L’impianto di videocontrollo precario e senza cartelli pertinenti costa caro, specialmente se interferisce con la tutela dei lavoratori

Non è consentito installare impianti di videocontrollo negli spazi comuni di un Ateneo giustificando l’attivazione delle telecamere solo per generici motivi di sicurezza. In particolare, se vengono ripresi lavoratori senza un preventivo accordo con le rappresentanze sindacali. E in mancanza di informative dettagliate da mettere a disposizione degli interessati.

Lo ha evidenziato il Garante per la protezione dei dati personali con l’ordinanza n. 90/21 dell’11 marzo. Un dipendente dell’istituto nazionale di fisica nucleare dell’Università Federico II di Napoli ha presentato reclamo all’Autorità evidenziando la presenza di numerose telecamere all’interno dell’ Ateneo che effettuano una ripresa continua di tutte le aree di passaggio interne dell’edificio . In particolare, questi dispositivi, a parere dell’interessato, interferiscono con l’attività lavorativa del personale, in mancanza di qualsiasi accordo con le rappresentanze sindacali e senza cartelli informativi adeguati. A seguito di conseguente specifica richiesta del Garante l’Università ha evidenziato di aver attivato da qualche anno una quarantina di telecamere di videosorveglianza controllate dalla ditta che effettua servizio di portierato. Ma che solo all’esito della segnalazione del dipendente si sarebbe potuto successivamente formalizzare un accordo sindacale ad hoc. L’Autorità ha quindi effettuato una dettagliata ricognizione delle fonti normative che permettono l’impiego di strumenti di videosorveglianza all’interno di un ambito pubblico universitario. La disciplina in materia di trattamento dei dati personali, specifica l’ordinanza, prevede che i soggetti pubblici possono , di regola, trattare dati personali se il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento oppure per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’ esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. Con specifico riferimento all’utilizzo di sistemi di videosorveglianza da parte di soggetti pubblici, già nel provvedimento in materia di videosorveglianza il Garante aveva chiarito che tali soggetti, in qualità di titolari del trattamento, possono trattare dati personali nel rispetto del principio di finalità, perseguendo scopi determinati, espliciti e legittimi per lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali . Il problema più evidente emerge in relazione all’interferenza di questo impianto di telecontrollo con i diritti dei lavoratori . Il datore di lavoro , prosegue l’Autorità, deve infatti, rispettare le norme nazionali, che includono misure appropriate e specifiche a salvaguardia della dignità umana degli interessati in particolare per quanto riguarda la trasparenza del trattamento e i sistemi di monitoraggio sul posto di lavoro. In tale quadro, per effetto del rinvio contenuto nel Codice alle disposizioni nazionali di settore che tutelano la dignità delle persone sul luogo di lavoro, con particolare riferimento ai possibili controlli da parte del datore di lavoro, l’osservanza dell’art. 4 della l. 20 maggio 1970, n. 300 costituisce una condizione di liceità del trattamento . L’art. 4, comma 1, della l. 20 maggio 1970, n. 300 stabilisce, infatti, che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive , per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro . Ma attenzione anche all’informativa obbligatoria di primo e secondo livello. Il cartello che deve essere affisso in prossimità delle telecamere deve infatti essere completo di tutti i riferimenti minimi previsti dalla nuova icona allegata alle linee guida europee n. 3/2019. Quindi oltre all’indicazione del titolare del trattamento andrà ben evidenziata la finalità dello stesso, l’esistenza dei diritti degli interessati unitamente alle informazioni più importanti dell’impianto. Nel caso sottoposto all’esame del collegio queste indicazioni erano carenti e pertanto anche questa violazione, unitamente all’interferenza con la tutela dei diritti dei lavoratori ha evidenziato l’ illiceità del trattamento di dati personali effettuato dall’ Ateneo per aver trattato i dati personali dei lavoratori in assenza di idonei presupposti normativi e per non aver reso agli interessati le necessarie informazioni sul trattamento dei dati personali mediante il sistema di videosorveglianza .

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