L’avvocato impugna la cartella di pagamento, l’errore può essere rettificato anche in questa fase

Irap è emendabile l’errore in dichiarazione dei redditi anche se v’è stata impugnazione di una cartella di pagamento.

Il caso affrontato dai Supremi Giudici della Corte di Cassazione, con sentenza n. 26512/2011 depositata in cancelleria il 12 dicembre, riguardante un contenzioso da errore commesso in dichiarazione, appare quantomeno singolare e di sicuro interesse giuriprudenziale. La fattispecie. Il ricorrente impugnava la cartella di pagamento notificatagli per l’IRAP 2003, sostenendo di non esservi soggetto per difetto del presupposto dell’autonoma organizzazione dell’attività professionale. La C.T.P. adita accoglieva il ricorso del contribuente de quo viceversa, di tutt’altro avviso era la C.T.R. che, infatti, accoglieva il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria. Per tutta risposta il contribuente ricorreva per cassazione con quattro motivi. Nello specifico, il ricorrente dopo avere compilato i quadri della dichiarazione dei redditi per il 2003, in forza della giurisprudenza formatasi sulla fattispecie in questione, avendo maturato il convincimento di non esservi tenuto, aveva omesso il pagamento dell’imposta ed impugnato la cartella notificatagli ex art. 36 bis d.p.r. n. 600/1973. Dalle suddette argomentazioni i Giudici di piazza Cavour hanno concluso per l’accoglimento del ricorso con rinvio alla C.T.R In particolare, il Supremo Collegio è stato fermo nel ritenere che l’errore, di fatto o di diritto, commesso dal dichiarante nella dichiarazione dei redditi, è – in linea di principio – emendabile, in quanto la dichiarazione non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti . La dichiarazione dei redditi non rappresenta la prova provata dei dati in essa contenuti. Tant’è, che l’Amministrazione Finanziaria ha il potere di controllare le dichiarazioni presentate dai contribuenti e rettificarle quando il reddito complessivo dichiarato risulta inferiore a quello effettivo. Va da sé che, ogni atto dell’ iter procedimentale, su cui si fonda l’accertamento tributario, ha quale finalità di attestare la verità in ordine ai presupposti dei tributi per far sì che il prelievo fiscale avvenga in conformità alla legge. Per logica conseguenza al contribuente, che costituisce la fonte primaria, non può essere negata la possibilità di ricercare la verità con atti posti in essere dopo la presentazione della dichiarazione. A sostegno di tale tesi si richiamano le argomentazioni sulla natura giuridica della dichiarazione d’imposta, che, essendo scientifica, è di per sé modificabile. È importante tutelare il principio dell’economicità e del buon andamento dell’amministrazione finanziaria. In conclusione il contribuente può impugnare la cartella di pagamento Irap, quest’ultima dichiarata da lui stesso, se nel frattempo ha maturato la convinzione di non essere tenuto al pagamento del tributo. Non è necessario che il contribuente, al contrario da quanto sostengono i giudici della C.T.R., paghi l’imposta e poi promuova l’azione di ripetizione dell’indebito rimborso se così fosse ciò andrebbe contro la legge e contro il principio di economicità e buon andamento dell’amministrazione finanziaria.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 30 settembre – 12 dicembre 2011, n. 26512 Presidente Adamo – Relatore Bernardi Svolgimento del processo L'avvocato Z.G. impugnò la cartella di pagamento notificatagli per IRAP 2003 sostenendo di non esservi soggetto per difetto del presupposto della autonoma organizzazione dell'attività professionale. In primo grado il ricorso fu accolto. La CTR ha accolto l'appello dell'ufficio, ed il contribuente ricorre con quattro motivi, illustrati da memoria, per la cassazione della decisione. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. Motivi della decisione Dopo aver compilato i quadri della dichiarazione dei redditi 2003 concernenti l'IRAP, il ricorrente - maturato il convincimento di non esservi tenuto - ha omesso il pagamento dell'imposta ed impugnato la cartella notificatagli d.p.r. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis . I primi due motivi di ricorso lamentano che la CTR abbia fondato la decisione favorevole all'Ufficio sul rilievo che la cartella era stata emessa sulla base della dichiarazione del contribuente. Il giudice d'appello avrebbe attribuito valore confessorio alla denuncia, e la avrebbe considerata fonte del debito tributario nonostante il difetto del presupposto impositivo. Col primo motivo si deduce violazione dell'art. 112 c.p.c., assumendo che la CTR avrebbe in tal modo accolto un motivo d'appello non dedotto. Col secondo motivo, subordinato, si deduce nullità della pronuncia per violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 57, giacché la portata costitutiva del debito tributario attribuito alla confessione, semmai ravvisabile nei motivi d'appello, sarebbe stata dedotta tardivamente, perché non invocata nel primo grado di giudizio. I motivi sono inammissibili perché muovono da una ricostruzione erronea della decisione impugnata. La quale non si fonda sul preteso valore confessorio della dichiarazione del reddito, ma sul d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, che, secondo la CTR, consentirebbe di contestare la cartella soltanto per vizi propri. Secondo la tesi dell'Amministrazione, fatta propria dal giudice d'appello, la inesistenza del presupposto del tributo non avrebbe potuto farsi valere con l'impugnativa della cartella, ma con l'azione di ripetizione dell'indebito, una volta che l'imposta liquidata sulla scorta della dichiarazione del contribuente fosse stata pagata. Avverso questo assunto è rivolto il terzo motivo di ricorso violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. d , e d.lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 che è fondato. La giurisprudenza di questa corte è ferma nel ritenere che l'errore, di fatto o di diritto, commesso dal dichiarante nella dichiarazione dei redditi, è - in linea di principio - emendabile, in quanto la dichiarazione non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Salvo il limite derivante dall'esaurimento, provocato dal trascorrere del tempo o dal sopravvenire di decadenze, del rapporto tributario cui la dichiarazione inerisce. L'emenda è possibile pure in sede di impugnazione di una cartella di pagamento, non essendo di ostacolo il limite previsto dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, secondo cui la cartella sarebbe impugnabile solo per vizi propri , perché non viene in rilievo un vizio della cartella, ma l'errore del contribuente, e l'esigenza del rispetto del principio della capacità contributiva e della obiettiva legalità dell'azione amministrativa artt. 53 e 97 Cost., Cass. 2725/2011 . Va dunque accolto il ricorso, cassata la sentenza impugnata e rimessa la causa ad altra sezione della CTR del Lazio, per l'esame dei motivi d'appello rimasti assorbiti dall'accoglimento della questione preliminare qui riconosciuta infondata. Il quarto motivo di ricorso investe la materia oggetto del giudizio di rinvio, inammissibile in questa sede. Le spese del giudizio dovranno essere regolate con la decisione definitiva. P.Q.M. Dichiara inammissibili il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, ed accoglie il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della CTR del Lazio.