La nomina a presidente del TAR è incompatibile con l’attività forense della figlia

In virtù dell’art. 18 r.d. n. 12/1941 ordinamento giudiziario , sussiste una presunzione assoluta di incompatibilità di sede per i presidenti di uffici giudiziari monosezionali e non consente di pervenire alla soluzione per cui l’impegno personale dell’avvocato-congiunto di astenersi da ogni attività, anche stragiudiziale, nel campo del diritto amministrativo, dismettendo altresì gli incarichi già affidatigli, sia idonea a rimuovere lo stato di incompatibilità .

Sul tema è intervenuto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2759/21, depositata il 6 aprile. Il TAR Lazio aveva parzialmente accolto il ricorso avverso il d.P.R. di nomina del presidente del TAR Marche , oltre ad altri atti presupposti. Il ricorrente aveva infatti partecipato agli interpelli per l’assegnazione dell’incarico ma era stato escluso per la sussistenza della causa di incompatibilità ex art. 18 r.d. n. 12/1941 Ordinamento giudiziario applicabile ai magistrati amministrativi in forza dell’art. 28 l. n. 186/1982, connessa al fatto che la figlia svolgeva la professione di avvocato in Ancona con diverse cause pendenti dinanzi al medesimo TAR . Il TAR Lazio, nell’accogliere l’impugnazione, evidenziava il difetto motivazionale e le carenze istruttorie del procedimento di nomina, durante il quale, in particolare, era stata omessa la considerazione dell’impegno della figlia a dismettere i mandati in caso di elezione del padre. La pronuncia è stata impugnata dinanzi al Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso. Quanto all’ipotesi della c.d. incompatibilità parentale, prevista dall’art. 18, comma 3 e 4, ord. giud., il Collegio sottolinea che la dichiarazione della figlia di rinunciare al mandato nei giudizi pendenti in caso di elezione del padre a ruolo di presidente risulta atipica e privata, di conseguenza inconferente ai fini dell’esclusione della suddetta incompatibilità. Il testo della norma richiamata prevede infatti che i magistrati giudicanti e requirenti delle corti di appello e dei tribunali non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado , gli affini in primo grado , il coniuge o il convivente , esercitano la professione di avvocato comma 1 . Il secondo comma indica i criteri di verifica della ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede che tengono in considerazione, tra l’altro, la rilevanza della professione forense svolta avanti all'ufficio di appartenenza del magistrato, tenuto, altresì, conto dello svolgimento continuativo di una porzione minore della professione forense e di eventuali forme di esercizio non individuale dell'attività da parte dei medesimi soggetti le dimensioni dell’ufficio di appartenenza del magistrato con particolare riguardo all’organizzazione tabellare la materia trattata dal magistrato e dal professionista la funzione specialistica dell’ufficio giudiziario . I successivi commi 3 e 4 fissano regole più rigorose affermando che ricorre sempre una situazione di incompatibilità con riguardo ai Tribunali ordinari organizzati in un’ unica sezione [], salvo che il magistrato operi esclusivamente in sezione distaccata ed il parente o l’affine non svolga presso tale sezione alcuna attività o viceversa e che i magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti o requirenti sono sempre in situazione di incompatibilità di sede ove un parente o affine eserciti la professione forense presso l’Ufficio dagli stessi diretto, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali organizzati con una pluralità di sezioni per ciascun settore di attività civile e penale . In conclusione, dal descritto quadro normativo è inferibile una presunzione assoluta di incompatibilità di sede per i presidenti di uffici giudiziari monosezionali tale è il Tribunale amministrativo regionale per le Marche e non consente di pervenire alla soluzione per cui l’impegno personale dell’avvocato-congiunto di astenersi da ogni attività, anche stragiudiziale, nel campo del diritto amministrativo, dismettendo altresì gli incarichi già affidatigli, sia idonea a rimuovere lo stato di incompatibilità voluto dalla legge a tutela non solo della sostanza, ma anche – come da lungo tempo indica la migliore dottrina processualistica – della semplice apparenza dell’imparzialità e della terzietà del giudice, non meno importanti per la tranquilla fiducia che i cittadini debbono poter riporre nella giustizia . In conclusione, il Consiglio di Stato accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 11 marzo – 6 aprile 2021, n. 2759 Presidente Severini – Estensore Fantini Fatto 1.-La Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, ed il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa-C.P.G.A. hanno interposto appello nei confronti della sentenza omissis del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II-quater, che ha in parte dichiarato inammissibile ed in parte accolto il ricorso esperito dal dott. -OMISSIS avverso il d.P.R. 5 giugno 2019 di nomina del dott. omissis a presidente del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, e gli atti presupposti, tra cui la delibera del C.P.G.A. in data 12 aprile 2019 recante la proposta di nomina, nonché la proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, e contestualmente, in quanto occorra, avverso il d.P.R. 14 giugno 2019, disponente la sua nomina a presidente della Terza Sezione del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio e gli atti presupposti. L’appellante, presidente di Tribunale amministrativo regionale, ha partecipato agli interpelli per il conferimento degli incarichi direttivi di Presidente del Tribunale amministrativo regionale per le Marche e di Presidente della Terza Sezione esterna del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sedi vacanti, esprimendo la priorità per la presidenza del Tribunale amministrativo per le Marche. La competente Commissione consiliare, respinta la proposta del relatore di rilevare la sussistenza della causa di incompatibilità di cui all’art. 18 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 Ordinamento giudiziario , applicabile ai magistrati amministrativi in forza dell’art. 28 della legge 27 aprile 1982, n. 186, connessa al fatto che la figlia svolge la professione di avvocato in Ancona con nove cause pendenti dinanzi al Tribunale amministrativo, con mandato congiunto od individuale ha proposto al Plenum la nomina del omissis -quale Presidente del Tribunale amministrativo regionale per le Marche. Il Plenum, con sette voti favorevoli, sette contrari ed una astensione, ha respinto la proposta e nominato per la predetta sede il -OMISSIS accogliendo subito dopo la domanda subordinata del omissis -di nomina a Presidente della Sezione Terza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio. 2. Con il ricorso in primo grado, -OMISSIS-ha dedotto l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per travisamento dei fatti e vizio della motivazione, posto che la figlia si era impegnata a dismettere i mandati in caso di nomina del padre, rimuovendo così la causa di incompatibilità, per disparità di trattamento e manifesta ingiustizia nell’assunto che in precedenze delibere applicative dell’art. 18 del r.d. n. 12 del 1941 il C.P.G.A. aveva escluso la ricorrenza dell’incompatibilità in presenza dell’impegno del parente ad astenersi da ogni attività avanti al giudice amministrativo di primo grado, la violazione dell’art. 27 del regolamento interno per il funzionamento del C.P.G.A. in data 6 febbraio 2004, in relazione all’incompletezza dell’esposizione sull’incompatibilità del relatore in Plenum, nonché, ancora, l’impropria applicazione al giudice amministrativo delle cause di incompatibilità previste dall’Ordinamento giudiziario, anche alla luce di quanto stabilito dalla circolare del CSM n. P-12940/2207. 3. La sentenza appellata ha in parte dichiarato inammissibile e in parte accolto il ricorso, annullando per difetto di motivazione e di istruttoria il decreto di nomina del omissis con salvezza della successiva attività provvedimentale in conformità dell’effetto conformativo enucleato. In particolare, la sentenza ha disatteso l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Presidenza della Repubblica, ha escluso la carenza di interesse del ricorrente, nonostante l’accettazione della nomina a Presidente della Terza Sezione del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse l’impugnativa, da parte del omissis della sua nomina a Presidente della Terza Sezione del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio la quale ha corrisposto al soddisfacimento dell’opzione graduata esposta dal ricorrente e non interferisce comunque con la pretesa dedotta in giudizio ha inoltre dichiarato inammissibile l’intervento ad opponendum della omissis -per carenza di un interesse alla conservazione dell’atto, e ha, nei limiti di cui alla motivazione, accolto il primo, il terzo ed il quarto motivo assorbendo il secondo relativo al vizio di disparità di trattamento , ritenendo la nomina impugnata viziata per difetto di motivazione e difetto di istruttoria. Premesso che l’incompatibilità di sede per rapporti di parentela od affinità con esercenti la professione legale rinviene il proprio fondamento di razionalità nel requisito costituzionale dell’imparzialità della giurisdizione, che non tollera neppure apparenze di condizionamenti”, la sentenza ha rilevato come la circolare del C.P.G.A. del 12 ottobre 2006 abbia inteso ponderare interessi confliggenti, attribuendo rilevanza alla dimensione dell’ufficio e del foro locale, alla funzione esercitata dal magistrato, al periodo di permanenza nella sede ed al settore di esercizio professionale dell’avvocato e, per la sentenza, l’art. 18, comma 4, dell’Ordinamento giudiziario esprime il più severo regime di incompatibilità per i dirigenti degli uffici giudiziari, peraltro con necessità di un’interpretazione della norma adeguata all’assetto organizzativo della magistratura amministrativa La sentenza è così pervenuta all’affermazione di escludere che la norma osti in termini assoluti al conferimento dell’incarico direttivo al omissis in ragione della natura mono-sezionale del Tar Marche, ferma restando, peraltro, la necessità di indagare lo stato delle cose, per esprimere, da parte del CPGA, un ponderato e motivato giudizio sulla sussistenza, o no, della causa di incompatibilità . La sentenza ha ritenuto che il C.P.G.A. abbia esaminato il profilo dell’incompatibilità ambientale in seno al procedimento di nomina a Presidente del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, ma senza arricchirlo della specifica istruttoria richiesta, in particolare senza considerare l’impegno -OMISSIS di non esercitare, in qualsiasi forma, attività di consulenza ed assistenza legale, anche stragiudiziale, in controversie devolute al Tribunale amministrativo regionale per le Marche e di rinunciare ai nove ricorsi pendenti perciò ha statuito che a fronte di un impegno del tenore di quello assunto omissis l’incompatibilità non possa in linea di principio essere rilevata, se non in casi peculiari ed eccezionali. Tale asserzione corrisponde alla sola interpretazione possibile dell’art. 18 dell’ordinamento giudiziario, quanto ai magistrati amministrativi, sicché il CPGA agisce in violazione di tale regola legale ove dichiari l’incompatibilità, nonostante la allegazione dell’impegno, e in difetto dei casi sopra accennati . L’effetto conformativo della sentenza è compendiabile nel passaggio della motivazione che afferma il CPGA si atterrà al principio di diritto secondo il quale l’impegno del parente del magistrato quand’anche preposto, o da preporre, alla presidenza di un TAR mono-sezionale ad astenersi da ogni attività, anche stragiudiziale, nel campo del diritto amministrativo, in linea di massima e ove provenga da un professionista che esercita l’attività in forma individuale, rimuove lo stato di incompatibilità ambientale, salvi casi eccezionali. Qualora il CPGA ravvisi gli estremi di tali casi nella odierna fattispecie, essi andranno accennati con adeguata istruttoria, e dovranno divenire oggetto, anche solo nella sintesi dei lavori svoltisi in commissione, di una specifica motivazione secondo la metodologia del bilanciamento, così che possano emergere le ragioni di prevalenza di esse . 4. Con il ricorso in appello le amministrazioni in epigrafe hanno dedotto l’erroneità della sentenza riproponendo, alla stregua di motivi di critica, le eccezioni e gli argomenti svolti in primo grado, dunque il difetto di legittimazione passiva della Presidenza della Repubblica, la non integrità del contraddittorio, comportante l’annullamento della sentenza con rinvio al primo giudice in relazione alla posizione dei consiglieri di tribunale amministrativo -OMISSIS- , e, nel merito, la violazione dell’art. 18, terzo e quarto comma, del r.d. n. 12 del 1941. 5. Si è costituito in resistenza il dott. omissis chiedendo la reiezione del ricorso in appello. 6. Si è altresì costituito in giudizio il dott. omissis chiedendo l’accoglimento dell’appello delle amministrazioni, ed esperendo egli stesso appello incidentale a valere quale autonomo nei confronti della sentenza, deducendo, in via principale, l’erronea valutazione dell’art. 18 dell’Ordinamento giudiziario. 7. All’udienza pubblica dell’11 marzo 2021 la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Il primo motivo dell’appello principale, reiterando l’eccezione svolta in primo grado, deduce il difetto di legittimazione passiva della Presidenza della Repubblica, nell’assunto che in caso di impugnazione di atti emanati nella forma del decreto presidenziale, la legittimazione va riconosciuta all’autorità amministrativa che ha proposto e controfirmato l’atto, essendo quello del Presidente della Repubblica un potere neutro, di garanzia e controllo su atti di altri organi od autorità. Si tratta di un motivo formale e non dirimente ai fini del merito in disparte comunque il tema pur centrale dell’irresponsabilità del Presidente della Repubblica, è qui il caso di rammentare che l’art. 87, quinto comma, Cost., afferma che il Presidente della Repubblica nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato e che l’art. 1, comma 1, della legge 12 gennaio 1991, n. 13 Determinazione degli atti amministrativi da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica afferma che il Presidente della Repubblica [] emana i seguenti altri atti, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro competente [] f nomina e conferimento di incarichi direttivi a magistrati ordinari, amministrativi, militari e ad avvocati dello Stato . Il corrispondente decreto di nomina è, per communis opinio, formalmente presidenziale ma sostanzialmente governativo. Posto che non si fa qui questione del controllo presidenziale sulla delibera governativa la quale, a sua volta, completa quella dell’organo di governo autonomo della magistratura amministrativa si può senz’altro evidenziare che, avuto riguardo al potere esercitato dal Presidente della Repubblica in tale procedimento di nomina, appare fondato l’assunto del difetto di legittimazione passiva. L’atto resta in realtà imputato alle amministrazioni che ne hanno proposto e determinato il contenuto, cui corrisponde la legittimazione passiva alla lite cfr. Cons. Stato, V, 4 ottobre 2007, n. 5146 V, 26 gennaio 2001, n. 279 . 2. Infondato è il secondo motivo con cui si lamenta la non integrità del contraddittorio, con specifico riguardo alla posizione dei controinteressati originari, consiglieri di tribunale amministrativo omissis -e, sopravvenuti, omissis con conseguente necessità di regressione del giudizio in primo grado, ai sensi del combinato disposto degli artt. 49 e 105 Cod. proc. amm Deducono le amministrazioni che l’annullamento della nomina del controinteressato omissis in ragione del naturale effetto retroattivo, comporterebbe che egli debba tornare a presiedere la sezione staccata di Parma, così facendo venire meno la vacanza del posto che ivi ha portato alla nomina del consigliere omissis la quale poi, recuperando la titolarità della sezione interna del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, porterebbe all’annullamento della nomina del consigliere omissis L’evocazione in giudizio dei consiglieri omissis si imporrebbe poi, secondo l’appellante, in ragione del fatto che il omissis dopo essere stato nominato Presidente del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, ha presentato anche domanda per la presidenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, subordinandola all’esito del giudizio cautelare il che porterebbe alla caducazione della nomina dei suddetti magistrati nelle sedi lombarde. La prospettazione dell’appellante è quella di un effetto demolitorio domino” sulle vacanze e le destinazioni dei magistrati, conseguenziali all’ipotetico annullamento della nomina qui impugnata. Posto che la questione qui va vista solo riguardo all’identificazione del perimetro dei contraddittori necessari in questa controversia, va comunque rilevato che tutto ciò non corrisponde all’essenza processuale dell’illegittimità derivata caducante, che si basa su una stretta presupposizione, tale per cui l’atto presupposto deve costituire il fondamento esclusivo di quello conseguenziale o presupponente così Cons. Stato, III, 10 novembre 2020, n. 6922 . Ciò costituisce il quid proprium della caducazione e l’intervenuta impugnazione dell’atto presupposto esonera il ricorrente dall’onere di contestare anche l’atto organizzativamente conseguenziale, che viene meno per effetto dell’annullamento del primo Cons. Stato, V, 11 giugno 2020, n. 3733 . Non v’è chi non veda, del resto, che analoga situazione si può figurare nell’intero pubblico impiego, dove allo spostamento di un dipendente consegue a cascata lo spostamento di un altro sul posto reso vacante e così via ma sarebbe paradossale, oltre che sproporzionato ed eccessivamente oneroso, assumere un contraddittorio necessario con tutti i destinatari di tutti i provvedimenti di movimento di personale così solo organizzativamente collegati, come conseguenza di fatto, al primo. Per queste ragioni, quanto a perimetro del contraddittorio un rilevante nesso di presupposizione non è configurabile tra la nomina a presidente del Tribunale amministrativo regionale per le Marche e le altre nomine che l’appellante indica queste derivano da distinti interpelli e autonomi procedimenti, per i quali può postularsi una conseguenzialità organizzativa e diacronica, ma certo non giuridica. Bene, dunque, la sentenza appellata ha evidenziato, elidendo la portata del noto sofisma, che molteplici sono i casi in cui il post hoc non diviene giuridicamente un propter hoc . A ben vedere, dunque, la caducazione per rifrazione, in ragione anche delle deviazioni” che comporta in caso di giudicato di annullamento rispetto ai principi del diritto processuale venendo la sentenza ad estendersi oggettivamente anche al provvedimento successivo collegato, ma non oggetto di censura, seppure divenuto inoppugnabile , e comunque al principio di tipicità delle vicende estintive del provvedimento, può essere configurata solamente allorché l’atto impugnato si ponga come stretto e unico presupposto dell’atto conseguenziale. Un tale rapporto di presupposizione-conseguenzialità immediata, diretta e necessaria nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente è descrivibile, ad esempio, nel caso di caducazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali a causa dell’annullamento dello scioglimento del Consiglio comunale Cons. Stato, Ad. plen., 24 luglio 1977, n. 15 , ovvero nel caso di caducazione della graduatoria e nomine per effetto dell’annullamento di un bando di concorso Cons. Stato, V, 24 maggio 1996, n. 592 ma non anche nel caso di interpelli per la copertura di posti direttivi e semidirettivi che si basano sulle vacanze di organico in questo caso sorgono vicende procedimentali autonome, accomunate solamente da un antecedente storico. Di qui anche l’infondatezza della richiesta in primo grado, da parte dell’Avvocatura dello Stato, di disporre l’intervento iussu iudicis dei menzionati magistrati ai sensi dell’art. 28, comma 3, Cod. proc. amm., finalizzata all’instaurazione di un contraddittorio che sarebbe stato necessario solo in caso di operatività della illegittimità derivata caducante travolgente un atto conseguenziale che abbia conferito un bene, un’utilità od uno status ad un soggetto non parte necessaria nel giudizio che ha portato all’annullamento dell’atto presupposto in termini C.G.A. Sicilia, 18 maggio 1996, n. 154 , e sulla quale il primo giudice non ha provveduto in coerenza con l’inquadramento dato della situazione di collegamento” tra i vari provvedimenti. 3. Il terzo e centrale motivo dell’appello principale si incentra sull’erronea e falsa applicazione dell’art. 18 Incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione forense , terzo e quarto comma, dell’Ordinamento giudiziario, di cui al r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, da parte della sentenza di prime cure, che avrebbe portato ad attribuire un’impropria efficacia scriminante” generalizzata, riguardo all’incompatibilità parentale, alla semplice dichiarazione di astensione rilasciata da un professionista che esercita la propria attività in forma individuale e che si trova con il magistrato nel nesso contemplato dallo stesso art. 18. L’appello contesta l’interpretazione teleologica nei limiti di compatibilità seguita dall’appellata sentenza, che condurrebbe ad una svalutazione della portata incondizionata dell’art. 18, terzo comma concernente i Tribunali monosezionali e quarto comma concernente i magistrati con funzioni direttive . L’appello critica anche l’ulteriore assunto della sentenza per cui l’impegno del parente avvocato sarebbe idoneo a superare la presunzione legale di incompatibilità, e porterebbe a dare ingresso a una presunzione di compatibilità, onerando conseguenzialmente l’organo di governo autonomo ad un supplemento istruttorio volto alla prova di circostanze contrarie. Per l’appello, invece, essendo la ratio dell’incompatibilità quella di garantire l’imparzialità del giudice ed in particolare l’apparenza di assenza di condizionamenti di matrice privata, si impone di pervenire alla conclusione opposta cioè quella per cui il magistrato preposto o da preporre alla presidenza di un Tribunale amministrativo regionale monosezionale è incompatibile con la sede in cui un suo parente eserciti la professione di avvocato salvo casi eccezionali, non riconducibili al mero impegno di astensione dell’avvocato . Il motivo è fondato. Il Collegio stima non conforme alla normativa vigente l’assunto, recato dalla motivazione della sentenza appellata, per cui l’atipica e privata dichiarazione della figlia del omissis -, omissis -, in data 3 aprile 2019, di impegnarsi, qualora fosse conferito al suo congiunto l’ufficio direttivo di presidente del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, formalmente a rinunciare al mandato in tutti i giudizi pendenti, sopra specificati, a non assumere il patrocinio in nuovi giudizi e a non esercitare, in qualsiasi forma, attività di consulenza ed assistenza legale, anche stragiudiziale, in controversie devolute alla competenza del T.A.R. Marche, per tutto il lasso di tempo in cui il suo genitore dovesse rimanere in carica quale Presidente del suddetto ufficio giudiziario comporterebbe una presunzione di superamento dell’incompatibilità legale, traslando sull’organo di governo autonomo l’onere invertito di dimostrare l’eventuale sussistenza di casi peculiari ed eccezionali” di permanente incompatibilità ambientale. L’art. 18 dell’Ordinamento giudiziario il cui testo vigente è quello che segue l’art. 19, comma 1, d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 in tema di incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione forense”, è applicabile ai magistrati amministrativi in forza di quanto disposto dall’art. 28 della legge 27 aprile 1982, n. 186. Questo art. 18 esordisce, al primo comma, con una disposizione di portata generale i magistrati giudicanti e requirenti delle corti di appello e dei tribunali non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge o il convivente, esercitano la professione di avvocato . Il secondo comma indica tuttavia criteri di verifica della ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede . Questi criteri tengono in considerazione, tra l’altro, la rilevanza della professione forense svolta avanti all'ufficio di appartenenza del magistrato, tenuto, altresì, conto dello svolgimento continuativo di una porzione minore della professione forense e di eventuali forme di esercizio non individuale dell'attività da parte dei medesimi soggetti le dimensioni dell’ufficio di appartenenza del magistrato con particolare riguardo all’organizzazione tabellare la materia trattata dal magistrato e dal professionista la funzione specialistica dell’ufficio giudiziario . Si tratta, di massima, di criteri similari a quelli poi enucleati dalla sintetica circolare del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa approvata il 12 ottobre 2006, che ha rimesso alla valutazione discrezionale dell’organo di autogoverno le situazioni di incompatibilità ambientale alla luce delle dimensioni dell’ufficio e del foro locale, della natura della funzione esercitata dal magistrato in particolare se ricopra funzioni direttive o semidirettive , del periodo di permanenza in sede, nonché del settore d’esercizio professionale dell’avvocato. Lo stesso art. 18, al terzo e quarto comma, pone tuttavia regole più rigorose. Il terzo comma dispone che ricorre sempre una situazione di incompatibilità con riguardo ai Tribunali ordinari organizzati in un’unica sezione [], salvo che il magistrato operi esclusivamente in sezione distaccata ed il parente o l’affine non svolga presso tale sezione alcuna attività o viceversa il quarto comma stabilisce poi che i magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti o requirenti sono sempre in situazione di incompatibilità di sede ove un parente o affine eserciti la professione forense presso l’Ufficio dagli stessi diretto, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali organizzati con una pluralità di sezioni per ciascun settore di attività civile e penale . Si tratta di due disposizioni aventi un differente ambito, ma entrambe evidenzianti una riduzione del margine di valutazione discrezionale l’una presume iuris et de iure l’incompatibilità nei Tribunali monosezionali salva l’esistenza di una sezione distaccata l’altra presume la situazione di incompatibilità per i magistrati preposti alla direzione di un ufficio giudiziario, salva l’articolazione in più sezioni per ciascun settore di attività civile e penale. Dal descritto quadro normativo è inferibile una presunzione assoluta di incompatibilità di sede per i presidenti di uffici giudiziari monosezionali tale è il Tribunale amministrativo regionale per le Marche e non consente di pervenire alla soluzione per cui l’impegno personale dell’avvocato-congiunto di astenersi da ogni attività, anche stragiudiziale, nel campo del diritto amministrativo, dismettendo altresì gli incarichi già affidatigli, sia idonea a rimuovere lo stato di incompatibilità voluto dalla legge a tutela non solo della sostanza, ma anche – come da lungo tempo indica la migliore dottrina processualistica – della semplice apparenza dell’imparzialità e della terzietà del giudice, non meno importanti per la tranquilla fiducia che i cittadini debbono poter riporre nella giustizia caratteristiche sulle quali, per il diritto eurounitario art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e quello convenzionale art. 6 CEDU , riposa un elemento connotativo essenziale del c.d. diritto al giudice, spettante in pari modo a tutti. Diversamente, si determinerebbe, e in via di mera interpretazione, un’alterazione della manifesta volontà della legge e una non consentita inversione della sua disciplina, deprivata del contenuto precettivo che le è proprio e il naturale affidamento generale dei cittadini, cui si è accennato, si troverebbe fatalmente esposto a disorientamenti e incertezze. Si tratta, in definitiva, di una presunzione assoluta di incompatibilità che opera per categorie e che astrae dalla necessità di un concreto conflitto di interessi e perciò non prevede né ammette prove contrarie. Del resto, anche – e con ogni riserva al riguardo a voler intendere la nozione di sede” non come ufficio territoriale ma come mero settore professionale nel quale il congiunto svolge l’attività professionale, secondo la lettura riduttiva offerta dall’appellato, qui la presunzione di incompatibilità resterebbe non superata è infatti incontestato e, del resto, apertamente dichiarato dallo stesso omissis - che la omissis -svolge attività, quanto meno in sede contenziosa, anche nel settore amministrativo, oltre che nell’ambito della giurisdizione ordinaria. Tutto questo, è il caso di sottolineare, riguarda la sola situazione astratta contemplata e prevenuta dalla legge e prescinde da reticenze o mancanze di trasparenza a opera del omissis -, perché egli correttamente e lealmente aveva rappresentato, con la domanda, la situazione riguardante la figlia esercente nelle Marche la professione legale, senza lasciare che si manifestasse successivamente. 4. L’accoglimento dello scrutinato motivo è assorbente ai fini del decidere, anche con riguardo a quanto dedotto con il quarto e quinto motivo di appello, volti a contestare la configurabilità dei vizi di difetto di motivazione e di istruttoria nella delibera del C.P.G.A. che ha rigettato la proposta di nomina del omissis e poi proposto per il Tribunale amministrativo regionale per le Marche il omissis come pure di travisamento dei fatti. Infatti il diniego di proposta di nomina appare motivato, nella forma sintetica che caratterizza le delibere collegiali, per quanto è dato evincere anche dal dibattito risultante dal verbale della 4° Commissione, in ragione del fatto che quello delle Marche regione di solo circa un milione e mezzo di abitanti è un Tribunale amministrativo monosezionale, di contenute dimensioni, e di un Foro di corrispondenti dimensioni, dove l’incompatibilità di sede del presidente è anche, agli occhi del controllo sociale e nella sostanza delle cose, insuperabile in presenza di una figlia avvocato che ha svolto finora l’attività professionale anche nel settore del diritto amministrativo e con pendenza, ancora nell’attualità, di nove ricorsi presso quel Tribunale amministrativo, tre con delega autonoma, e sei con mandato congiunto con altro difensore. Al cospetto di un ufficio con tali caratteristiche e di norme come quelle qui sopra rilevate, la decisione assunta dal Plenum del C.P.G.A. non richiedeva l’assolvimento di un onere motivazionale particolare, né uno standard particolarmente elevato di giustificazione dell’incompatibilità del magistrato non vi erano, invero, margini per ponderazioni o bilanciamento di interessi, vale a dire di discrezionalità amministrativa. Perciò, analogamente, risulta senza rilievo la doglianza di esposizione incompleta dinanzi al Plenum del C.P.G.A. ma non anche dinanzi alla 4° Commissione consiliare del relatore dell’affare, che avrebbe fatto riferimento solo ad un impegno per il futuro dell’ omissis -a non svolgere attività presso il Tribunale amministrativo regionale per le Marche del resto ciò non è idoneo a provare la mancata conoscenza, da parte dei componenti del Plenum, della dichiarazione della omissis -, versata agli atti e dunque nella disponibilità di ogni componente . Si potrebbe prescindere dalla disamina del vizio di disparità di trattamento, essendo motivo assorbito dal giudice di prime cure e che in ipotesi avrebbe dovuto essere riproposto dall’appellato ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm E si potrebbe comunque rilevare l’ultroneità dell’inerente questione, posto che la corretta interpretazione dell’art. 18, primo, terzo e quarto comma, non può che portare alle testé indicate conclusioni e che ciò è dirimente per la controversia qui al vaglio. Nondimeno, si può evidenziare per completezza che restano differenti, e inidonee ad enucleare disparità di trattamento implicante l’identità di situazioni , altre fattispecie, in passato trattate con diverse conclusioni dal C.P.G.A Così, ad attenersi ai casi invocati in primo grado, per quanto riguarda un Presidente del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, anzitutto non vi era una situazione di incompatibilità originaria, perché al momento della nomina la figlia era solo praticante avvocato e la successiva sua abilitazione alla professione di avvocato, con effettivo esercizio in uno studio palermitano, presa poi in considerazione con esito negativo dal C.P.G.A., non era effettivamente equiparabile al caso presente. In effetti, il Tribunale amministrativo di per la Sicilia è organizzato nella sede di Palermo in tre sezioni, cui si aggiunge quella staccata di Catania. Ricorreva dunque il caso non dell’art. 18, prima comma, ma quello dell’art. 18, secondo comma, dell’Ordinamento giudiziario dal cui vaglio è discesa la scelta di non ritenere l’incompatibilità di sede e la considerazione che il potenziale conflitto di interessi era da risolversi con gli strumenti predisposti dall’ordinamento, in primis con l’obbligo di astensione del Presidente dal trattare affari coinvolgenti lo studio associato in cui la figlia era inserita. Non omogenea, ratione officii, è anche la posizione di un giudice a latere del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino Alto Adige, Sezione autonoma di Bolzano, non ritenuta dal C.P.G.A. incompatibile in quanto non solo il coniuge ma anche l’intero studio professionale di appartenenza del medesimo si erano impegnati a non patrocinare presso quel Tribunale. Per quanto dunque possa valere, la disparità di trattamento va allora esclusa. Del resto, lo dimostrano altre situazioni di incompatibilità ambientale invece ritenute dal C.P.G.A. e che hanno dato luogo a trasferimenti, rispettivamente nel 2006 e nel 2005, con riguardo alle posizioni dell’allora presidente della sezione staccata di Brescia allora monosezionale del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia e del consigliere del monosezionale Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, per i quali si pose la questione analoga alla presente dei figli che esercitavano la professione legale nella sede dell’ufficio presieduto dal genitore, pur senza praticare almeno nel primo caso il settore del diritto amministrativo. 5. Alla stregua di quanto esposto, l’appello principale delle amministrazioni va accolto per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado. 6. Analogo esito di accoglimento merita l’appello incidentale del omissis con cui sono stati svolti motivi di merito sostanzialmente sovrapponibili a quelli dell’amministrazione ciò consente al Collegio anche di prescindere dalla disamina degli ultimi due mezzi, con i quali viene, rispettivamente, dedotta la violazione, da parte della sentenza, dell’art. 34, comma 2, Cod. proc. amm. per avere fornito indicazioni puntuali in merito alle modalità di esercizio del potere discrezionale da parte del C.P.G.A. e reiterata l’eccezione, svolta in primo grado, di inammissibilità per carenza di interesse del ricorso introduttivo del omissis che si era visto accogliere la distinta e precedente domanda per la presidenza della Terza Sezione del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio. 7. L’accoglimento dell’appello principale e di quello incidentale integra comunque, in ragione della complessità della questione controversa trattata, i motivi previsti dalla legge per la compensazione tra tutte le parti delle spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta , definitivamente pronunciando, accoglie l’appello principale e quello incidentale per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado. Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e degli articoli 5 e 6 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 , a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità di tutte le parti private.