Il business dell’allevamento dei gatti, tra regole comunitarie e locali

Lodevole l’amore per i felini, più o meno interessato, ma non vanno dimenticate le primarie regole d’igiene.

Ed è legittima, pertanto, l’ordinanza del Sindaco, emanata a seguito della segnalazione pervenuta da parte dell’Azienda sanitaria, la quale rilevava critiche condizioni connesse all’igiene e sanità in quanto, nell’abitazione e nell’area di pertinenza, la ricorrente, al momento della notifica dell’ordinanza comunale, deteneva cinque gatti esotici due fattrici e tre gatti maschi adulti , oltre ad un cucciolo, con finalità di allevamento amatoriale. La ricorrente, a tale proposito, aveva contestato il fatto che il numero di animali da lei posseduti poteva essere considerato allevamento” da poter svolgere soltanto previa autorizzazione o nulla osta. Ciò in quanto secondo la delibera di Giunta regionale dell’Umbria n. 69 del 19 gennaio 2005, si intende per allevamento di cani e gatti la detenzione di cani e gatti, anche a fini commerciali, in numero pari o superiore a 5 fattrici o 10 cani adulti o 30 cuccioli per anno , requisito non integrato nel caso di specie. Igiene e sanità pubblica. A tale proposito, comunque, il Collegio ha ritenuto irrilevante il numero di animali posseduto. Ciò in quanto, nel caso specifico, il fondamento del provvedimento andava rinvenuto nel perseguimento di obiettivi di igiene e sanità pubblica” ed era questo, pertanto, il motivo per il quale era stata ordinata la dismissione dell’allevamento di gatti non autorizzato in via strumentale e prodromica all’ulteriore statuizione di immediata pulizia e sanificazione delle aree interne ed esterne dell’edificio compromesse igienicamente dalle deiezioni animali e dalle esalazioni odorigene delle stesse , subordinando al contempo la possibilità di detenzione di animali da affezione al rispetto delle norme igienico sanitarie e del benessere animale, rimarcando il divieto di detenere animali da affezione in numero o in condizioni tali da causare problemi di natura igienica o sanitaria, ovvero da recare pregiudizio al benessere degli animali stessi . L’ordinanza del Sindaco del Comune, precisa la sentenza, era dunque motivata da ragioni igienico-sanitarie, e solo marginalmente era stato evidenziato il fatto che l’attività di commercio, pubblicizzato dalla ricorrente con apposito sito web allevamento ed addestramento può essere esercitato legittimamente soltanto previo nulla osta rilasciato dal competente servizio veterinario. Da rilevare, a tale proposito, che con riferimento agli animali di razza è stato emanato il d.lgs. n. 529/1992, di attuazione della direttiva 91/174/CEE relativa alle condizioni zootecniche e genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza, fermo restando che anche le regioni, nell’ambito della propria competenza, hanno provveduto a legiferare in materia.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 23 marzo – 12 settembre 2017, n. 4299 Presidente Saltelli – Estensore Fantini Fatto 1.- La dott.ssa A.G. ha interposto appello avverso la sentenza 30 marzo 2010, n. 228, del Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, con la quale è stato respinto il ricorso dalla stessa esperito avverso l’ordinanza 22 luglio 2009, n. 49 del Sindaco del Comune di B., disponente l’immediata dismissione dell’allevamento di gatti e la pulizia e sanificazione delle aree interne ed esterne dell’edificio. Espone l’appellante che, al momento della notifica dell’ordinanza comunale, deteneva nella propria abitazione, sita in B., alla via omissis , cinque gatti esotici due fattrici e tre gatti maschi adulti , ai quali si aggiunge un cucciolo, con finalità di allevamento amatoriale. Secondo la delibera di Giunta regionale dell’Umbria n. 69 del 19 gennaio 2005, si intende per allevamento di cani e gatti la detenzione di cani e gatti, anche a fini commerciali, in numero pari o superiore a 5 fattrici o 10 cani adulti o 30 cuccioli per anno , requisito non integrato nel caso di specie. Avverso l’ordinanza sindacale l’odierna appellante ha dedotto censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili sintomatici, essenzialmente indirizzati a contestare l’esistenza di un non autorizzato allevamento di animali cani e gatti , profilo trattato nell’ordinanza gravata in quanto gli altri aspetti, igienico-sanitari, a suo dire, sono emersi successivamente all’adozione dell’ordinanza, ed in particolare a seguito di sopralluogo della Azienda U.S.L. eseguito il 6 novembre 2009 ed a lamentare la violazione del contraddittorio procedimentale. 2. - La sentenza appellata, come esposto, ha respinto il ricorso, nella considerazione che l’ordinanza è stata adottata per ragioni di igiene e di sanità pubblica, sulla base della relazione istruttoria dell’U.S.L. n. 2 in data 16 luglio 2009, a prescindere dall’esistenza in concreto di un vero e proprio allevamento di gatti. 3. - L’appello proposto dalla dott.ssa G. reitera i motivi di primo grado, incentrati sull’inesistenza di un allevamento, sull’accertamento postumo dei profili igienico-sanitari, peraltro insussistenti, e sulla violazione delle norme poste a presidio della partecipazione in contraddittorio al procedimento amministrativo conclusosi con l’ordinanza gravata. 4. - Si è costituito in resistenza il Comune di B. concludendo per la reiezione dell’appello. 5. - All’udienza pubblica del 23 marzo 2017 la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1.- L’appello censura la sentenza che ha rigettato il ricorso nell’assunto che l’ordinanza sindacale gravata sarebbe stata adottata per ragioni di igiene e sanità pubblica basate sulle condizioni igienico-sanitarie dei luoghi e degli animali, senza tenere conto, al contrario, che il provvedimento in questione dispone l’immediata dismissione dell’allevamento di gatti, in quanto non autorizzato dal Servizio veterinario dell’A.U.S.L. 2 di Perugia, e su tale profilo sono stati articolati i motivi del ricorso introduttivo, anzitutto contestandosi la ravvisabilità stessa di un allevamento alla stregua dei parametri di cui alla delibera della Giunta regionale dell’Umbria n. 69 del 2005. L’appello è infondato, in ragione del fatto che – ad avviso della Sezione - la sentenza appellata non è pervenuta ad una lettura sviata dell’ordinanza sindacale n. 49 in data 22 luglio 2009. Quest’ultima, seppure nella sua sinteticità, evidenzia nel considerato” che il proprio fondamento di razionalità va rinvenuto nel perseguimento di obiettivi di igiene e sanità pubblica” e nel dispositivo ordina la dismissione dell’allevamento di gatti non autorizzato in via strumentale e prodromica all’ulteriore statuizione di immediata pulizia e sanificazione delle aree interne ed esterne dell’edificio compromesse igienicamente dalle deiezioni animali e dalle esalazioni odorigene delle stesse , subordinando al contempo la possibilità di detenzione di animali da affezione al rispetto delle norme igienico sanitarie e del benessere animale, rimarcando il divieto di detenere animali da affezione in numero o in condizioni tali da causare problemi di natura igienica o sanitaria, ovvero da recare pregiudizio al benessere degli animali stessi . L’ordinanza del Sindaco del Comune di B. è dunque motivata da ragioni igienico-sanitarie, come correttamente rilevato dal primo giudice. Del resto, ciò appare conforme alla portata del rapporto/proposta di provvedimento in data 16 luglio 2009 del Servizio Veterinario Sanità Animale dell’Azienda U.S.L. n. 2 dell’Umbria, incentrato sull’evidenziazione del rischio per la salute pubblica derivante dalle condizioni igieniche rilevate in occasione del sopralluogo anche in tale nota costituisce affermazione solo incidentale quella per cui l’attività di commercio, allevamento ed addestramento deve avere il nulla osta rilasciato dal Servizio Veterinario . 2. - Discende da quanto esposto che la sentenza merita condivisione, laddove ritiene infondati i motivi di ricorso, anche quello sulla violazione delle regole del contraddittorio procedimentale, in quanto dalla stessa formulazione letterale di detto provvedimento risulta bene evidente che esso è stato principalmente adottato per ragioni di igiene e di sanità pubblica, a prescindere dall’esistenza in concreto di un vero e proprio allevamento di gatti peraltro apparentemente reclamizzato come tale su un apposito sito internet e dunque in una situazione di emergenza sanitaria che giustifica l’ordinanza adottata, anche in deroga, per l’urgenza sottesa alla persistente attualità dello stato di pericolo, alle regole sulla partecipazione procedimentale. 3. - Alla reiezione dell’appello segue, in applicazione del principio della soccombenza, la condanna dell’appellante alla rifusione, in favore dell’Amministrazione appellata, delle spese di giudizio, liquidate nella misura fissata nel dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l’appellante alla rifusione, in favore dell’Amministrazione comunale appellata, delle spese di giudizio, complessivamente liquidate in euro tremila/00 3.000,00 , oltre IVA, CPA ed altri accessori di legge, se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.