L’errore del software salva il contribuente

Il mero errore formale della dichiarazione, come l’errore formale del software di gestione, è emendabile non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso, ma anche in sede contenziosa.

Il caso. Il giudice del gravame ha annullato una cartella di pagamento relativa al 2003, emessa dal fisco per il recupero del tardivo pagamento di ritenute alla fonte, poiché il ritardo nel prospetto dei versamenti era dovuto a un errore formale del software di gestione della dichiarazione. Nulla la cartella di pagamento se il software di gestione della dichiarazione sbaglia. La Corte di Cassazione – con la sentenza n. 5852/2012 depositata il 13 aprile - pur prendendo atto che la rettifica della dichiarazione era avvenuta mediante controllo automatizzato ex art. 36 d.p.r. 600/1973, ha così argomentato il rigetto del rigetto del ricorso per cassazione del fisco di regola, le dichiarazioni fiscali, in particolare quelle dei redditi, non sono atti negoziali o dispositivi, né costituiscono titolo dell'obbligazione tributaria, ma costituiscono mere dichiarazioni di scienza, sicché salvo casi particolari ad es., le dichiarazioni integrative presentate ai fini del condono , possono, in linea di principio, essere liberamente emendate e ritrattate dal contribuente, se, per effetto di errore di fatto o di diritto commesso nella relativa redazione, possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico SSUU n. 15063/02 . Da tanto consegue, come logico corollario, che la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione, ed incidenti sulla misura delle imposte, è esercitabile non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso, ma anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria Cass. 22021/2006 e 2626/2011 . Non può ritenersi ostativo l'invocato art. 2 d.p.r. n. 322/1998, disposizione che introduce precise modalità per l'integrazione delle dichiarazioni mutuandole dalle disposizioni relative alla presentazione delle dichiarazioni e prevedendo l'utilizzo di modelli conformi a quelli approvati per il periodo d'imposta di riferimento ed il limite temporale del termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, ma ciò prescrive per emendare errori od omissioni che abbiano comportato l'indicazione di un maggior reddito od un maggior debito d'imposta od un minor credito, e, cioè, per il caso in cui, tramite la rettifica si voglia mutare la base imponibile, o l'ammontare dell'imposta, ipotesi diversa da quella in esame in cui viene in rilievo, com'è incontroverso, un errore meramente formale . Dichiarazione errata ritrattabile anche in sede contenziosa. La dichiarazione dei redditi del contribuente, affetta da errore sia di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, è emendabile e ritrattabile anche in sede contenziosa, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante a oneri contributivi diversi e maggiormente gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Ciò, in quanto la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti un sistema legislativo che non consentisse la rettificabilità della dichiarazione, darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito e, pertanto, non compatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 21 febbraio – 13 aprile 2012, n. 5852 Presidente Pivetti – Relatore Sambito Svolgimento del processo Con sentenza n. 107/12/09 depositata l’8.10.09 la CTR della Lombardia, in parziale riforma della decisione della CTP di Milano, ha accolto il ricorso proposto dalla Internods S.r.l. avverso la cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi, relativa all'anno 2003, per il recupero, per quanto ancora interessa, del tardivo versamento di ritenute alla fonte, oltre sanzioni ed interessi. I giudici d'appello hanno ritenuto fondato l'assunto della contribuente secondo cui il ritardo nel prospetto dei versamenti era dovuto ad un errore formale del software di gestione della dichiarazione, che indicava il mese di competenza dei compensi erogati e non il periodo di pagamento, e valida, inoltre la rettifica, pur se non effettuata con i tempi e le modalità prescritte dall'art. 2, co 8 bis, del dPR n. 322 del 1998. Per la cassazione della sentenza, ricorre l'Agenzia delle Entrate. La contribuente resiste con controricorso. Motivi della decisione Con l'unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli art. 2, co 8 bis, del dPR n. 322 del 1998, e 19 del dPR n. 435 del 2001, la ricorrente censura la decisione impugnata per aver annullato la cartella di pagamento, nonostante la rettifica della dichiarazione, oggetto del controllo automatizzato ex art. 36 bis del dPR n. 600 del 1973, non fosse avvenuta secondo le modalità e nel termine all'uopo previsti dalla disposizione, di cui all'art. 2, co 8 bis, indicata. La controricorrente ha eccepito l'inammissibilità del ricorso, in ragione dell'asserita inosservanza del disposto di cui dell'art. 360 bis n. 1 cpc, dovuta alla distorta interpretazione della giurisprudenza di questa Corte. L'eccezione è infondata. Le SU di questa Corte, con sentenza n. 19051 del 2010, hanno precisato che lo scrutinio ai sensi della menzionata norma deve condurre al rigetto del ricorso per manifesta infondatezza e non ad una declaratoria d'inammissibilità, nell'ipotesi in cui in esso non vengano prospettati argomenti per modificare la giurisprudenza di legittimità cui la sentenza impugnata si presenti conforme, e ciò in quanto anche in mancanza, nel ricorso, di argomenti idonei a superare la ragione di diritto cui si è attenuto il giudice del merito, il ricorso potrebbe trovare accoglimento ove, al momento della decisione della Corte, con riguardo alla quale deve essere verificata la corrispondenza tra la decisione impugnata e la giurisprudenza di legittimità, la prima risultasse non più conforme alla seconda nel frattempo mutata . Nel merito, la doglianza è infondata. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso che, di regola, le dichiarazioni fiscali, in particolare quelle dei redditi, non sono atti negoziali o dispositivi, né costituiscono titolo dell'obbligazione tributaria, ma costituiscono mere dichiarazioni di scienza, sicché salvo casi particolari ad es., le dichiarazioni integrative presentate ai fini del condono , possono, in linea di principio, essere liberamente emendate e ritrattate dal contribuente, se, per effetto di errore di fatto o di diritto commesso nella relativa redazione, possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico Cass. SU n. 15063 del 2002 . Da tanto consegue, come logico corollario, che la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione, ed incidenti sull'obbligazione tributaria, è esercitabile non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, ma anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria Cass. n 22021 del 2006, n 2626 del 201 1 . Tale principio va applicato nella specie, non potendo ritenersi ostativo l'invocato art. 2, co 8 bis, del dPR n. 322 del 1998, introdotto dall'art. 2 del dPR n. 435 del 2001, con effetto dal 1 gennaio 2002, in base all'art. 19 dello stesso decreto , disposizione che introduce, bensì, precise modalità per l'integrazione delle dichiarazioni mutuandole dalle disposizioni relative alla presentazione delle dichiarazioni e prevedendo l'utilizzo di modelli conformi a quelli approvati per il periodo d'imposta di riferimento ed il limite temporale del termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo”, ma ciò prescrive per emendare errori od omissioni che abbiano comportato l'indicazione di un maggior reddito od un maggior debito d'imposta od un minor credito , e, cioè, per il caso in cui, tramite la rettifica si voglia mutare la base imponibile, o l'ammontare dell'imposta, ipotesi diversa da quella in esame in cui viene in rilievo, com'è incontroverso, un errore meramente formale. Il ricorso va, in conclusione, respinto. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente, soccombente, e si liquidano in Euro 3.500,00, oltre accessori, come per legge. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso condanna la ricorrente e si liquidano in Euro 3.500,00, oltre accessori, come per legge.