Unioni civili: lecito negare il diritto di visita all’ex partner se nuoce al benessere del minore

La CEDU non ha ravvisato alcuna violazione dell’articolo 8 Cedu serenità familiare e privacy nel rifiuto opposto dalle autorità francesi di continuare a concedere un diritto di visita all’ex compagna della madre biologica di un bambino, concepito nell’ambito di un comune progetto di vita familiare sugellato da un PACS. Il minore, particolarmente fragile perché malato, risentiva negativamente ed era traumatizzato dal legame conflittuale tra le due figure materne nel suo superiore interesse è stato sospeso tale diritto, pur riconosciuto dalla legge interna.

È quanto stabilito dalla CEDU sez. V nel caso Honner c. Francia ric.19511/16 del 12 novembre nel decidere questa peculiare questione fornendo delucidazioni sui diritti dei partner nelle unioni omosessuali che non sono genitori biologici dei minori. Infatti, la ricorrente dal 2000 al 2012 ha avuto una relazione con un’altra donna con cui strinse un PACS nel 2009. Nell’ambito di un progetto familiare la compagna nel 2007 dette alla luce un figlio ottenuto da procreazione assistita. Avendo allevato il bimbo nei primi anni della sua vita ricorse in Tribunale per avere il diritto di visita e di poterlo ospitare presso la sua casa, ma gli fu negato anche perché l’ex produsse un certificato in cui si affermava che ciò sarebbe stato deleterio per il benessere del minore , traumatizzato dalla separazione. Il certificato risultò falso ed il medico che lo aveva redatto fu sanzionato in sede disciplinare, ma le Coirti avevano sufficienti elementi per attestare il malessere del minore conteso e particolarmente fragile soffriva di una grave malattia del sangue, solo quando era ospite della ricorrente aveva episodi di enuresi etc. , sì che nel suo supremo interesse, dato che era traumatizzato e si colpevolizzava per questo conflitto tra le donne, fu revocato il diritto di visita alla ricorrente. Il partner del genitore biologico è un familiare del minore. La CEDU evidenzia come il concetto di famiglia si sia evoluto e che debba riconoscersi anche in assenza di legami biologici od all’interno di una relazione legalmente riconosciuta neretto, nda , purché ci sia un forte legame tra le parti. Più precisamente anche laddove vi è un’esistenza familiare de facto , come nelle unioni civili/PACS in esame, si ha un legame assimilabile a quello familiare. In breve, le Corti interne hanno riconosciuto che il minore era stato cresciuto, educato e mantenuto dalla ricorrente, era stato concepito all’interno di un progetto di vita familiare in comune e considerava la ricorrente sua madre al pari di quella biologica. Era stato perciò riconosciuto un diritto di visita e secondo le norme interne erano state predisposte misure per tutelare tale legame. Si noti che spesso la CEDU si è trovata a decidere sul legame tra adulti e bambini sviluppatisi al di fuori degli schemi familiari classici , come nel caso del legame tra zia e nipote o tra madre affidataria e affidatario, riconoscendo che dovevano essere mantenuti anche dopo che il minore è stato dato in adozione a terzi, perché degni di tutela come quello tra genitore e figlio VD. C Russia e Larizova c. Ucraina nelle rassegne del 12/4/19 e 20/4/18, Paradiso e Campanelli c. Italia [GC] nel quotidiano del 25/1/17, AK e L. c. Croazia dell’8/1/13 e Moretti e Benedetti c. Italia del 27/4/10 . Il legame con l’altra madre può essere interrotto solo se nuoce al minore. Le Corti interne e soprattutto quella d’appello, che non aveva basato la sua decisone sulle contestate prove faziose certificati medici falsificati e testimonianze dei parenti della madre biologica , hanno attuato un equo bilanciamento tra i contrapposti interessi, considerando che il benessere del minore è un interesse primario che prevale su tutti gli altri confliggenti. Le visite sono state interrotte ed il diritto negato solo dopo che si è dimostrato che nuocevano al minore traumatizzato dal rapporto fortemente conflittuale tra le due donne che considerava sue madri. Infine, la CEDU ravvisa che la Francia non è venuta meno ai suoi doveri positivi di non interferire nella vita privata e familiare delle persone dato che, pur avendo un certo margine discrezionale nel regolare la materia, aveva una normativa che tutelava la ricorrente e le scelte operate dalle Corti interne erano nell’interesse superiore del minore.

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