Il tetto contributivo si applica ipso iure anche agli avvocati di Stato regionali

Su questo tema la Corte Cost. n. 153/15 ha chiarito che l’art. 13 d.l. n. 66/14 è una norma statale di principio con cui è imposto questo tetto contributivo e che, imponendo divieti, trova diretta, immediata e specifica applicazione, anche perché la semplificazione e la riduzione di costi e fasi procedimentali non necessarie risponde a principi consolidati del diritto dell’UE. Ergo l’adeguamento poteva avvenire con atti amministrativi, ma non c’è alcun obbligo di recepirla con una legge regionale.

È quanto chiarito dal Tar Campania sez. IV, sentenza n. 3083 depositata il 16/6/16. Il caso. È il Capo di Gabinetto del Presidente della Giunta regionale della Regione Campania, in posizione di fuori ruolo incarico rivestito sino al 19/4/15 cui fu richiesta la restituzione di €.133.576,58 in base all’art. 1, commi 471 ss, l. n. 147/13, così come novellato dall’art. 13 d.l. n. 66/14 L.89/14 , in vigore dal 1/5/14 tetto retributivo è la differenza tra la retribuzione omnicomprensiva effettivamente spettante e quella percepita comprensiva di indennità accessorie anche quella per il risultato pari al 50% dello stipendio corrispostegli dalla Regione. Impugnò gli atti della pa, il d.P.C.M. n. 89/12 e gli altri provvedimenti con cui gli era stata imposta questa decurtazione, ma il ricorso è stato respinto per una pluralità di motivi, tanto più che sul punto, come sopra esplicato, si era già pronunciata la Corte Cost. n. 153/15 che aveva convalidato la liceità dell’art. 13 d.l. n. 66/14. Respinte tutte le eccezioni ed è chiaramente inapplicabile la regola del foro del pubblico impiego o della sede di servizio la lite attinente al rapporto di lavoro non è tra il dipendente e la pa, ma al contrario è l’ente che avanza pretese verso il lavoratore Tar Molise 525/14 . Quadro normativo. L’art. 23- ter d.l. n. 201/11 l. n. 214/11 sancisce che il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/01 ssm , ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'art. 3 del decreto stesso sia parametrato allo stipendio del Primo presidente della Corte di Cassazione, consentendo il cumulo tra retribuzione ed indennità accessorie erogate dalla pa datrice di lavoro o da più organismi o per lo svolgimento di una pluralità d’incarichi conferiti da un unico organismo nell’arco di un anno. La Campania, in ottemperanza del termine di legge di adeguamento ai dettami statali, impose limiti più rigidi di questi, stabilendo che chiunque è chiamato all’esercizio di funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, in posizione di aspettativa, fuori ruolo, comando o altre analoghe posizioni previste nei rispettivi ordinamenti, non può ricevere, a titolo di retribuzione o di indennità per l’incarico ricoperto, o anche soltanto per il rimborso delle spese, più del 25% dell’ammontare complessivo del trattamento economico percepito l.r. 38/12 . In ogni caso questi dipendenti conservavano la retribuzione della pa di appartenenza. Con la vigenza dell’art. 66 il tetto è stato fissato a €.240.000 annui e le Regioni dovevano adeguarsi entro luglio 2014. La Campania presentò una qlc contro tale norma, ma fu in parte respinta ed in parte dichiarata inammissibile la sua fissazione rientrava nelle competenze statali ex art. 117 Cost. perché si trattava di norme sul contenimento della spesa per il personale volte a determinare i principi fondamentali nella materia del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario . La Consulta, però, ha ribadito che il trattamento economico dei dipendenti pubblici va ricondotto alla materia dell' ordinamento civile”, prevalendo quest'ultimo ambito di competenza su ogni tipo di potestà legislativa delle Regioni, e quindi anche sulle attribuzioni fatte valere, nella sua impugnazione, dalla Regione ricorrente in materia di organizzazione amministrativa sentenza n. 19/2013 , nonché in materia di coordinamento della finanza pubblica sentenza n. 225/2013 . Diretta applicabilità agli avvocati di Stato anche impiegati presso le Regioni. Dalla Corte Cost. n. 153/15, atteso che è pacifico che il tetto contributivo si applica anche agli avvocati di Stato Tar Lecce 170/16 , si evince che le Regioni hanno il dovere di recepire tali norme le disposizioni statali sono già molto dettagliate di per sé e quindi d’immediata e diretta applicazione. Il recepimento, nell’ambito della propria autonomia statutaria e legislativa, può avvenire o con leggi regionali o con atti amministrativi come nella fattispecie se non sono recepite in alcun modo e nei termini di legge, la P.A. rischia d’incorrere in sanzioni di cui all’art. 1, lett. a-m d.l. n. 179/12. La Legge regionale è necessaria se deve completare ed integrare, con disposizioni legislative di dettaglio, le norme di principio dettate dallo Stato od imporre limiti più ristretti rispetto alla disposizione statale da recepire è opinione comune che possono rientrare in questo caso, in analogia con quanto stabilito per l’ambiente, anche livelli di tutela più elevati di quelli statali , ma non lo è se si tratta di far rispettare il tetto retributivo, tanto più che il d.l. n. 66/14 si applica ad una pluralità di settori eterogenei taxi, società partecipate, gettoni di presenza etc. prevedendo il generale taglio dell’80% delle spese delle pa il capo in cui si trova la norma censurata è rubricato Amministrazione sobria” . Se si decidesse altrimenti si violerebbe l’art. 117 Cost. perché si consentirebbe un tetto superiore a quello previsto dalla legge statale l. n. 89/14 compromettendo i livelli uniformi di garanzia economica sociale previsti dalla stessa.

TAR Campania, sez. IV, sentenza 11 maggio – 16 giugno 2016, n. 3083 Presidente Pappalardo – Estensore Di Napoli Fatto Con ricorso iscritto al n. 5798 dell’anno 2015, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva di prestare servizio, in qualità di Avvocato dello Stato, presso l'Avvocatura generale dello Stato, in Roma di aver ricoperto, dal 19 aprile 2010 al giugno 2015, l'incarico di Capo di Gabinetto del Presidente della Giunta regionale della Regione Campania, in posizione di fuori ruolo di aver mantenuto, per lo svolgimento del suddetto incarico e per tutta la sua durata, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Giunta regionale n. 490 del 21 giugno 2002 art. 5, commi 1, lettera a, e 2 e, successivamente, dal decreto del Presidente della Giunta regionale n. 37 del 4 febbraio 2013, il trattamento economico complessivo in godimento presso l'Avvocatura dello Stato senza peraltro percepire gli onorari di causa, non riconosciuti per il periodo di collocamento fuori ruolo , in relazione alla qualifica e alla posizione stipendiale ricoperta, avendo esercitato l'opzione consentita dalla predetta normativa, ed ha percepito, a carico della Regione, una indennità pari al trattamento economico accessorio più elevato, ivi compresa la quota relativa alla retribuzione di risultato, corrisposto ai dirigenti coordinatori di Area, maggiorato del cinquanta per cento che, con nota del Segretario generale del 30.06.2015 - della quale il ricorrente è venuto a conoscenza successivamente per le vie brevi, non avendo mai ricevuto l'originale - l'Avvocatura Generale dello Stato, riteneva che, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 1, comma 471 e seguenti, della Legge 27.12.2013, n. 147 e successive modificazioni e integrazioni, il limite massimo retributivo per i dipendenti pubblici, fissato dall'art. 23-ter del D.L. n. 201 del 2011, come ridefinito dall'art. 13, comma 1, del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, coordinato con legge di conversione 23 giugno 2014, n. 89, a far tempo dal l° maggio 2014, dovesse applicarsi anche al ricorrente, in relazione al cumulo tra la retribuzione percepita in qualità di avvocato dello Stato e l'indennità corrispostagli dalla Regione Campania che, pertanto, considerato che, per l'anno 2014, tenendo conto della presenza di due diversi valori di soglia, nonché del numero dei mesi di vigenza di tali limiti nel corso dell'anno, in applicazione delle norme succedutesi nel tempo per il suddetto anno, l'importo massimo erogabile in applicazione del citato limite retributivo risultava determinato in € 263.886,18 e rilevato che, per lo stesso anno 2014, il ricorrente, secondo il criterio di competenza, aveva percepito la somma di € 208,006,80 a titolo di stipendio, indennità integrativa speciale a.l. e indennità magistrati, nonché che, dal confronto tra la predetta retribuzione lorda ed il suddetto limite, il compenso annuo lordo da erogare all'avv. Del Gaizo, per l'attività di Capo di Gabinetto del Presidente della Regione Campania, dovesse essere contenuto entro il limite di € 55.879,38, invitava la Regione Campania ad avviare la procedura di riconduzione al tetto retributivo fissato per l'anno 2014, mediante recupero della somma eccedente corrisposta all'Avvocato Del Gaizo, pari ad euro 133.776,58, da destinare alla riduzione dell'indebitamento regionale che, con l'impugnata nota della Direzione Generale per le risorse umane del 31.08.2015, ricevuta dal ricorrente in data 22.9.2015, avente ad oggetto Limite al trattamento economico dei pubblici dipendenti. Art. 23-ter D.L. n. 201/2011, D.P.C.M. 23 marzo 2012, art. 13 D.L. n. 66/2014. Recupero somme , la Regione Campania - richiamata la suddetta nota dell'Avvocatura generale, richiamato il dispositivo della sentenza della Corte Costituzionale n. 153 depositata il 14.7.2015, che, pronunciando su ricorso della stessa Regione relativo alla legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 1, 2, 3 e 4 del D.L. n. 66/2014, aveva dichiarato lo stesso in parte infondato e in parte inammissibile nei termini che saranno illustrati più innanzi ritenuto, alla luce di quanto sopra, che l'Amministrazione fosse tenuta ad avviare la procedura di riconduzione del tetto retributivo relativo all'anno 2014, mediante recupero delle somme asseritamente eccedenti il tetto, corrisposte al ricorrente - invitava l'avv. Del Gaizo a provvedere alla restituzione della somma pari ad € 133.776,58 per l'anno 2014, riversandola a mezzo di bonifico bancario alla stessa Regione. Precisava, altresì, che saranno avviate le procedure di riconduzione del tetto retributivo relativo all'annualità 2015, non appena ultimate le procedure di rendicontazione . Instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali. Si costituiva l’Amministrazione chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso. All’udienza dell’11.05.2016, il ricorso è stato assunto in decisione. Diritto La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi 1 violazione dell'art. 7 l. n. 241/90, attesa l'omessa comunicazione dell'avvio del procedimento 2 Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, commi da 471 a 475 della Legge n. 147/2013. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 13 del D.L. n. 66/2014, come convertito dalla Legge n. 89/2014. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 10 della Legge Regionale della Campania n. 38/2010. Carenza di potere ovvero incompetenza della Direzione generale per le risorse umane della Regione Campania l'art. 23-ter, comma 1, del D.L. 6.12.2011, n. 201, in sede di conversione del D.L. con legge 22.12.2011, n. 214 ha disposto che con DPCM, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, fosse definito il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni, stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione. tale norma ha stabilito, altresì, che, ai fini dell'applicazione della disciplina in questione, devono essere computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell'anno il comma 4 dell’art. 23 bis precisa poi che le risorse rivenienti dall'applicazione del presente articolo sono annualmente riversate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato . Orbene, la norma in questione e con essa il DPCM 23.3.2012 — all. 8, che ne riproduce in modo sostanziale le disposizioni ha inteso fissare un tetto agli emolumenti retributivi o assimilati, con esclusivo riferimento alle somme corrisposte dalle pubbliche amministrazioni statali di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 165 del 2001. E soltanto con riferimento a tali emolumenti ha previsto il computo in modo cumulativo delle somme predette ai fini della verifica del rispetto del tetto massimo. Ciò risulta in modo evidente dalla lettera della norma è altresì palese che gli enti locali e le regioni enti territoriali non rientrino nell'ambito delle suddette amministrazioni, non potendosi, gli stessi, qualificare come amministrazioni statali , in quanto enti distinti dallo Stato, ai sensi dell'art. 114 della Costituzione. Lo stesso art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, nell'elencare le amministrazioni pubbliche, senza attributi, distingue chiaramente tra amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo ed enti territoriali e locali. Che la norma in questione non fosse immediatamente applicabile alle regioni e, dunque, a emolumenti e retribuzioni dalle stesse corrisposti a qualsivoglia titolo, peraltro, è ulteriormente dimostrato dal fatto che, con successiva norma art. 2, comma 1, del d.l. 10.10.2012, n. 174, nel testo modificato, in sede di conversione, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 , il legislatore statale ha previsto espressamente la necessità che le stesse regioni si adeguassero, entro il termine ivi stabilito 23 dicembre 2012 , con le modalità previste dal proprio ordinamento , ad una serie di disposizioni statali non direttamente applicabili agli enti territoriali, tra le quali figura appunto l'art. 23-ter del d.l. 201/2011 indicato dalla lettera i della norma predetta . In particolare, l'art. 23-ter non potrebbe essere interpretato in modo da ritenere che il solo fatto di essere titolari di uno o più rapporti di lavoro con le suddette amministrazioni statali anche ai sensi dell'art. 3 del dlgs 165/2001 determini peraltro per effetto del cumulo l'applicazione del tetto anche ad emolumenti o retribuzioni corrisposti in virtù di rapporti con amministrazioni diverse da quelle considerate dalla norma, e, in particolare, dalle regioni, anche in virtù di altri, basilari principi ermeneutici e della necessità di interpretare la norma in modo costituzionalmente orientato. Ciò perché, in primo luogo, la norma in esame reca disposizioni limitative di diritti, che dunque non possono essere interpretate in modo estensivo, come avverrebbe se si facessero rientrare nel cumulo, ai fini del raggiungimento del tetto, anche le somme corrisposte nell'ambito di rapporti con regioni, enti locali e comunque amministrazioni diverse da quelle espressamente contemplate dalla stessa norma. In secondo luogo, se fosse così diversamente interpretata, la norma determinerebbe una palese, ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti che percepiscono trattamenti economici a carico delle finanze pubbliche, i quali, a parità di retribuzioni complessivamente percepite, soggiacerebbero o meno alla limitazione del tetto a seconda che tali trattamenti siano, anche minimamente, comprensivi o meno di emolumenti riconosciuti nell'ambito di rapporti con le amministrazioni statali di cui al citato art. 1, comma 2 ovvero nei confronti dei soggetti che, a fronte dell'esercizio, presso enti e amministrazioni non contemplati dall'art. 23-ter, di funzioni identiche a quelle svolte dai dipendenti di tali amministrazioni, sarebbero soggetti a differenti limiti retributivi, in ragione del solo fatto di essere dipendenti di amministrazioni statali anche in regime di diritto pubblico . Inoltre la suddetta diversa interpretazione, ove applicata alle regioni e agli emolumenti da queste corrisposti ai dipendenti delle amministrazioni statali anche in regime di diritto pubblico , con i quali intrattengono rapporti di lavoro o di collaborazione cioè facendo rientrare anche tali emolumenti nel cumulo , sarebbe altresì lesiva dell'autonomia organizzativa e di bilancio di quegli enti, laddove impone di riversare le risorse rivenienti dalla sua applicazione al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. La Regione Campania si è adeguata alle disposizioni di principio contenute nell'art. 23-ter, con l'art. 10 della legge regionale 24.12.2012, n. 38 la norma regionale, nell'introdurre un limite retributivo parametrato al trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione, lo ha riferito ai soli emolumenti o retribuzioni a carico delle finanze pubbliche regionali percepiti nell'ambito dei soli rapporti di lavoro dipendente o autonomo con la Regione e gli enti sub regionali. Con la Legge n. 147 del 27 dicembre 2013 il legislatore statale è nuovamente intervenuto sulla disciplina in esame, con le disposizioni contenute nei commi da 471 a 475 dell'articolo 1, emanato nelle more del perfezionamento della delibera della Giunta regionale da adottarsi in applicazione dell'art. 13 della legge regionale 38/2012. In particolare, i commi 471 e 472 hanno esteso il limite retributivo previsto dall'art. 23-ter a retribuzioni ed emolumenti corrisposti in ragione di rapporti di lavoro subordinato e autonomo con autorità amministrative indipendenti e con la generalità delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2 del D.Lgs. 165/2001, nonché agli emolumenti dei componenti dei rispettivi organi di amministrazione, direzione e controllo il comma 473 ha stabilito il principio del computo cumulativo delle somme comunque erogate all'interessato a carico di uno o più organismi o amministrazioni anche ai fini dell'applicazione della disciplina contenuta nei commi 471 e 472. Il comma 474 contiene disposizioni in materia di acquisizione in bilancio, rispettivamente dello Stato, e delle altre amministrazioni pubbliche, delle somme rivenienti dalle misure di cui ai precedenti commi. Il comma 475, peraltro, ha disposto che le regioni adeguassero entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge 147 nell'ambito della propria autonomia statutaria e legislativa, i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di cui ai commi da 471 a 474 . Dunque, compiendo una precisa scelta, il legislatore nazionale ha chiaramente escluso che le norme predette operassero direttamente e immediatamente negli ordinamenti regionali, con riguardo agli emolumenti corrisposti nell'ambito dei rapporti di lavoro instaurati con gli enti territoriali, stabilendo che questi ultimi dovessero provvedere ad adeguarsi a dette disposizioni, nelle forme consentite dalla propria autonomia, fissando all'uopo un congruo termine. A tale adeguamento, peraltro, la Regione Campania non ha proceduto entro il suddetto termine, avendo impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale l'art. 13 del D.L. n. 66/2014, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 89/2014, entrato in vigore in prossimità della scadenza del predetto termine, il quale aveva ulteriormente ridotto l'ammontare del limite retributivo e aveva apportato sostanziali modifiche dei commi da 471 a 473 della Legge n. 147/2013, ma aveva lasciato intatto il termine di cui al comma 475 anche con riguardo al recepimento nell'ordinamento regionale di queste ultime. Invero nel ricorso dinanzi alla Corte la Regione aveva, tra l'altro, lamentato la sopravvenuta incongruità del suddetto termine, lesiva della propria autonomia legislativa, con particolare riguardo alla necessità di adeguare le disposizioni sul tetto e sul cumulo anche ai compensi corrisposti dalle società partecipate. Con riferimento a quest'ultimo profilo, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 153 del 14.7.2015, nel dichiarare il ricorso della Regione in parte infondato, in parte inammissibile, ha precisato che, dando un'interpretazione della disposizione conforme alla Costituzione, sarebbe stato ben possibile interpretare la norma impugnata i.e. l'art. 13 del d.l. 66/2014 nel senso che l'adeguamento dell'ordinamento regionale debba avvenire entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione n. 89 del 2014 e non dell'entrata in vigore della legge n. 147 del 2013 adeguamento che, evidentemente, reca con sé anche quello alle norme dei commi da 471 a 474 della legge 147, in quanto relativo a disposizioni e principi riferiti ad un tetto, il cui ammontare definitivo è stato fissato proprio dall'art. 13 e in quanto modificate da quest'ultima norma anche con riguardo all'ambito oggettivo di applicazione. Risulta dunque palese l’illegittimità degli atti impugnati la pretesa di ricondurre , nei confronti del ricorrente, il tetto retributivo relativo all'anno 2014, recuperando le somme eccedenti corrispostegli, rispetto ad un limite ottenuto calcolando in modo cumulativo gli emolumenti percepiti dallo Stato e dalla Regione, in assenza della norma regionale di adeguamento, comporta, da un lato, l'applicazione diretta nell'ordinamento regionale delle disposizioni contenute nei commi da 471 a 474, come integrati dall'art. 13, del d.l. 66/2014, estendendone la portata, in contrasto con quanto stabilito dal comma 475 dall'altro, si risolve in una violazione e sostanziale disapplicazione dell'art. 10 della L.R. n. 38/2012, esorbitando dai limiti di efficacia della stessa, che, nel testo tuttora in vigore, come si è visto, disciplina il tetto relativo a emolumenti e retribuzioni percepiti esclusivamente a carico delle finanze regionali, in ragione dei soli rapporti di lavoro con la Regione e con i suoi enti strumentali, senza prevedere, a tale riguardo, alcun cumulo tra quei corrispettivi ed emolumenti o retribuzioni percepiti in virtù di rapporti di lavoro con altre pubbliche amministrazioni 3 incompetenza della Direzione generale per le risorse umane, nell'applicare l'indebita riduzione ex post degli emolumenti percepiti dal ricorrente in relazione all'incarico di Capo di Gabinetto del Presidente della Giunta regionale è altresì illegittima per violazione delle disposizioni e del principio suddetto, intervenendo in materia riservata dagli stessi all'organo politico infatti, è di competenza del Presidente della Giunta regionale anche la determinazione del trattamento economico dei responsabili degli uffici di diretta collaborazione e del personale, dirigente e non, chiamato a far parte degli stessi 4 eccesso di potere per carenza di motivazione sia il ricorrente, sia l'Amministrazione regionale, con nota del 19.8.2014, avevano fatto pervenire al Segretario generale dell'Avvocatura dello Stato il parere del Capo dell'Ufficio legislativo del Presidente della Giunta regionale in data 8.8.2014, nel quale, non solo erano stati chiaramente esposti gli argomenti che dimostravano la non applicabilità delle disposizioni dell'art. 23-ter all'ambito delle finanze pubbliche regionali e la non cumulabilità degli emolumenti corrisposti a carico di queste ultime, in ragione di rapporti di lavoro con la Regione, con quelli corrisposti a carico delle finanze pubbliche statali, ma era anche stato sottolineato che l'applicazione della normativa introdotta dall'art. 1, commi 471 ss. nell'ordinamento regionale era condizionata dall'autonomo, necessario adeguamento previsto dall'articolo 1, comma 475, della legge 147/2013 sicché, prima di invitare la Regione a procedere all'avvio del procedimento di riconduzione al tetto retributivo fissato per l'anno 2014 nei riguardi del ricorrente, l'Avvocatura avrebbe, dunque, dovuto prendere in considerazione le predette argomentazioni violazione della sentenza n. 153/2015 della Corte costituzionale, atteso che dalla predetta sentenza si fa discendere senz’altro l’applicazione del tetto, come determinato dal d.l. 66/2014 mentre dal contenuto della sentenza si evince a che la normativa di cui alla Legge n. 147/2013 e al D.L. n. 66/2014 non trovava immediata applicazione nell'ordinamento regionale b che il suddetto adeguamento sarebbe dovuto avvenire in un termine più lungo di quello stabilito dal legislatore nazionale nel comma 475 della Legge n. 147 5 illegittimità del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 59870 del 23 marzo 2012, per violazione dell’art. 17 l. n. 400/1988 si tratta infatti, senza dubbio, di un regolamento, adottato però senza l’acquisizione del parere del Consiglio di Stato il DPCM è poi illegittimo se interpretato come si fa negli atti impugnati per violazione dell’art. 117 Cost., per lesione dell’autonomia regionale 6 secondo il pacifico orientamento, sia del giudice amministrativo, che di quello ordinario, infatti, il recupero delle somme indebitamente corrisposte dalla pubblica amministrazione in ragione di rapporti di lavoro o incarichi deve essere effettuato al netto e non al lordo delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali, potendo avere a oggetto soltanto quanto effettivamente sia entrato nella sfera patrimoniale del dipendente. In memoria depositata in data 12.12.2015, la Regione eccepiva l’inammissibilità del ricorso per tardività, essendo stato notificato oltre sessanta giorni dalla comunicazione degli atti impugnati l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse, atteso che gli atti sono imputabili all’Amministrazione Statale il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che gli atti sono stati adottati nell’ambito di un rapporto di lavoro di diritto privato e l’infondatezza del ricorso nel merito. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, in memoria depositata in data 12.12.2015, eccepiva l’incompetenza territoriale del Tar Campania Napoli, attesa la competenza del Tar Lazio Roma, atteso che la sede presso cui il ricorrente presta servizio è Roma e l’infondatezza del ricorso nel merito. Con motivi aggiunti depositati in data 23.01.2016, il ricorrente ribadiva la competenza del Tar Campania, l’infondatezza dell’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività e omessa impugnazione di un atto presupposto, trattandosi di pretesa relativa ad un diritto soggettivo, e ribadiva la giurisdizione del g.a. ai sensi dell’art. 133 co. 1 lett. i c.p.a. nonché la fondatezza del ricorso nel merito. In memoria depositata in data 04.02.2016, la Regione Campania ribadiva le eccezioni già in precedenza opposte. In memoria depositata in data 06.02.2016, la Presidenza del Consiglio ribadiva anch’essa le eccezioni già opposte. In memoria depositata in data 20.04.2016, la parte ricorrente ribadiva la fondatezza del ricorso. Preliminarmente, va respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo opposta dalla Regione. Infatti, non può condividersi l’assunto della Regione, secondo cui l’atto impugnato sarebbe un atto assunto da datore di lavoro Regione Campania nell'ambito ed in esecuzione di un rapporto di lavoro di diritto privato, che rinviene, cioè, la sua fonte in un contratto di lavoro autonomo di tipo privatistico, accessivo al DPRC di nomina, ed ex lege integrato o eterointegrato , sotto il profilo della determinazione dell'importo massimo tetto del relativo trattamento economico. L’incarico in questione, infatti, non è un incarico di gestione ma un incarico di diretta collaborazione con il vertice politico, conferito in applicazione dei decreti del Presidente della Giunta regionale nn. 490 del 21.6.2002 e 37 del 4 febbraio 2013 e consistente nella preposizione al vertice di un ufficio che svolge esclusive competenze di supporto al predetto organo e di raccordo con l'amministrazione , in base ad un rapporto strettamente fiduciario, cioè intuitu personae. Come correttamente osservato da parte ricorrente, l'incarico di Capo di Gabinetto, attribuito al ricorrente, rientra tra gli incarichi di diretta collaborazione in regime di diritto pubblico l'incarico in questione è stato conferito con decreto del Presidente della Giunta regionale, che non prevedeva la sottoscrizione di alcun contratto accessivo allo stesso decreto di nomina contratto che, infatti, non è mai stato formato o sottoscritto né risulta essere stato depositato dalla Regione Campania . Inoltre il trattamento economico del ricorrente, consistente in un'indennità parametrata a quella dei dirigenti regionali, ma non avente la stessa natura, è stato determinato con decreto del Vicecapo di Gabinetto del Presidente. Pertanto, sulla controversia in questione sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo. È infondata anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività. Infatti, gli atti impugnati non hanno natura provvedimentale ma devono ritenersi meramente paritetici il rapporto giuridico è compiutamente disciplinato dalla legge come osservato da parte ricorrente, con il ricorso in epigrafe si agisce anche per l'accertamento e per la declaratoria dell'infondatezza delle pretese economiche riconduzione al tetto retributivo per l'anno 2014 e restituzione di parte delle somme percepite per lo svolgimento dell'incarico di Capo di Gabinetto del Presidente della Regione Campania avanzate nei suoi confronti dall'Amministrazione, in ragione di un rapporto obbligatorio il ricorrente, in sostanza, fa valere un diritto soggettivo derivante da un rapporto paritetico, il cui esercizio non è soggetto ai termini di decadenza. È infondata anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse deve ritenersi del tutto irrilevante, ai fini della sussistenza di tale interesse, la circostanza che il ricorrente sia inquadrato nei ruoli dell'Avvocatura, trattandosi, come si è già rilevato, di emolumenti percepiti nell'esercizio dell'incarico di Capo di Gabinetto del Presidente della Regione. È infondata anche l’eccezione di incompetenza territoriale di questo Tar, sul presupposto che il ricorrente presta servizio a Roma, sicché – in base al criterio cd. del foro di servizio – sarebbe competente il tar Lazio, Roma. Infatti, L'art. 13, comma 2, d. lgs. n. 104/2010 CPA , nell'enunciare la regola concernente il foro speciale del pubblico impiego o della sede di servizio, non può essere interpretato alla lettera infatti, dal punto di vista strettamente testuale, potrebbe sembrare che tale criterio speciale si applichi ogni volta che una delle parti in causa sia un pubblico dipendente, quali che siano la materia e l'oggetto della controversia di fatto però è sempre stato pacifico che la disposizione si riferisca specificamente e restrittivamente alle controversie in materia di pubblico impiego, ossia a quelle tra l'impiegato e l'amministrazione intesa quale datore di lavoro e abbiano per oggetto pretese diritti o interessi inerenti al rapporto di lavoro” così Tar Molise, n. 525/2014 . È pacifico che la controversia in questione non abbia ad oggetto pretese inerenti al rapporto di lavoro cioè al rapporto che il ricorrente ha con l’Amministrazione di appartenenza in quanto avvocato dello Stato ma riguarda la pretesa azionata dalla Regione Campania nei confronti del ricorrente per la riconduzione al tetto retributivo relativo all'anno 2014 degli emolumenti percepiti nella qualità di Capo di Gabinetto del Presidente della stessa Regione. Pertanto, deve ritenersi che la presente controversia sia estranea al rapporto di impiego, con conseguente inapplicabilità del cd. foro speciale per il pubblico impiego”. Nel merito, il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati. Come già osservato, gli atti impugnati devono ritenersi di natura non provvedimentale ma meramente paritetica sicché sono in primo luogo infondate la prima censura incentrata sulla mancata comunicazione di avvio del procedimento e la quarta censura incentrata sull’eccesso di potere per carenza di motivazione . Per ricostruire il quadro normativo, occorre partire dall’art. 23 ter del d.l. n. 201/2011, conv. in l. n. 214/2011, in forza del quale Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è definito il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni, stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione. Ai fini dell'applicazione della disciplina di cui al presente comma devono essere computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell'anno”. La Regione Campania, con l’art. 10 della legge n. 38/2012, recepiva il predetto art. 23 ter stabilendo che Con provvedimento dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale o della Giunta regionale, secondo i rispettivi ordinamenti, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, è definito il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceve a carico delle finanze pubbliche regionali emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con la Regione e gli enti strumentali regionali, comprese le agenzie e le aziende del servizio sanitario regionale stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione. Il personale delle pubbliche amministrazioni regionali o locali, che è chiamato presso la Regione o altri enti pubblici regionali, conservando il trattamento economico riconosciuto dall’amministrazione di appartenenza, all’esercizio di funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, in posizione di aspettativa, fuori ruolo, comando o altre analoghe posizioni previste nei rispettivi ordinamenti, non può ricevere, a titolo di retribuzione o di indennità per l’incarico ricoperto, o anche soltanto per il rimborso delle spese, più del venticinque per cento dell’ammontare complessivo del trattamento economico percepito.” Successivamente, con l’art. 13 comma 1 del d.l. n. 66/2014, conv. in l. 89/2014, veniva ridotto il cd. tetto retributivo A decorrere dal 1° maggio 2014 il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione previsto dagli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni e integrazioni, è fissato in euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. A decorrere dalla predetta data i riferimenti al limite retributivo di cui ai predetti articoli 23-bis e 23-ter contenuti in disposizioni legislative e regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, si intendono sostituiti dal predetto importo. Sono in ogni caso fatti salvi gli eventuali limiti retributivi in vigore al 30 aprile 2014 determinati per effetto di apposite disposizioni legislative, regolamentari e statutarie, qualora inferiori al limite fissato dal presente articolo”. Inoltre, il comma 3 del predetto articolo prevede che Le regioni provvedono ad adeguare i propri ordinamenti al nuovo limite retributivo di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 1, comma 475, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nel termine ivi previsto”. Il termine previsto dall’art. 1 comma 475 l. n. 147/2013 era un termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge 1.01.2014 , il che significa che le Regioni dovevano adeguarsi al nuovo tetto retributivo entro il luglio del 2014. La Regione Campania ha impugnato l’art. 13 commi 1, 2, 3 e 4 d.l. 66/2014, ritenendo tali norme lesive delle proprie attribuzioni costituzionali e della propria autonomia in realtà, come precisato dalla Corte costituzionale, le censure riguardavano il solo comma 3 e la Consulta, con sentenza n. 153/2015, ha ritenuto la questione non fondata, perché le disposizioni dirette al contenimento della spesa per il personale attraverso l'individuazione di limiti generali ad essa, anche con la fissazione di un tetto massimo al trattamento economico annuo onnicomprensivo del personale, costituiscono legittima espressione della competenza legislativa riservata allo Stato dall'art. 117, terzo comma, Cost., di determinazione dei principi fondamentali nella materia del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario ”. La Consulta ha anche ribadito che il trattamento economico dei dipendenti pubblici va ricondotto alla materia dell' ordinamento civile , prevalendo quest'ultimo ambito di competenza su ogni tipo di potestà legislativa delle Regioni, e quindi anche sulle attribuzioni fatte valere, nella sua impugnazione, dalla Regione ricorrente in materia di organizzazione amministrativa sentenza n. 19 del 2013 , nonché in materia di coordinamento della finanza pubblica sentenza n. 225 del 2013 ”. Così ricostruito il quadro normativo, è in primo luogo pacifico che il cd. tetto retributivo si applichi agli avvocati dello Stato Tar Puglia, Lecce, Sez. I, n. 170/2016 . È in secondo luogo pacifico che le Regioni debbano adeguarsi al nuovo limite introdotto con l’art. 13 comma 1 del d.l. n. 66/2014, atteso che tale obbligo non lede le loro attribuzioni costituzionali C. cost. n. 153/2015 . Poiché, tuttavia, la Regione Campania non ha ancora provveduto ad adeguarsi al suddetto limite, il punto nodale è se la disciplina di cui al d.l. n. 66/2014 possa essere applicata alle Regioni anche in mancanza di una legge regionale di recepimento. A tale quesito può darsi risposta affermativa le disposizioni contenute nella legge n. 147/2013 e nello stesso d.l. n. 66/2014 possono ritenersi immediatamente applicabili alle Regioni, senza che sia necessario il formale recepimento nei rispettivi ordinamenti, nell'ambito dell'autonomia statutaria e legislativa di tali Enti. In primo luogo perché, come rilevato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 153/2015, la norma statale è di principio tale tipo di norma, nei limiti in cui pone un divieto, trova direttamente ed immediatamente applicazione. Infatti, nei punti in cui la normativa statale è sufficientemente dettagliata, specie in quanto pone divieti, essa va direttamente applicata e specificamente anche perché la semplificazione e la riduzione di costi e fasi procedimentali non necessarie risponde a principi consolidati del diritto dell’Unione Europea. Il recepimento dei principi fissati dalla legislazione statale con legge regionale si spiega quando vi è necessità di completare ed integrare, con disposizioni legislative di dettaglio, le norme di principio dettate dallo Stato ma, qualora non vi sia alcuna necessità di disposizioni di dettaglio perché il precetto dettato con legge statale è di per sé sufficientemente dettagliato, non può sostenersi la necessità di una legge regionale di recepimento. O, meglio, una legge regionale di recepimento si spiegherebbe ove la Regione intendesse imporre limiti più ristretti rispetto alla disposizione statale come accade ad es. per l’ambiente, materia in cui le Regioni possono solo garantire livelli di tutela più elevati di quelli statali , non risultando invece necessaria qualora si debba semplicemente rispettare il tetto retributivo imposto con legge statale. Si potrebbe obiettare che la necessità di una legge regionale di recepimento si evince dalla norma di cui al comma 3 dell’art. 13 Le regioni provvedono ad adeguare i propri ordinamenti al nuovo limite retributivo di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 1, comma 475, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nel termine ivi previsto e cioè dal fatto che la stessa legge statale ha fissato un termine entro il quale le Regioni devono adeguarsi. In realtà, il termine entro cui le Regione devono adeguarsi al tetto retributivo si spiega perché, scaduto il predetto termine senza che le Regioni si siano adeguate, può essere applicata la sanzione indirettamente richiamata dall’art. 13 comma 3 del d.l. n. 66/2014 attraverso il rinvio operato all'art. 1, comma 475, della legge n. 147 del 2013, si richiama l’art. 2 del d.l. n. 179/2012, il cui comma 1 prevede, per quanto rileva in questa sede, il taglio dei trasferimenti erariali nella misura dell'ottanta per cento, fatta eccezione per quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e al trasporto pubblico locale, per il caso in cui le Regioni non adottino, nei termini in essa indicati, tutta una serie di provvedimenti, elencati dalla lettera a alla lettera m dello stesso comma 1. Si tratta di una vasta congerie di disposizioni accomunate dall'esigenza di contenimento della spesa pubblica a titolo esemplificativo, si va dalla riduzione del numero delle società sottoposte a controllo pubblico, all'entità dei gettoni di presenza, alla gratuità della partecipazione a commissioni, all'acquisto, manutenzione, noleggio ed esercizio di autovetture, all'acquisto di buoni taxi, all'imposizione di limiti nell'assunzione di personale, alla soppressione o riduzione di enti, agenzie e organismi . Al novero degli adempimenti posti quale condizione per l'erogazione dei trasferimenti erariali viene aggiunto anche l'adeguamento al nuovo tetto retributivo” C. cost. n. 153/2015 . In altre parole, il termine semestrale rileva ai fini della violazione del principio di leale collaborazione fermo restando che le Regioni ben possono adeguarsi al principio fissato dalla legislazione statale con atti amministrativi, senza che sia necessario un atto legislativo. Diversamente argomentando – ritenendo cioè che dopo i sei mesi la Regione continui a poter erogare trattamenti superiori a quelli previsti dal tetto massimo della normativa statale – si finirebbe per consentire a tempo indeterminato il mancato rispetto della legge statale di principio. Si finirebbe dunque per legittimare la prosecuzione del trattamento retributivo superiore oltre il limite consentito dalla legge statale, e con ciò si comprometterebbero i livelli uniformi di garanzia economica sociale previsti dalla legge statale, violando l’art. 117 comma 2 lettera s della Costituzione. Sussistono giusti motivi, attesa l’assoluta novità della questione, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Quarta sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede 1. Respinge il ricorso n. 5798 dell’anno 2015 2. Compensa integralmente le spese tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.