Da posto auto ad autorimessa: è necessario il titolo edilizio

Da posto auto ad autorimessa è necessario il titolo edilizio, anche se non c'è aumento del carico urbanistico, a meno che diversamente disponga lo strumento urbanistico comunale.

Per la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che il Collegio ha deciso di condividere e fare propria anche per il caso specifico posto alla sua attenzione, occorre il titolo edilizio per la realizzazione di nuovi manufatti, quand’anche sotto il profilo civilistico essi si possano qualificare come pertinenze. Pertinenza urbanistica. La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia , ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica. Nell’ordinamento statale, infatti, vi è il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia o del titolo avente efficacia equivalente , quando si tratti di un ‘manufatto edilizio’ cfr. Sez. VI, n. 3952/2014 salva una diversa normativa regionale o comunale, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera, come una tettoia, che ne alteri la sagoma. Viceversa, il testo unico attribuisce rilevanza urbanistica ed edilizia alle pertinenze, ammettendo all’art. 3, comma 1, lett. e.6 che specifiche regole siano contenute nelle ‘norme tecniche degli strumenti urbanistici. Tuttavia, nel caso specifico, ha rilevato la Sezione, non è stato dedotto che una norma tecnica dello strumento urbanistico del comune abbia considerato irrilevanti le opere in questione sotto il profilo edilizio, sicché le deduzioni dell’appellante risultano infondate e vanno respinte.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 11 – 17 maggio 2017, n. 2348 Presidente/Estensore Maruotti Fatto e diritto 1. L’appellante è proprietario di un immobile sito nel territorio di Roma Capitale, alla via della Riserva Grande n. 239. 2. Con l’ordinanza n. 1205 del 13 giugno 2007, Roma Capitale ha emanato un’ordinanza di demolizione di opere realizzate abusivamente su tale immobile, consistenti nella realizzazione di un locale autorimessa, avente una superficie di circa 36 metri quadrati, dotato di una finestra e di una porta a due ante, con la chiusura di tre lati in muratura preesistenti. 3. Con il ricorso n. 9173 del 2007 proposto al TAR per il Lazio, Sede di Roma , l’appellante ha impugnato tale ordine di demolizione, chiedendone l’annullamento. 4. Il TAR, con la sentenza n. 13864 del 2015, ha respinto il ricorso ed ha condannato l’interessato al pagamento delle spese del giudizio. 5. Con l’appello in esame, l’interessato ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia accolto. Roma Capitale si è costituita in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto. All’udienza dell’11 maggio 2017, la causa è stata trattenuta per la decisione. 6. Con l’unico articolato motivo, l’appellante - ha dedotto che il manufatto realizzato dovrebbe essere qualificato come pertinenza, sicché per la sua realizzazione sarebbe stata sufficiente una autorizzazione, con la conseguente impossibilità di emanare l’ordine di demolizione - la struttura sanzionata era già destinata a posto auto , sicché – contrariamente a quanto ha rilevato la sentenza del TAR - non è aumentato il ‘carico urbanistico’. 7. Ritiene la Sezione che la censura così riassunta sia infondata e vada respinta. Per la giurisprudenza di questo Consiglio, che il Collegio condivide e fa propria cfr. Sez. VI, 13 marzo 2017, n. 1155 Sez. VI, 16 febbraio 2017, n. 694 , va rimarcato come occorra il titolo edilizio per la realizzazione di nuovi manufatti, quand’anche sotto il profilo civilistico essi si possano qualificare come pertinenze . La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica cfr. anche Cons. St., Sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 19 Sez. VI, 24 luglio 2014, n. 3952 Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817 Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615 . Nell’ordinamento statale, infatti, vi è il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia o del titolo avente efficacia equivalente , quando si tratti di un ‘manufatto edilizio’ cfr. Sez. VI, 24 luglio 2014, n. 3952 salva una diversa normativa regionale o comunale, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera, come una tettoia, che ne alteri la sagoma . Viceversa, il testo unico attribuisce rilevanza urbanistica ed edilizia alle pertinenze, ammettendo all’art. 3, comma 1, lett. e.6 che specifiche regole siano contenute nelle ‘norme tecniche degli strumenti urbanistici’ . Nel condividere tali considerazioni, osserva il Collegio che nel presente giudizio non è stato dedotto che una norma tecnica dello strumento urbanistico di Roma Capitale abbia considerato irrilevanti le opere in questione sotto il profilo edilizio, sicché le deduzioni dell’appellante risultano infondate e vanno respinte. 8. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto. La condanna al pagamento delle spese e degli onorari del secondo grado di giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta respinge l’appello n. 150 del 2017. Condanna l’appellante al pagamento di euro 5.000 cinquemila in favore della Amministrazione appellata, oltre oneri di legge, per spese ed onorari del secondo grado del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.