L’avvocato, cui è inflitta una grave sanzione disciplinare, non può fare il mediatore

L’incarico di mediatore è incompatibile con l’avere subito una sanzione disciplinare per una grave infrazione ex art. 22 Codice deontologico forense, poiché viene meno il requisito dell’onorabilità. La cancellazione dall’elenco degli iscritti in un organismo di mediazione, disposta dal Ministero della Giustizia, è perciò equa, proporzionata ed espressione di un potere di controllo riconosciutogli dalla legge.

È quanto sancito dal Tar Lazio, sez. I, con la sentenza n. 9465/17 depositata il 29 agosto 2017. Il caso. Il Ministero della Giustizia, nell’esercizio dei suoi poteri di vigilanza sugli organismi di mediazione regolarmente iscritti nel registro tenuto presso lo stesso, chiedeva che l’avvocato ricorrente fosse cancellato dall’elenco dei mediatori iscritti presso uno di questi era stato sanzionato disciplinarmente censura , perdendo i necessari requisiti morali per lo svolgimento degli incarichi e l’iscrizione in detto elenco. Ricorreva contro questa decisione e gli atti ad essa connessi, impugnando anche il d.m. n. 180/10 recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione . Il TAR, dando atto della novità della questione, ha rigettato il ricorso per le ragioni esplicate in epigrafe compensando le spese. Quadro normativo. L’art. 60 l. n. 69/09 ha introdotto la mediazione obbligatoria, la cui disciplina è stata codificata dal d.lgs. n. 28/10 che ha imposto criteri specifici per l’iscrizione nell’elenco degli organismi di mediazione e per l’esercizio dell’incarico di mediatore riservatezza, indipendenza, imparzialità e doveri informativi verso le parti. L’art. 16 disciplina l’istituzione del registro degli organismi deputati a gestire il procedimento di mediazione e prevede, tra l’altro, che l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti nel registro siano disciplinate con appositi decreti del Ministro della giustizia che sono vincolanti per l’organismo. Il d.m. n. 180/10, attuativo di questa ultima norma, all’art. 4 sancisce i requisiti tecnici laurea, iscrizione ad un COA od ad un collegio, formazione specifica, dovere di aggiornamento etc. e morali onorabilità anche del mediatore ed impone al responsabile della tenuta del registro, istituito presso il Ministero della Giustizia, di verificarne la presenza in capo al mediatore. L’art. 6 obbliga l’organismo, che richiede l’iscrizione nel registro, ad includere l'elenco dei mediatori disponibili allo svolgimento del servizio allegando, tra l’altro, un’attestazione del loro possesso dei requisiti ex art. 4, comma 3, lett. c . L’art. 10 sancisce che, in caso di sopravvenuti fatti gravi che incidano sulla permanenza nell’iscrizione dell’organismo in detto registro, il responsabile della tenuta del registro può procedere ad emettere un provvedimento di sospensione ovvero, nei casi più gravi, di cancellazione dal registro a carico dell’organismo di mediazione . L’avvocato deve sempre avere una specchiata condotta. La ratio di queste norme è prevedere adeguate garanzie a presidio della professionalità, integrità e serietà in capo ai singoli mediatori sarebbe illogico e snaturerebbe tali fini imporne il possesso solo al momento dell’iscrizione, anziché per tutta la durata del mandato del mediatore. Nello specifico l’onorabilità si perde in caso di condanna penale delitti non colposi o pena detentiva non sospesa , interdizione dai pubblici uffici, inflizione di misure di prevenzione o di sicurezza e di sanzioni disciplinari diverse dall’ammonimento. Si noti l’analogia con la professione forense, che si desume anche dall’art. 22 del codice deontologico che qualifica la censura come sanzione per gravi infrazioni e commina anche l’eventuale sospensione dalla professione sino ad un anno. La cancellazione non viola il diritto dell’UE. La Direttiva 2008/52/CE, che disciplina l’istituto della mediazione, richiama l’art. 41 Carta di Nizza diritto ad una buona amministrazione che sancisce il diritto di ogni cittadino a che le questioni che lo riguardano siano trattate dalla PA e dalle istituzioni dell’UE in modo imparziale, equo ed entro un tempo ragionevole. Orbene la censurata previsione è lecita, compatibile col diritto dell’UE e non è iniqua né sproporzionata per quanto sinora esplicato è coerente con gli interessi pubblici tutelati tramite la mediazione ed è idonea a garantire la massima professionalità e serietà di chi riveste l’incarico di mediatore, palesemente lese dalla sanzione disciplinare. È irrilevante che i requisiti contestati ed i poteri di controllo del Ministero siano stati disciplinati da un d.m., in quanto tali doveri erano stati espressamente sanciti e regolati dal legislatore con la l. n. 69/09 ed il d.lgs. n. 28/10.

TAR Lazio, sez. I, sentenza 19 luglio – 29 agosto 2017, n. 9465 Presidente Volpe – Estensore Brancatelli Fatto 1. Con ricorso a questo Tribunale, la ricorrente, premesso di esser stata sottoposta a procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma, conclusosi con l’irrogazione della sanzione della censura, disposta con sentenza n. 234 del 29.12.2015 dal Consiglio Nazionale Forense, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, i provvedimenti indicati in epigrafe. In particolare, dopo avere ripercorso la normativa in tema di requisiti necessari per assolvere il ruolo di mediatore, nonché la disciplina di cui al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010 n. 180, recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione, chiedeva l’annullamento degli atti che avevano disposto la sua cancellazione dall’elenco dei mediatori dell’organismo Associazione Immediata-ADR”, nonché, se necessario, l’annullamento e/o la disapplicazione delle pertinenti disposizioni del citato decreto ministeriale. 2. Il gravame è affidato ai seguenti motivi I Violazione dell’art. 16 del d.lgs. n. 28/2010. Violazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 58/1998. Violazione degli artt. 4-6-10 del Decreto del Ministero della Giustizia n. 180/2010. Violazione degli artt. 3 e 97 della Cost. Violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990. Violazione dell’art. 22 del Codice Deontologico forense. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità e difetto motivazionale, travisamento di atti e fatti, erroneità e difetto dei presupposti. Sviamento e manifesta ingiustizia, disparità di trattamento. Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità amministrativa. La ricorrente, ritenendo che il Ministero non abbia correttamente interpretato il contenuto degli artt. 4 e 6 del d.m. n. 180/2010, evidenzia l’illegittimità dell’espulsione dall’elenco dei mediatori di Associazione-Immediata ADR”, disposta nei suoi confronti. E ciò in quanto ritiene che il decreto, nel contemplare all’art. 4 i criteri per l’iscrizione degli organismi di mediazione e non già dei mediatori nel relativo registro istituito presso il Ministero della Giustizia, inclusa l’elencazione dei requisiti di onorabilità, non sancirebbe l’espulsione del mediatore a seguito della sopravvenuta perdita dei predetti requisiti. La misura, a dire della ricorrente, sarebbe altresì in collisione con i principi di proporzionalità e ragionevolezza in quanto eccessivamente dannosa rispetto alla lieve entità del presupposto sanzionatorio. II Violazione dell’art. 1 della l. n. 241/1990. Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, proporzionalità e ragionevolezza. Violazione dell’art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. Violazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21.5.2008. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, errata valutazione dei fatti e travisamento dei fatti, disparità di trattamento, difetto di istruttoria, contraddittorietà ed illogicità motivazionale e decisionale. La misura dell’espulsione si porrebbe in contrasto con il principio di equità amministrativa, sancito dall’art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e dall’art. 1 della Legge n. 241 del 1990. Segnatamente, il provvedimento di espulsione sarebbe, oltre che sproporzionato, iniquo in quanto eccessivamente punitivo rispetto al suo presupposto fattuale. 3. Si sono costituiti il Ministero della Giustizia e le altre amministrazioni evocate in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso siccome infondato. Il controinteressato avv. Massimo Izzo s è costituito in giudizio ed ha formulato talune eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità del gravame. In particolare, afferma che l’impugnata nota del Ministero della Giustizia prot. 8588 del 17 gennaio 2017 avrebbe natura endoprocedimentale e la successiva nota del Ministero del 1° febbraio 2017 assumerebbe una rilevanza meramente ricognitiva, costituendo una presa d’atto dell’esclusione disposta dalla società di mediazione. Ritiene, inoltre, comunque non sussistente la giurisdizione di questo giudice in ordine alla vicenda contenziosa, essendo oggetto di contestazione le determinazioni assunte dall’organismo di mediazione, sottoposte alla cognizione del giudice ordinario e comunque non impugnate. Eccepisce, altresì, il difetto di integrità del contraddittorio per la mancata notificazione del ricorso alla società di mediazione Immediata-ADR”, che ha adottato l’esclusione contestata. 4. A seguito della camera di consiglio del 10 maggio 2017, è stata data tutela all’esigenza cautelare rappresentata dalla ricorrente attraverso la fissazione della data di trattazione del merito della controversia, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a 5. Alla pubblica udienza del 19 luglio 2017, il ricorso è trattenuto in decisione. Diritto 1. Preliminarmente, osserva il Collegio che non è fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla parte controinteressata. L’eccezione parte dal presupposto che la posizione della ricorrente sarebbe stata incisa dalla cancellazione dall’elenco dei mediatori operata dall’organismo di mediazione Immediata ADR” e non dalle note ministeriali impugnate. Tale affermazione non può essere condivisa, in quanto la cancellazione della ricorrente dall’elenco tenuto dall’organismo di mediazione è stata disposta su impulso del Ministero della giustizia e in ragione dell’esercizio del potere di vigilanza a questi spettante sulla base della normativa primaria e secondaria quest’ultima ulteriormente sottoposta a critica perché ritenuta esorbitare i limiti ricavabili dalla legge . Ne consegue la sussistenza giurisdizione di questo giudice, trattandosi di questioni afferenti al corretto esercizio del potere amministrativo riconosciuto al Ministero quale soggetto competente a vigilare sulla corretta tenuta del registro degli organismi di mediazione. 2. Parimenti infondate sono le ulteriori eccezioni in rito presentate dal controinteressato in relazione alla inammissibilità del gravame per carenza di lesività degli atti oggetto di impugnazione. 2.1 Quanto alla nota prot. 8588 del 17 gennaio 2017, ritenuta non impugnabile autonomamente in quanto di natura endoprocedimentale, si osserva che essa, al di là del tenore letterale utilizzato nell’indicare il suo oggetto, ha determinato l’insorgenza di un vero e proprio obbligo in capo alla società di mediazione cui era rivolta di disporre la cancellazione immediata del ricorrente dall’elenco dei propri mediatori cfr. pag. 1 del provvedimento , non lasciandole alcun margine di analisi o di esercizio di discrezionalità valutativa. 2.2 Del pari, anche la nota ministeriale del 1° febbraio 2017 è un atto impugnabile in quanto non rappresenta una mera presa d’atto dell’intervenuta cancellazione ma costituisce, come anzidetto, l’espressione dell’esercizio del potere ministeriale di verifica della titolarità dei requisiti in capo all’organismo di mediazione e ai mediatori. 2.3 Da ultimo, va respinta anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notificazione dell’atto introduttivo del giudizio alla società Immediata-ADR. Premesso che la qualità di controinteressato postula una situazione di vantaggio derivante direttamente ed immediatamente dal provvedimento impugnato, non è possibile riscontrare un simile interesse in capo alla menzionata società, per l’assenza di circostanze e/o dati oggettivi atti a comprovare la titolarità in capo alla società in questione di un interesse giuridico qualificato al mantenimento in vita dei provvedimenti impugnati. 3. Nel merito, il ricorso è infondato, alla stregua delle seguenti considerazioni. Al fine di una migliore analisi della vicenda sottoposta a giudizio, è utile effettuare una breve disamina sul complesso di norme che regolano la materia della iscrizione e tenuta dell’elenco degli organismi di mediazione e dei mediatori. L’art. 60 della legge 18.6.2009 n. 69 ha introdotto, al comma 1, la delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale. I principi a cui doveva ispirarsi l’attività governativa, riportati al successivo comma 2, erano così individuati a prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia b prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione c disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l'estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l'istituzione, presso il Ministero della Giustizia,, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato Registro , vigilati dal medesimo ministero d prevedere che i requisiti per l'iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia”. Il Governo provvedeva mediante il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, che contiene tra l’altro una serie di norme volte a garantire l’imparzialità e terzietà del mediatore nell’esercizio delle proprie funzioni cfr., in particolare, l’art. 3 sulla modalità di nomina del mediatore, gli artt. 9 e 10 sull'obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni da questi acquisite durante il procedimento di mediazione nonché l’art. 14, che impone taluni obblighi dichiarativi ed informativi . L’art. 16 del citato d.lgs. disciplina l’istituzione del registro degli organismi deputati a gestire il procedimento di mediazione e prevede, tra l’altro, che l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti nel registro siano disciplinate con appositi decreti del Ministro della giustizia. In attuazione della richiamata previsione, è stato emanato il decreto del ministero della Giustizia n. 180 del 2010 di particolare rilievo, ai fini che ne occupano, è la disciplina recata ivi recata agli art. 4, 6 e 10. L’art. 4, comma 3, del decreto impone al responsabile della tenuta del registro istituito presso il Ministero della giustizia di verificare la presenza di una serie di requisiti in capo al mediatore, tra i quali quelli di onorabilità previsti alla lettera c del citato comma. In particolare, per il possesso del requisito dell’onorabilità il mediatore non deve avere riportato a condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva non sospesa b interdizioni perpetue o temporanee dai pubblici uffici c misure di prevenzione o di sicurezza d sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento. L’art. 6 dello stesso decreto, rubricato requisiti per l'esercizio delle funzioni di mediatore”, impone all’organismo di mediazione che richiede l’iscrizione nel registro di allegare l'elenco dei mediatori che si dichiarano disponibili allo svolgimento del servizio, corredando tale elenco, tra l’altro, con una attestazione di possesso dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 3, lettera c ”. Infine, l’art. 10 prevede che se, dopo l’iscrizione, sopravvengono o risultano nuovi fatti che l’avrebbero impedita, ovvero in casi di violazione degli obblighi di comunicazione di cui agli art. 8 e 20 e di reiterata violazione degli obblighi del mediatore, il responsabile dispone la sospensione e, nei casi più gravi, la cancellazione dal registro”. Al comma 4 aggiunge che spetta al responsabile, per le finalità di cui ai commi 1 e 2, l’esercizio del potere di controllo, anche mediante l’acquisizione di atti e notizie, che viene esercitato nei modi e nei tempi stabiliti da circolari o atti amministrativi equipollenti, di cui viene curato il relativo recapito, anche soltanto in via telematica, ai singoli organismi interessati”. In sostanza, qualora insorgano fatti sopravvenuti che incidano negativamente sulla permanenza dell’iscrizione nel registro dell’organismo di mediazione, il responsabile della tenuta del registro può procedere ad emettere un provvedimento di sospensione ovvero, nei casi più gravi, di cancellazione dal registro a carico dell’organismo di mediazione. 3.1 Occorre, quindi, chiedersi se tra quei fatti che possono comportare la cancellazione dell’organismo di mediazione dal registro debba ricomprendersi l’ipotesi della perdita, in capo a uno dei mediatori inseriti nell’elenco predisposto dall’organismo stesso, dei requisiti di onorabilità. Al quesito deve darsi risposta affermativa. Dall’analisi testuale e teleologica delle norme sopra richiamate è possibile evincere il principio per il quale la titolarità del requisito della c.d. onorabilità in capo al mediatore inserito nell’elenco dell’organismo che richiede l’iscrizione nel registro deve sussistere durante tutta la titolarità dell’incarico e non solo al momento della richiesta di iscrizione. In primo luogo, sotto l’aspetto testuale, soccorre la lettura dell’art. 6 del citato decreto, che disciplina i requisiti per l’esercizio” delle funzioni di mediatore. Tale disposizione, infatti, contiene un espresso richiamo ai requisiti di onorabilità in capo al mediatore di cui all’art. 4, comma 3, lett. c , già previsti ai fini dell’iscrizione nel registro dell’organismo di mediazione. Oltre al dato letterale, è dalla stessa ratio complessiva delle norme richiamate che si ricava la necessità di prevedere adeguate garanzie a presidio della professionalità, integrità e serietà in capo ai singoli mediatori, sicché sarebbe illogica una lettura delle norme volta a limitare l’obbligo del possesso dei citati requisiti di onorabilità alla sola fase genetica di conferimento dell’incarico di mediazione e non anche durante il suo esercizio. 3.2 In definitiva, il primo motivo di impugnazione, nella parte in cui si deduce, in ragione dell’assenza di una previsione esplicita in tal senso, l’illegittimità della cancellazione della ricorrente dall’elenco dei mediatori a seguito dell’irrogazione della sanzione disciplinare della censura, è infondata e va respinta si tratta, infatti, di una diretta conseguenza della perdita del requisito di onorabilità, che impedisce al mediatore di continuare a svolgere il suo incarico. 4. Con un secondo gruppo di doglianze, in parte contenute nel primo motivo di impugnazione, oltre che nel secondo dei motivi di ricorso, la ricorrente lamenta l’irragionevolezza e l’iniquità della cancellazione disposta a suo carico, rispetto al presupposto fattuale l’irrogazione della sanzione disciplinare della censura da parte del Consiglio nazionale forense che ne ha portato all’adozione. Sostiene la ricorrente, in particolare, che – alla luce del richiamo ai principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, contenuto nella direttiva 2008/52/CE che disciplina l’istituto della mediazione – le scelte amministrative impugnate si porrebbero in contrasto con l’art. 41 della suddetta Carta, secondo il quale ogni persona ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo. Inoltre, difetterebbe la necessaria proporzione che deve intercorrere tra l’addebito e la sanzione irrogata. Anche tali doglianze non possono essere condivise. 4.1 Occorre ricordare, dal punto di vista normativo, che i requisiti per l’esercizio delle funzioni di mediatore non sono stati esplicitati direttamente dal legislatore delegato ma individuati dalla successiva disposizione ministeriale di cui al decreto n. 180/2010. Ciò, tuttavia, non costituisce una ragione di invalidità degli atti gravati, in quanto non sussisteva l’obbligo di prevederne il contenuto nel decreto legislativo n. 28/2010, che ha individuato, in attuazione della legge delega n. 69/2009, una serie di obblighi di astensione e informativi in capo al mediatore, a garanza della sua neutralità, indipendenza e imparzialità. La disposizione ministeriale, quindi, muovendosi nel solco tracciato dalle citate norme di legge, ha esplicitato quelle condizioni necessarie per l’espletamento delle funzioni di mediatore nel rispetto dei surriferiti canoni, sicché il sindacato di questo giudice va circoscritto all’analisi della eventuale irragionevolezza dei requisiti individuati ovvero alla loro sproporzione rispetto alle attività che il mediatore è chiamato a svolgere. 4.2 Il Collegio non ritiene che sussista la lamentata violazione del principio di equità sopra richiamato, a fronte della previsione di una incompatibilità tra l’esercizio della funzione di mediatore e l’irrogazione di una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento. Trattasi, infatti, di una previsione del tutto coerente rispetto agli interessi pubblici tutelati attraverso la disciplina della mediazione e confacente all’esigenza di garantire la massima serietà e professionalità di coloro che possono svolgere incarichi di mediazione, che possono ritenersi ragionevolmente lese a fronte di sanzioni disciplinari riportate nel corso della libera professione. La disposizione in esame, inoltre, è rispettosa anche del principio di proporzionalità, in quanto effettua una opportuna gradazione tra le diverse ipotesi sanzionatorie e consente il mantenimento del requisito di onorabilità nel caso di irrogazione della sanzione dell’avvertimento, vale a dire quando il fatto oggetto di contestazione disciplinare è privo del connotato della gravità cfr. l’art. 22 del Codice deontologico forense . 4.3 In definitiva, la previsione che l’incarico di mediazione possa essere affidato solo a colui che, nell’esercizio della propria attività professionale, non sia incorso in condotte violative dei canoni deontologici connotate da gravità non appare inficiata neppure dai dedotti vizi di iniquità e carenza di proporzionalità. 5. Alla luce di quanto complessivamente suesposto, il ricorso è infondato e va respinto. 6. La novità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa le spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.