Voltura di una licenza commerciale per affitto di azienda e legittimazione all’impugnazione dell’atto di inefficacia

Il TAR Lazio ha avuto modo di pronunciarsi su un tema particolare in materia di segnalazione certificata di inizio attività e, cioè, quello volto a individuare i soggetti legittimati ad impugnare e/o partecipare al giudizio avverso l’atto di dichiarazione di inefficacia in autotutela da parte della pubblica amministrazione.

Così il TAR Lazio con la sentenza del 7 agosto 2017, n. 9252. Affitto di azienda e SCIA. Nel caso di specie era accaduto che una società avesse stipulato un contratto di affitto di azienda di un’attività un distributore di carburanti con permesso di costruire. Nelle more dell’affitto di azienda, la società conduttrice decide di avviare un’attività di somministrazione e procede a effettuare una SCIA. Subito dopo, ma prima della determinazione dell’amministrazione, la conduttrice decide di sub-affittare l’attività di somministrazione ad una terza società che procede a volturare a suo nome la SCIA di somministrazione di alimenti e bevande. Accade, infine, che l’Amministrazione decida di annullare la SCIA motivando sull’asserita inidoneità del permesso di costruire a consentire lo svolgimento, in loco, di attività commerciali come la somministrazione. Il giudizio prende le mosse dall’impugnazione dell’atto promossa dalla società conduttrice dell’azienda al quale viene chiamata a intervenire iussu iudicis la società che aveva affittato l’azienda. Effetti della cessione nei confronti della P.A Ebbene, in primo luogo il TAR richiama la propria giurisprudenza secondo cui la circolazione della licenza commerciale è regolata dall’accordo e dalla legge civile, nei confronti della P.A. il relativo trasferimento non determina novazione o sanatoria di eventuali vizi del provvedimento, che è trasferito nelle condizioni che risultano dalla regolamentazione amministrativa applicabile e dal titolo stesso con la conseguenza che alla voltura di una licenza commerciale [] non può ricondursi alcuna efficacia sanante di eventuali vizi di legittimità del provvedimento che ha costituito il titolo stesso in capo alla cedente . Affitto di azienda e legittimazione all’impugnazione. In base a quella premessa il TAR deduce anche che il titolare di una licenza di esercizio commerciale dispone dell’azienda concedendola in affitto o locazione a terzi e dunque senza privarsi del titolo , conserva l’interesse a coltivare quel giudizio che abbia eventualmente proposto avverso un atto o provvedimento della P.A. che incida sul regime amministrativo dell’attività che ha concesso in affitto, tutte quelle volte in cui le ragioni di doglianza attengano ai presupposti oggettivi dello stesso . Se tutto questo è vero, argomenta il TAR, allora non vi può essere dubbio che in capo alla società conduttrice dell’azienda sussiste l’interesse [] al giudizio, in forza dei rapporti di continuità tra le aziende proprie del contratto di affitto ancorché abbia sub-affittato ad una terza società . E’ vero anche, infine, che quando l’Amministrazione in casi come quello in esame motiva un provvedimento di inefficacia con riferimento all’accertamento dei limiti del titolo di gestione dell’impianto, che integra un requisito che attiene alla dimensione oggettiva dell’attività nei limiti delle ragioni che l’Amministrazione ha posto a fondamento dell’inefficacia sussiste l’interesse della società che aveva affittato l’azienda a partecipare al giudizio di impugnazione. Ed infatti, secondo il TAR, l’accertamento dell’esatta portata dei limiti che, secondo l’Amministrazione, caratterizzerebbero il titolo non può che incidere in maniera immediata e diretta anche nel patrimonio e dunque nella connessa situazione giuridica della dante causa e ciò a prescindere dalla dichiarata inesistenza di interessi a rilevare l’attività al termine dell’affitto da parte della [società affittante] che integra un mero intento privo di rilievo giuridico allo stato .

TAR Lazio, sez. II ter, sentenza 4 luglio 7 agosto 2017, n. 9252 Presidente Morabito Estensore Gatto Costantino Fatto La ricorrente Termo Trading Petroli nel prosieguo TTP espone di aver sottoscritto, in data 28.11.2014, un contratto di affitto di ramo d’azienda con la società Blu Petroli Srl nel prosieguo BP , rilevando da quest’ultima un impianto stradale per la distribuzione di carburanti, lubrificanti, rivendita speciale di tabacchi, shop no oil, lotterie e sala SLOT Machine, situato in Roma via Tor Bella Monaca n. 280-282, la cui attività si svolge nella unità immobiliare identificata al NCEU del Comune di Roma foglio 1020, part. 6887 sub. 501, piano T, Zona censuaria 6,Cat. E/3. La ricorrente elenca puntualmente le autorizzazioni e licenze in essere che presidiano lo svolgimento delle attività in parola, in parte nella titolarità della BP cedente ed in parte della stessa TTP affittuaria in base alle diverse date di rilascio assume di essere comunque subentrata anche nei titoli rilasciati originariamente alla BP per effetto dell’affitto dell’azienda e del relativo subentro, dichiarato in forza delle corrispondenti SCIA presentate al Comune di Roma. In data 25.10.2016, con prot. CH/2016/137910, la TTP presentava SCIA per l’esercizio di attività di bar e gastronomia, da svolgersi entro l’impianto dapprima descritto. Il giorno successivo concedeva la somministrazione in regime di subaffitto di ramo d’azienda, alla Fast Wash srls nel prosieguo FW , con rogito per Notaio Mariola n. 33474, atto n. 15476, nell’espressa e contestuale adesione della BP che interveniva in qualità di proprietaria dell’impianto. L’Amministrazione inviava tramite PEC in data 23.11.2016 comunicazione di inefficacia della SCIA in quanto il permesso a costruire relativo all'immobile riguarda esclusivamente l'impianto di distribuzione del carburante e l'annesso chiosco del gestore in cui non è consentito esercitare un'attività commerciale, in esecuzione della sentenza del T.A.R. Lazio n. 07307/2009 del 21/07/2009. Nella suddetta sentenza il T.A.R. ha recepito la rinuncia a svolgere attività commerciale. In tal senso è stato rilasciato il permesso a costruire l'impianto. Alla luce di quanto sopra, si rappresenta che la SCIA pervenuta allo Scrivente Ufficio risulta priva di effetti e non costituisce titolo giuridico per l'avvio e la prosecuzione dell'attività dichiarata, eventualmente intrapresa, e pertanto, si inibisce lo svolgimento dell'attività dichiarata nel locale indicato nella segnalazione di inizio attività . La ricorrente impugna il provvedimento di archiviazione della SCIA lamentando a violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento sotto diversi profili mancanza di comunicazione di avvio, difetto di istruttoria, motivazione ed altre ragioni analoghe b eccesso di potere sotto pulrimi profili, quali l’errore nei presupposti e la carenza di proporzionalità in particolare, lamenta l’erronea interpretazione ed applicazione della sentenza del TAR nr. 7307 del 21.7.2009 l’esercizio di un’attività commerciale non sarebbe impedito dal permesso di costruire n. 842 del 1.10.2008 la edificazione oggi esistente era stata concessa ed assentita con le uniche limitazioni previste e concordate nell’atto d’obbligo del 15.07.2008 nel quale la BP, dante causa della odierna ricorrente, si impegnava a mantenere permanentemente ed irrevocabilmente la destinazione d’uso non residenziale dei locali al piano terra dell’edificio oggetto del successivo permesso di costruire nessuna alterazione volumetrica sarebbe mai intervenuta tra la data della sentenza ed il successivo subentro la sentenza è stata del resto pronunciata in giudizio nel quale l’odierna parte ricorrente non era coinvolta c violazione delle norme relative alla razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti art. 28 comma 8, lett. a del D.L. n. 98 del 2011 convertito in L. 111 del 2011 violazione o falsa applicazione degli art. 31, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214 violazione o falsa applicazione degli artt. 10 e 14 del D.Lgs. 26 marzo 2010 n. 59, del principio di cui all’art. 97 della Costituzione in materia di buon andamento della Pubblica Amministrazione, difetto di istruttoria, errata interpretazione della sentenza TAR n. 07307 del 21.07.2009 negli impianti di distribuzione sarebbe sempre consentita la somministrazione e bevande, ex art. 28 comma 8, lett. a del D.L. n. 98/2011, conv.in l. nr. 111/2011, come modificato dall’art. 17, comma 4, del D.L n. 1/2012, conv.in l. n. 27/2012 fermo restando il possesso dei requisiti soggettivi e di onorabilità sarebbero state ignorate anche le norme sulle liberalizzazioni commerciali con disparità di trattamento posto che la medesima attività è svolta in un distributore concorrente a soli 600 metri di distanza . Si è costituita Roma Capitale che produce documenti e resiste al ricorso, esponendo quanto segue. L’atto impugnato troverebbe i propri presupposti nella DD n. 2331 del 22.10.2007 del Dipartimento Politiche del commercio, con cui veniva approvato il progetto del distributore subordinatamente al rilascio del Permesso di costruire ed alla validità del titolo sull’area si richiede anche la stipula dell’atto d’obbligo per mantenere la destinazione dell’area nel permesso a costruire n. 842/2008, si prende ad esame e si approva esclusivamente l’impianto ed il chiosco quest’ultimo comprende solo ambienti di servizio, servizi igienici pubblici e di uso esclusivo, spogliatoi e così via. La sentenza del TAR Lazio, II, n. 7307/2009 veniva pronunciata sul ricorso di TBM Petroli nei confronti della BP volto all’annullamento tra gli altridi quest’ultimo permesso di costruire in relazione alla nota prot. QI/2008/515 del 7.1.2008 con la quale la B.P. aveva comunicato l’impegno di svolgere unicamente attività inerenti la distribuzione di carburanti, con esclusione di ogni altra attività la sentenza rilevava che nel corso dell’istruttoria era stata rinunciata la funzione di somministrazione, pur prevista nella originaria progettazione e quindi il PdC era stato correttamente rilasciato per la sola attività di rifornimento tradizionale. Giustificherebbe il provvedimento impugnato anche la DD n. 833 del 26.3.2009 con la quale il Dipartimento VIII autorizzava la gestione dell’impianto nei termini sin qui descritti ovvero con esclusione della somministrazione . In sintesi, secondo la tesi di Roma Capitale, il gestore sarebbe subentrato nell’azienda oggetto del subaffitto entro i limiti del titolo, che non prevedeva la somministrazione. Nella camera di consiglio del 4 aprile 2017 con ordinanza nr. 04241/2017 del 5 aprile 2017 è stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti della dante causa dell’odierna ricorrente. Si è costituita la Blue Petroli srl, che contesta la sussistenza dei presupposti della chiamata del terzo, nonché, nel merito, la legittimità del provvedimento impugnato. Più precisamente, secondo la BP, la propria chiamata in causa sarebbe inammissibile, anche per illegittimità costituzionale dell’art. 51, c.p.a. in combinato disposto con gli artt. 3, 24 e 111 della Cost. e 5 della CEDU, in quanto essa violerebbe il diritto della parte chiamata, costituzionalmente garantito ex art. 24 Cost. e 6 CEDU in combinato disposto con l’art. 41 Cost. in materia di iniziativa economica a decidere se e quando agire in giudizio a tutela della propria posizione soggettiva di diritto o di interesse legittimo che sia . Per risolvere la questione sollevata dalla Termo Trading circa i limiti del titolo di gestione dell’impianto ovvero se esso consenta o meno l’esercizio dell’attività di ristorazione , non sarebbe necessario conoscere con efficacia di giudicato gli effetti derivanti dalla sentenza del TAR nr. 7307/2009 sarebbe necessaria e sufficiente una mera cognizione degli atti presupposti peraltro argomento riferibile anche in relazione al merito della controversia la SCIA oggetto della dichiarazione di inefficacia impugnata dalla TTP non sarebbe in alcun modo riferibile alla BP, non essendo neppure un titolo che quest’ultima aveva ceduto con l’affitto di azienda la TTP avrebbe infatti attivato autonomamente la SCIA di somministrazione, per poi cedere l’attività a terzi la FAST WASH precisa la BP che nel contratto di affitto di azienda intercorso con la TTP, la eventuale realizzazione nell’ambito dell’autonomia d’azienda della TTP stessa, di un’attività di somministrazione dovrebbe essere rimossa al termine dell’affitto di azienda senza che ci sia neppure un obbligo di acquisto del nuovo ramo di azienda eventualmente realizzato ed avviato. La BP, dunque, si dichiara non interessata all’attivazione del BAR, di cui si dichiara estranea. In via subordinata la BP prospetta questione di rilevanza costituzionale della disciplina della chiamata in causa ex art. 51 c.p.a. in relazione all’art. 3, 24 e 111 Cost. anche in relazione all’art. 6 CEDU nella parte in cui consentono di chiamare in causa un terzo così obbligandolo a prendere parte ad un processo e doversi difendere e ottenere suo malgrado un giudicato su una propria situazione soggettivo senza che vi sia un’ipotesi di litisconsorzio necessario, anche per violazione del termine di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost. Eccepisce, quindi, la BP una condizione di inammissibilità dell’impugnazione della determinazione di inefficacia, in quanto proposta da soggetto non legittimato. A tal proposito rileva che, ebbene l’originaria SCIA sia stata presentata dalla TTP, la stessa TTP ha subito dopo affittato il proprio ramo di azienda - avente una propria autonomia funzionale rispetto all’azienda principale - alla società FAST WASH che, quindi, è subentrata nella SCIA di cui si discute in un momento precedente alla notifica della comunicazione di inefficacia notificata dall’amministrazione oggetto dell’attuale giudizio . La comunicazione di inefficacia avrebbe dovuto essere impugnata dalla subentrante FW il documento n. 8 allegato alla costituzione del Comune di Roma reca infatti %& lt %& lt scia 144036= 280= 282= 5.11.2016= alla= bella= del= di= fast= in= monaca= nella= petroli= prot.= soc.= somministrazione= srl= srls= subingresso= termo= tor= trading= via= wash= & gt & gt e, quindi, antecedente alla dichiarazione di inefficacia . Infine, la BP deduce circa la inesistenza di limiti allo svolgimento delle attività economiche derivanti da pretese rinunce da parte della BP. Agli atti non vi è anche perché non vi è mai stata alcuna rinuncia da parte della Blu Petroli allo svolgimento di attività commerciale presso l’impianto. Il documento che l’Amministrazione ritiene una rinuncia documento allegato sub n. 9 che non solo non avrebbe tale valore, ma, prima ancora, pur volendo attribuirgli tale valore, sarebbe comunque inefficace in quanto privo della necessaria forma pubblica di un impegno formale la documentazione in oggetto raccoglieva solamente le indicazioni del tecnico pro tempore della BP circa le attività assentibili a quella data sulla base della normativa regionale vigente. Allega l’intervenuta presentazione nelle more dei fatti indicati di numerose SCIA per attività commerciali e di ristoro avanzate dalla BP con esito pienamente favorevole in altrettanti distributori di carburante, a dimostrazione che non sussiste alcuna ragione per una pretesa rinuncia alla medesima attività nell’impianto di cui si discute, così come sarebbe comunque coerente con il quadro normativo sull’analisi del quale si sofferma ampiamente. Conclusivamente, la BP chiede di dichiarare inammissibile la chiamata in causa della Blu Petroli srl e disporne l’estromissione dal giudizio in via subordinata, ferma l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto dalla TTP per carenza di legittimazione ad agire o interesse ad agire e, nei limiti dell’interesse di Blu Petroli, domanda di dichiarare che il permesso di Blu Petroli consente ad oggi l’esercizio dell’attività commerciale e/o di ristoro presso l’impianto di carburanti di Tor Bella Monaca con ogni eventuale conseguenziale provvedimento. Dal canto proprio, Roma Capitale produce l’avvio del divieto di prosecuzione attività a carico di FAST WALSH 2.5.2017 relative osservazioni del 25.5.2017 la D.D. nr. 1336 dell’8.6.2017 di divieto di prosecuzione dell’attività di somministrazione al pubblico nei locali di via di Tor Bella Monaca 280/282 dell’8.6.2017. Nella camera di consiglio del 4 luglio 2017 la causa, chiamata per l’esame della domanda cautelare, è stata trattenuta in decisione per essere risolta nel merito con sentenza in forma semplificata, sentiti i procuratori delle parti sul punto. Diritto Nell’odierno giudizio, le parti controvertono circa la legittimità dell’atto impugnato con il quale Roma Capitale ha dichiarato l’inefficacia di una SCIA di apertura di attività di somministrazione alimenti e bevande entro un impianto di distribuzione dei carburanti gestito, in regime di affitto di azienda, dalla società ricorrente. Prima di esaminare le eccezioni in rito, nonché gli argomenti inerenti il merito della domanda, è necessario premettere che, secondo la giurisprudenza della Sezione, vedasi sentenza nr. 3/2016, su ricorso nr. 315/2014 alle cui motivazioni è sufficiente al Collegio rinviare per ulteriori approfondimenti v. altresì sentenza nr. 11002/2016 su ricorso nr. 9655/2016 mentre tra le parti private cedente e cessionario la circolazione della licenza commerciale è regolata dall’accordo e dalla legge civile, nei confronti della PA il relativo trasferimento non determina novazione o sanatoria di eventuali vizi del provvedimento, che è trasferito nelle condizioni che risultano dalla regolamentazione amministrativa applicabile e dal titolo stesso. Da tale principio discendono diversi corollari, il principale dei quali è che alla voltura di una licenza commerciale per avvenuto trasferimento della stessa in uno alla cessione dell’azienda o del ramo di azienda cui pertiene, non può ricondursi alcuna efficacia sanante di eventuali vizi di legittimità del provvedimento che ha costituito il titolo stesso in capo alla cedente. Sempre dalle medesime premesse deriva l’ulteriore principio, anche di recente affermato, secondo cui se il titolare di una licenza di esercizio commerciale dispone dell’azienda concedendola in affitto o locazione a terzi e dunque senza privarsi del titolo , conserva l’interesse a coltivare quel giudizio che abbia eventualmente proposto avverso un atto o provvedimento della PA che incida sul regime amministrativo dell’attività che ha concesso in affitto, tutte quelle volte in cui le ragioni di doglianza attengano ai presupposti oggettivi dello stesso TAR Lazio, II ter, 16 giugno 2017, nr. 07093/2017 ciò in virtù della circostanza che l’affitto di azienda non elide la riferibilità del compendio al proprietario e sotto il profilo della regolamentazione amministrativa si verifica solamente una mera reintestazione della licenza commerciale art. 23 Regolamento per il commercio di cui alla DCC nr. 35/2010 di Roma Capitale , che comporta che, alla scadenza del contratto di affitto, riacquisito il possesso dell’azienda, il titolare può richiedere al Municipio territorialmente competente la reintestazione dell’autorizzazione entro tre mesi successivi, salvo proroga , continuando a svolgere l’attività stessa cfr. comma 2 dell’art. 23 cit. . II Deve quindi osservarsi che, in base alle risultanze di giudizio, così come anche confermato dai procuratori delle parti in camera di consiglio, la gestione dell’impianto di carburanti è transitata dalla BP alla TTP e da questa per quanto attiene alla somministrazione alla FW a titolo di affitto e, rispettivamente, subaffitto di ramo di azienda. Vero è che la BP non aveva attivato, a suo tempo, alcuna somministrazione e che la relativa attività è stata iniziata solo dalla TTP ma quest’ultima è titolata alla presentazione di una SCIA di somministrazione proprio sulla base della gestione del compendio nel quale è entrata in forza del contratto di affitto ne deriva che, quanto alla posizione della BP, sussiste l’interesse di quest’ultima al presente giudizio, dal momento che si controverte in ordine all’accertamento dei limiti del titolo di gestione dell’impianto, che integra un requisito che attiene alla dimensione oggettiva dell’attività nei limiti delle ragioni che l’Amministrazione ha posto a fondamento dell’inefficacia . Per queste stesse ragioni non possono poi condividersi, nel caso di specie, le eccezioni in rito circa l’illegittimità costituzionale ed europea della disciplina dell’intervento in giudizio iussu iudiciis, poiché l’accertamento dell’esatta portata dei limiti che, secondo l’Amministrazione, caratterizzerebbero il titolo non può che incidere in maniera immediata e diretta anche nel patrimonio e dunque nella connessa situazione giuridica della dante causa e ciò a prescindere dalla dichiarata inesistenza di interessi a rilevare l’attività al termine dell’affitto da parte della BP che integra un mero intento privo di rilievo giuridico allo stato . Quanto al rapporto tra TTP e FAST WALSH, sussiste l’interesse della prima al giudizio, in forza dei rapporti di continuità tra le aziende proprie del contratto di affitto. Peraltro, risulta in atti all. 8 della costituzione di Roma Capitale la SCIA di subingresso della FW del 25.10.2016, che è stata dichiarata inefficace con il provvedimento del 23.11.2016 sub 9 della produzione di Roma Capitale , non oppugnato dalla FW con la conseguenza che, mancando ogni ulteriore deduzione circa una eventuale decadenza della TTP dalla gestione condotta in affitto che sarebbe spettata alla BP laddove il subaffitto non fosse stato, per ipotesi, consentito , deve ritenersi che la medesima TTP che, a differenza della FW, ha impugnato la decadenza sia attualmente nella legittimazione per proporre ricorso avverso il provvedimento lesivo della propria titolarità dell’attività in esame. Né può riconoscersi un rilievo autonomo, in punto di sopravvenienza di eventuali motivi di cessazione sopravvenuta dell’interesse al ricorso, alla circostanza che con la D.D. nr. 1336 dell’8.6.2017 è stato imposto un divieto di prosecuzione dell’attività di somministrazione al pubblico nei locali di via di Tor Bella Monaca 280/282 dell’8.6.2017, posto che tale divieto trova origine nell’attuale difetto di una SCIA abilitante l’esercizio dell’attività medesima. III Si tratta di questioni, queste, che, in ogni caso, non v’è luogo ad approfondire ulteriormente in quanto, nel merito, il ricorso è fondato e va accolto nei seguenti limiti. L’Amministrazione ha tratto la ragione posta a fondamento dell’atto impugnato da una interpretazione degli effetti della sentenza nr. 7307/2009 che, secondo un più attento esame, non si rivela condivisibile. Va premesso, in punto di fatto, che l’esame dell’atto d’obbligo del 2008 prodotto dalla parte ricorrente consente di meglio comprendere che la dante causa dell’odierna parte ricorrente, ovvero la BP aveva a sua volta rilevato in affitto il terreno sul quale sorge l’impianto da un privato all’atto del rilascio del permesso di costruire era stato richiesto un impegno l’atto d’obbligo, appunto al vincolo dell’area per 9000 metri al servizio della progettata costruzione, alla permanente destinazione di una superficie a parcheggio privato, alla creazione e mantenimento di spazi di giardino, zone di distacco, giardini pensili e simili a mantenere permanentemente ed irrevocabilmente la destinazione d’uso non residenziale, ed assicurare che l’area non sia già stata vincolata ad altre costruzioni l’atto d’obbligo rimanda ad una planimetria che non risulta prodotta, ma che appare non rilevante ai fini di causa . Ciò premesso, la sentenza nr. 7307/2009 prodotta agli atti di causa dall’Amministrazione sub.nr.12 della costituzione , non consente di fondare un divieto oggettivo alla somministrazione, che solo potrebbe derivare da limiti attinenti il regime normativo del titolo come normativa di settore, di piano, di destinazione e così via . Più precisamente, non è superfluo richiamare i principali contenuti della sentenza indicata. Il Tribunale si è pronunciato, respingendolo, sul ricorso nr. 11867/2007 che era stato a suo tempo proposto da una concorrente, ovvero la TBM Petroli, avverso la DD nr. 2331 del 22.10.2007 del Comune di Roma, che accertava la conformità del progetto petrolifero di realizzazione di un nuovo impianto di distribuzione carburanti sito in Roma, via Tor Bella Monaca s.n.c. lato direzione Via Casilina presentato dalla Blue Petroli. Venivano dedotti plurimi profili di gravame il primo, avente ad oggetto la contestazione della localizzazione dell’impianto in quanto in contrasto con la destinazione di zona di cui al PRG vigente all’atto della domanda e quello successivo di cui alla DCC n. 33/2003, risultava respinto sull’assunto che l’area è situata rispettivamente in zona H2 Agro Romano ed in zona verde pubblico e servizi locali , rispetto alle quali la compatibilità dell’impianto scaturisce dall’art. 2 del dlgs 32/1998 secondo giurisprudenza consolidata si richiama Consiglio di Stato, V, 19 settembre 2007, n. 4887 ed altro la sentenza escludeva poi la sussistenza dei limiti specifici introdotti dalla disciplina territoriale locale di cui alla DCC n. 62/1999 che esclude la localizzazione in determinate zone N del PRG, derivanti dalla modifica di precedenti zone B o D effettuata dalla variante generale di cui alla CC n. 92/1997 ed altre ipotesi residuali un secondo profilo di gravame, con il quale si lamentava la incompatibilità con le previsioni del PRINT di Torre Angela, veniva respinto in quanto risultava non attivato alcun programma operativo inoltre, il competente dipartimento IX aveva dato atto che il permesso di costruire dovrà recepire le prescrizioni di cui alla deliberazione CC n. 26 del 17.3.2008 par. 3, previa redazione di un atto d’obbligo per la rimozione dell’impianto, ove in contrasto con il piano attuativo, e con rinuncia al plusvalore derivante dall’intervento e con copertura a garanzia previa fidejussione. Il detto atto di obbligo è stato stipulato in data 17.7.2008 e prevede espressamente al punto 4 quanto in precedenza indicato . Un terzo profilo, secondo il quale l’amministrazione non avrebbe tenuto conto dell’art. 10, co.1 bis della LR 8/2001, secondo cui sarebbe prescritto l’obbligo di adozione di apposita variante in caso di sussistenza di un vincolo paesaggistico sull’area interessata alla localizzazione, veniva giudicato infondato, sulla base di un’analisi articolata cui si rinvia, sussistendo l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione Lazio in data 19.10.2006 quanto a quest’ultimo aspetto, la sentenza respingeva la doglianza con la quale parte ricorrente contestava il detto N.O. paesaggistico della Regione Lazio sulla base di differenze progettuali rispetto all’oggetto del procedimento di autorizzazione vero e proprio, la cui insussistenza si riscontrava in fatto. Un differente profilo evidenziava la violazione dell’art. 10, comma 1 quater della LR 8/2001 che vieterebbe la realizzazione di qualsiasi volumetria con destinazione commerciale o di ristoro nell’ambito di impianti di distribuzione, entro le aree assoggettate al vincolo paesaggistico ed ambientale. Sul punto, la sentenza ha premesso l’originaria previsione di un chiosco prefabbricato anche per lo svolgimento delle attività di ristorazione e self service nel parere del Dipartimento IX dell’11.07.2007 si conferma che le caratteristiche del locale includono bar/tavola calda con conseguente qualificazione di tipo C secondo i parametri della DCC n. 62/1999 tuttavia, prosegue la motivazione l’autorizzazione edilizia n. 842 dell’1.10.2008 riguarda l’impianto di distribuzione quindi senza locali destinati al Bar posto che con la nota di cui al prot. N. 515 del 7.1.2008 la società Blu Petroli srl ha comunicato che saranno svolte esclusivamente attività inerenti la distribuzione dei carburanti e del servizio all’automobilistica ad esclusione di ogni altra attività commerciale e di ristoro ed in seguito di ciò sono stati presentati i Nuovi Tipi in data 8.5.2008 la motivazione conclude che nonostante il progetto originario prevedesse specificatamente la realizzazione di un fabbricato destinato anche all’esercizio di attività commerciali e di ristoro, nel corso della istruttoria la società controinteressata ha sostanzialmente rinunciato alla detta attività e sulla base dell’impegno in tal senso è stato rilasciato il permesso di costruire. Nonostante, pertanto, sia rimasto il fabbricato nella sua originaria estensione, nel rispetto degli indici di cui all’art. 11 della LR n. 8/2001, tuttavia lo stesso non può essere utilizzato ai fini commerciali e di ristoro. In tal modo si è ricondotta a legittimità una situazione che presentava invece profili evidenti di contrasto con la normativa di settore . Osserva il Collegio, dunque, che non è possibile fare derivare dal giudicato un vincolo ostativo all’apertura di un esercizio di somministrazione all’interno del distributore, poiché il relativo accertamento è scaturito dalla circostanza che, in quel determinato momento, il parere relativo al nulla osta ambientale si era formato in relazione ad un progetto che non prevedeva la somministrazione, ancorchè sussistenti locali ad essa astrattamente destinabili. La decisione, quindi, si limita ad una ricognizione della normativa in quel momento applicabile, per escluderne la violazione da parte del provvedimento impugnato e più precisamente dell’art. 10, co. 1 quater, della L.R. n. 8/2001 che vietava la realizzazione di qualsiasi volumetria con destinazione commerciale e/o di ristoro nell'ambito dell'impianto di distribuzione, localizzato in un'area assoggettata al vincolo paesaggistico ed ambientale più precisamente, la norma dispone che nelle zone e sottozone di cui al comma 1 bis la localizzazione degli impianti è limitata ai soli impianti di distribuzione di carburanti, con esclusione di eventuali attività commerciali e di ristoro. le dette zone di cui al comma 1 bis del medesimo articolo sono proprio le zone e sottozone del piano regolatore generale sottoposte a vincoli paesaggistici, ambientali o monumentali . Vero è che con la nota di cui al prot. n. 515 del 7.1.2008 richiamata in sentenza la società B.P. s.r.l. si limitava alla presa d’atto e ricognizione di ciò che in quel momento era ammissibile svolgere nell’impianto, senza rinuncia per il futuro e dunque non può considerarsi avvenuta alcuna rinuncia ma, sul punto, la sentenza si è limitata ad accertare il contenuto precettivo dell’atto impugnato, che è l’unico limite oggettivo che oggi si impone alle parti. In altri termini, l’amministrazione ha rilasciato il permesso di costruire sulla base di una dichiarazione della società dante causa della ricorrente implicante l’esclusione dall’impianto dell’attività di somministrazione, pure in origine inclusa nel progetto edilizio dell’impianto. Tuttavia, di tale limitazione non v’è corrispondente previsione nell’atto d’obbligo, con la conseguenza che non è consentito all’amministrazione di privare di effetti la Scia sulla base dei vincoli asseritamente discendenti non da un atto d’obbligo ma da una dichiarazione unilaterale che, solo di fatto, ha costituito il presupposto per il rilascio del titolo. Ne deriva che, essendo l’autorizzazione edilizia rilasciata a suo tempo per un fabbricato nel quale non si prevedeva un’attività di somministrazione, la SCIA con le quali l’odierna ricorrente ha attivato la somministrazione dovrà essere esaminata sulla base dei presupposti di legge vigenti al momento della presentazione, ivi incluso il presupposto oggettivo della regolarità urbanistica dell’immobile, ma senza poter fare riferimento ad impedimenti derivanti dal giudicato, che discende da una pronuncia che ha accertato la legittimità degli atti impugnati secondo la normativa rationae temporis vigente ed applicabile e sulla base dei presupposti procedimentali dell’atto impugnato a quel momento sussistenti. Dovendosi ancora pronunciare l’Amministrazione sul punto, resta impregiudicata la questione dell’attuale vigenza ed applicabilità alla fattispecie dell’art. 10, co. 1 quater, della L.R. n. 8/2001 e della disciplina più in generale applicabile che, pure, ha formato oggetto di approfondimenti da parte della BP, ma sui quali il Collegio non può pronunciarsi ostandovi l’art. 34 del c.p.a. poteri amministrativi ancora da esercitarsi . Il ricorso va dunque accolto nei limiti dapprima indicati, con salvezza di ogni motivata determinazione dell’Amministrazione da condursi con il rispetto delle garanzie di piena partecipazione degli interessati e, ove sussistenti, dei controinteressati. Le spese possono essere integralmente compensate tra le parti, avendo riguardo alla complessità della fattispecie. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda Ter , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in parte motiva, con salvezza di nuovi e motivati provvedimenti dell’Amministrazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.