Chi trova un tesoro non sempre viene premiato: l’indennizzo non è ipso iure

La prassi recente e costante ritiene che il privato, sino alla determinazione definitiva del premio, è titolare di un interesse legittimo a fronte di poteri discrezionali della PA che non ha alcun obbligo immediato di erogare una prestazione patrimoniale a favore del proprietario dell’aerea in cui sono stati rinvenuti reperti archeologici le liti su questa valutazione discrezionale an spettano al G.A Quelle, invece, sul quantum del premio spettano al G.O

È quanto chiarito dal TAR Lazio, sez. II quater, con la sentenza n. 4129/18, depositata il 14 aprile. Il caso. Una società, nell’effettuare scavi e lavori in un suo immobile, rinveniva prima un busto romano del II secolo d.c. e successivamente una cisterna romana. La Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio aveva reiteratamente offerto un premio pari al 10% del valore del solo busto, cifra ritenuta congrua dalla direzione regionale del MIUR e, vista la mancata accettazione del premio, comunicava la prosecuzione del provvedimento ex articolo 93, comma 3, l. n. 42/2004. Ritenendo di dover percepire ex lege un premio più elevato la Società ha impugnato la nota della Sovrintendenza, chiedendo di accertare l’obbligo di provvedere del MIUR sulla richiesta del premio per il ritrovamento di un bene archeologico, lamentandone l’inerzia e chiedendo un indennizzo. Il TAR ha respinto il ricorso perché in parte inammissibile ed in parte infondato. Premio, obbligo o facoltà? L’eccezione sulla presunta inerzia della P.A. nel quantificare il danno è infondata. L’articolo 92, comma 1, l. n. 42/2004 sancisce che il Ministero corrisponde un premio non superiore al quarto del valore delle cose ritrovate a al proprietario dell'immobile dove è avvenuto il ritrovamento b al concessionario dell'attività di ricerca, di cui all'articolo 89, qualora l'attività medesima non rientri tra i suoi scopi istituzionali o statutari c allo scopritore fortuito che ha ottemperato agli obblighi previsti dall'articolo 90 . Se il proprietario è anche lo scopritore o ha detta concessione la percentuale è elevata sino al 50%. La determinazione del premio, come sopra esplicato, rientra nella discrezionalità della P.A. Cass. SS.UU. n. 5353/11, CGA Sicilia n. 84/14 nella fattispecie non è stata inerte ed ha agito correttamente, anzi è stata la ricorrente ad impugnare - non tempestivamente - la censurata nota. Quale giurisdizione sulle liti? Il TAR Lazio n. 2334/14 risolve il problema della ripartizione delle liti in materia la valutazione discrezionale dell’ an del premio spetta al G.A., mentre le contestazioni sul quantum , relative a censure sulla misura remuneratoria e sulle sue modalità di riscossione, spettano al G.O Nella fattispecie, la lite verteva sulla spettanza del premio in capo alla Società attrice in quanto proprietaria e scopritrice del reperto la giurisdizione spettava dunque al G.A., ma, visto che l’impugnazione dei contestati atti non era stata tempestiva, il ricorso è inammissibile. Risarcimento danni. Il Collegio ha ritenuto, stante questa inammissibilità, di non procedere alla conversione del rito circa la domanda di risarcimento danni ex articolo 117 comma 6, c.p.a., perché presentata in forma apodittica e generica. Infatti il giudice può definire con il rito camerale l'azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria la conversione del rito non è obbligatoria, ma è una sua discrezionalità parametrata alla maggiore o minore complessità delle questioni risarcitorie introdotte col ricorso ex articolo 117 c.p.a. TAR Campania nn. 1308/17 e 4131/16 . Nel nostro caso, come detto, la ricorrente non ha provato, in fatto ed in diritto, né le specifiche circostanze produttive di danno né il titolo di responsabilità della P.A. questo punto è stato, perciò, respinto perché infondato.

TAR Lazio, sez. II-quater, sentenza 27 marzo – 14 aprile 2018, n. 4129 Presidente Pasanisi – Estensore Altavista Fatto e diritto Il presente ricorso è stato proposto per l’accertamento dell’obbligo di provvedere del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sulla richiesta presentata dal ricorrente relativa alla corresponsione del premio per il ritrovamento di un bene archeologico, reiterata da ultimo con la diffida del 18 settembre 2017 nonché avverso la comunicazione della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale del 10 ottobre 2017, con cui si confermano i precedenti provvedimenti di attribuzione del premio nella misura del 10% e si comunica la prosecuzione del procedimento previsto dall’art. 93 comma 3 del d.lgs. n. 42 del 2004, in caso di mancata accettazione del premio è stato, altresì, chiesto il risarcimento dei danni. Parte ricorrente premette in fatto che, nel corso della esecuzione di scavi e lavori effettuati su un immobile di sua proprietà sito in Castel Gandolfo, spiaggia del Lago 27, autorizzati con permesso di costruire n. 46 del 2007, era stato ritrovato un busto di età romana del II secolo d.c. che successivamente gli scavi erano stati ampliati con il ritrovamento di una cisterna romana di avere inoltrato richiesta del premio, ai sensi dell’art. 92 del d.lgs. n. 42 del 2004, il 12 novembre 2008 e di avere sempre contestato il premio del 10% che era stato attribuito dalla Soprintendenza per il ritrovamento del busto oggetto della nota della Soprintendenza del 16 marzo 2010 e da ultimo della nota della Soprintendenza del 17 ottobre 2017 depositate in giudizio da parte ricorrente ha censurato in diritto la violazione delle norme degli articoli 92 e 93 del d.lgs. n. 42 del 2004. La Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, il 28 febbraio 2018, ha depositato in giudizio la nota del 22 gennaio 2018 in cui ripercorre le vicende in fatto relative al ritrovamento, deducendo, inoltre, che fin dal 2010 era stato quantificato il premio attribuito al proprietario nella misura del 10% del valore del busto, che tale valore era stato ritenuto congruo dalla direzione regionale del Ministero con nota del 22 aprile 2011 che tale determinazione è stata da ultimo ribadita con la nota del 10 ottobre 2017. Alla camera di consiglio del 27 marzo 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione. Ritiene il Collegio di prescindere dall’esame della questione della mancata notifica del ricorso all’Avvocatura dello Stato, avendo l’Amministrazione comunque depositato una propria relazione difensiva e comunque essendo il ricorso manifestamente infondato e inammissibile. Il ricorso proposto avverso l’inerzia dell’Amministrazione è infondato. Risulta, infatti, evidente, in base alla documentazione depositata in giudizio dalla stessa parte ricorrente, che non sussiste alcuna inerzia dell’Amministrazione rispetto alla richiesta del premio per il ritrovamento. La Soprintendenza, infatti, già con la nota del 16 marzo 2010, aveva quantificato il premio nella somma di euro 14.577,00, pari al 10% del valore del busto, inquadrando il premio spettante alla società ricorrente nella ipotesi del primo comma dell’art. 92 del d.lgs. n. 42 del 2004, per cui il Ministero corrisponde un premio non superiore al quarto del valore delle cose ritrovate a al proprietario dell'immobile dove è avvenuto il ritrovamento b al concessionario dell'attività di ricerca, di cui all'articolo 89, qualora l'attività medesima non rientri tra i suoi scopi istituzionali o statutari c allo scopritore fortuito che ha ottemperato agli obblighi previsti dall'articolo 90”, e non nella successiva previsione del comma 2 dell’art. 92, per cui il proprietario dell'immobile che abbia ottenuto la concessione prevista dall'articolo 89 ovvero sia scopritore della cosa, ha diritto ad un premio non superiore alla metà del valore delle cose ritrovate”. Tale posizione dell’Amministrazione, che ha inquadrato il premio spettante alla società ricorrente nella ipotesi del primo comma dell’art. 92 e non nella successiva previsione del secondo comma dell’art. 92, è stata più volte confermata con le successive note del 27 dicembre 2010, del 14 giugno 2012 e da ultimo con la nota della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale del 10 ottobre 2017. Quanto espresso dalla Soprintendenza, con la prima nota del 16 marzo 2010, avrebbe dovuto essere oggetto di tempestiva impugnazione da parte della società ricorrente, trattandosi di un provvedimento amministrativo, esercizio di un potere autoritativo dell’Amministrazione nella determinazione del premio spettante a detta società. La giurisprudenza, anche della Cassazione a Sezioni Unite, pronunciatasi con riferimento al riparto di giurisdizione, è infatti consolidata nel ritenere che fino alla determinazione definitiva del premio il privato sia titolare di un interesse legittimo a fronte di poteri discrezionali dell’Amministrazione Cassazione Sezioni Unite civili 7 marzo 2011, n. 5353 Cons. giust. amm. Sicilia, 12 febbraio 2018, n. 84 cfr., altresì, Tar Lazio II quater, 27 febbraio 2014, n. 2334, per cui il ritrovamento di reperti archeologici non genera immediatamente nei riguardi dell'Amministrazione l'obbligo giuridico alla prestazione patrimoniale a favore dei proprietari dell'area nella quale è stato effettuato il ritrovamento, bensì implica una preventiva valutazione discrezionale concernente l'an sulla quale deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo a differenza dei profili attinenti al relativo quantum che - in quanto esclusivamente diretti a contestare la misura remuneratoria e le modalità di riscossione del premio - rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario . Nel caso di specie, parte ricorrente contesta la stessa fattispecie applicata dalla Soprintendenza ovvero il riconoscimento del premio quale proprietario, richiedendo invece il premio quale proprietario e scopritore. Si tratta, dunque, di questione relativa al titolo di spettanza del premio, che avrebbe dovuto essere oggetto di tempestiva impugnazione. La mancata tempestiva impugnazione del provvedimento del 16 marzo 2010 comporta l’inammissibilità anche delle contestazioni mosse, pur genericamente, in questa sede alla nota del 10 ottobre 2017 tale nota costituisce un atto meramente confermativo della posizione già espressa dall’Amministrazione con le varie comunicazioni inviate alla parte ricorrente fin dal 2010 e non tempestivamente impugnate. Ritiene, dunque, il Collegio, rispetto alla impugnazione pur proposta in maniera generica avverso la nota del 10 ottobre 2017, di non dovere procedere alla conversione del rito, in relazione alla evidente inammissibilità di tale gravame cfr., in tal senso, Tar Campania, Napoli, 7 marzo 2017, n. 1308 . La nota del 10 ottobre 2017, nella parte relativa alla spettanza del premio solo quale proprietaria del terreno è, infatti, meramente confermativa delle precedenti comunicazioni non impugnate nella parte finale, relativa alla prosecuzione dell’iter procedimentale, secondo quanto previsto dal comma 3 dell’art. 93 del d.lgs. n. 42 del 2004, si tratta di atto privo di contenuto lesivo, di natura endoprocedimentale. Ritiene il Collegio di potere esaminare in questa sede anche la domanda di risarcimento danni formulata in maniera del tutto generica ed apodittica, solo nella epigrafe e nelle conclusioni del ricorso, in base alla espressa previsione dell’art. 117, comma 6, c.p.a., per cui il giudice può definire con il rito camerale l'azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria” tale norma, infatti, non obbliga il giudice alla conversione del rito, ma prevede una facoltà discrezionale dell'organo giudicante in funzione della maggiore o minore complessità delle questioni risarcitorie introdotte con il ricorso ex art. 117 c.p.a. cfr. T.A.R. Campania Napoli n. 4131 del 31 agosto 2016 . La domanda risarcitoria deve essere respinta, in quanto formulata in modo assolutamente generico senza alcuna deduzione né delle specifiche circostanze produttive di danno né del titolo di responsabilità dell’Amministrazione. Inoltre, comunque, il danno da ritardo per la mancata conclusione del procedimento deve essere escluso nel caso di specie non sussistendo alcuna inerzia dell’Amministrazione. Quanto ad una ulteriore voce di danno a cui si fa riferimento nelle conclusioni del ricorso quantificato in una somma pari a euro 4278,82 non è stato fornito alcun elemento né in fatto né in diritto relativo alla specifica condotta dell’Amministrazione causativa di tale danno e al nesso di causalità tra la condotta ed il danno si tratta, inoltre, di somma comunque inferiore al premio quantificato dall’Amministrazione già dal 2010. In conclusione, il ricorso proposto avverso l’inerzia dell’Amministrazione deve essere respinto. L’impugnazione proposta avverso la nota del 10 ottobre 2017 deve essere dichiarata inammissibile. Deve essere respinta la domanda di risarcimento danni. In relazione alla mancata costituzione dell’amministrazione intimata non deve procedersi alla statuizione sulle spese processuali. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda Quater , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge, in parte lo dichiara inammissibile come da motivazione. Rigetta la domanda di risarcimento danni. Nulla sulle spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.