Ricorso per cassazione senza atti

Le Sezioni Unite della S.C., con la sentenza n. 22726/2011 depositata il 3 novembre 2011, hanno sancito che il soggetto che presenta il ricorso avverso le sentenze delle commissioni tributarie non deve depositare gli atti già presenti nel fascicolo d’ufficio.Si tratta di un pronunciamento innovativo atteso che sino ad ora precedenti decisioni avevano dichiarato l’improcedibilità dei ricorsi depositati per la mancanza delle copie degli atti e documenti.

È necessario produrre gli atti? Per l’argomento in esame occorre richiamare il disposto dell’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. che, nella nuova formulazione di cui al d.lgs. n. 40/2006, prevede che insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d’improcedibilità d gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi coi collettivi sui quali il ricorso si fonda . In materia tributaria sovviene l’art. 25, d.lgs. n. 546/1992, il quale prevede che la segreteria della CT forma il fascicolo d’ufficio del processo, inserendovi i fascicoli del ricorrente e delle altri parti, con gli atti e i documenti prodotti , mentre il secondo comma stabilisce che i fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo. Le parti possono ottenere copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte e d’ufficio Occorre sottolineare che sulla questione de quo la posizione della giurisprudenza non è stata univoca nel corso degli anni, in quanto prevalentemente c’è stata la dichiarazione di improcedibilità dei ricorsi depositati dal 2006 in poi per la mancanza delle copie di atti e documenti, mentre un secondo orientamento, minoritario, si è espresso a favore della validità del ricorso senza copie dei documenti. Da una lato la S.C. ha ritenuto che per dirimere la questione occorre richiamare la lettura dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, che oltre a risultare obbligata in relazione al dato testuale si rivela, altresì, perfettamente aderente alla ratio legis . Per quanto precede, nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno ritenuto improcedibile il ricorso presentato dall’ufficio finanziario non essendo stato allegato allo stesso né l’atto di accertamento, né l’atto di appello ed il processo verbale di constatazione Cass. n. 25490/2009 cfr. Cass. 2855/09, 28547/08 e 21080/08 . Diversamente da quanto precede, si segnala un pronunciamento della Cassazione che non ravvisa l'onere, per il ricorrente, di depositare gli atti predetti nel termine perentorio fissato per il deposito del ricorso per cassazione e, conseguentemente, l’improcedibilità del ricorso. Ne consegue che se il fascicolo d'ufficio non comprenda la relazione scritta del consulente tecnico d'ufficio e il ricorrente, a sostegno della denunciata insufficienza e illogicità della motivazione della sentenza impugnata, ne abbia trascritto passaggi non censurati dalla controparte per difformità dall'effettivo contenuto, devono ritenersi ottemperati gli oneri previsti a pena di improcedibilità del ricorso. Cass. n. 4898/2010 cfr. n. 13174/2010 n. 17196/2010 . Il caso. Una Spa ha impugnato l’avviso di rettifica con cui l’Agenzia delle Dogane aveva richiesto il pagamento di tributi doganali, Iva e interessi di mora per diversi anni di imposta. La CTP aveva respinto il ricorso, mentre la CTR ha accolto parzialmente l’appello. La società ha proposto ricorso per cassazione e, attesa la questione di particolare importanza concernente il contrasto giurisprudenziale dell’art. 369, comma 2, n. 4, la sezione tributaria ha rimesso gli atti per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Come evidenziato, in ambito tributario la norma di cui all’art. 25 prevede che gli atti rimangono nel fascicolo di ufficio e successivamente, su istanza di chi propone ricorso, la segreteria della Commissione trasmette il fascicolo in Cassazione. I giudici delle Sezioni Unite, facendo proprio il principio di strumentalità delle forme processuali per il quale non sussiste improcedibilità in quanto il fascicolo già si trova presso il giudice ad quem e la richiesta di una istanza di acquisizione sarebbe un formalismo che contrasta con le esigenze di efficienza e semplificazione, hanno ritenuto che l’onere del ricorrente di cui al citato art. 369, comma 2 , n. 4, non sussiste. Il fascicolo si trova in quello d’ufficio del quale viene chiesta la trasmissione dalla Commissione tributaria regionale. In ambito tributario, i giudici hanno rilevato che per ricorsi avverso le sentenze delle CT non è necessario che le parti producano copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte, che possono ottenere in base al disposto dell’art. 25, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, ma che non sono tenuti a richiedere. In particolare, la parte non ha l’onere della produzione del proprio fascicolo, contenuto nel fascicolo d’ufficio di cui abbia chiesto la trasmissione alla S.C. ex art. 369 c.p.c. per gli stessi motivi, la parte non è tenuta alla produzione di copia degli atti e documenti su cui si fonda il ricorso e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 1° giugno - 5 ottobre 2011, n. 36145 Presidente Amato - Relatore Bevere Fatto e diritto Con sentenza 30.6.2010, il tribunale di Novara ha confermato la sentenza 20.12.2010 del giudice di pace della stessa sede , con la quale B. M. è stato condannato alla pena di € 800 di multa, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese, in favore della parte civile, in quanto ritenuto colpevole del delitto di diffamazione, perché, con missiva datata 25.2.05, inviata al giudice di pace di Novara, avv. E. A., e al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Novara, dr. C. C., offendeva la reputazione dell'avv. F. A., suo difensore di ufficio nel procedimento penale, instaurato su querela dell'avv. M. C. nei suoi confronti, incolpandola di infedele patrocinio, asserendo che vi fosse una sorta di scorretta intelligenza tra l'avv. C. e il proprio difensore di ufficio. Il B. ha presentato ricorso per i seguenti motivi 1. violazione di legge non può essere considerato diffamazione segnalare reati a due o più magistrati, se non sussiste quello di calunnia. Inoltre il ricorrente rileva che la comunicazione a più persone del contenuto della missiva è avvenuta per mancato rispetto della normativa sulla procedura e per intempestiva iniziativa dei destinatari. 2. vizio di motivazione l'affermazione che vi è prova documentale della missiva da lui inviata è smentita dal contenuto della missiva stessa e dagli atti del presente procedimento. Inoltre l'affermazione di responsabilità si basa sulle dichiarazioni della parte civile, su elementari tautologie, su inconferenti considerazioni e su altre inesattezze, elencate nella memoria difensiva, depositata il 28.6.2010, allegata agli atti di appello. Il ricorrente rileva inoltre alcune irregolarità formali della sentenza impugnata, in quanto la copia della motivazione ricevuta dal proprio avvocato era priva del frontespizio e questo atto, unitamente alla copia del dispositivo e del p.v. dell'udienza 30.6.2010 erano privi del numero della sentenza. Il ricorso non merita accoglimento, in quanto le censure sono del tutto infondate. L'interrogativo sulla correttezza professionale del proprio difensore ben poteva essere espresso dal B. con un'avalutativa esposizione delle vicende processuali agli organi preposti al controllo della capacità e della lealtà professionali del difensore d'ufficio. In questa ipotesi ricorre la generale causa di giustificazione ex articolo 51 c.p., quale esercizio di un diritto di critica costituzionalmente tutelato dall'articolo 21 della Carta Costituzionale. Nel caso in esame, l'imputato ha raggiunto conclusioni direttamente diffamatorie nei confronti dell'avv. A., alla luce di proprie valutazioni faziose e tecnicamente scorrette, anticipando qualsiasi controllo e qualsiasi accertamento, correttamente esercitabili nelle sedi istituzionali. Queste offese sono state comunicate a più persone ai due magistrati, diretti destinatari della missiva, e ai soggetti che, per dovere di ufficio, i predetti magistrati erano tenuti a informare. Il contenuto della missiva acquisita agli atti, è ,con immediata evidenza, lesivo del credito professionale dell'avv. A., accusata - senza alcuna giustificazione - di rendersi infedele ai suo doveri professionali , cercando di arrecare nocumento agli interessi del suo assistito . Nessuna censura è quindi formulabile sulla ricostruzione dei fatti e sulla loro valutazione giuridica, contenute nella sentenza impugnata. Quanto alle asserite irregolarità formali degli atti indicati dal ricorrente, esse non hanno alcun rilievo, ai fini del riconoscimento di un qualsiasi ostacolo al pieno esercizio del diritto di difesa. Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.