Sì al riparto della quota degli onorari anche per le “avvocatesse” civiche in maternità

L’art. 12 d.p.c.m. 29 febbraio 1972, nella parte in cui esclude dal riparto della quota degli onorari gli avvocati ed i procuratori di Stato in congedo per maternità, deve essere disapplicato perché contrario a norme interne e dell’UE sulla tutela delle lavoratrici madri gli avvocati e i procuratori dello Stato hanno diritto a tutte le competenze spettanti loro ai sensi della norma citata e maturate a titolo di onorari di causa ex art. 21 r.d. n. 1611/1933 durante i periodi di astensione obbligatoria per gravidanza e puerperio, secondo la normativa vigente pro tempore.

È quanto sancito dal Tar Lazio sez. I con la sentenza numero 10048 depositata il 5 ottobre 2016. Il caso. Un gruppo di donne, tutte Avvocati dello Stato con diverse decorrenze e relative classi stipendiali asserivano di aver usufruito di un periodo di astensione obbligatoria per maternità ai sensi dell’articolo 41 d.P.R. numero 3/1957, godendo dell’intero trattamento economico, comprensivo dell’indennità ex articolo 2 l. numero 425/1984, ma con esclusione dalla partecipazione al riparto delle competenze di cui all’articolo 21 r.d. numero 1611/1933, pur risultando in detti periodi assegnatarie di numerosi affari, con significativo aumento del carico di lavoro complessivo . L’Avvocatura di Stato aveva infatti comunicato loro la posizione economica dei colleghi di pari classe stipendiale comprensiva della quota di riparto, specificando che il mancato saldo era dovuto all’applicazione dell’articolo 12 d.p.c.m. del 29 febbraio 1972, in cui era stabilito che il diritto al riparto era escluso in tutti i casi di collocamento in aspettativa e in congedo straordinario, facendo salvi solo quelli ex articolo 37, 2 comma, T.U. numero 3/1957 cit., tra i quali non era ricompresa la maternità” . Le ricorrenti chiedevano la declaratoria del loro diritto ad ottenere anche le somme contestate spettanti per i periodi di astensione per maternità, dato che questa esclusione, in estrema sintesi, contrasterebbe con una pluralità di norme interne articolo 37 Cost., articolo 9 l. numero 114/2014, d.lgs. numero 151/2001, l. numero 53/2000, circolare INPS numero 6/2014 e circolare del Presidente del Consiglio dei Ministri numero 14/2000 e dell’UE articolo 157 TFUE, artt. 9,14,15 direttiva 2006/54/CE e articolo 23 della Carta di Nizza volte a tutelare la maternità e le pari opportunità tra i lavoratori. Si noti come questi diritti siano tutelati anche dagli artt. 8 e 20 della Carta sociale europea. Il Tar ha accolto il ricorso. Quadro normativo. Come anticipato, l’articolo 21, commi 1 e 2 da ultimo modificati dall’articolo 43, comma 1, l. numero 69/2009 stabilisce i criteri di riparto degli onorari tra gli avvocati di Stato impiegati presso l’Avvocatura generale e presso quelle distrettuali. L’articolo 41 d.P.R. numero 3/1997 impone la tutela prevista per le lavoratrici madri a tutte le impiegate che si trovino in stato di gravidanza e di puerperio, chiarendo che hanno diritto al pagamento di tutti gli assegni, escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario . I periodi di astensione ante e/o post parto sono considerati congedi straordinari. Gli artt. 1, 16 e 20 d.lgs. numero 151/2001 T.U. sulla tutela ed il sostegno alla maternità ed alla paternità, ex articolo 15 l. numero 53/2000 , nell’ambito di più ampie tutela della maternità e della salute della gestante e del nascituro, prevedono un periodo facoltativo di astensione dal lavoro 1 mese prima del parto e 4 dopo . Sono consentite deroghe a queste garanzie solo se più favorevoli e stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione. A queste, devono aggiungersi le norme di ordine generale” di cui all’articolo 37 Cost. nonché all’articolo 2099 c.c. sulle modalità di retribuzione del prestatore di lavoro e all’articolo 37 d.P.R. numero 3/1957 sul congedo straordinario” , a cui affiancare quelle di rango sovranazionale”, quali l’articolo 157 del TFUE, l’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali della U.E. Carta di Nizza, nda e la direttiva 2006/54/CE, laddove orientata a sancire il principio di parità di trattamento e protezione della condizione biologica della donna durante la gravidanza e la maternità e il divieto di ogni discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso articolo 4 e, più specificamente, dell’interruzione del mantenimento o dell’acquisizione di diritti durante i periodi di congedo per maternità articolo 9, par. 1, lett. f . In breve, la posizione di queste lavoratrici madri rientra nei diritti soggettivi e l’esclusione non è dettata da norme primarie, di ordine nazionale o sovrannazionale, ma da norme secondarie come l’articolo 12 d.p.c.m. del 29 febbraio 1972 recante il Regolamento per la riscossione, da parte dell'Avvocatura dello Stato, degli onorari e delle competenze di spettanza e per la relativa ripartizione . Casi di esclusione previsti per legge. Sono esclusi dal riparto ex articolo 12 chi è fuori ruolo, abbandona o non rientra al lavoro, chi è sospeso dallo stipendio o se lo vede ridotto per tutta la durata di questa misura , chi è in aspettativa, a disposizione, in disponibilità o in congedo straordinario, esclusi i casi previsti dall'artt. 37 , 67 e 68 d.P.R. numero 3/1957. Questi ultimi due casi riguardano il richiamo alle armi e l’infermità di servizio, mentre l’articolo 37 disciplina i casi di congedo straordinario matrimonio, sostenere esami e, qualora trattisi di mutilato o invalido di guerra o per servizio, debba attendere alle cure richieste dallo stato di invalidità . Infine si perde il diritto al riparto allorché sia stata comminata la destituzione o dichiarata la decadenza ovvero la dispensa per scarso rendimento del dipendente. Orbene nessuna di queste ipotesi contempla l’astensione per la maternità. In breve questo divieto trova una deroga in tutti i casi in cui il congedo straordinario opera di diritto, ossia è sottratto alla discrezionalità della PA. È palesemente irrazionale mettere sullo stesso piano, per quanto attiene al rifiuto di tali somme, situazioni cui è riconosciuta un’ampia tutela, anche internazionale, come la maternità, con altre in cui il rifiuto è conseguenza di situazioni negative/punitive come il licenziamento, lo scarso rendimento, la decadenza etc. L’astensione per la maternità è un congedo straordinario di diritto. Un’esegesi costituzionalmente orientata di queste norme impone di considerare l’astensione per gravidanza e puerperio come obbligatoria e di equipararla a tutti gli altri casi di congedo straordinario di diritto, riconoscendo la parità della corresponsione degli emolumenti, anche se in presenza di rapporto di lavoro pubblico non contrattualizzato”, come nel caso di specie . La prassi costante equipara l’astensione facoltativa ex articolo 41 d.P.R. numero 3/1957 al congedo straordinario e chiarisce che rientrando tra gli interessi legittimi del dipendente esula dalla discrezionalità della PA e, più precisamente verte su diritti soggettivi valutabili in un quadro di giurisdizione esclusiva del g.a. Corte dei Conti, sez. Contr., numero 1933/88 Tar Lazio numero 285/87, numero 4984/07 e Cons. Stato numero 8654/10 . Principio di non discriminazione. Infine, è sancito non solo dalle sopra citate norme, anche europee, ma è espressamente prevista dalla circolare del Presidente del Consiglio dei Ministri 14/00 punto 4.1 la corresponsione per tutte le lavoratrici-madri” e per il periodo di astensione obbligatoria il diritto all’intera retribuzione fissa mensile nonché al relativo trattamento accessorio” , essendo irrilevante che si riferisca a lavoratrici contrattualizzate. Come detto il principio contempla la par condicio di tutte le lavoratrici madri. Non è invocabile la limitazione del riconoscimento del riparto solo ai legali presenti in ufficio l’articolo 37 lo attribuisce anche ai dipendenti che non sono al lavoro. Si noti che alle ricorrenti, anche durante l’astensione, erano stati assegnati affari, pur se da trattare successivamente, sì che de facto erano considerate in servizio. Per esempio agli avvocati in ferie è ugualmente riconosciuto il diritto al riparto della c.d. propine. Ciò conferma come l’esclusione del riparto delle ricorrenti sia illogica e discriminatoria e che, perciò, spetta loro lo stesso trattamento previsto per i colleghi della stessa fascia stipendiale comprensivo di questa quota degli onorari. Essendo quella dell’avvocato civico una peculiare figura professionale, la liquidazione degli emolumenti segue una propria normativa speciale una quota fissa data dallo stipendio statale ed una variabile regolata dalle tariffe forensi. Viste anche le polemiche sulle decurtazioni di queste ultime l. numero 114/2014 non si può affermare che le donne abbiano già subito un trattamento più favorevole rispetto ad altre dipendenti pubbliche. Prescrizione delle somme relative alla quota di riparto. Essendo questo un credito da lavoro la prescrizione non è quinquennale, come eccepito dalla difesa erariale, ma decennale è la PA che deve calcolare e liquidare tali somme con apposito atto formale Cons. di Stato sent. numero 1792/2016 e numero 2232/2007 . Trattandosi di lavoro pubblico non ci sarà cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria articolo 22, comma 36, l. numero 724/1994 sarà dovuta con la maggiore somma tra rivalutazione e interessi legali da calcolare al netto delle ritenute contributive e fiscali Cons. di Stato sent. numero 3254/2015 . Vista la complessità del calcolo della somma da liquidare alle ricorrenti, il Tar sancisce che le parti dovranno trovare, ex articolo 34, comma 4, c.p.a., un accordo sul punto e se non dovessero riuscirci potranno ricorrere ai rimedi previsti da questa norma.

Tar Lazio, Sez. I, sentenza 20 luglio – 5 ottobre 2016, n. 10048 Presidente Volpe – Estensore Correale Fatto Con gravame avanti a questo Tribunale, ritualmente notificato anche a un soggetto controinteressato e depositato, le quattro ricorrenti, tutte Avvocati dello Stato con diverse decorrenze e relative classi stipendiali ivi indicate, evidenziavano di aver usufruito di periodi di astensione obbligatoria per maternità”, ai sensi dell’articolo 41 del d.p.r. n. 3/1957, con godimento dell’intero trattamento economico, compresa l’indennità di cui all’articolo 2 della L. 6.8.1984 n. 425, ma con esclusione dalla partecipazione al riparto delle competenze di cui all’articolo 21 del R.D. 30.10.1933 n. 1611, pur risultando in detti periodi assegnatarie di numerosi affari, con significativo aumento del carico di lavoro complessivo. Specificavano, inoltre, di aver conosciuto – tramite corrispondenza con l’Avvocatura Generale dello Stato – i compensi goduti dai colleghi in servizio nella medesima classe stipendiale, comprensivi del suddetto riparto”, e di aver preso atto di nota del Segretario Generale in cui si specificava che la mancata elargizione era dovuta all’applicazione dell’articolo 12 del d.p.c.m. 29.2.1972 in cui era stabilito che il diritto al riparto era escluso in tutti i casi di collocamento in aspettativa e in congedo straordinario, facendo salvi solo quelli ex articolo 37, 2 co., T.U. n. 3/57 cit., tra i quali non era ricompresa la maternità”. Riportando la disposizione di cui all’articolo 21 r.d. n. 1611/1933 cit., le ricorrenti proponevano nella sostanza una domanda di accertamento, previa adozione di misure cautelari, del loro diritto ad ottenere ugualmente l’integrale riparto, evidenziandone la piena natura retributiva”, secondo la relativa nozione onnicomprensiva” di cui all’articolo 2099 c.c., come confermata espressamente anche dal legislatore con l’articolo 9 d.l. n. 90/2014, conv. in l. n. 114/2014 e con l’articolo 157 del T.F.U.E. - dei quali era riportato il testo per la parte di interesse - nonché ai sensi della Circolare I.N.P.S. n. 6 del 16.1.14, pure riportata. Richiamando, poi, la normativa speciale a sostegno e tutela della maternità e paternità, riconducibile al d.lgs. n. 151/2001, il cui articolo 1, nello specifico, prevede che il trattamento economico che compete alla donna in congedo obbligatorio per maternità è derogabile solo per effetto di norme di maggior favore, le ricorrenti affermavano che in tale trattamento doveva essere ricompreso l’articolo 41 del T.U. n. 3/57, che assicura alla gestante tutti gli assegni”, specie quando, come quello corrispondente al riparto in questione, hanno certamente natura retributiva, e ciò anche al fine di dare concreta attuazione al principio fondamentale di parità tra generi, ai sensi dell’articolo 37 Cost. nonché delle disposizioni ultranazionali di cui all’articolo 157 T.F.U.E, all’articolo 23 della Carta dei Diritti Fondamentali U.E. e alla direttiva 2006/54/CE, al fine di assicurare alla lavoratrice gestante e madre una situazione di effettiva parità in materia di occupazione, lavoro e retribuzione. La stessa direttiva in questione, poi, all’articolo 9, indicava tra gli esempi di discriminazione proprio l’interrompere il mantenimento o l’acquisizione dei diritti durante i periodi di congedo per maternità. Premesso ciò, le ricorrenti precisavano che l’omessa corresponsione del riparto” in questione era quindi dipesa da una errata interpretazione dell’articolo 12 del Regolamento per la riscossione, da parte dell’Avvocatura dello Stato, degli onorari e delle competenze di spettanza e per la relativa ripartizione” approvato con il richiamato d.p.c.m. del 29.2.1972, nella parte in cui prevedeva che Non si ha, inoltre, diritto a riparto per tutto il tempo trascorso in aspettativa, a disposizione, in disponibilità o in congedo straordinario, esclusi i casi previsti dall’articolo 37, secondo comma del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3”. Per le ricorrenti, la situazione di congedo straordinario considerata dall’articolo 12 quale causa di esclusione dal diritto a concorrere al riparto non poteva essere quella di astensione obbligatoria per maternità e puerperio, secondo i principi sopra richiamati, ma unicamente quella di congedo facoltativo, caratterizzato dall’essere fondato su gravi motivi”, quindi non predeterminati dal legislatore, dall’essere assentibile discrezionalmente” dall’Amministrazione, con conseguente posizione soggettiva di interesse legittimo dell’interessato e non di diritto soggettivo, dall’essere una forma di tutela ulteriore” se chiesto dalla lavoratrice come misura ulteriore rispetto al congedo obbligatorio per maternità”, dall’essere collegato a trattamento economico deteriore disposto dallo stesso legislatore, ai sensi dell’articolo 40 T.U. cit. Il congedo obbligatorio per gravidanza e puerperio, invece – illustravano le ricorrenti – a è concesso solo in ipotesi di maternità e puerperio b costituisce un diritto irrinunciabile per la puerpera, sottratto a qualunque valutazione discrezionale da parte della P.A., alla quale è fatto espresso divieto di adibire la donna al lavoro c è concesso solo ‘una tantum’, in ragione dell’accertata sussistenza dei presupposti di legge e per un periodo minimo e massimo legislativamente predefinito periodo compreso tra i due mesi antecedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi alla data del parto stesso d costituisce la tutela minima e irrinunciabile di ogni lavoratrice dipendente che si trovi in prossimità del parto e è soggetto pertanto a un trattamento economico di maggior favore rispetto a qualsivoglia forma di congedo, ivi compresa la malattia, competendo alla donna in congedo obbligatorio ‘tutti gli assegni, escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario’ senza decurtazione alcuna”. L’interpretazione dell’articolo 12 come proposta dalle ricorrenti, secondo la loro ricostruzione, era avvalorata anche dalla ratio” della l. n. 53/2000, recante disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, come propugnata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Organo da cui dipende la stessa Avvocatura dello Stato, nella Circolare n. 14 del 16.11.2000, la quale - sul punto - precisa che le lavoratrici madri, durante tutto il periodo di astensione obbligatoria dall’impiego, in applicazione dei contratti collettivi, hanno diritto all’intera retribuzione fissa mensile, nonché al relativo trattamento accessorio.” Tali principi erano poi confermati nel richiamato d.lgs. n. 151/2001 Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità , ai relativi artt. 2 e 23, comma 2, ove è presente il riferimento ai trattamenti accessori” su precisa richiesta del Consiglio di Stato e della Commissione Lavoro pubblico e privato, trattamenti accessori tra cui devono essere ricompresi anche gli onorari e le competenze spettanti agli Avvocati e Procuratori dello Stato, che anche ai fini fiscali e contributivi vengono ritenuti redditi da lavoro dipendente. Ogni diversa conclusione, pertanto, coincidente con l’interpretazione dell’articolo 12 cit. richiamata dall’Avvocatura dello Stato, perverrebbe alla conseguenza di sanzionare, anziché tutelare, la gravidanza, parificandola illogicamente alle altre ipotesi di esclusione dal diritto a parte della retribuzione abbandono dell’Ufficio senza giustificato motivo, destituzione, decadenza, dispensa dal servizio per scarso rendimento , certamente non assimilabili a quella in discussione. E ciò con l’aggravante che tale esegesi tratterebbe in modo deteriore l’ipotesi di congedo obbligatorio per maternità, a cui la legge invece riserva un trattamento economico di maggior favore tutti gli assegni”, senza alcuna decurtazione , rispetto alle ipotesi di congedo per matrimonio o per esami, soggetti invece alla disciplina di cui all’articolo 40 d.p.r. 3/57, cit. e alle relative decurtazioni. Nel caso di specie, quindi, si profilerebbe un’ipotesi di contrasto del Regolamento, che esclude il diritto ad una parte della retribuzione durante la gravidanza, con la Legge, che invece tale diritto riconosce e assicura, differenziando e privilegiando l’ipotesi del congedo obbligatorio per maternità da ogni altra ipotesi di congedo e assenza, ivi compresa la malattia. Peraltro, aggiungevano le ricorrenti, l’interpretazione secondo la quale l’articolo 12 del Regolamento si riferisce anche al congedo straordinario per gravidanza, ne comporterebbe l’inevitabile disapplicazione. Il Regolamento, infatti, pur se avente natura sostanzialmente” normativa, non può, per il principio di gerarchia delle fonti, porsi in contrasto con norme di rango superiore e la necessità di disapplicare la disposizione regolamentare in aperto contrasto con la norma primaria è peraltro senza alcun dubbio doverosa anche per il giudice amministrativo, vertendosi in materia di giurisdizione esclusiva, ed essendo la spettanza delle competenze per cui è causa un vero e proprio diritto soggettivo, secondo soluzioni assolutamente pacifiche e convincenti alle quali è pervenuta la giurisprudenza. La contestata interpretazione, inoltre, si poneva anche in contrasto con il diritto comunitario, ai sensi della su richiamata direttiva 2006/54/CE artt. 9, 14 e 15 . Le ricorrenti, in subordine, evidenziavano infatti che, ove si dovesse ritenere che il riferimento contenuto dall’articolo 41 T.U. n. 3/57 a tutti gli assegni” fosse da intendersi come a tutti gli assegni escluse le competenze di cui all’art 21 del R.D. n. 1611/33”, e il disposto di cui all’articolo 23 del t.u. della maternità come riferibile a tutti i premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati alla lavoratrice”, ma con l’esclusione degli onorari di causa, si imponeva anche un’interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientata delle prefate disposizioni, ovvero, in via gradata, la rimessione di tale questione alla Corte Costituzionale e/o alla Corte di Giustizia UE, per evidente contrasto, oltre che con il principio di ragionevolezza, con i puntuali riferimenti normativi e costituzionali prima richiamati. Le ricorrenti precisavano ulteriormente che i compensi in questione non riguardavano prestazioni di lavoro straordinario, che ovviamente non avevano potuto compiere durante il periodo di astensione obbligatoria, sebbene destinatarie di assegnazioni che avevano incrementato il carico di lavoro rendendo non irrilevante, ai fini della prestazione lavorativa, l’assenza dal servizio come invece avviene in ipotesi di collocamento fuori ruolo”, in cui non solo non vengono assegnati nuovi affari, ma vengono riassegnati agli altri colleghi gli affari già in carico . Anzi, il fatto che le ricorrenti potevano essere - ed erano state - destinatarie di assegnazioni anche durante tale periodo di congedo obbligatorio”, dimostrava non solo la ingiustificata e illogica differenza rispetto al trattamento economico dei fuori ruolo”, ma anche l’inesistenza di un nesso di corrispettività non solo tra gli onorari e il lavoro, ma anche tra gli onorari e le assegnazioni degli affari. Infatti, quanto alle modalità di percezione, le ricorrenti precisavano che gli onorari sono liquidati avendo riguardo alle somme effettivamente recuperate dalle Amministrazioni spese compensate o dai privati spese vinte , all’esito di un complesso procedimento che può essere attivato quadrimestralmente solo dopo che il titolo su cui si fonda il recupero è divenuto irretrattabile” articolo 5 d.p.c.m. cit. . Ciò sta a significare che il compenso percepito non dipende dal lavoro svolto dai Procuratori e dagli Avvocati dello Stato in servizio” durante il quadrimestre - il che potrebbe eventualmente giustificare un’esclusione dal riparto – né tantomeno dall’essere o meno destinatari di assegnazioni durante quel periodo circostanza peraltro che si era concretamente verificata per le ricorrenti ma che le somme incassate riguardano prestazioni professionali necessariamente rese in un momento antecedente, quindi anche dalle ricorrenti stesse. Con l’aggravante che è l’Avvocatura a decidere quali titoli azionare per prima, per cui le somme incassate in un determinato quadrimestre dipendono in parte dagli adempimenti delle controparti, e dunque dal caso, e in parte dalla solerzia dell’Avvocatura nell’azionare i crediti. Rinviata la domanda cautelare alla trattazione del merito, si costituivano in giudizio le Amministrazioni in epigrafe, con documentazione e una memoria orientata a confutare le ragioni delle ricorrenti nonché, in virtù del carattere di stabilità” reale del rapporto di pubblico impiego, ad eccepire la prescrizione dei crediti ultraquinquennali dalla notificazione del ricorso o da altro atto interruttivo documentato. In prossimità della pubblica udienza del 10.2.2016 anche le parti ricorrenti depositavano rituali memorie le ricorrenti anche di replica”, ove osservavano che, ad ogni modo, per la sola ricorrente Ferrando era rinvenibile un breve periodo precedente al quinquennio anteriore alla relativa diffida del 18.9.2014 da considerarsi interruttiva del termine ad ulteriore sostegno delle rispettive tesi. Con l’ordinanza in epigrafe, questa Sezione disponeva incombenti istruttori, consistenti, per le ricorrenti, nell’integrazione del contraddittorio, anche mediante notificazione per pubblici proclami, nei confronti di tutti i Procuratori e Avvocati dello Stato nonché, per le parti pubbliche, nel deposito di un prospetto completo indicante con precisione, per il periodo in considerazione, la data di assegnazione di ciascun affare a ogni ricorrente, il tipo di affare e il relativo esito, con una dettagliata relazione sulle esatte modalità di ripartizione delle competenze di cui all’articolo 21 r.d. cit. tra tutti i Procuratori e Avvocati dello Stato. Dopo la rituale ottemperanza a tale disposizione per quanto di rispettiva incombenza, le parti depositavano ulteriori memorie in prossimità della successiva udienza pubblica le ricorrenti anche di replica” e, alla data del 20.7.2016, la causa era trattenuta nuovamente in decisione. Diritto Ai fini di un chiaro approccio alla fattispecie, il Collegio ritiene opportuno richiamarne i fondamenti normativi e regolamentari. Le norme di rango primario invocate dalle ricorrenti sono le seguenti a l’articolo 21, commi 1 e 2, r.d. 30.10.1933, n. 1611 come sostituiti dall’articolo 27 l. n. 103/1979 e poi modificati dall’articolo 43, comma 1, n. 69/2009 , secondo il quale L'avvocatura generale dello Stato e le avvocature distrettuali nei giudizi da esse rispettivamente trattati curano la esazione delle competenze di avvocato e di procuratore nei confronti delle controparti quando tali competenze siano poste a carico delle controparti stesse per effetto di sentenza, ordinanza, rinuncia o transazione. Con l'osservanza delle disposizioni contenute nel titolo II della legge 25 novembre 1971, numero 1041, tutte le somme di cui al precedente comma e successivi vengono ripartite per sette decimi tra gli avvocati e procuratori di ciascun ufficio in base alle norme del regolamento e per tre decimi in misura uguale fra tutti gli avvocati e procuratori dello Stato. La ripartizione ha luogo dopo che i titoli, in base ai quali le somme sono state riscosse, siano divenuti irrevocabili le sentenze per passaggio in giudicato, le rinunce per accettazione e le transazioni per approvazione” b l’articolo 41 del d.p.r. 10.1.1957, n. 3, secondo cui All'impiegata che si trovi in stato di gravidanza o puerperio si applicano le norme per la tutela delle lavoratrici madri essa ha diritto al pagamento di tutti gli assegni, escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario. Per i periodi anteriore e successivo al parto in cui, ai sensi delle norme richiamate nel precedente comma, l'impiegata ha diritto di astenersi dal lavoro, essa è considerata in congedo straordinario per maternità. Alle ipotesi previste nel presente articolo, si applica la disposizione di cui all'ultimo comma dell'articolo 40” c l’articolo 1, comma 2, d.lgs. 26.3.2001, n. 151 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 , secondo il quale la disciplina di cui a tale Testo Unico si applica fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione.” nonché gli artt. 16 e 20 d.lgs. cit., per i quali – rispettivamente - è sancita l’obbligatorietà del congedo, con conseguente divieto per le donne di essere adibite al lavoro per i periodi ivi indicati al comma 1, lett. a -d , e la flessibilità, laddove è prevista per le lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.” A queste, devono aggiungersi le norme di ordine generale” di cui all’articolo 37 Cost. nonché all’articolo 2099 c.c. sulle modalità di retribuzione del prestatore di lavoro e all’articolo 37 d.p.r. n. 3/57 cit. sul congedo straordinario” , a cui affiancare quelle di rango sovranazionale”, quali l’articolo 157 del TFUE, l’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali della U.E. e la direttiva 2006/54/CE, laddove orientata a sancire il principio di parità di trattamento e protezione della condizione biologica della donna durante la gravidanza e la maternità e il divieto di ogni discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso articolo 4 e, più specificamente, dell’interruzione del mantenimento o dell’acquisizione di diritti durante i periodi di congedo per maternità articolo 9, par. 1, lett. f . Va detto che ne emerge la corrispettiva qualificazione in termini di diritto soggettivo” della relativa posizione giuridica della lavoratrice gestante/madre”, che non è peraltro contestata dalla difesa erariale, la quale, anzi, nell’eccepire la prescrizione” – fermo quanto sarà in prosieguo specificato sul punto – si richiama ad un istituto proprio dei diritti soggettivi. Tant’è che l’opposizione alla richiesta delle ricorrenti è stata fondata, secondo il contenuto di note identiche del Segretario Generale in seguito alla presentazione di esplicita diffida, non sull’impedimento riconducibile a norme di rango primario bensì unicamente sulla sussistenza del richiamo alla norma di rango secondario di cui all’articolo 12 del d.p.c.m. 29.2.1972 recante Regolamento per la riscossione, da parte dell'Avvocatura dello Stato, degli onorari e delle competenze di spettanza e per la relativa ripartizione” , che prevede – secondo la suddetta nota - il mancato diritto” al riparto ” tra gli altri, in tutti i casi di collocamento in aspettativa e in congedo straordinario, facendo salvi i casi di congedo straordinario ex articolo 37, 2° co. del T.U. n. 3/57 ” tra i quali non è ricompresa la maternità”. Per completezza, la norma in questione prevede infatti che Non hanno diritto a partecipare al riparto, per il corrispondente periodo, coloro che sono collocati fuori ruolo. Colui che senza giustificato motivo abbandoni l'Ufficio e non ottemperi all'invito di ritornarvi, perde la quota quadrimestrale corrispondente al tempo dell'abusiva assenza. Non si ha, inoltre, diritto a riparto per tutto il tempo trascorso in aspettativa, a disposizione, in disponibilità o in congedo straordinario, esclusi i casi previsti dall'articolo 37, secondo comma del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, nonché i casi dell'aspettativa per richiamo alle armi e per infermità per causa di servizio, di cui, rispettivamente, al II comma dell'articolo 67 e al VII comma dell'articolo 68 del testo unico predetto. Il diritto al riparto viene, altresì, meno per tutto il tempo durante il quale, per qualsiasi causa, non spetti o sia ridotto lo stipendio. Si perde il diritto di concorrere al riparto allorché sia stata comminata la destituzione o dichiarata la decadenza ovvero la dispensa per scarso rendimento in tali casi la partecipazione al riparto predetto cessa dal momento in cui si è verificato il fatto risolutivo del rapporto d'impiego. Nel caso di collocamento a riposo, di accettazioni di dimissioni volontarie, di passaggio in altre Amministrazioni dello Stato, l'impiegato partecipa al riparto fino alla data di decorrenza del provvedimento”. E’ senza dubbio corretta, quindi, la ricostruzione delle ricorrenti, secondo le quali l’esclusione dalla partecipazione al riparto richiesto è fondata esclusivamente sulla sussistenza di tale norma regolamentare la quale prevede comunque espressamente un’eccezione, per coloro che risultano collocati in congedo straordinario”, tipo di congedo peraltro che compete di diritto”, ai sensi dell’articolo 37, comma 2, T.U. n. 3/57 oltre a periodi di aspettativa per richiamo alle armi o per infermità per causa di servizio , ossia quando l'impiegato debba contrarre matrimonio o sostenere esami o, qualora trattisi di mutilato o invalido di guerra o per servizio, debba attendere alle cure richieste dallo stato di invalidità”. Il Collegio, quindi, non può fare a meno di osservare che l’ipotesi di deroga al divieto in questione opera allorquando il congedo straordinario sia definibile di diritto”, vale a dire quando non è nella facoltà discrezionale dell’Amministrazione concederlo o meno sul punto, già TAR Lazio, Sez. I, 10.2.1987, n. 285, secondo cui il congedo straordinario per motivi diversi da quelli elencati nell'articolo 37, comma 2, cit. inerisce alla sfera degli interessi legittimi dell'impiegato, essendo demandato dalla legge ad apprezzamenti discrezionali della p. a. e pertanto è legittimo che l'esercizio di tale potere sia ispirato al contemperamento fra le pretese del dipendente e le esigenze del servizio, con la conseguenza che il congedo di cui al comma 2 cit. esula dalla discrezionalità in questione . Sotto tale profilo, però, al Collegio appare innegabile che anche il congedo straordinario per maternità”, peraltro obbligatorio, rientri nelle ipotesi in cui spetta di diritto”. Sul punto, non può che richiamarsi il contenuto dell’articolo 16 d.lgs. n. 151/01, secondo cui E' vietato adibire al lavoro le donne a durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20 b ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto c durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'articolo 20 d durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a e c superi il limite complessivo di cinque mesi Per quanto riguarda già il T.U. n. 3/57, alla norma di cui al richiamato articolo 37, deve, poi, accompagnarsi quanto previsto dai successivi artt. 40 e 41, secondo i quali Durante il periodo di congedo ordinario e straordinario, esclusi i giorni di cui al periodo precedente, spettano al pubblico dipendente tutti gli assegni escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale e per prestazioni di lavoro straordinarioI periodi di congedo straordinario sono utili a tutti gli altri effetti” articolo 40, comma 1 e comma 3 e All'impiegata che si trovi in stato di gravidanza o puerperio si applicano le norme per la tutela delle lavoratrici madri essa ha diritto al pagamento di tutti gli assegni, escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario. Per i periodi anteriore e successivo al parto in cui, ai sensi delle norme richiamate nel precedente comma, l'impiegata ha diritto di astenersi dal lavoro, essa è considerata in congedo straordinario per maternità. Alle ipotesi previste nel presente articolo, si applica la disposizione di cui all'ultimo comma dell'articolo 40” articolo 41, commi 1, 2 e 3 rubricato Congedo straordinario per gravidanza e puerperio . In merito, valga richiamare che la Corte dei Conti aveva già nel 1988 precisato che l’articolo 41, comma 2, equipara a tutti gli effetti l'astensione facoltativa dal lavoro per maternità al congedo straordinario Sez. Contr., 14.4.1988, n. 1933 . In sostanza, una lettura costituzionalmente orientata delle norme, in relazione agli artt. 3, 37 e 97 Cost., impone di considerare che quella per gravidanza e puerperio è un’astensione obbligatoria, equiparabile a tutte quelle in cui è previsto un congedo straordinario di diritto”, e per tale ragione deve essere riconosciuta parità di corresponsione di emolumenti, anche se in presenza di rapporto di lavoro pubblico non contrattualizzato”, come nel caso di specie. Per quanto dedotto, quindi, è condivisibile la ricostruzione delle ricorrenti che nel caso di specie individuano un’ipotesi di contrasto del Regolamento”, che esclude il diritto ad una parte della retribuzione durante la gravidanza, con la Legge”, che invece tale diritto riconosce e assicura, differenziando e privilegiando l’ipotesi del congedo obbligatorio per maternità da ogni altra ipotesi di congedo e assenza, ivi compresa la malattia, con la conseguenza che l’articolo 12 del Regolamento, riferito anche al congedo straordinario per gravidanza e puerperio laddove esclude il riparto delle competenze di cui all’articolo 21 r.d. cit., deve essere disapplicato in quanto vertente su diritti soggettivi valutabili in un quadro di giurisdizione esclusiva del g.a. v. Cons. Stato, Sez. IV, 9.12.10, n. 8654 TAR Lazio, Sez. II bis, 9.5.07, n. 4984 . Le stesse fonti sovraordinate all’ordinamento nazionale, inoltre, muovono in tal senso laddove escludono la possibilità di dare luogo a discriminazioni relative al mantenimento o all’acquisizione di diritti” nei confronti delle lavoratrici che usufruiscono di periodi di congedo per maternità articolo 9, par. 1, lett. f , direttiva 2006/54/CE , come invece accade nel caso di specie ove il diritto” così definito nell’articolo 12 d.p.c.m. cit. è escluso proprio in relazione alla fruizione di periodi di congedi per maternità. Ne consegue che l’articolo 12 d.p.c.m. cit., che limita la deroga all’esclusione del riparto previsto per i Procuratori e Avvocati dello Stato al solo caso di congedo straordinario” di cui all’articolo 37, comma 2, T.U. cit. senza prevedere tra questi anche il congedo per maternità, si pone in contrasto con tutte le richiamate norme, nazionali e sovraordinate. Per una corretta ricostruzione del quadro esegetico di fondo, quindi, è altresì evidente, a rafforzamento di quanto ora precisato, la condivisibilità delle osservazioni delle ricorrenti, secondo le quali, il congedo straordinario” cui dovrebbe fare riferimento l’articolo 12 d.p.c.m. cit. per escludere il riparto in questione sarebbe il solo congedo da definirsi facoltativo”, in quanto legato a generici gravi motivi”, discrezionalmente concedibile dalla p.a., senza durata minima ma solo massima, sottoposto a trattamento economico deteriore rispetto a quello per maternità” v. articolo 40 T.U. cit. , laddove – diversamente – quest’ultimo è invece fruibile per ipotesi predeterminata”, è irrinunciabile, è concedibile una tantum” e per un periodo minimo predefinito per legge ed è sottoposto a trattamento economico di favore rispetto ad altre forme di congedo articolo 41, comma 1, T.U. cit. . Tale interpretazione è stata anche avallata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la cui circolare n. 14/2000 richiamata dalle ricorrenti, al punto 4.1. prevede la corresponsione per tutte le lavoratrici-madri” e per il periodo di astensione obbligatoria il diritto all’intera retribuzione fissa mensile nonché al relativo trattamento accessorio”. E’ vero che tale circolare riguarda le lavoratrici c.d contrattualizzate”, secondo le osservazioni in merito della difesa erariale, ma ciò non toglie che il riferimento è utile per segnalare l’attenzione della P.C.M. verso il principio di non discriminazione” ad esso sotteso, analogo a quello invocato dalle ricorrenti. Sul punto, poi, valga il richiamo all’articolo 2, comma 2, del d.lgs. n. 151/2001, secondo cui Le indennità di cui al presente testo unico corrispondono, per le pubbliche amministrazioni, ai trattamenti economici previsti, ai sensi della legislazione vigente, da disposizioni normative e contrattuali. I trattamenti economici non possono essere inferiori alle predette indennità.” nonché ai successivi articolo 3, per il quale È vietata qualsiasi discriminazione per ragioni connesse al sesso, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, con particolare riguardo ad ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti.” e articolo 23, commi 1 e 2, secondo cui Agli effetti della determinazione della misura dell'indennità, per retribuzione s'intende la retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità. Al suddetto importo va aggiunto il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati alla lavoratrice.”. Né in senso sostanziale contrario valgono le osservazioni difensive della stessa Avvocatura dello Stato. Per quanto riguarda l’affermazione secondo cui la ratio” della censurata disposizione di cui all’articolo 12 d.p.c.m. cit. risponderebbe alla logica di riconoscere il riparto in questione ai soli legali pubblici presenti in ufficio, essa non regge a fronte dell’osservazione per la quale vi sono casi in cui è riconosciuto dal medesimo articolo 12 cit. a dipendenti non presenti che richiama le ipotesi di deroga su ricordate dell’articolo 37, comma 2, T.U. cit. . Inoltre risulta – e la circostanza è provata documentalmente dalle ricorrenti e non smentita dalla difesa erariale – che durante il periodo di astensione siano stati comunque assegnati affari” a ciascuna di esse, con aggravio del lavoro, sia pure da espletare successivamente, e con la evidente conclusione che le stesse sono state considerate in servizio”. E’ vero che l’assegnazione di affari risulta, ad esempio, anche nei confronti dei Procuratori e Avvocati dello Stato durante la fruizione del loro periodo di ferie” ma a ciò è accompagnato comunque il riparto delle c.d. propine”, che invece è negato alle ricorrenti, con la conseguenza che il sistema alla base della corresponsione del trattamento economico appare illogico e discriminatorio anche sotto tale profilo, nei limiti di quanto lamentato nel ricorso. A ciò si aggiunga che il riparto in questione non riguarda il lavoro straordinario – secondo una tesi pure rappresentata dalla difesa erariale – dato che lo stesso Segretario Generale, nel rispondere alle ricorrenti, lo richiama per distinguerlo dal riparto ex articolo 12 d.p.c.m. cit. di cui alla fattispecie in esame per tutte, v. nota del 9.5.12 depositata in giudizio . Tale riparto è invece riconducibile alle elargizioni di natura retributiva” e non accessoria, secondo quanto attestato ormai dall’articolo 9 d.l. n. 90/2014, conv. in l. n. 114/2014, per il primo profilo, e dal punto 3 della circolare INPS n. 6 del 16.1.2014, anche per il secondo profilo. Ne consegue che non può essere ritenuta condivisibile neanche la tesi della difesa erariale, secondo la quale le ricorrenti – in quanto dipendenti non contrattualizzate” - comunque beneficerebbero del trattamento di maggior favore” di cui all’articolo 41 T.U. cit. e all’articolo 1, comma 2, d.lgs. n. 151/2001 retribuzione al 100% in luogo dell’80% come invece per le altre lavoratrici alle dipendenza della p.a. , in quanto vi è stata comunque una decurtazione - retributiva” per quanto detto in precedenza – pari al 50% almeno fino all’entrata in vigore del richiamato articolo 9 d.l. n. 90/14 cit. Altra tesi su cui si è fondata l’Avvocatura dello Stato è quella legata al valore sostanziale” di norma primaria riconoscibile all’articolo 12 d.p.c.m. cit., in virtù dell’espressa indicazione – al fine di farlo proprio” – del medesimo contenuta nell’articolo 21 r.d. n. 1611/33 cit. che si riferisce al regolamento sull’esazione degli onorari di Procuratori e Avvocati dello Stato, con la conseguenza di definire l’articolo 12 cit. quale norma speciale che prevale sulle norme invocate dalle ricorrenti, pur ammettendo la stessa difesa erariale che tale regolamento è attuativo” in virtù del rinvio espresso. Il Collegio osserva che la natura di regolamento attuativo” riconosciuta al d.p.c.m. in questione conferma la sua subordinazione alle fonti primarie legislative Cons. Stato, Sez. IV, 15.9.03, n. 5158 , tra cui non possono che richiamarsi quelle sopra descritte a tutela della maternità”. A ciò si aggiunga che l’articolo 1, comma 2, d.lgs. n. 151/2001, quale norma speciale successiva, ha fatto salve solo le condizioni di maggior favore previste da leggi, regolamenti, contratti collettivi e ogni altra disposizione, tra cui non rientrano quelle di cui all’articolo 12 d.p.c.m. cit., di certo non di maggior favore” nei confronti delle dipendenti in questione in congedo per maternità”. Come condivisibilmente osservato anche dalle ricorrenti, infine, quand’anche fosse riconoscibile al d.p.c.m. in esame il rango di fonte primaria”, esso sarebbe comunque in contrasto con la suddetta direttiva 2006/54/CE per quanto sopra precisato, con conseguente possibilità di disapplicazione diretta” ad opera del Giudice nazionale Cons. Stato, Sez. IV, 24.3.04, n. 1559 . Da ultimo, in relazione a giurisprudenza ritenuta contraria a quanto prospettato dalle ricorrenti, secondo il richiamo di cui alla memoria dell’Avvocatura dello Stato per l’ultima udienza pubblica, per quel che riguarda la sentenza TAR Campania, Na, Sez. IV, 15.4.16, n. 1874, il Collegio osserva che essa si riferiva alla ben diversa ipotesi di esonero” dal servizio ai sensi dell’articolo 72 d. l. n. 112/2008, conv. in l. n. 123/2008 poi abrogato dall’articolo 24, comma 14, d.l. n. 201/2011, conv. in l. n. 214/2011 . Anzi – osserva il Collegio – tale richiamo conferma la tesi di fondo delle ricorrenti, in quanto l’assegnazione di affari nei loro confronti ben cospicua secondo la documentazione acquisita in giudizio in seguito alla su ricordata ordinanza istruttoria , a differenza da chi era, appunto, in esonero”, deve far ritenere che le stesse erano state invece considerate dall’Amministrazione a tutti gli effetti in servizio” e quindi con rapporto di lavoro in atto. La stessa sentenza del Tar partenopeo, infatti, rileva che la quota c.d. variabile” del trattamento economico di Procuratori e Avvocati dello Stato postula, per il suo riconoscimento, il perdurante svolgimento dello stesso, trattandosi di prestazioni periodiche temporalmente correlate allo svolgimento del rapporto medesimo, e che ai fini del riconoscimento di tale quota variabile della retribuzione è dunque necessario che vi sia, a giustificazione della percezione di somme, lo svolgimento di attività lavorativa e, dunque, l’esistenza di un rapporto di lavoro in atto”, mentre la sospensione del rapporto per collocamento in esonero” determina in capo al dipendente il sorgere di un nuovo status” giuridico, connotato dal mancato svolgimento del servizio e questa peculiarità impedisce la possibilità di computare emolumenti che trovano il loro necessario presupposto proprio ed esclusivamente nella prestazione dell’attività defensionale. Nel caso di specie tale attività per le ricorrenti vi è stata, in quanto hanno indubbiamente dovuto provvedere a seguire gli affari assegnati in costanza del periodo di maternità”, senza mutamento di alcuno status” giuridico, fermo restando che la ripartizione di parte dei proventi richiesti si riferiva anche a periodi precedenti, ove le stesse non avevano ancora fruito del relativo congedo. Così pure non decisiva è l’ordinanza del TAR Calabria, Rc, 17.6.16, n. 706 – peraltro non avente alcun contenuto decisorio ma un’ampia motivazione sulla ritenuta non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell’articolo 9, commi 3, 4 e 6, del d.l. n. 90/14 cit., conv. in l. n. 114/14 – in quanto non si riferisce allo specifico profilo della elargizione di compensi durante il congedo per maternità” ma al generale intervento di cui alla norma suddetta in ordine alla rideterminazione dei compensi professionali degli Avvocati dello Stato. Inoltre, quel TAR ha affrontato la problematica alla sua attenzione in senso generale, evidenziando in un passaggio argomentativo che la componente retributiva in senso proprio” è caratterizzata da fissità” a differenza delle altre remunerazioni di prestazioni professionali generalmente rese nell’esercizio delle funzioni istituzionalmente rimesse ad Avvocati e Procuratori dello Stato, che non rientrerebbero nel concetto di retribuzione in senso proprio”, atteso il carattere di variabilità che ne assiste la commisurazione. Nel caso di specie all’esame del Collegio, però, non rileva l’individuazione della retribuzione in senso proprio”, in quanto a fondamento vi è la normativa speciale” su richiamata sulla tutela della maternità, tra cui in particolare l’articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 151/01 cit. da leggersi in correlazione con i successivo artt. 3 e 23 , che fa riferimento in realtà a tutti i trattamenti economici previsti ai sensi della legislazione vigente e non alla retribuzione in senso proprio” quale quota fissa”, come individuabile ai sensi della normativa sul trattamento economico dei Procuratori e Avvocati dello Stato. Alla luce di quanto illustrato, quindi, il ricorso deve trovare accoglimento, con conseguente disapplicazione dell’articolo 12 del d.p.c.m. 29.2.1972 nella parte in cui prevede il mancato diritto al riparto considerando tra casi di congedo straordinario che lo esclude quello obbligatorio per maternità”. Deve quindi darsi luogo alla declaratoria del diritto delle ricorrenti a percepire tutte le competenze spettanti loro ai sensi dell’articolo 12 in questione e maturate a titolo di onorari di causa durante i periodi di astensione obbligatoria per gravidanza e puerperio, secondo la normativa vigente pro tempore”. In riferimento al relativo ammontare, il Collegio rileva che la difesa erariale ha eccepito la prescrizione quinquennale del credito, in quanto riferito a pretese avanzate in costanza di rapporto di pubblico impiego dotato di stabilità reale” In merito, il Collegio rileva che le ricorrenti hanno osservato – senza contestazione da parte delle Amministrazioni costituite - che solo per l’avv. Ferrando eventualmente potrebbe rilevare tale eccezione per il breve periodo anteriore al quinquiennio precedente la notifica della diffida del 18.9.2014, quale atto interruttivo dal 9.7.2009 al 17.9.2009 , ma che comunque nel caso di specie non opererebbe l’articolo 2948 c.c., in quanto la determinazione quantitativa del credito da lavoro” è riconducibile interamente all’Amministrazione, previo accertamento delle condizioni necessarie per la relativa liquidazione Cons. Stato, n. 2232/2007 . In effetti, nel caso di specie, in base alla stessa ricostruzione delle modalità di corresponsione del riparto per cui è causa - come illustrate nell’ultima memoria dell’Avvocatura dello Stato in ottemperanza all’ordinanza collegiale sopra richiamata - emerge che, pur in presenza di rapporto stabile”, è la stessa Amministrazione a riconoscere e determinare quantitativamente il diritto vantato e con apposito atto formale, per cui nel caso di specie opera la prescrizione ordinaria decennale Cons. Stato, Sez. V, 5.5.16, n. 1792 e Sez. IV 21.6.07 n. 3363 . Per quanto riguarda, infine, il cumulo tra rivalutazione e interessi, deve invece ritenersi condivisibile il richiamo della difesa erariale all’articolo 22, comma 36, l. n. 724/1994 che tale cumulo esclude per i rapporti di lavoro pubblico”, sia anche non contrattualizzato Cons. Stato, Sez. IV, 1.7.15, n. 3254 . Ne consegue che deve essere considerata solo la maggior somma derivante, prendendo come riferimento la somma dovuta al netto delle ritenute contributive e fiscali Cons. Stato, n. 3254/15 cit. . Per quanto riguarda la specifica domanda di condanna al pagamento delle competenze singolarmente indicate dalle ricorrenti per ciascuna di esse, desumibile dal contenuto delle conclusioni del ricorso integrate nelle ultime memorie, il Collegio – per la complessità dei relativi calcoli da eseguire in conformità a quanto sopra precisato – ritiene di fare ricorso alla disposizione di cui all’articolo 34, comma 4, c.p.a., demandando alle parti di pervenire alla definizione di quanto a ciascuna ricorrente spettante, salvi i rimedi di cui alla medesima disposizione in caso di mancato accordo. Le spese di lite possono eccezionalmente compensarsi per la peculiarità e novità della fattispecie. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, previa disapplicazione dell’articolo 12 d.p.c.m. 29.2.1972 nei limiti dell’interesse delle ricorrenti e per quanto dedotto in motivazione, dichiara il loro diritto a percepire tutte le competenze spettanti in virtù del riparto previsto nell’articolo 12 cit. maturate a titolo di onorari di causa per i periodi in cui sono state collocate in astensione obbligatoria per gravidanza e puerperio, secondo la normativa vigente pro tempore”, con la maggior somma tra rivalutazione e interessi legali da calcolare al netto delle ritenute contributive e fiscali. Dispone che l’Avvocatura dello Stato provveda alla specifica liquidazione ai sensi dell’articolo 34, comma 4, c.p.a., entro trenta giorni dalla comunicazione e/o notificazione della presente sentenza. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.