Anche il prefabbricato con le ruote richiede sempre un titolo edilizio

Non basta che la casa mobile sia ancorata al suolo in modalità precaria per essere affrancata dalla licenza edilizia. E' infatti l'uso effettivo e continuativo del manufatto a condizionare l'esigenza di un titolo comunale anche per una roulotte posizionata per anni su un terreno agricolo.

Lo ha chiarito il TAR Lombardia, sez. I, con la sentenza n. 2495 del 29 dicembre 2016. Il caso. Un cittadino ha posizionato sul suo campo una casa prefabbricata di rilevanti dimensioni senza richiedere alcuna autorizzazione al comune. Contro la conseguente ordinanza di demolizione adottata dal comune l'interessato ha proposto ricorso al collegio evidenziando la precarietà e la temporaneità del manufatto che non necessiterebbe pertanto di alcun permesso di costruire. Nulla di più sbagliato a parere del collegio. Il concetto di precarietà del manufatto è strettamente connesso alla funzione per cui lo stesso è stato realizzato. Non importano tanto le sue caratteristiche costruttive, specifica il tribunale amministrativo. Al fine di verificare se una determinata opera ha carattere precario, prosegue la sentenza, occorre verificare la destinazione funzionale e l'interesse finale al cui soddisfacimento essa è destinata pertanto, solo le opere agevolmente rimuovibili, funzionali a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea, destinata a cessare dopo il tempo, normalmente non lungo, entro cui si realizza l'interesse finale, possono dirsi di carattere precario e, in quanto tali, non richiedenti il permesso di costruire . In buona sostanza la precarietà di un'opera edilizia va valutata con riferimento non alle modalità costruttive, bensì alla funzione cui essa è destinata, con la conseguenza che non sono manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo . E' dunque legittima, conclude il TAR, l'ordinanza di demolizione di opere che, pur difettando del requisito dell'immobilizzazione rispetto al suolo cd. case mobili , consistano in una struttura destinata a dare un'utilità prolungata nel tempo, dovendo in tal caso escludersi la precarietà del manufatto, che ne giustificherebbe il non assoggettamento a concessione edilizia .

TAR Lombardia, sez. I, sentenza 14 – 29 dicembre 2016, n. 2495 Presidente De Zotti – Estensore Quadri Fatto e diritto Con il presente ricorso l’istante ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il Comune di Santo Stefano Ticino ha ingiunto allo stesso la demolizione di una casa-mobile di rilevanti dimensioni circa 135 metri quadri dallo stesso realizzata senza alcun titolo abilitativo su area in zona agricola di sua proprietà ricadente in parte in fascia di rispetto stradale e in parte sulla sede stradale stessa. A sostegno del proprio gravame l’istante ha dedotto, essenzialmente, la precarietà e temporaneità del manufatto realizzato, che non necessiterebbe, pertanto, di alcun permesso di costruire. Si è costituita l’Amministrazione intimata, che ha chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito. Successivamente il Comune di Santo Stefano Ticino ha prodotto una memoria a sostegno delle proprie difese. All’udienza pubblica del 14 dicembre 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione. Il ricorso è infondato. Ed invero, per giurisprudenza costante del giudice amministrativo, il concetto di precarietà del manufatto realizzato è strettamente connesso alla funzione che lo stesso è destinato a realizzare e non alle sue caratteristiche costruttive. E’ stato, in proposito, affermato che Al fine di verificare se una determinata opera ha carattere precario, che è condizione per l'accertamento della non necessarietà del rilascio della relativa concessione edilizia, occorre verificare la destinazione funzionale e l'interesse finale al cui soddisfacimento essa è destinata pertanto, solo le opere agevolmente rimuovibili, funzionali a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea, destinata a cessare dopo il tempo, normalmente non lungo, entro cui si realizza l'interesse finale, possono dirsi di carattere precario e, in quanto tali, non richiedenti il permesso di costruire infatti, la precarietà o non di un'opera edilizia va valutata con riferimento non alle modalità costruttive, bensì alla funzione cui essa è destinata, con la conseguenza che non sono manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante, ed è legittima l'ordinanza di demolizione di opere che, pur difettando del requisito dell'immobilizzazione rispetto al suolo cd. case mobili , consistano in una struttura destinata a dare un'utilità prolungata nel tempo, dovendo in tal caso escludersi la precarietà del manufatto, che ne giustificherebbe il non assoggettamento a concessione edilizia, posto che la stessa non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall'uso al quale il manufatto è destinato e va quindi valutata alla luce della obiettiva ed intrinseca destinazione naturale dell'opera, a nulla rilevando la temporanea destinazione data alla stessa dai proprietari” cfr. Cons. Stato, Sez. III, 12 settembre 2012, n. 4850 TAR Umbria, 7 agosto 2013, n. 434 . Nel caso di specie, la casa realizzata, di rilevanti dimensioni circa 135 metri quadri , pur se in astratto amovibile perché prefabbricata e rialzata a circa 70 centimetri mediante struttura in profilati di ferro ancorata alla casa mobile stessa, risulta esistente sull’area dal mese di ottobre del 2005, dunque da più di 11 anni cfr. il sopralluogo della Polizia Municipale di Santo Stefano Ticino del 18 ottobre 2016 . Ne risulta, dunque, la piena legittimità dell’operato dell’Amministrazione comunale, in considerazione dell’abusività del manufatto, perchè realizzato senza permesso di costruire e destinato alla funzione di dimora abituale da molti anni. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto. Sussistono, tuttavia, giusti motivi, in considerazione delle peculiarità della fattispecie, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.