo ad alcuna statuizione, stante la mancata attività difensiva dell'intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.