Beni sottratti alla mafia: legittima l'ordinanza di sgombero dell'alloggio abusivamente occupato

E’ legittima l'ordinanza di sgombero dell'alloggio abusivamente occupato disposta dall’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ciò in quanto il provvedimento deve essere considerato quale atto dovuto, ai sensi dell’art. 47, comma 2, d.lgs. n. 159/2011.

Il Consiglio di Stato, Sezione III, con la sentenza n. 2682 depositata il 16 giugno 2016, ha respinto la richiesta delle due donne che, insieme ai rispettivi figli minori, vivevano nell'alloggio oggetto di confisca e che, non avendo altro alloggio presso il quale trasferirsi, avevano chiesto una ‘interpretazione costituzionalmente orientata’ e flessibile delle norme in tema di destinazione degli immobili sequestrati alla criminalità, tale da garantire la salvaguardia del ‘diritto alla casa’, anche in un'ottica di solidarietà sociale. Ordinanza di sfratto. Ma, a tale proposito, il Collegio ha affermato che il bilanciamento tra l’interesse pubblico e quello privato è stato già effettuato dal legislatore, sicchè l’emanazione delle ordinanze di sfratto non viola il principio di proporzionalità. In pratica, l’Agenzia aveva il potere-dovere di ordinare ai ricorrenti di lasciare libero il bene, avendo lo stesso acquisito, per effetto della confisca, un’impronta rigidamente pubblicistica, che non consente di distoglierlo, anche solo temporaneamente, dal vincolo di destinazione e dalle finalità pubbliche, che determinano l’assimilabilità del regime giuridico del bene confiscato a quello dei beni facenti parte del patrimonio indisponibile. Peraltro, ha osservato la Sezione, le appellanti erano a conoscenza da tempo della necessità di procurarsi un nuovo alloggio, sicché la loro pretesa a rimanere sine titulo all’interno dell’immobile non poteva trovare tutela.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 28 aprile – 16 giugno 2016, n. 2682 Presidente Maruotti – Estensore Santoleri Fatto e diritto 1. - Con ricorso RG 5529 del 2012, proposto al T.A.R. per il Lazio, le signore - omissis - e - omissis - – quest’ultima deceduta in pendenza del giudizio, alla quale è succeduta l’erede - omissis -, odierna appellante – hanno impugnato i provvedimenti nn. 6980 e 6981 del 12 aprile 2012, adottati dall’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, con i quali è stato disposto lo sfratto dall’immobile sito in Napoli, via Cupa dell’Arco n. 11 da loro occupato sine titulo. Tale immobile, infatti, era stato confiscato con decreto n. 408/04 del 16 marzo 2004 del Tribunale di Napoli, Sezione per l’applicazione di misure di prevenzione, confermato con decreto n. 73/10 del 25 maggio 2010 della Corte d’appello di Napoli, avverso il quale è stato proposto un ricorso, respinto dalla Corte di Cassazione con pronuncia del 25 maggio 2011. Nel ricorso di primo grado, le ricorrenti avevano dedotto molteplici censure di violazione di legge e di eccesso di potere, rilevando – in estrema sintesi – che nel corso dei procedimenti che hanno condotto alla confisca non sarebbero stati valutati alcuni elementi a loro favorevoli, tanto da averle indotte a presentare un incidente di esecuzione dinanzi alla Corte di Cassazione, il cui procedimento sarebbe ancora pendente, ed il cui esito – ove fosse per loro favorevole – riverbererebbe i suoi effetti sulle ordinanze di sfratto. Le interessate hanno ivi rappresentato, inoltre, di non avere, insieme ai rispettivi figli minori, altro alloggio presso il quale trasferirsi ed hanno chiesto una ‘interpretazione costituzionalmente orientata’ e flessibile delle norme in tema di destinazione degli immobili sequestrati alla criminalità, tale da garantire la salvaguardia del ‘diritto alla casa’, anche in un'ottica di solidarietà sociale. 2. - Con la sentenza n. 5412 del 2015, il T.A.R. Lazio ha respinto il ricorso rilevando che -- non ricorrevano i presupposti per disporre la sospensione del processo in pendenza dell’incidente di esecuzione presso l’Autorità giudiziaria ordinaria -- i dedotti vizi dei procedimenti concernenti l’irrogazione dell confisca non potevano assumere rilevanza nel giudizio, non potendo il giudice amministrativo sindacare i provvedimenti del Tribunale penale, sezione misure di prevenzione -- l’ordinanza di sgombero emessa dalla Agenzia ha natura di atto dovuto, ai sensi dell’art. 47 comma 2 della L. n. 159/11 -- non è possibile comparare l’interesse pubblico all’acquisizione materiale del bene con quello privato alla sua conservazione, in assenza di alcun titolo giuridico alla sua utilizzazione, in quanto la comparazione è stata già effettuata dal legislatore, con disposizioni immuni da vizi di costituzionalità. 3. - Avverso la sentenza del TAR, le signore - omissis - e - omissis - hanno proposto appello, deducendo innanzitutto la violazione dell’ordinanza cautelare emessa da questa Sezione n. 4429/2012, che aveva accolto la originaria domanda cautelare, tenuto conto della gravità e della irreparabilità del pregiudizio e sostenendo che il primo giudice avrebbe dovuto tenerne conto ai fini della definizione della controversia. Il T.A.R. avrebbe tenuto un comportamento contraddittorio, perché all’udienza del 14 gennaio 2015 avrebbe cancellato la causa dal ruolo, e poi alla successiva udienza del 25 marzo 2015, invece, l’avrebbe trattenuta in decisione. Nell’atto di impugnazione le appellanti hanno poi reiterato le censure proposte in primo grado, senza però censurare le statuizioni contenute nella sentenza appellata. 4. - L’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del gravame. 5. - All’udienza pubblica del 28 aprile 2016, l’appello è stato trattenuto in decisione. 6. - L’appello è inammissibile ed infondato e va dunque respinto. 6.1 - Occorre preventivamente rilevare che nel giudizio di appello, che non è un iudicium novum, è inammissibile la mera riproposizione dei motivi di primo grado, senza che sia sviluppata alcuna confutazione della statuizione del primo giudice, atteso che la cognizione del giudice d'appello investe le questioni dedotte dall'appellante mediante l'enunciazione di specifici motivi, e tale requisito di specificità dei motivi esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell'appellante, volte a confutare il fondamento logico giuridico delle prime cfr., tra le tante, Cons. Stato Sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 158 Cons. Stato Sez. V, 31 marzo 2016, n. 1268 Cons. Giust. Amm. Sic., 25 settembre 2015, n. 615 . Nel caso di specie, le appellanti si sono limitate a richiamare i motivi di impugnazione dedotti dinanzi al T.A.R. per il Lazio, senza censurare le statuizioni contenute nella sentenza appellata, il che comporta la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione. 6.2 - L’appello è comunque anche infondato, perché -- le valutazioni in merito all’opportunità di soprassedere sulla definizione della controversia di primo grado, fino all’esito dell’incidente di esecuzione dinanzi alla Corte di Cassazione, non costituiscono vizi della sentenza del TAR -- peraltro, essendo stata accolta in appello la domanda cautelare, il primo giudice era obbligato a definire il giudizio in tempi rapidi -- l’adozione dell’ordinanza di sgombero costituisce, per l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, atto dovuto, ai sensi dell’art. 47, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 cfr., tra le tante, Cons. St., sez. III, 23 giugno 2014, n. 3169 -- l’Agenzia ha il potere-dovere di ordinare ai ricorrenti di lasciare libero il bene, avendo lo stesso acquisito, per effetto della confisca, un’impronta rigidamente pubblicistica, che non consente di distoglierlo, anche solo temporaneamente, dal vincolo di destinazione e dalle finalità pubbliche, che determinano l’assimilabilità del regime giuridico del bene confiscato a quello dei beni facenti parte del patrimonio indisponibile -- le appellanti erano a conoscenza da tempo della necessità di procurarsi un nuovo alloggio, sicché la loro pretesa a rimanere sine titulo all’interno dell’immobile non può trovare tutela -- il potere-dovere dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di ordinare di lasciare libero il bene confiscato non è in alcun modo condizionato dalla previa adozione del provvedimento di destinazione dello stesso Cons. St., sez. III, 23 giugno 2014, n. 3169 -- il bilanciamento tra l’interesse pubblico e quello privato è stato già effettuato dal legislatore, sicchè l’emanazione delle ordinanze di sfratto non viola il principio di proporzionalità. 7. - L’appello va dunque respinto, con conferma della sentenza di primo grado che ha rigettato il ricorso di primo grado. 8. - Le spese di lite relative al grado di appello possono compensarsi tra le parti, tenuto conto della particolarità della fattispecie. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza respinge l 'appello RG 4133 del 2015 e, per l'effetto, conferma la sentenza 5412 del 2015 del T.A.R. Lazio, che ha respinto il ricorso RG. 5529 del 2012. Spese del secondo grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti appellanti.