Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei

Il Ministero dell'Interno applica alla lettera il proverbio e dispone la revoca del porto d'armi al padrino del figlio di un sorvegliato speciale.

Ciò in quanto sussistono senz’altro i presupposti per emanare il divieto disciplinato dall’art. 39 del testo unico approvato con il R.d. n. 773/1931, quando risulta che il titolare di una licenza di porto d’armi, anche per difesa personale, nel caso posto all'attenzione della Sezione titolare di un ristorante in provincia di Reggio Calabria frequenti pregiudicati. Il rilascio o il rinnovo di licenze di porto d’armi. Il Collegio, con la sentenza n. 4265/16 del 14 ottobre, ha, peraltro, precisato che chi chiede il rilascio o il rinnovo di licenze di porto d’armi, ovvero chi ha già ottenuto la licenza, deve dare pieno affidamento sulla sua buona condotta, oltre che sulla assenza di occasioni in cui altri possano usare la propria arma. Nel caso specifico, la Questura di Reggio Calabria, nella relazione posta a base degli atti impugnati in primo grado, aveva riferito specifiche circostanze di fatto obiettivamente rilevanti e significative nella realtà locale . Infatti, risultava incontestato il fatto che l’appellante abbia fatto da padrino al battesimo della figlia di un soggetto sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per quattro anni, e poi sottoposto a detenzione, e figlio di un esponente ‘di spicco’ di un clan la cui moglie peraltro era figlia di un soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale per cinque anni e condannato per reati in materia di sostanze stupefacenti. Ad avviso della Sezione, risulta ragionevole la valutazione della Questura e della Prefettura di attribuire rilievo al fatto che l’appellante abbia fatto da padrino al battesimo. Perchè se è ben vero che vi è l’assoluta libertà di intrattenere rapporti di ordine personale e di partecipare alle cerimonie religiose, è altrettanto vero che gli organi del Ministero dell’Interno ben possono ritenere che – specie in determinate realtà locali - la cerimonia del battesimo conseguente alla frequentazione e a sua volta rafforzativa del relativo legame tra chi vi partecipa vada considerata incompatibile, per ragioni precauzionali, con la titolarità di licenze di porto d’armi per chi in tal modo abbia dimostrato di frequentare ambienti nei quali non si possa escludere che vi sia l’uso indebito delle armi. In altri termini, chi intende continuare a mantenere i requisiti necessari per ottenere le licenze di porto d’armi deve evitare la frequentazione di persone che abbiano contatti con la criminalità una tale frequentazione è di per sé lecita, ma può allarmare gli organi del Ministero dell’Interno, che possono conseguentemente emanare le misure più appropriate per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Con sentenza n. 4263 di pari data, il Consiglio di Stato ha dichiarato peraltro la legittimità del provvedimento della Prefettura di Reggio Emilia con il quale è stato disposto il divieto di detenere armi e munizioni, in applicazione dell’art. 39 del testo unico n. 773/2016, al soggetto dalla moglie da cui si era separato, poiché era stata presentata nei suoi confronti una querela per minacce.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 29 settembre – 14 ottobre 2016, n. 4263 Presidente/Estensore Maruotti Fatto e diritto 1. Con atto del 25 marzo 2015, la Prefettura di Reggio Emilia ha emanato nei confronti dell’appellato un divieto di detenere armi e munizioni, in applicazione dell’art. 39 del testo unico n. 773 del 2016, poiché è stata presentata nei suoi confronti una querela per minacce dalla moglie da cui si è separato. 2. Col ricorso di primo grado n. omissis -proposto al TAR per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma , l’interessato ha impugnato l’atto del 25 marzo 2015, chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere. 3. Il TAR ha accolto il ricorso, rilevando che non è inusuale che, soprattutto durante le prime fasi di una crisi che poi sfocia nella separazione, i coniugi siano solito querelarsi, ed allora va vagliata la situazione complessiva per valutare se la situazione di crisi sia di tale natura da richiedere un cautelare ritiro delle armi che poi sfoci in una revoca nel caso di specie si è dato rilievo ad una frase riportata da una querela senza tener conto che tra i coniugi è stato trovato un ragionevole assetto di interessi il provvedimento emesso il 25 marzo 2015 si è limitato a dare atto dell’esistenza di una querela per minacce e a riportare una massima giurisprudenziale piuttosto datata . 4. Con l’appello in esame, il Ministero dell’Interno ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia respinto. Il Ministero appellante ha richiamato la giurisprudenza sull’ambito della discrezionalità amministrativa nel valutare i fatti ha evidenziato che la relazione dei Carabinieri di omissis aveva segnalato una situazione ‘potenzialmente esplosiva’ tra i coniugi ha precisato che la querela – richiamata nell’atto impugnato – è stata presentata il 12 marzo 2015, successivamente all’accordo di separazione consensuale firmato il 3 febbraio 2015, sicché non si può ragionevolmente affermare che il Prefetto avrebbe dovuto tener conto di un sostanziale superamento delle ‘problematiche domestiche’. 5. L’appellato si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto. Egli, nella propria memoria difensiva, ha ricostruito le vicende che hanno condotto alla separazione ed ha dedotto che la sentenza impugnata si è basata su un ragionamento ineccepibile. 6. All’udienza del 29 settembre 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione. 7. Ritiene la Sezione che l’appello del Ministero dell’Interno sia fondato e vada accolto. 7.1. Per comodità di lettura, va riportato il contenuto degli articoli 11, 39 e 43 del testo unico n. 773 del 1931. L’art. 11 dispone che Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate 1 a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione 2 a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza. Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta. Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione . L’art. 39 dispone che Il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne . L’art. 43 dispone che oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi a a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione b a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico c a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi. La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi . Da tale quadro normativo, emerge che il legislatore ha individuato i casi in cui l’Autorità amministrativa è titolare di poteri strettamente vincolati ai sensi dell’art. 11, primo comma e terzo comma, prima parte, e dell’art. 43, primo comma, che impongono il divieto di rilascio di autorizzazioni di polizia ovvero il loro ritiro e quelli in cui, invece, è titolare di poteri discrezionali ai sensi dell’art. 11, secondo comma e terzo comma, seconda parte, e dell’art. 39 e 43, secondo comma . In relazione all’esercizio dei relativi poteri discrezionali, l’art. 39 attribuisce alla Prefettura il potere di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti a chi chieda il rilascio di una autorizzazione di polizia o ne sia titolare, quando sia riscontrabile una capacità di abusarne , mentre l’art. 43 consente alla competente autorità – in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi di valutare non solo tale capacità di abuso, ma anche – in alternativa l’assenza di una buona condotta, per la commissione di fatti, pure se estranei alla gestione delle armi, munizioni e materie esplodenti, ma che comunque non rendano meritevoli di ottenere o di mantenere la licenza di polizia non occorrendo al riguardo un giudizio di pericolosità sociale dell’interessato Cons. Stato, Sez. III, 24 agosto 2016, n. 3687 Sez. III, 7 marzo 2016, n. 922 Sez. III, 1° agosto 2014, n. 4121 Sez. III, 12 giugno 2014, n. 2987 . 7.2. Nella specie, la Prefettura di Reggio Emilia ha disposto il divieto di detenere armi e munizioni in applicazione dell’art. 39 e, dunque, esercitando un potere discrezionale, e – dopo aver richiamato il contenuto della querela della moglie, avente per oggetto le minacce ha ritenuto che il clima instauratosi fra i coniugi non offre la dovuta sicurezza circa l’uso equilibrato delle armi ed è opportuno, per ragioni di cautela e prudenza, disporre il divieto di detenzione armi . Ritiene la Sezione che, in considerazione delle circostanze emerse nel corso del procedimento amministrativo, il provvedimento della Prefettura impugnato in primo grado sia adeguatamente motivato e non sia affetto dai vari profili di eccesso di potere, dedotti dall’appellato. Allorquando vengano a conoscenza della formulazione di minacce da parte di un titolare di una licenza di porto d’armi, gli organi del Ministero dell’Interno – anche quando si tratti di una fase di ‘crisi della coppia’ ben possono valutare se sussistano i presupposti per emanare il divieto di detenere armi e munizioni, ai sensi dell’art. 39 del testo unico, specie se tali minacce si inseriscono in un contesto tale da poter far temere che la situazione possa degenerare. Nella specie, come ha correttamente evidenziato l’atto d’appello, la crisi e la situazione di tensione – anche per come esposta dalla relazione del Comando Stazione Carabinieri di -OMISSIS non potevano essere considerate superate a seguito della conclusione dell’accordo di separazione, poiché la querela è stata presentata successivamente, con la rappresentazione dei fatti che, dunque, correttamente il Prefetto ha inserito in una situazione di perdurante contrasto. 7.3. Al riguardo, ritiene la Sezione – similmente a quanto ritenuto in casi simili che è di per sé ragionevole – e comunque insindacabile nella sede della giurisdizione di legittimità la scelta dell’Amministrazione di prevenire che la situazione possa degenerare Sez. III, 10 agosto 2016, n. 3603 , vietando la detenzione di armi e munizioni nei confronti di chi abbia formulato minacce Sez. III, 10 agosto 2016, n. 3515 Sez. III, 5 luglio 2016, n. 2990 Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1727 e n. 1703 , anche in assenza del contestuale uso di armi Sez. III, 25 agosto 2016, n. 3693 . 8. Per le ragioni che precedono, l’appello nel suo complesso va accolto, sicché, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va respinto. La condanna al pagamento delle spese e degli onorari dei due gradi del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza accoglie l’appello n. 3368 del 2016 e, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado n. 261 del 2015. Condanna l’appellato al pagamento di euro 1.500 millecinquecento in favore del Ministero dell’Interno per spese ed onorari dei due gradi del giudizio, di cui euro 500 per il primo grado ed euro 1.000 per il secondo grado. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 29 settembre – 14 ottobre 2016, n. 4265 Presidente/Estensore Maruotti 1. Con l’atto n. - omissis - del 9 agosto 2010, emanato ai sensi dell’art. 39 del testo unico di pubblica sicurezza, il Prefetto di Reggio Calabra ha vietato all’appellante di detenere armi e munizioni. Col successivo atto del 30 agosto 2010, il Prefetto ha altresì disposto la revoca della licenza di porto di pistola per difesa personale. 2. Col ricorso di primo grado - omissis - proposto al TAR per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria , l’interessato ha impugnato tali atti, chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere. Il TAR, con la sentenza n. - omissis - del 2015, ha respinto il ricorso ed ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio. 3. Con l’appello in esame, l’interessato ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado sia accolto. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto. All’udienza del 29 settembre 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione. 4. Col proprio gravame, l’appellante – nel rimarcare che è un imprenditore commerciale nel settore della ristorazione – ha richiamato i fatti ed ha riportato il contenuto del ricorso di primo grado v. pp. 1-17 , ha riproposto le censure di eccesso di potere già dedotte, contestando la rilevanza dei fatti posti a base degli atti impugnati del Prefetto v. pp. 17-18 , ed ha lamentato che il TAR non ha esaminato la censura di violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990. 5. Ritiene la Sezione che l’appello sia infondato e vada respinto, pur se va in parte integrata la motivazione della sentenza impugnata. 5.1. Per comodità di lettura, va riportato il contenuto degli articoli 11, 39 e 43 del testo unico n. 773 del 1931. L’art. 11 dispone che Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate 1 a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione 2 a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza. Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta. Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione . L’art. 39 dispone che Il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne . L’art. 43 dispone che oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi a a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione b a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico c a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi. La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi . Da tale quadro normativo, emerge che il legislatore ha individuato i casi in cui l’Autorità amministrativa è titolare di poteri strettamente vincolati ai sensi dell’art. 11, primo comma e terzo comma, prima parte, e dell’art. 43, primo comma, che impongono il divieto di rilascio di autorizzazioni di polizia ovvero il loro ritiro e quelli in cui, invece, è titolare di poteri discrezionali ai sensi dell’art. 11, secondo comma e terzo comma, seconda parte, e dell’art. 39 e 43, secondo comma . In relazione all’esercizio dei relativi poteri discrezionali, l’art. 39 attribuisce alla Prefettura il potere di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti a chi chieda il rilascio di una autorizzazione di polizia o ne sia titolare, quando sia riscontrabile una capacità di abusarne , mentre l’art. 43 consente alla competente autorità – in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi - di valutare non solo tale capacità di abuso, ma anche – in alternativa - l’assenza di una buona condotta, per la commissione di fatti, pure se estranei alla gestione delle armi, munizioni e materie esplodenti, ma che comunque non rendano meritevoli di ottenere o di mantenere la licenza di polizia non occorrendo al riguardo un giudizio di pericolosità sociale dell’interessato Cons. Stato, Sez. III, 1° agosto 2014, n. 4121 Sez. III, 12 giugno 2014, n. 2987 . 5.2. Nella specie, ritiene la Sezione che il provvedimento impugnato in primo grado non sia affetto dai vizi di eccesso di potere dedotti dall’appellante. Come ha correttamente osservato la sentenza impugnata, sussistono senz’altro i presupposti per emanare il divieto disciplinato dall’art. 39 del testo unico approvato col r.d. n. 773 del 1931, quando risulta che il titolare di una licenza di porto d’armi, anche per difesa personale, frequenti pregiudicati. Come ha più volte rilevato questa Sezione, una tale valutazione risulta di per sé ragionevole, perché per una buona regola di prudenza è bene evitare che soggetti titolari di licenze di porto d’armi frequentino pregiudicati Cons. Stato, Sez. III, 10 agosto 2016, n. 3612 e n. 3602 , poiché chi chiede il rilascio o il rinnovo di licenze di porto d’armi, ovvero chi ha già ottenuto la licenza, deve dare pieno affidamento sulla sua buona condotta, oltre che sulla assenza di occasioni in cui altri possano usare la propria arma. 5.3. D’altra parte, la Questura di Reggio Calabria, nella relazione posta a base degli atti impugnati in primo grado, ha riferito specifiche circostanze di fatto obiettivamente rilevanti e significative nella realtà locale , che ad avviso della Sezione hanno giustificato l’impugnazione dei contestati provvedimenti, orientati ragionevolmente verso valutazioni rigorose, anche sulla sussistenza dei presupposti tali da far ravvisare la completa affidabilità del richiedente Sez. III, 6 giugno 2016, n. 2406 . Infatti, risulta incontestato il fatto che l’appellante abbia fatto da padrino al battesimo della figlia del signor - omissis - sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per quattro anni, e poi sottoposto a detenzione, e figlio di un esponente ‘di spicco’ di un clan e della signora - omissis - figlia di un soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale per cinque anni e condannato per reati in materia di sostanze stupefacenti . Ad avviso della Sezione, risulta ragionevole la valutazione della Questura e della Prefettura di attribuire rilievo al fatto che l’appellante abbia fatto da padrino al battesimo è ben vero che vi è l’assoluta libertà di intrattenere rapporti di ordine personale e di partecipare alle cerimonie religiose, ma è altrettanto vero che gli organi del Ministero dell’Interno ben possono ritenere che – specie in determinate realtà locali - la cerimonia del battesimo conseguente alla frequentazione e a sua volta rafforzativa del relativo legame tra chi vi partecipa vada considerata incompatibile, per ragioni precauzionali, con la titolarità di licenze di porto d’armi per chi in tal modo abbia dimostrato di frequentare ambienti nei quali non si possa escludere che vi sia l’uso indebito delle armi. In altri termini, chi intende continuare a mantenere i requisiti necessari per ottenere le licenze di porto d’armi deve evitare la frequentazione di persone che abbiano contatti con la criminalità una tale frequentazione è di per sé lecita, ma può allarmare gli organi del Ministero dell’Interno, che possono conseguentemente emanare le misure più appropriate per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. 5.4. Quanto alla censura di violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 effettivamente non esaminata dal TAR , essa risulta infondata e va respinta. Il provvedimento del Prefetto di data 9 agosto 2010 ha specificamente rilevato la sussistenza di ragioni di urgenza, poste a base della ‘celere’ sua emanazione una tale valutazione sull’urgenza ha costituito una ulteriore espressione della discrezionalità dell’Amministrazione, di per sé non contestata e che nella specie si è basata su una adeguata motivazione, conforme al canone della ragionevolezza in tal senso, v. anche Cons. Stato, Sez. III, 6 giugno 2016, n. 2407 . 6. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto. La condanna al pagamento delle spese e degli onorari del secondo grado del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza respinge l’appello n. 3797 del 2016. Condanna l’appellante al pagamento di euro 1.000 mille in favore del Ministero dell’Interno, per spese ed onorari del secondo grado del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.