Lastrico solare adibito a terrazzo e tettoia coprente per la massima fruizione dello stesso

La distinzione tra la categoria del restauro e risanamento conservativo e quella della ristrutturazione edilizia riposa, più che sulla specifica tipologia degli interventi realizzabili in gran parte comuni , sull’elemento funzionale, risultando la prima destinata alla conservazione dell’organismo preesistente e la seconda alla trasformazione dello stesso.

Lo ha precisato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3532/16, depositata il 4 agosto. Il fatto. Per il Giudice di primo grado, l'aver realizzato una tettoia di rilevanti dimensioni, 30 mq che ha comportato una modifica della sagoma e del prospetto dell’immobile, tale da produrre una perdurante e visibile alterazione della parte di edificio su cui è stata inserita e, in ogni caso, da accrescere l’abitabilità dell’immobile di proprietà del ricorrente, consentendovi lo svolgimento di varie attività della vita quotidiana comportava la necessità della sua demolizione non essendo stata preventivamente autorizzata. Ma, secondo la VI Sezione del Consiglio di Stato, non può ritenersi che nella specie la collocazione della tettoia di protezione sul terrazzo abbia determinato una trasformazione dell’organismo edilizio preesistente ovvero la creazione di un nuovo organismo edilizio, perchè si è trattato, invece, soltanto di un intervento di risanamento conservativo e, come tale, sanabile. L’organismo edilizio. Per valutare compiutamente la questione, il Collegio ha evidenziato che l’organismo edilizio cui operare riferimento è l’edificio ovvero l’unità immobiliare preesistente e non anche il mero terrazzo, isolatamente considerato. Questo, infatti, non si connota per una sua autonomia, in termini urbanistico-edilizi, ma costituisce parte accessoria dell’edificio e dell’unità immobiliare rispetto alla quale esso è servente. Di conseguenza, conservando comunque il terrazzo la propria identità e rimanendo comunque esistente nella sua superficie originaria, non può certamente affermarsi che l’avvenuta copertura con una tettoia in vetro trasparente abbia trasformato il preesistente organismo edilizio. Vi è piuttosto che la richiamata tettoia, chiaramente identificabile e distinguibile in relazione alle sue caratteristiche rispetto all’edificio, non trasforma quest’ultimo, atteso che non ne modifica, attraverso opere e materiali propri delle componenti strutturali dell’edificio medesimo, gli elementi tipologici, formali e strutturali, i quali restano quelli originari. Invero, la tettoia persegue unicamente la funzione di rendere meglio usufruibile il terrazzo, offrendo allo spazio aperto una copertura non chiusa ai lati che lo protegga dalle intemperie e ne consenta una migliore fruibilità ed un più ampio utilizzo, in tal modo consentendo, sotto tale profilo, la migliore conservazione della preesistenza. Sicchè, può ben affermarsi che l’intervento realizzato, in quanto non costituisce ampliamento, volumetria e nuova superficie, né creazione di un nuovo organismo edilizio, si connoti in termini di mero inserimento di un elemento accessorio correlato alle esigenze di uso del terrazzo. D’altra parte, la copertura non è certamente elemento autonomo, ma si qualifica per il carattere di accessorietà rispetto al terrazzo, del quale costituisce necessario e non separabile complemento.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 16 giugno – 4 agosto 2016, n. 3532 Presidente Caracciolo – Estensore Mele Fatto Con sentenza n. 189/2015 del 22-4-2015 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia Sezione Prima rigettava il ricorso ed i motivi aggiunti proposti dal signor Marco Longo, intesi ad ottenere l’annullamento dell’ordinanza di demolizione di asserite opere abusive adottata dal Comune di Udine del 26-1-2010 e del provvedimento del 7 ottobre 2014, con il quale l’ente locale aveva rigettato la domanda di sanatoria da esso presentata per interventi eseguiti in assenza di denuncia di inizio di attività in uno ad ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente. La prefata sentenza esponeva in fatto quanto segue. .il signor Marco Longo è insorto dinanzi a questo Tribunale Amministrativo avverso il provvedimento prot. P.G./E 0030637/2009 cod. ESP /8.i.2009 del 26 gennaio 2010 recante l’ordine di rimozione e demolizione di asserite opere abusive segnatamente consistenti in copertura di vetro su esistente terrazza dell’unità residenziale sita in via Tiberio Deciani n. 109 e distinta al NCEU fg. 33 mapp. 12, sub 20 a firma del Dirigente del Servizio edilizia Privata del Comune di Udine, invocandone l’annullamento Successivamente il ricorrente, con ricorso per motivi aggiuntiha chiesto anche l’annullamento del verbale di sopralluogo verifica ottemperanza in data 13 agosto 2013 Il ricorrente, con ricorso per motivi aggiuntiha chiesto, infine, l’annullamento anche del provvedimento prot. P.G./E 0057541/2010 dd. 7 ottobre 2014 e relativi atti presupposti, con il quale il dirigente del Dipartimento Gestione del Territorio, delle Infrastrutture e dell’Ambiente – servizio Edilizia Privata, Ambiente e Sportello Unico del Comune di Udine ha, nel frattempo, respinto la sua domanda di sanatoria per interventi eseguiti in assenza di denuncia di inizio di attività, presentata in data 10 maggio 2010 ”. Avverso la sentenza di rigetto di primo grado il signor Marco Longo ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, deducendone l’erroneità e chiedendone l’integrale riforma con conseguente accoglimento del ricorso di primo grado. Ha in proposito dedotto 1 Violazione di legge-violazione dell’articolo 31 del DRR n. 380/2001-violazione dell’articolo 48 della l.reg. F.V.G. e dell’articolo 16 della l.reg. F.V.G. n. 19/2009-erronea valutazione e travisamento dei fatti –omessa pronuncia 2 Violazione dell’art. 41 e dell’articolo 49 della legge regionale F.V G. n. 19/2009 ed errore di fatto 3 Violazione dell’articolo 7 della legge n. 241/1990 –perplessità motiva e contraddittorietà-erronea valutazione di circostanza controversa e dirimente 4 Violazione di legge – violazione dell’art. 41 comma 2 bis e 2 ter della legge regionale F.V.G. n. 19/2009 – violazione del principio tempus regit actum 5 Violazione di legge – violazione dell’art. 46 c.p.a.-violazione dell’art. 6, comma 1, lett. e della legge n. 241/1990 – illogicità motiva e contraddittorietà su di un profilo dirimente. Si sono costituiti il Comune di Udine, il Ministero della Difesa, deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto. In corso di giudizio le parti hanno depositato memorie illustrative e di replica. La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 16-6-2016. Diritto Con il primo motivo il signor Longo lamenta violazione di legge-violazione dell’articolo 31 del DRR n. 380/2001-violazione dell’articolo 48 della l.reg. F.V.G. e dell’articolo 16 della l.reg. F.V.G. n. 19/2009-erronea valutazione e travisamento dei fatti –omessa pronuncia. Censura l’erroneità della gravata sentenza laddove essa ritiene che la tettoia in questione determini un aumento volumetrico tale da determinare una modificazione della sagoma e del prospetto dell’edificio. Afferma in primo luogo che la tettoia non determina la creazione di nuovi volumi, risultando aperta su tre lati e non potendo il verde apposto sugli ulteriori lati costituire chiusura” tale da configurare volume. Di conseguenza, essa non rientra nei casi in cui è possibile irrogare la sanzione demolitoria ai sensi dell’articolo 31 del DPR n. 380/2001. Rileva, inoltre, anche a voler ritenere la creazione di volume, l’erroneità della pronuncia di primo grado nella parte in cui ha considerato il solo dato della superficie della tettoia in termini assoluti, senza effettuarne una comparazione con riferimento alle dimensioni dell’edificio e dell’appartamento. Evidenzia, invero, che l’articolo 16 della legge regionale n. 19/2009 sottrae al permesso di costruire anche interventi di realizzazione di pertinenze di edifici o unità immobiliari esistenti che comportino volumetria, bussole, verande, costruzioni a uso garage, serre e depositi di attrezzi e simili, nei limiti del 10 per cento del volume utile dell’edificio o dell’unità immobiliare esistenti se a destinazione residenziale.”. Deduce ancora che, per gli edifici in zona A, il Piano Particolareggiato del Centro Città vigente ratione temporis, consentiva i soli interventi di conservazione e di implementazione funzionale che non implicassero una trasformazione dell’edificio. Rileva, così riproponendo gli argomenti articolati nei secondi motivi aggiunti, come l’intervento realizzato potesse essere sussunto nella fattispecie del risanamento conservativo”, atteso che la tettoia a copertura di una terrazza/lastrico solare, non è sicuramente opera volta a trasformare l’edificio esistente, risultando finalizzata ad una migliore fruizione del terrazzo. Con il secondo motivo il signor Longo lamenta violazione dell’art. 41 e dell’articolo 49 della legge regionale F.V G. n. 19/2009 ed errore di fatto. Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso le censure rivolte avverso il diniego del permesso di costruire in sanatoria. Assume in primo luogo l’applicabilità della sanatoria giurisprudenziale e la non operatività del principio della doppia conformità. Evidenzia comunque, anche a voler ritenere nella specie operante il principio della doppia conformità, che la pronuncia sarebbe erronea, in quanto avrebbe omesso di considerare che l’opera in questione rientra nel concetto di risanamento conservativo”, trattandosi di elemento accessorio volto a migliorare la funzionalità dell’edificio abitativo secondo un uso compatibile allo stesso. La gravata sentenza così motiva sul punto. Devesi, invero, evidenziare che la tettoia con profili in ferro e copertura in vetro antisfondamento, realizzata dal ricorrente a copertura della preesistente terrazza in assenza di preventivo titolo edificatorio, è appoggiata a dei sostegni imbullonati nel pavimento della terrazza stessa e su un lato del muro dell’immobile a circa mt. 2,90 di altezza, ha larghezza di mt. 6,10, lunghezza di mt. 5,60 e superficie di circa 30 mq. Trattasi all’evidenza di una tettoia di rilevanti dimensioni, che ha comportato una modifica della sagoma e del prospetto dell’immobile, tale da produrre una perdurante e visibile alterazione della parte di edificio su cui è stata inserita e, in ogni caso, da accrescere l’abitabilità dell’immobile di proprietà del ricorrente, consentendovi lo svolgimento di varie attività della vita quotidiana. Non pare, quindi, potersi dubitare del fatto che tale intervento –data la sua natura precaria e non pertinenziale –fosse da assoggettare al previo rilascio del permesso di costruire e a conseguente ingiunzione di demolizione in caso di abusività, come, del resto, costantemente messo in evidenza dalla giurisprudenza amministrativa.che , nel tempo, ha avuto modo di chiarire la necessità del permesso di costruire per l’esecuzione di strutture le cui dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione dell’edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite quando cioè per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione dell’accessorietà, nell’edificio principale o della parte di esso cui accedonoPossono venire, pertanto, pacificamente disattese le doglianze .essendo evidente che l’opera in concreto realizzata ha modificato la sagoma della parte di edificio cui accede, ha creato un nuovo spazio in termini di superficie coperta, decisamente superiore a quella che, in base all’articolo 16, comma 1, lett. j , della l.r. 19/2009, potrebbe consentire di ricondurre l’intervento alla cd. attività edilizia libera. Necessitando , dunque, del previo rilascio del permesso di costruire, soggiace alle misure sanzionatorie stabilite dalla legge in caso di sua accertata mancanza ovvero alla rimozione/demolizione ”. Con riferimento, poi, al diniego di sanatoria impugnato con il ricorso per motivi aggiunti, la decisione di primo grado così ne motiva la legittimità. Alle illegittimità denunciate sfugge anche il diniego di sanatoria impugnato con il II ricorso M.A. Al riguardo, pare, invero, utile ricordare che, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, l’intervento è da ritenersi soggetto al rilascio del permesso di costruire e che il rilascio del titolo in sanatoria implica, ai sensi dell’art. 49 della l.r. n. 19/2009, la cd. doppia conformità ovvero l’intervento deve risultare conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente e adottata sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria. Nel caso di specie, tale requisito non risulta, però, soddisfatto, in quanto il Piano Particolareggiato del Centro Città in vigore alla data dell’abuso ovvero nell’anno 2002, come da dichiarazione resa dallo stesso ricorrente. e il PRGC vigente alla data di presentazione dell’istanza di sanatoria 10 maggio 2010 per la zona A2, ove è ubicato l’edificio, consentono unicamente lavori di risanamento conservativo, ai quali non può in alcun modo venire ricondotta la realizzazione di una tettoia delle dimensioni e caratteristiche tipologico-strutturali pari a quella realizzata dal signor Longo a copertura della terrazza di proprietà E’ evedente che, al di là di eventuali imprecisioni in cui possa essere incorso l’ufficio competente nell’esplicitare le ragioni preclusive alla sanatoria, la tettoia realizzata dal ricorrente non soddisfa in nessun modo i presupposti di legge per poter essere ritenuta intervento di risanamento conservativo, in quanto fuoriesce dai ristretti limiti degli interventi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità , avendo creato un nuovo significativo spazio in termini di superficie coperta, mediante l’aumento delle dimensioni e della sagoma dell’edificio esistente ed avendone modificato la struttura, sì da non poter essere considerata mero inserimento di elemento accessorio funzionale al miglior uso dell’edificio. Ne deriva che, a fronte di tali eloquenti elementi fattuali, il Comune non poteva che ribadire nel provvedimento reiettivo quanto già esaustivamente rappresentato nel preavviso di diniego, senza necessità di confutare, punto per punto, le osservazioni del ricorrente.”. La Sezione ritiene di non condividere la determinazione reiettiva del giudice di primo grado e che i motivi di appello sopra riportati siano fondati. Tanto per le ragioni che di seguito si espongono. Deve in primo luogo procedersi alla qualificazione dell’intervento realizzato dal signor Longo ed al suo corretto inquadramento alla luce della disciplina urbanistica regionale, la quale, in relazione alla natura concorrente della funzione legislativa in materia di governo del territorio, costituisce precipuo punto di riferimento dell’analisi da svolgersi. In fatto, l’opera per cui è causa risulta descritta nel rapporto della Polizia Municipale prot. n. PI/C 0003570 dell’8-4-2009 ed è così indicata sulla terrazza esternaè stata realizzata una tettoia, appoggiata a dei sostegni imbullonati al pavimento della terrazza e su un lato al muro dell’immobile, con profili in ferro e copertura in vetri antisfondamento, non tamponata ai lati. La succitata tettoia misura in altezza mt. 2,90 circa, in larghezza m.6,10 circa e in lunghezza circa m. 5,60”. Da quanto sopra emerge che la stessa ha superficie di poco superiore ai 30 mq. e che non è tamponata ai lati. D’altra parte, non può considerarsi tampognatura” l’apposizione di verde, anche in non modica quantità, non configurando lo stesso chiusura” in termini urbanistico-edilizi. Trattasi, pertanto, di una tettoia di copertura del terrazzo, aperta su tre lati, ove la presenza dei sostegni metallici verticali fissati al pavimento non costituisce elemento strutturale destinato ad ospitare componenti edilizi di chiusura, ma è unicamente funzionale alla tettoia, assicurandone l’appoggio e la necessaria stabilità. In relazione a tali caratteristiche può, conseguentemente affermarsi che l’opera in esame non crea nuova volumetria. Non determinando nuova volumetria, l’intervento per cui è causa non rientra nella nozione di ampliamento, il quale, ai sensi dell’articolo 4 della legge regionale n. 19 del 2009, è costituito da interventi rivolti, anche mediante l’uso di strutture componibili o prefabbricate, alla creazione di nuovi spazi in termine di volume o di superficie, ottenuti con l’aumento delle dimensioni e della sagoma dell’edificio esistente”. Nella specie non vi è creazione di volume, ma a ben vedere, neppure creazione di nuova superficie, considerandosi che il terrazzo sul quale insiste la copertura non vede modificate le proprie dimensioni e che la superficie non può evidentemente riferirsi alla estensione della tettoia la quale non è destinata ad essere praticata ma unicamente a proteggere il terrazzo . La copertura del terrazzo, invero, non altera, nel senso di determinare il passaggio ad altra categoria, la natura di superficie accessoria” del terrazzo articolo 3, lett. f della citata legge regionale , considerandosi che il terrazzo, pur se caratterizzato dall’elemento di protezione della copertura, rimane tale e non diviene superficie utile” art. 3, lett. e della legge regionale . Né è possibile, al fine di far rientrare l’opera nel concetto di nuova costruzione, il riferimento all’istituto della pertinenza”. L’articolo 4, comma 1, n. 7 della legge regionale considera, invero, nuova costruzione la realizzazione di manufatti pertinenziali di edifici esistenti che le norme tecniche dello strumento urbanistico comunale, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale, paesaggistico e storico culturale, qualifichino opere di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20 per cento del volume dell’edificio principale”. Come è ben evidente dal tenore della disposizione, la qualificazione della struttura pertinenziale in termini di nuova costruzione necessita di un incremento volumetrico, il quale nella specie, per come si è sopra visto, non si realizza. Orbene, il successivo articolo 19 subordina a permesso di costruire a gli interventi di nuova costruzione non realizzabili in segnalazione certificata di inizio di attività prima d.i.a. o in attività edilizia libera b gli interventi di ampliamento e la realizzazione di pertinenze o altre strutture, anche non pertinenziali, non realizzabili in segnalazione certificata di inizio di attività prima d.i.a. o in attività edilizia libera , che comportano un aumento superiore al 20 per cento della volumetria utile dell’edificio o dell’unità immobiliare esistente”. Il precedente articolo 17, nel disciplinare gli interventi soggetti a segnalazione certificata di inizio di attività prima d.i.a , prevede, invece, che sono tali gli interventi non assoggettati a permesso di costruire né riconducibili ad attività edilizia libera”. Ciò posto, va evidenziato che la realizzazione della tettoia per cui è causa non rientra nell’attività edilizia libera, disciplinata dall’articolo 16 della legge regionale, considerandosi che essa supera il limite dimensionale dei 20 metri quadrati, espressamente previsto, per le tettoie, dalla lettera j di esso e che comunque non risulta fornita prova del rispetto del limite dimensionale di cui alla successiva lettera k e ciò in disparte la considerazione che tale ultima previsione opera riferimento a un dato volumetrico, il quale è nella specie inutilizzabile in quanto, come sopra visto, non c’è realizzazione di volume. Né è possibile ricorrere, a fondamento della ricomprensione nell’attività edilizia libera, alla disposizione di cui alla lettera i dell’articolo 16 realizzazione di pertinenze di edifici o di unità immobiliari esistenti che non comportino volumetria e destinate ad arredi da giardino o da terrazzo, barbecue e tutti gli interventi di ornamento dell’edificio o sue pertinenze” , in quanto essa risulta inapplicabile in virtù dell’esistenza di una specifica disposizione appunto quella di cui alla successiva lettera j, di cui si è sopra detto specificamente disciplinante l’attività di edilizia libera in materia di tettoie. Ritiene, pertanto, il Collegio che l’opera per cui è causa non è soggetta al regime dell’attività edilizia libera. Essa, inoltre, in relazione alle caratteristiche ed ai riferimenti normativi sopra evidenziati, non è neppure intervento assoggettato al previo rilascio del permesso di costruire, non rientrando nelle fattispecie previste dal citato articolo 19. Come si è sopra visto, la tettoia per cui è causa non è qualificabile quale intervento di nuova costruzione. Essa, inoltre, non costituisce ampliamento, né costituisce opera pertinenziale caratterizzata da incremento volumetrico. Né risulta possibile richiamare in proposito fatto salvo quanto più appresso si dirà in ordine alla corretta qualificazione dell’intervento nell’ambito di quelli sul patrimonio edilizio esistente l’istituto della ristrutturazione edilizia previsto dalla lettera c del citato articolo 19, considerandosi -che nella specie la realizzazione della copertura di un terrazzo che rimane tale, pur se munito di copertura per una migliore fruibilità non conduce ad un organismo edilizio diverso rispetto al preesistente né comporta aumenti di volume ovvero di superficie la superficie del terrazzo resta superficie accessoria e non ne sono modificate le dimensioni -che, inoltre, avendo riguardo alla circostanza che si è in zona A, non vi è modifica della destinazione d’uso il terrazzo rimane tale e continua a qualificarsi in termini di superficie accessoria , né risulta trattarsi di immobile sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004. Dalla disamina svolta in ordine alle caratteristiche del manufatto ed alla normativa disciplinatrice della materia risulta, dunque, che trattasi di opera soggetta al regime abilitativo residuale della d.i.a. oggi s.c.i.a. e non certamente, come ritenuto dal Comune e dal giudice di primo grado, assoggettata al regime del permesso di costruire. Da quanto sopra consegue, pertanto, l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione prot. P.G./E 0030637/2009 del 26-1-2010, adottata ai sensi dell’articolo 31 del t.u. edilizia n. 380/2001, sull’espresso presupposto che l’intervento fosse stato realizzato in assenza del permesso di costruire. L’appello risulta, pertanto, sotto tale profilo fondato, con conseguente riforma della gravata sentenza ed annullamento, in accoglimento del ricorso di primo grado, della impugnata ordinanza di demolizione. Può a questo punto passarsi all’esame dell’appello con riferimento all’avvenuta reiezione del ricorso di primo grado in relazione all’impugnazione del rigetto della denuncia di inizio di attività in sanatoria presentata dal signor Longo per la regolarizzazione della realizzata tettoia. Le considerazioni in precedenza svolte consentono di ritenere la fondatezza dell’appello anche sotto tale ulteriore profilo. Il diniego di sanatoria impugnato atto n. PG/E 0057541/2010 del 7-10-2014 si fonda sostanzialmente sulle seguenti considerazioni -la realizzazione della tettoia crea nuovo spazio in termini di superficie, determinando la trasformazione della terrazza in portico/loggia l’intervento costituisce, pertanto, un ampliamento l’opera costituisce un nuovo organismo edilizio caratterizzato da un nuovo impatto volumetrico l’intervento non risulta sanabile in quanto il Piano Particolareggiato del Centro Città consente unicamente interventi di risanamento conservativo, categoria nella quale non rientra quello eseguito dal privato. Le ragioni esplicitate dal Comune nell’impugnato rigetto e ritenute legittime dal giudice di primo grado non sono condivise dalla Sezione. Vale al riguardo richiamare le argomentazioni più sopra svolte dal Collegio in ordine alla qualificazione dell’intervento realizzato, sottolineandosi che esso non costituisce ampliamento ai sensi dell’articolo 4 della legge regionale n. 19 del 2005 che la tettoia, in relazione alla circostanza che è aperta su tre lati, non determina la creazione di nuovo volume che, inoltre, non c’è incremento di superficie, mantenendo comunque il terrazzo la sua connotazione in termini di superficie accessoria, non verificandosi un mutamento della destinazione d’uso ma unicamente la realizzazione di una struttura accessoria, funzionale alla migliore fruibilità ed utilizzazione del suddetto terrazzo l’articolo 3, lett. f della legge n. 19/2005 qualifica come superficie accessoria sia il balcone che la loggia . Ritiene, inoltre, il Collegio che l’opera, in relazione alle prefate caratteristiche, ben possa rientrare nella categoria del risanamento conservativo”. L’articolo 4 della legge regionale n. 19/2009, riprendendo sul punto la definizione contenuta nell’articolo 3 del dpr n. 380/2001, definisce il restauro e risanamento conservativo come gli interventi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio ”. Rileva in primo luogo la Sezione che la distinzione tra la categoria del restauro e risanamento conservativo e quella della ristrutturazione edilizia riposa, più che sulla specifica tipologia degli interventi realizzabili in gran parte comuni , sull’elemento funzionale, risultando la prima destinata alla conservazione dell’organismo preesistente e la seconda alla trasformazione dello stesso. Ciò posto, non può ritenersi che nella specie la collocazione della tettoia di protezione sul terrazzo abbia determinato una trasformazione dell’organismo edilizio preesistente ovvero la creazione di un nuovo organismo edilizio. Va, invero, evidenziato che l’organismo edilizio cui operare riferimento è l’edificio ovvero l’unità immobiliare preesistenti e non anche il mero terrazzo, isolatamente considerato. Questo, infatti, non si connota per una sua autonomia, in termini urbanistico-edilizi, ma costituisce parte accessoria dell’edificio e dell’unità immobiliare rispetto alla quale esso è servente. Di conseguenza, conservando comunque il terrazzo la propria identità e rimanendo comunque esistente nella sua superficie originaria, non può certamente affermarsi che l’avvenuta copertura con una tettoia in vetro trasparente abbia trasformato il preesistente organismo edilizio. Vi è piuttosto che la richiamata tettoia, chiaramente identificabile e distinguibile in relazione alle sue caratteristiche rispetto all’edificio, non trasforma quest’ultimo, atteso che non ne modifica, attraverso opere e materiali propri delle componenti strutturali dell’edificio medesimo, gli elementi tipologici, formali e strutturali, i quali restano quelli originari. Invero, la tettoia persegue unicamente la funzione di rendere meglio usufruibile il terrazzo, offrendo allo spazio aperto una copertura non chiusa ai lati che lo protegga dalle intemperie e ne consenta una migliore fruibilità ed un più ampio utilizzo, in tal modo consentendo, sotto tale profilo, la migliore conservazione della preesistenza. Sicchè, può ben affermarsi che l’intervento realizzato, in quanto non costituisce ampliamento, volumetria e nuova superficie, né creazione di un nuovo organismo edilizio, si connoti in termini di mero inserimento di un elemento accessorio correlato alle esigenze di uso del terrazzo. D’altra parte, la copertura non è certamente elemento autonomo, ma si qualifica per il carattere di accessorietà rispetto al terrazzo, del quale costituisce necessario e non separabile complemento. Né può rilevare, al fine di escludere la sussumibilità dell’intervento dal paradigma del risanamento conservativo, l’affermazione che vi sia stato aumento delle dimensioni e della sagoma dell’edificio esistente e modificazione della sua struttura. Tali affermazioni non possono essere condivise, atteso che, come sopra visto, non vi è incremento volumetrico e di superficie. Né può parlarsi di una variazione rilevante” in termini escludenti della sagoma e della struttura dell’edificio, trattandosi di un elemento chiaramente accessorio, come tale anche visivamente identificabile, il quale, in relazione al materiale utilizzato ed alle caratteristiche costruttive, non ha inciso sugli elementi strutturali originari e consente comunque di individuare così conservandola la conformazione planovolumetrica originaria della costruzione. Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, deve di conseguenza ritenersi che all’intervento, in relazione alle sue peculiarità, possa riconoscersi la natura di risanamento conservativo”. A tanto consegue l’illegittimità del diniego di sanatoria che tale qualificazione ha negato. Deve, pertanto, essere accolto il motivo di appello , con conseguente riforma della sentenza del Tribunale e, in accoglimento dei motivi aggiunti proposti in primo grado, l’annullamento del diniego di sanatoria. Segue alla presente pronuncia l’obbligo del Comune di rideterminarsi sulla istanza di sanatoria, applicando i principi in questa sede espressi. L’accoglimento del primo e del secondo motivo di appello sono sufficienti a soddisfare l’interesse dell’appellante all’annullamento degli atti gravati, onde può essere assorbito l’esame delle residue censure in questa sede prospettate. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 . Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Tenuto conto della peculiarità della situazione di fatto e delle questioni interpretative sottese alla soluzione della controversia, le spese del doppio grado del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie così come in motivazione specificato e , per l’effetto, in riforma della sentenza appellata ed in accoglimento del ricorso di primo grado e dei motivi aggiunti, annulla l’ordinanza di demolizione prot. P.G./E 0030637/2009 del 26-1- 2010 ed il provvedimento di diniego di sanatoria prot. P.G./E0057541/2010 del 7-10-2014 PG/U 0147133 del 6-11-2014 . Spese del doppio grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.