Legittimo il diniego del porto d’armi basato sul contesto socio-familiare del richiedente

Nella specie, il Questore aveva negato il rilascio del porto d’armi alla richiedente poiché il padre non era un soggetto pienamente affidabile, viste le sue precedenti richieste tutte respinte finalizzate al rilascio del porto d’armi per uso sportivo, sussistendo dunque il sospetto che la domanda della figlia fosse finalizzata a consentire al padre di acquistare comunque armi e munizioni.

Questa la decisione del TAR Piemonte n. 993/19, depositata il 24 settembre. La vicenda. L’attuale ricorrente impugnava il decreto con cui il Questore aveva respinto la sua richiesta di rilascio del porto di fucile finalizzata all’esercizio della caccia, fondandosi su una motivazione che metteva in rilievo la figura del padre. Quest’ultimo, infatti, era stato protagonista in passato di diverse vicende penali, oltre ad avere presentato tre diverse istanze respinte finalizzate al rilascio del porto d’armi per uso sportivo. Lo stesso provvedimento, inoltre, teneva conto di alcune informazioni ottenute dai Carabinieri vertenti sul fatto che egli frequentasse abitualmente il nucleo famigliare e svolgesse un’attività di parapsicologo”, essendo conosciuto come guaritore e soggetto dedito alla magia. Alla luce di tutto ciò, il Questore aveva ritenuto che il rilascio del porto d’armi alla figlia potesse essere pregiudizievole per la sicurezza pubblica, vista l’inaffidabilità del padre e la facilità con cui egli avrebbe potuto venire in possesso delle armi. La ricorrente impugna il suddetto decreto dinanzi al TAR Piemonte poiché le ragioni ostative al rilascio del porto d’armi afferivano esclusivamente al padre il quale, tra l’altro, si era presentato personalmente in Questura per ottenere informazioni sul procedimento . Rilascio del porto d’armi e contesto socio-familiare. Il TAR per il Piemonte respinge il ricorso perché infondato, richiamando alcuni principi in base ai quali l’Autorità di pubblica sicurezza ha un’ampia discrezionalità nella valutazione dell’affidabilità della persona di fare buon uso delle armi, dovendo esistere nei suoi confronti una perfetta e completa sicurezza sul corretto utilizzo delle armi. Ciò si spiega per il fatto che essa persegue lo scopo di prevenire per quanto possibile l’abuso di armi da parte di soggetti non completamente affidabili. A tal proposito, uno degli elementi che concorre alla suddetta valutazione di affidabilità è il contesto socio-familiare dell’istante, potendo il diniego giustificarsi per una situazione che non riguarda direttamente il titolare delle armi, ma un terzo verso cui sussistono fondate ragioni di sospetto. Nel caso di specie, il Tribunale Amministrativo Regionale osserva che il diniego del Questore si basava sul sospetto che la richiesta di rilascio del porto d’armi fosse stata avanzata dalla figlia per consentire al padre di eludere i precedenti dinieghi di rilascio dello stesso nei suoi confronti, per ottenere così la possibilità di acquistare comunque armi e munizioni mediante il titolo ottenuto dalla figlia. Ritenendo fondato tale sospetto, la Seconda Sezione del TAR per il Piemonte respinge il ricorso.

TAR Piemonte, sez. II, sentenza 18 – 24 settembre 2019, n. 993 Presidente Testori – Estensore Limongelli Fatto e diritto 1. Con ricorso notificato il 6 febbraio 20- omissis - e ritualmente depositato, la sig.ra - omissis -, di anni - omissis -, ha impugnato il decreto del - omissis - novembre 2018 notificato il 20 novembre 2018 con cui il Questore della Provincia di - omissis - ha respinto la sua istanza di rilascio del porto di fucile per l’esercizio della caccia. 2. Il provvedimento si fonda su un’articolata motivazione, nella quale si mette in rilievo che il padre della richiedente - risulta gravato da diverse vicende penali” condanna nel - omissis -83 per i reati di - omissis -, con successiva riabilitazione nel 2003 non luogo a procedere per intervenuta prescrizione nel 2001 per il reato di - omissis -, con assoluzione per altri capi di imputazione - ha presentato in anni passati tre diverse istanze di rilascio del porto d’armi per uso sportivo, tutte respinte due dalla stessa Questura di - omissis - nel 2002 e 2006 , un’altra dalla - omissis - nel 2014 - secondo le informazioni pervenute dai Carabinieri, il padre frequenta abitualmente il nucleo familiare e l’abitazione in Ceva non svolge propriamente un’attività lavorativa ma piuttosto si qualifica come parapsicologo, sciamano, esperto di medicina ordinaria ed alternativa, esperto di medicine orientali, zoologia veterinaria, alimentazione curativa e scienze naturali, ed è conosciuto come guaritore e persona dedita alla magia” - in tale contesto, gli stessi Carabinieri non escludono la concreta possibilità di un acquisto di armi e munizioni attraverso il titolo eventualmente rilasciato alla figlia richiedente” - inoltre, il giorno 13 novembre 2018 il padre si è presentato presso la Questura di - omissis - per avere informazioni sul procedimento di rilascio del porto d’armi alla figlia, mostrandosi molto adirato per la comunicazione di preavviso di rigetto ricevuta dalla figlia richiedente, e per il ritardo con cui gli uffici davano informazioni sul prosieguo della pratica, richieste anche tramite il legale comportamento che il Questore di - omissis - ha ritenuto estremamente sfavorevole nella valutazione generale dell’istanza”, in quanto indizio sintomatico di una indebita ingerenza del [padre] nei rapporti con questi Uffici, che invece dovrebbero essere intrattenuti esclusivamente dalla figlia maggiorenne”. In definitiva, il Questore ha ritenuto che il rilascio del porto d’ami alla figlia possa essere pregiudizievole per la sicurezza pubblica e l’incolumità di terzi, considerata l’inaffidabilità del padre per le vicende penali che lo hanno riguardato e per il comportamento assunto nei rapporti con gli uffici della Questura e la facilità con cui questi potrebbe venire in possesso delle armi ”in virtù della frequentazione familiare considerabile alla stregua di convivenza, anche se non più accertata anagraficamente”. 3. La ricorrente, premesso e documentando di essere in possesso delle certificazioni attestanti l’idoneità medica al rilascio del porto d’armi, l’abilitazione all’esercizio venatorio e l’idoneità al maneggio delle armi, ha dedotto due motivi di ricorso 3.1 Violazione a falsa applicazione degli artt. 3, 6, 10 e 10 bis della legge n. 241 del - omissis -90 - il Questore non avrebbe tenuto conto delle osservazioni presentate dall’interessata dopo la comunicazione del preavviso di diniego, limitandosi a ribadire nel provvedimento conclusivo le ragioni già esplicitate nella comunicazione ex art. 10-bis L. 241/90 - difetto di istruttoria e di motivazione tutte le ragioni ritenute dal Questore ostative al rilascio del porto d’armi afferiscono unicamente al padre della ricorrente, e non alla ricorrente stessa, rispetto alla quale non è stata rilevata alcuna ragione di incapacità o di inidoneità all’uso delle armi - quanto al padre, sono stati valorizzati pregiudizi penali risalenti nel tempo 35 e 25 anni fa , di cui una condanna del - omissis -83 per - omissis - e - omissis -per la quale è intervenuta la riabilitazione nel 2003 e una condanna per - omissis - per la quale è intervenuta nel 2001 sentenza di appello di non doversi procedere per intervenuta prescrizione attualmente il padre non ha carichi pendenti, svolge una vita regolare e dal 2006 non vive più presso l’abitazione familiare, ove si reca solo per trovare le figlie, bensì a Torino dove svolge l’attività di pranoterapeuta 3.2 Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11, 42 e 43 del R.D. 18/06/- omissis -31 n. 773 T.U.L.P.S. il provvedimento di rigetto si è basato unicamente su valutazioni afferenti al padre della ricorrente, peraltro per fatti risalenti nel tempo e coperti da riabilitazione e prescrizione difetto di motivazione sull’attualità del giudizio di inaffidabilità del padre. 4. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio depositando documentazione e memoria difensiva, chiedendo il rigetto del ricorso evidenziando, tra l’altro, che un’analoga istanza per il rinnovo della licenza di porto d’armi per l’esercizio della caccia era stata presentata alla Questura di - omissis - nel 2012 dalla sig.ra - omissis -., all’epoca convivente nel nucleo familiare del padre della ricorrente, ma che anche in quel caso l’interessata, per tutte le incombenze amministrative relative alla pratica, si era presentata in caserma accompagnata dal padre dell’odierna ricorrente, benchè questi avesse già trasferito la propria residenza a Torino. 5. Con ordinanza n. 101 del 14 marzo 20- omissis -, la Sezione ha respinto la domanda cautelare e fissato contestualmente l’udienza di merito. 6. All’udienza pubblica del 18 settembre 20- omissis -, in prossimità della quale nessuna delle parti ha integrato le proprie difese, la causa è stata trattenuta per la decisione. 7. Il ricorso è infondato e va respinto. 7.1. Giova premettere che, secondo noti principi, l’Autorità di pubblica sicurezza, dovendo perseguire la finalità di prevenire la commissione di reati e/o di fatti lesivi dell'ordine pubblico, ha un'ampia discrezionalità nel valutare l'affidabilità della persona di fare buon uso delle armi, per cui la persona, che detiene armi, deve essere esente da mende ed al di sopra di ogni sospetto e/o indizio negativo e nei suoi confronti deve esistere la perfetta e completa sicurezza circa il corretto uso delle armi, in modo da scongiurare dubbi o perplessità sotto il profilo della tutela dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività la valutazione dell'Autorità di pubblica sicurezza, caratterizzata da ampia discrezionalità, persegue infatti lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l'abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili, tanto che il giudizio di non affidabilità è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente non ascrivibili a buona condotta. Uno degli elementi che concorrono alla valutazione di affidabilità del soggetto circa il buon uso delle armi è rappresentato dal contesto socio-familiare del richiedente T.A.R. Napoli, sez. V, 06/04/2016, n. 1685 , essendosi affermato, al riguardo, che i provvedimenti inibitori in materia di armi possono essere legittimamente applicati anche nei casi in cui, pur non potendosi imputare direttamente nulla al titolare delle armi, vi sia una situazione di fatto che rende le armi stesse liberamente accessibili ad un terzo convivente o meno nei cui confronti vi siano fondate ragioni di sospetto T.A.R. Parma, sez. I, 27/03/2015, n. 101 . 7.2. Nel caso di specie, il diniego impugnato è stato adottato dal Questore di - omissis - sulla base del sospetto che la domanda di rilascio del porto d’armi sia stata formulata strumentalmente dalla figlia diciottenne all’epoca della domanda al solo fine di consentire al padre di aggirare tre precedenti dinieghi di rilascio del porto d’armi adottati nei suoi confronti nel 2002, 2006 e 2014, consentendogli di acquistare ugualmente armi e munizioni attraverso il titolo conseguito dalla stessa e tale sospetto è stato motivato sulla base di considerazioni che, al collegio, non appaiono nè illogiche nè irragionevoli, quali, in particolare - l’interesse personale manifestato dal padre della ricorrente circa il buon esito dell’istanza, tanto da presentarsi personalmente in Questura per avere notizie della pratica e mostrandosi molto adirato” per l’esito negativo che era stato preannunziato con la comunicazione del preavviso di diniego e per il ritardo con cui, a suo dire, gli uffici stavano evadendo la domanda - il comportamento analogo tenuto dal padre della ricorrente in anni recenti in relazione ad un’analoga istanza formulata da altra componente del nucleo familiare secondo la non contestata affermazione della difesa erariale - il sostanziale disinteresse manifestato dalla figlia richiedente, benchè maggiorenne e diretta interessata almeno formalmente , circa la sorte della propria domanda. 7.3. Il giudizio di inaffidibilità del padre che traspare dalla motivazione dell’atto impugnato discende dai plurimi dinieghi adottati nei suoi confronti in anni anche recenti da ultimo nel 2014 , e come tale non richiedeva particolari precisazioni nel contesto motivazionale dell’atto impugnato al di fuori di quelle evidenziate, comunque già sufficienti a giustificarlo. Le vicende che hanno condotto all’adozione di quei precedenti dinieghi non possono formare oggetto del presente giudizio. 7.4. Quanto, infine, alla censura di carattere formale dedotta con il primo motivo di ricorso, è sufficiente osservare che, secondo noti principi, l' art. 10 bis, l. 7 agosto -OMISSIS-90, n. 241 non impone nel provvedimento finale la puntuale e analitica confutazione delle singole argomentazioni svolte dalla parte privata, essendo sufficiente ai fini della sua giustificazione una motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell'atto stesso” Consiglio di Stato, sez. IV, 27/03/20- omissis -, n. 2026 . 8. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va conclusivamente respinto. 9. Sussistono peraltro giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, attesa la singolarità della vicenda esaminata. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte Sezione Seconda , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. - omissis -6 e degli articoli 5 e 6 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 , a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.