Videosorveglianza e privacy: le FAQ del Garante tentano di fare chiarezza tra regole generali e norme speciali

Via libera alle riprese con i droni a bassa definizione e agli impianti di videosorveglianza privati che non interferiscono con le strade pubbliche e con i vicini di casa. Ma prima di attivare un qualsiasi impianto di telecontrollo è meglio verificare se la complessità tecnologica del sistema richiede una valutazione preventiva di impatto privacy.

E una corsia preferenziale di accesso al sistema e di conservazione dei dati va sempre riconosciuta agli organi inquirenti. Lo hanno evidenziato le FAQ sulla videosorveglianza del Garante per la protezione dei dati divulgate il 5 dicembre 2020. Le disposizioni normative in materia di videosorveglianza sono state rivoluzionate con l’entrata in vigore della riforma sovranazionale sulla tutela dei dati personali che a fianco del rinomato GDPR ha introdotto un provvedimento meno noto ma altrettanto importante. La Direttiva Ue 2016/680 che è stata recepita in Italia con il d.lgs. n. 51/2018, relativamente alle attività di investigazione e di polizia. L’effetto concreto di questa rivoluzione copernicana in materia di videosorveglianza stenta ancora ad essere apprezzato dagli operatori alle prese da una parte con il provvedimento generale del Garante dell’8 aprile 2010 e dall’altra con le linee guida EDPB n. 3/2019 che dispongono le regole generali sulla videosorveglianza con espressa esclusione dei trattamenti riservati alla direttiva Ue 2016/680. Le risposte del Garante alle domande più frequenti in materia non evidenziano questa doppia anima della videosorveglianza ma forniscono indicazioni generali che restano molto utili per avvicinare l’utente alle nuove regole. L’ installazione di sistemi di rilevazione delle immagini, specifica la FAQ n. 1, deve avvenire nel rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati personali, anche delle altre disposizioni dell’ordinamento applicabili ad esempio, le vigenti norme dell’ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata, o in materia di controllo a distanza dei lavoratori. Va sottolineato, in particolare, che l’attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del cosiddetto principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite . Altro principio fondamentale, prosegue l’organo centrale, riguarda la responsabilizzazione del titolare del trattamento cd accountability . Non serve più rivolgersi al Garante, salvo casi particolari, per attivare un sistema e decidere i tempi di conservazione delle immagini. Spetterà al titolare del trattamento assumere queste determinazioni ed essere in grado di rendicontarle. Il titolare del trattamento deve, altresì, valutare se sussistano i presupposti per effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati prima di iniziare il trattamento . Che di fatto è sempre obbligatoria per l’attivazione di un impianto di videosorveglianza pubblica o nel caso di impianti particolarmente moderni e performanti. L’informativa agli interessati sarà strutturata su due livelli. Il nuovo cartello introdotto dalle linee guida 3/2019 unitamente ad una informativa dettagliata magari disponibile sul web. Sui tempi di conservazione delle immagini l’Autorità conferma l’orientamento europeo alla massima limitazione, in genere non superiore a 72 ore, da verificare volta per volta, salvo disposizioni normative puntuali. In alcuni casi può essere necessario prolungare i tempi di conservazione delle immagini, specifica la FAQ n. 6, inizialmente fissati dal titolare o previsti dalla legge ad esempio, nel caso in cui tale prolungamento si renda necessario a dare seguito ad una specifica richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria in relazione ad un’attività investigativa in corso . Attenzione agli impianti posizionati nelle scuole . Il titolare del trattamento deve garantire il diritto dello studente alla riservatezza. Può risultare ammissibile l’utilizzo di tali sistemi in casi di stretta indispensabilità, al fine di tutelare l’edificio e i beni scolastici da atti vandalici, circoscrivendo le riprese alle sole aree interessate. È inoltre necessario segnalare la presenza degli impianti con cartelli. Le telecamere che inquadrano l’interno degli istituti possono essere attivate solo negli orari di chiusura, quindi non in coincidenza con lo svolgimento di attività scolastiche ed extrascolastiche. Se le riprese riguardano l’esterno della scuola, l’angolo visuale delle telecamere deve essere opportunamente delimitato . Ma per scuole, ospedali e ambienti protetti, specifica il Garante, c’è un apposito disegno di legge che attualmente è fermo in Parlamento. Anche l’interferenza delle telecamere con la tutela dei lavoratori potrebbe risultare critica. Le telecamere negli ambiti lavorativi infatti possono essere installate esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, nel rispetto delle altre garanzie previste dalla normativa di settore in materia di installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo art. 4 della l. 300/1970 . No alle telecamere private puntate sulla strada , ribadisce la FAQ n. 10. Al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata art. 615-bis c.p. , l’angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni cortili, pianerottoli, scale, parti comuni delle autorimesse ovvero a zone di pertinenza di soggetti terzi. È vietato altresì riprendere aree pubbliche o di pubblico passaggio . Particolari norme riguardano poi i condomini dove è necessario in primo luogo che l’istallazione avvenga previa assemblea condominiale, con il consenso della maggioranza dei millesimi dei presenti art. 1136 c.c. . È indispensabile inoltre che le telecamere siano segnalate con appositi cartelli e che le registrazioni vengano conservate per un periodo limitato. Valgono al riguardo le osservazioni di cui alla FAQ n. 5. In ambito condominiale è comunque congruo ipotizzare un termine di conservazione delle immagini che non oltrepassi i 7 giorni . Via libera infine alle foto trappole comunali per il controllo delle discariche , alle smart cam domestiche facendo però attenzione alla dignità delle persone e alla tutela di eventuali collaboratori domestici. E nulla osta al posizionamento di telecamere finte o di utilizzo di telecamere sui droni che effettuano riprese ad una distanza tale da impedire il riconoscimento delle persone. Restano valide, infine, a parere del Garante, anche tutte le indicazioni già fornite in precedenza sulla necessità di preventiva segnalazione degli strumenti elettronici di controllo del traffico. I cartelli che segnalano tali sistemi sono obbligatori, anche in base alla disciplina di settore. L’utilizzo di tali sistemi è lecito se sono raccolti solo dati pertinenti e non eccedenti per il perseguimento delle finalità istituzionali del titolare, delimitando a tal fine la dislocazione e l’angolo visuale delle riprese. La ripresa del veicolo non deve comprendere o deve mascherare , per quanto possibile, la parte del video o della fotografia riguardante soggetti non coinvolti nell’accertamento amministrativo es. eventuali pedoni o altri utenti della strada . Le fotografie o i video che attestano l’infrazione non devono essere inviati al domicilio dell’intestatario del veicolo, ma l’interessato, ossia la persona eventualmente ritratta nelle immagini, può richiederne copia oppure esercitare il diritto di accesso ai propri dati fermo restando che dovranno essere opportunamente oscurati o resi comunque non riconoscibili i passeggeri presenti a bordo del veicolo .

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