Inopportuno per l'associazione utilizzare nome e divise che si rifanno alle forze di polizia

Il Consiglio di Stato, Sezione III, ha ritenuto legittimo il decreto con il quale il Questore della Provincia di Roma ha respinto l'istanza della Associazione europea di operatori di polizia volta a ottenere l'autorizzazione all'uso dell'uniforme, dei fregi, dei distintivi e delle mostrine da dare in dotazione agli associati operatori volontari e ha invitato il Presidente dell'Associazione a modificare il nome dell'Associazione entro 30 giorni.

La Sezione, con la sentenza 3832 depositata l'8 settembre 2016, ha riconosciuto che l’Amministrazione della Pubblica Sicurezza dispone di ampia discrezionalità riguardo l’approvazione delle divise e degli stemmi delle associazioni di volontariato che svolgono attività di supporto a quella delle organizzazioni pubbliche, operanti in tale settore, al fine di evitare pericolose confusioni fra le organizzazioni private e quelle pubbliche. Relativamente al caso posto alla sua attenzione, il Collegio ha osservato che se pure l’Associazione sia stata autorizzata a inserire la parola Polizia” nella propria denominazione, la stessa sia foriera di palesi equivoci, per cui il suo utilizzo comporta la necessità di rendere le divise e gli stemmi dei volontari immediatamente distinguibili da quelli degli operatori delle forze dell’ordine, in relazione al fatto che l’art. 2, terzo comma, del d.m. 8 agosto 2009 espressamente vieta l’utilizzo di uniformi, emblemi, simboli e altri segni distintivi o denominazioni riconducibili anche indirettamente alle forze dell’ordine. Abbigliamento analogo a quello della Polizia di Stato e del Corpo Forestale. Di conseguenza, non appare manifestamente illogica e risulta invece conforme al dettato normativo la valutazione dell’Amministrazione la quale, ravvisando il fatto che alcuni elementi dell’abbigliamento dei volontari riproducono insegne analoghe a quelle identificative della Polizia di Stato, che alcuni capi per foggia e colore sono simili a quelli in dotazione al Corpo di Polizia Penitenziaria, che la divisa di rappresentanza risulta simile a quella precedentemente in uso al medesimo Corpo e che i rami d’ulivo circondanti l’aquila dorata ad ali spiegate sembrerebbero riprodurre il fregio inserito nell’abbigliamento del Corpo Forestale dello Stato, ha negato la richiesta autorizzazione. Con riferimento, poi, all’utilizzo, sebbene autorizzato, del termine Polizia” nella denominazione dell’Associazione va imposta particolare cautela per evitare ulteriori confusioni fra questa e le forze dell’ordine. Riguardo il fatto, poi, ha rilevato il Collegio, a proposito di quanto considerato dal Giudice di primo grado, che le determinazioni impugnate in primo grado siano inficiate dalla contraddittorietà con l’impostazione seguita da altre strutture periferiche del Ministero dell’Interno, appare palesemente opportuno che l’attività dei diversi uffici periferici sia coordinata quanto meno qualora riguardi associazioni operanti su tutto il territorio nazionale. Nel senso che l’operato del Questore di Roma, che ha esercitato correttamente la discrezionalità, non può essere condizionato dalle valutazioni di altri uffici che hanno sottovalutato le problematiche che hanno suggerito l’adozione del provvedimento impugnato.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 21 luglio – 8 settembre 2016, n. 3832 Presidente Maruotti – Estensore Atzeni Fatto e diritto Visto il ricorso al Tribunale Amministrativo del Lazio, sede di Roma, rubricato al n. 15951/14, con il quale l’Associazione Europea Operatori di Polizia – Aeop Onlus – impugnava il decreto in data 13 ottobre 2014 con il quale il Questore della Provincia di Roma ha respinto l'istanza della suddetta Associazione volta a ottenere l'autorizzazione all'uso dell'uniforme, dei fregi, dei distintivi e delle mostrine da dare in dotazione agli associati operatori volontari e ha invitato il Presidente dell'Associazione a modificare il nome dell'Associazione entro 30 giorni l’impugnazione era estesa a ogni altro atto comunque connesso, nonché per quanto occorrer possa ai pareri evocati nel decreto impugnato Considerato che con il suddetto gravame l’Associazione ricorrente lamentava violazione di legge artt. 230-254 R.D. 635/1940 , errore nei presupposti, carenza di istruttoria, irragionevolezza e contraddittorietà, sviamento di potere, ingiustizia e disparità di trattamento, difetto di istruttoria e sviamento sotto altro profilo e violazione degli artt. 2 e 18 Costituzione, chiedendo quindi l’annullamento del provvedimento impugnato e la condanna, ex artt. 34, comma 1, lett. c 2° cpv. e 31, comma 3, CPA, delle Amministrazioni resistenti, ciascuna per quanto di competenza, all'adozione del provvedimento favorevole richiesto Visti i motivi aggiunti con i quali la ricorrente ha impugnato il provvedimento del Questore di Roma n. 5682/2015 in data 19 giugno 2015, reso in sede di esecuzione di ordinanze cautelari del Tribunale Amministrativo adito, recante l’indicazione degli elementi della divisa e degli stemmi dell’Associazione che dovrebbero essere modificati o eliminati al fine di ottenere la richiesta autorizzazione, lamentando difetto di istruttoria, travisamento, contraddittorietà, illogicità, sviamento e abnormità Vista la sentenza in epigrafe, n. 3485 in data 22 marzo 2016, con la quale il Tribunale Amministrativo del Lazio, Sezione I ter, ha accolto il ricorso, condividendo la censura con la quale la ricorrente ha contestato che il diniego di autorizzazione possa basarsi sull’uso del termine Polizia” e la censura relativa alla contraddittorietà del comportamento dell’Amministrazione che in altre sedi ha autorizzato l’uso dei segni distintivi di cui ora si tratta Visto il ricorso in epigrafe, rubricato al n. 4582/2016, con il quale il Ministero dell’Interno, unitamente alla Prefettura e alla Questura di Roma, propongono appello avverso la predetta sentenza, contestandone i presupposti e chiedendo la sua riforma e il rigetto del ricorso di primo grado Vista la memoria con la quale l’Associazione appellata chiede il rigetto dell’appello. Considerato che l’appello risulta manifestamente fondato, e che il giudizio può quindi essere definito con sentenza in forma semplificata Avvisate le parti della suddetta possibilità all’udienza camerale di trattazione, senza che le stesse manifestassero obiezioni al riguardo Rilevato che l’Amministrazione della Pubblica Sicurezza dispone di ampia discrezionalità riguardo l’approvazione delle divise e degli stemmi delle associazioni di volontariato che, come l’appellata, svolgono attività di supporti a quella delle organizzazioni pubbliche, operanti in tale settore, al fine di evitare pericolose confusioni fra le organizzazioni private e quelle pubbliche Ritenuto che se pure l’Associazione appellata sia stata autorizzata a inserire la parola Polizia” nella propria denominazione, la stessa sia foriera di palesi equivoci, per cui il suo utilizzo comporta la necessità di rendere le divise e gli stemmi dei volontari immediatamente distinguibili da quelli degli operatori delle forze dell’ordine Rilevato che l’art. 2, terzo comma, del d.m. 8 agosto 2009 espressamente vieta l’utilizzo di uniformi, emblemi, simboli e altri segni distintivi o denominazioni riconducibili anche indirettamente alle forze dell’ordine Vista la sentenza di questo Consiglio di Stato, Sezione III, 11 luglio 2013, n. 3763 Ritenuto che non appare manifestamente illogica e risulta invece conforme al dettato normativo appena richiamato la valutazione dell’Amministrazione la quale, ravvisando il fatto che alcuni elementi dell’abbigliamento dei volontari riproducono insegne analoghe a quelle identificative della Polizia di Stato, che alcuni capi per foggia e colore sono simili a quelli in dotazione al Corpo di Polizia Penitenziaria, che la divisa di rappresentanza risulta simile a quella precedentemente in uso al medesimo Corpo e che i rami d’ulivo circondanti l’aquila dorata ad ali spiegate sembrerebbero riprodurre il fregio inserito nell’abbigliamento del Corpo Forestale dello Stato, ha negato la richiesta autorizzazione Ribadito che l’utilizzo, autorizzato, del termine Polizia” nella denominazione dell’Associazione imponga particolare cautela per evitare ulteriori confusioni fra questa e le forze dell’ordine Ritenuto che la sentenza appellata non possa essere condivisa nemmeno nella parte in cui afferma che le determinazioni impugnate in primo grado sono inficiate dalla contraddittorietà con l’impostazione seguita da altre strutture periferiche del Ministero dell’Interno fermo restando, infatti, come appaia palesemente opportuno che l’attività dei diversi uffici periferici sia coordinata quanto meno qualora riguardi associazioni operanti su tutto il territorio nazionale, l’operato del Questore di Roma, che in base a quanto appena argomentato sfugge alla censura di illogicità e costituisce quindi legittimo esercizio della discrezionalità, non può essere condizionato dalle valutazioni di altri uffici che hanno sottovalutato le problematiche che hanno suggerito l’adozione del provvedimento impugnato Ritenuto, in conclusione, di dover accogliere l’appello e, in riforma della sentenza gravata, respingere il ricorso di primo grado Ritenuto che le spese di entrambi i gradi del giudizio debbano essere integralmente compensate fra le parti, in ragione della novità delle questioni trattate P.Q.M. il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza - definitivamente pronunciando sul ricorso in appello n. 4575/2016 - lo accoglie e, in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso di primo grado. Compensa integralmente spese e onorari dei due gradi del giudizio fra le parti costituite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.