L’avvocato non può accedere alle garanzie prestate alla PA dal concessionario suo debitore

Le garanzie e le fideiussioni rilasciate dal concessionario alla PA, qualunque sia la loro natura, sono dirette a garantire la corretta esecuzione delle opere pattuite nell’atto di concessione ed il saldo del canone concessorio in favore dell’Agenzia del demanio, non sono, perciò, finalizzate a coprire eventuali situazioni debitorie del concessionario nei confronti di terzi per obbligazioni privatistiche. Esulano, quindi, dal rapporto tra cliente ed avvocato, cui non è riconosciuto alcun interesse legittimo ad accedervi nemmeno per tutelare i propri interessi creditizi.

È quanto sancito dal TAR Lazio, sez. I quater , sentenza n. 10017/17, depositata il 2 ottobre. Il caso. Il ricorrente è l’avvocato della società che ha ottenuto una concessione per costruire e gestire un porto e che non gli ha saldato il dovuto per la sua opera professionale importo definito in via transattiva . Chiedeva perciò alla stessa, quale concessionaria e quindi soggetta alle norme sul diritto di accesso agli atti, alla Regione ed all’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa di accedere alle garanzie ed alle fideiussioni prestate nell’ambito di tale contratto, ma queste gli negavano l’accesso la società cliente con silenzio-diniego . Nell’impugnare il rifiuto, l’avvocato invocava anche una responsabilità per omessa vigilanza della Regione e delle altre autorità competenti a suo avviso, anche dopo l’invito rivoltole dal ricorrente, l’ente avrebbe dovuto vigilare sull’adempimento delle obbligazioni nascenti, anche verso terzi, dalla concessione de qua . I comportamenti, anche omissivi, delle parti avevano infatti contribuito a rendere gravoso il recupero del credito. Il TAR, però, ha convalidato le motivazioni del rifiuto e lo ha condannato alle spese di giudizio liquidate in 500 euro per ogni parte . Vietato accedere alle garanzie ed alle fideiussioni del concessionario. Il giudizio in materia di diritto di accesso è volto ad acclarare la sussistenza o meno di un titolo che legittimi l’ostensione, sì che il giudice amministrativo deve considerare le ragioni della PA anche in caso di silenzio-diniego nel negarlo Cons. Stato n. 5573/08, a.p. 16/99 e TAR Lazio n. 733/17 .Orbene, come motivato dalla Regione e come sopra esplicato, le garanzie e le fideiussioni di cui si chiedeva l’ostensione e la copia sono volte a garantire, indipendentemente dalla loro natura, l’esatta esecuzione della concessione ed il saldo dei dovuti canoni sono, perciò, rilasciate a tutela delle obbligazioni derivanti dalla concessione. È palese che non coprono obbligazioni privatistiche nei confronti dei terzi, come il debito della società concessionaria col proprio legale. Infatti il rapporto che s’instaura tra quest’ultima e la PA in forza di detto atto di concessione esula da quello con il proprio legale. L’avvocato, perciò, non ha alcun interesse qualificato ex art. 22 l. n. 241/90 per accedere a questi dati. Il giudice amministrativo precisa che non può nemmeno richiedere l’accesso per altra via invocando profili di responsabilità per omessa vigilanza l’istanza è inammissibile ai sensi dell’ art. 24, comma 3, l. n. 241/90, risultando finalizzata a rendere disponibile al ricorrente dati utili alla ricerca di eventuali profili di indebita gestione della concessione in parola, rivela, in ciò, il suo carattere esplorativo, e, indi, la sua estraneità al perimetro dell’accesso delineato dagli artt. 22 e ss. legge. n. 241/90 .

TAR Lazio, sez. I – quater, sentenza 26 settembre – 2 ottobre 2017, n. 10017 Presidente Mezzacapo – Estensore Bottiglieri Fatto e diritto 1. Il ricorrente avvocato A. F. espone di aver prestato la propria opera professionale a favore di I.P. Iniziative Iniziative Portuali Porto Romano s.r.l., concessionaria della costruzione e della gestione del Porto della Concordia” in località Fiumicino, e di essere per l’effetto creditore delle somme siccome definite in via transattiva con la società, la quale non ha soddisfatto tale credito. Espone ancora il ricorrente di aver esperito il 21 marzo 2017, ai sensi degli artt. 22 e ss. della l. 241/90, istanza di accesso nei confronti della Regione Lazio, di Invitalia - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa s.p.a., e della stessa società debitrice, nella qualità di concessionaria soggetta al diritto di accesso, al fine di ottenere copia delle fideiussioni e delle garanzie di qualunque natura rilasciate dalla società a favore della Regione Lazio a tutela delle obbligazioni nascenti dalla concessione, con la espressa finalità di tutela del proprio credito sia nei confronti della debitrice che nei confronti dei soggetti che con i propri comportamenti, anche di natura omissiva, abbiano contribuito ad aggravarne le difficoltà di recupero. In relazione a tale ultimo punto, il ricorrente precisava di dubitare che una società partecipata da altra società in house del Ministero dell’economia e delle finanze, qual è la debitrice, potesse versare nella situazione di illiquidità che la affligge. Narra ancora il ricorrente che la Regione Lazio ha denegato l’accesso con atto del 5 aprile 2017, mentre la I.P. non ha riscontrato l’istanza. Nel predetto contesto, il ricorrente indirizza avverso il diniego di accesso espresso dalla Regione Lazio e il silenzio serbato da I.P. le censure di violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 22, 24 e ss. della l. 241/90, dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, dell’art. 97 Cost., dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa, di eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, travisamento di atti e fatti, sviamento, manifesta ingiustizia. In particolare, il ricorrente illustra il proprio interesse diretto, concreto e attuale alla conoscenza degli atti di cui sopra, propedeutico alla cura e alla difesa del proprio credito, che ritiene leso dall’omessa vigilanza di Autorità a ciò competenti, e in specie della Regione ritenuta responsabile ex art. 2043 c.c. per difetto di vigilanza sull’attività del concessionario, anche dopo l’invito rivoltole dal ricorrente il 15 giugno 2015 di vigilare sull’adempimento delle obbligazioni nascenti, anche verso terzi, dalla concessione di cui sopra , e non ritiene dirimente quanto rappresentato dalla Regione medesima in ordine alla circostanza che gli atti di cui ha chiesto l’ostensione non sono diretti a coprire eventuali situazioni debitorie della concessionaria nei confronti di terzi per obbligazioni di natura privatistica” ciò in forza della costante giurisprudenza che afferma che non spetta al soggetto che detiene la documentazione richiesta valutare la fondatezza della pretesa sostanziale posta a base della richiesta di accesso. Parte ricorrente domanda indi che l’adito giudice annulli il diniego di accesso opposto dalla Regione Lazio e il silenzio diniego della I.P. e accerti, nei confronti di entrambe, il proprio diritto al visionare la documentazione di cui sopra e acquisirne copia, ordinandone l’esibizione. 2. Si sono costituite in giudizio la Regione Lazio e Invitalia, formulando eccezioni pregiudiziali e di merito e concludendo per la reiezione del gravame. 3. La controversia è stata trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 26 settembre 2017. 4. Osserva il Collegio che, per costante giurisprudenza, il giudizio in materia di accesso – anche se si atteggia come impugnatorio nella fase della proposizione del ricorso, in quanto rivolto contro l'atto di diniego o avverso il silenzio-diniego formatosi sulla relativa istanza e il relativo ricorso deve essere esperito nel termine perentorio di 30 giorni C. Stato, A.P., 24 giugno 1999, n. 16 – è sostanzialmente rivolto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all'accesso nella specifica situazione alla luce dei parametri normativi, indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall'amministrazione per giustificarne il diniego. Tant’è vero che, anche nel caso di impugnativa del silenzio-diniego sull'accesso, l'amministrazione può dedurre in giudizio le ragioni che precludono all'interessato di avere copia o di visionare i relativi documenti, e la decisione da assumere, che deve comunque accertare la sussistenza o meno del titolo all'esibizione, si deve formare tenendo conto anche di tali deduzioni giurisprudenza costante tra altre, Tar Lazio, II, 18 gennaio 2010, n. 395 22 aprile 2010, nn. 8015 e 8016 C. Stato, V, 7 novembre 2008, n. 5573 V, 11 maggio 2004, n. 2966 IV, 2 luglio 2002, n. 3620 VI, 9 maggio 2002, n. 2542 più di recente, Tar Lazio, Roma, I, 18 marzo 2016, n. 3364 I-quater, 16 gennaio 2017, n. 733 . Indi il giudice amministrativo, nell’indagare sulla sussistenza del diritto di accesso ai documenti richiesti in capo all’interessato, deve tener conto anche delle ragioni esternate dall’amministrazione in sede giudiziale. 5. Applicando le predette coordinate ermeneutiche al caso di specie, il Collegio non ravvisa le condizioni legittimanti previste dalla l. 241/90, artt. 22 e ss Invero, gli atti richiesti dal ricorrente, ovvero copia delle fideiussioni e delle garanzie di qualunque natura rilasciate dalla società a favore della Regione Lazio a tutela delle obbligazioni nascenti dalla concessione, come rappresentato dalla Regione Lazio nell’atto gravato e come ribadito in questa sede da entrambe le resistenti, non sono diretti a coprire eventuali situazioni debitorie della concessionaria nei confronti dei terzi per obbligazioni privatistiche, bensì garantiscono esclusivamente l’esecuzione da parte della società I.P. dei lavori del porto nella percentuale determinata nell’atto di concessione, nonché il pagamento del canone concessorio in favore dell’Agenzia del demanio. Con la conseguenza che, trattandosi di atti che si collocano in un ambito non ricollegabile in alcun modo al rapporto intercorrente tra I.P. e il ricorrente, non è dato ravvisare l’interesse qualificato del medesimo alla loro ostensione, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. b , della l. 241/90. Tanto chiarito, corre l’obbligo di precisare che, al fine di ricondurre per altra via gli atti stessi nella sfera dell’interesse all’accesso del ricorrente, non possono essere valorizzati i profili di responsabilità per omessa vigilanza ventilati in ricorso. Per tale aspetto, infatti, l’istanza di accesso qui azionata si rivela comunque inammissibile ai sensi dell’art. 24, comma 3, della l. 241/90, essendo chiaramente preordinata a consentire il controllo dell’attività posta in essere dalle parti resistenti nel rapporto concessorio di cui trattasi. In particolare, l’istanza di accesso per cui è causa, risultando finalizzata a rendere disponibile al ricorrente dati utili alla ricerca di eventuali profili di indebita gestione della concessione in parola, rivela, in ciò, il suo carattere esplorativo, e, indi, la sua estraneità al perimetro dell’accesso delineato dagli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990. 6. Il ricorso, assorbita ogni altra questione pure dedotta dalle parti resistenti, deve, per tutto quanto sopra, essere respinto. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima Quater , definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge. Condanna la parte ricorrente alla refusione in favore delle parti resistenti delle spese di lite, che liquida nell’importo pari, per ciascuna di esse, a € 500,00 euro cinquecento/00 , oltre CPA e IVA se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.