Accertamento nullo se manca il verbale

L’accertamento è nullo se l’amministrazione finanziaria produce in giudizio contro il contribuente soltanto uno stralcio del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza.

La S.C., con ordinanza numero 5020 depositata il 28 marzo 2012, ha ritenuto che nel corso del giudizio incombe all’ufficio finanziario l’onere della prova circa la presentazione del verbale emesso dalla GdF. Attività di verifica verbale di constatazione. La verifica fiscale termina con la redazione di un processo verbale di constatazione PVC in cui sono riportati i fatti, le violazioni contestate nonché le dichiarazioni del soggetto sottoposto a verifica. Il contribuente destinatario di un processo verbale di constatazione, atto che non è impugnabile autonomamente, può definire più velocemente la contesa mediante il ricorso all’istituto dell’adesione di cui al d.l. numero 112/2008, convertito dalla legge numero 133/2008, usufruendo della riduzione delle sanzioni 1/6 e del pagamento rateizzato degli importi dovuti, senza prestare alcuna garanzia. Come previsto dalla normativa vigente, la verifica fiscale nei confronti del contribuente deve essere compiuta entra i termini previsti dalla legge e la stessa deve avvenire arrecando il minor disagio allo svolgimento dell’attività, nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente stesso. La permanenza degli operatori dell’amministrazione finanziaria o militari presso la sede del contribuente deve avvenire entro il termine di 60 giorni termini previsto dall’art. 12, comma 5, legge numero 212/2000 c.d. Statuto del contribuente , in modo da arrecare la minore turbativa all’attività professionale del contribuente CTP Bari, Sez. 17, sent. numero 293/2010 . Per quanto attiene i poteri riconosciuti all’ufficio finanziario, occorre ricordare che l’art. 54, comma 5, d.p.r. numero 633/72, consente di procedere alla rettifica delle dichiarazioni in materia di Iva, potendo ricostruire presuntivamente l’esistenza di corrispettivi o maggiori redditi non dichiarati, attingendo dal materiale documentale informale rinvenuto durante accessi o verifiche Cass. 15 luglio 2011, numero 28053 . Il pvc è una prova documentale. Il processo verbale di constatazione costituisce una prova documentale essenziale ai fini dell’evasione fiscale, anche nei confronti di soggetti non destinatari della verifica. Il giudice può ricorrere legittimamente al verbale redatto dalla Guardia di Finanza al fine della determinazione dell’imposta evasa come prova del reato di dichiarazione infedele, nonché utilizzare l’accertamento induttivo quando le scritture contabili non sono tenute o irregolarmente tenute Cass. numero 28053/2011 . Il caso. Il ricorso del contribuente, a cui era stato notificato un avviso di accertamento Iva-Irpef-Irap per l’anno 2001, è stato accolto sia in primo grado che in appello, e l’ufficio finanziario ha proposto ricorso per cassazione eccependo la legittimità dell’accertamento emesso atteso che un stralcio del verbale della GdF era stato prodotto nel primo grado del processo. Onere di prova a carico dell’ufficio. La S.C., avallando le motivazioni dei giudici di appello, ha ritenuto che è onere dell’ufficio portare a conoscenza dell’altra parte tutti gli atti rilevanti ai fini della decisione e tra questi rientra il verbale di constatazione redatto dai militari. Inoltre, nel caso di specie, costituisce oggetto di riflessione l’interpretazione dell’art. 7 d.lgs. numero 546/1992, norma abrogata dall’art. 3- bis , del d.l. numero 203/2005, conv. dalla legge numero 248/2005, la quale prevedeva che il giudice tributario poteva ordinare alla parti la produzione dei documenti ritenuti necessari per la decisione finale. I giudici hanno ritenuto, inoltre, che l’istanza con la quale l’Ufficio solleciti l’esercizio di poteri istruttori di ufficio, ex art. 7 d.lgs. numero 546/92, è inammissibile, sia perché si tratta di documenti già in possesso dell’amministrazione finanziaria ed è, quindi, in contrasto con l’art. 6 legge numero 212/2000 Statuto del contribuente , sia perché manca il presupposto, che consente di derogare al canone ordinario di distribuzione dell'onere della prova e legittima l'esercizio del potere di ufficio, costituito dall'impossibilità di una delle parti di acquisire i documenti in possesso dell'altra, sia, infine, quando la predetta istanza sia formulata nel giudizio di appello Cass. numero 26932/2010 . Il giudice non può sopperire all’onere probatorio che grava sul soggetto onerato, potendo solo integrare gli elementi forniti dalle parti, per cui l’art. 7 deve essere interpretato in maniera restrittiva” ed applicato alla luce dell’art. 111 Cost., così come modificato dalla legge costituzionale numero 2/1999 Cass. numero 24464/2006 . In tema di contenzioso tributario, l'art. 7 d.lgs. numero 546/1992, che prevede la possibile acquisizione d'ufficio di mezzi di prova, è norma eccezionale, la quale preclude al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori in un processo a connotato tendenzialmente dispositivo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 6 – 28 marzo 2012, numero 5020 Presidente Merone – Relatore Caracciolo Fatto e diritto La Corte ritenuto che, ai sensi dell'articolo 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati. Osserva La CTR di Palermo ha respinto l'appello dell'Agenzia, appello proposto contro la sentenza numero 362/07/2006 della CTP di Agrigento che ha accolto il ricorso della Tecno srl avverso avviso di accertamento IVA-IRPEG-IRAP relativo all'anno 2001. La CTR ha motivato la sua decisione nel senso che - premesso che il PVC della GdF di Sciacca, integralmente richiamato nella motivazione del provvedimento, non era stato depositato da nessuna delle due parti - l'Ufficio aveva mancato all'assolvimento dell'onere di prova posto a suo carico, per non avere messo il giudicante in condizione di conoscere per intero tutti gli atti rilevanti ai fini della decisione, ed in particolare quello che più di tutti deve formare oggetto di necessario esame da parte del giudice. Del pari, non poteva raggiungersi alcuna conclusione in merito all'asserita inesistenza di talune operazioni commerciali poste in essere dalla società contribuente, appunto in difetto delle necessarie prove sul punto. L'Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. L'intimata si è difeso con controricorso. Il ricorso - ai sensi dell’articolo 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all'articolo 376 cpc - può essere definito ai sensi dell’articolo 375 cpc. Infatti, con il primo motivo di impugnazione fondato sul vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza la ricorrente lamenta che il giudicante Abbia erroneamente ritenuto non prodotto il PVC di cui si è detto, per quanto uno stralcio di detto PVC risultasse già prodotto sin dal primo grado del processo, come allegato numero 4 dell'atto di controdeduzioni. La censura è formulata in termini inammissibili, per difetto del requisito di autosufficienza del ricorso per cassazione. Il giudice del merito ha evidenziato infatti che sarebbe stato onere della parte pubblica mettere il giudicante in condizione di conoscere per intero tutti gli atti rilevanti ai fini della decisione e tra questi il menzionato PVC. A questo indiscusso proposito, la parte ricorrente replica evidenziando di avere prodotto uno stralcio di cui è rimasto incognito il contenuto, ed in specie se detto stralcio consentisse di apprezzare quali accertamenti la GdF aveva effettuato in merito alla questione delle operazioni inesistenti, siccome precipuo oggetto del thema decidendum . Non è chi non veda che la parte ricorrente preclude alla Corte, in questi termini, di apprezzare se il fatto asseritamente trascurato dal giudicante fosse dotato del requisito di decisività, ciò che determina l'evidente inammissibilità della censura. Con il secondo motivo di censura centrato sulla violazione degli articolo 42 DPR numero 600/1973 e 7 D.Lgs. 546/92 la parte ricorrente si duole che il giudicante abbia ritenuto nullo l'avviso di accertamento per effetto della mancata produzione in giudizio del PVC da esso richiamato e si duole ancora del fatto che il giudicante non abbia fatto esercizio dei poteri istruttori officiosi per ordinare alle parti e ad essa Agenzia in particolare di produrre nel processo la parte mancante del PVC più volte menzionato. Il motivo si appalesa infondato. Sotto il primo profilo perché, come si è detto, il giudice di appello se pur in precedenza facendo ultroneo riferimento alla nullità del provvedimento in ipotesi di omessa allegazione del richiamato PVC ha in realtà argomentato principalmente sotto il profilo della mancata integrazione dell'onere di prova incombete sull'Ufficio. Sotto il secondo profilo perché la norma valorizzata dalla parte ricorrente il comma 3 dell'articolo 7, nella parte in cui consentiva al giudice di ordinare d'ufficio alle parti la produzione dei documenti ritenuti necessari ai fini del decidere risultava essere già abrogata al momento dell'adozione della sentenza qui impugnata, oltre al fatto che poi è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte si veda per tutte Cass. 26392/2010 - quand'anche ve ne fossero state le condizioni di tempo e di previa istanza - che l'istanza con la quale l'Ufficio solleciti l'esercizio dei poteri istruttori di ufficio, di cui all'articolo 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, al fine di acquisire gli allegati alla dichiarazione dei redditi del contribuente, è inammissibile, sia perché si tratta di documenti già in possesso dell'amministrazione finanziaria che ha formulato la richiesta, ed è, quindi, in contrasto con l'articolo 6 della legge 27 luglio 2000, numero 212, sia perché manca il presupposto, che consente di derogare al canone ordinario di distribuzione dell'onere della prova e legittima l'esercizio del potere di ufficio, costituito dall'impossibilità di una delle parti di acquisire i documenti in possesso dell'altra, sia, infine, quando, come nella specie, la predetta istanza sia formulata nel giudizio di appello, in ragione della possibilità per le parti di produrre, anche in questa sede, nuovi documenti, nel rispetto del contraddittorio, ai sensi dell'articolo 58, 2 comma, del d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546 Cass. Sez. 5, Sentenza numero 26392 del 30/12/2010 . Quanto poi al terzo motivo centrato sulla violazione dell'articolo 9 della legge numero 289/2002 , esso appare assorbito dal rigetto di quello che precede, mancando in tal modo il necessario accertamento del fatto presupposto ai fini della legittimità del diniego dell'istanza di definizione automatica ex articolo 9 menzionato, e cioè il fatto che oggetto di contestazione fossero operazioni inesistenti, con conseguente venir meno del presupposto materiale del condono tributario . Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità del primo motivo manifesta infondatezza del secondo e assorbimento del terzo. Roma, 20 gennaio 2012 che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 10.000,00 oltre accessori di legge ed oltre Euro 100,00 per esborsi.