I cani sporcano ed i padroni non puliscono: no al divieto di accesso ai parchi, sì al rispetto degli oneri di legge

L’ordinanza sindacale recante il divieto assoluto di introdurre cani, anche se custoditi, nelle aree destinate a verde pubblico – seppure per meritevoli ragioni di tutela dei cittadini in considerazione della circostanza che i cani vengono spesso lasciati senza guinzaglio e non ne vengono raccolte le deiezioni - risulta essere eccessivamente limitativa della libertà di circolazione delle persone violati anche i principi di adeguatezza e di proporzionalità.

È quanto stabilito dal Tar Lazio sez. II bis numero 5836 depositata il 17 maggio 2016.Per il Tar, infatti, non c’è un giusto equilibrio tra i mezzi impiegati dal Comune ed i fini perseguiti la raccolta degli escrementi è obbligatoria per legge ed il rispetto di questo onere può essere imposto con l'esercizio degli ordinari poteri di prevenzione, vigilanza, controllo e sanzionatori di cui dispone l'Amministrazione . Il caso. Il Comune di Grotte di Castro emise l’ordinanza sindacale numero 9 del 5/2/16 in cui vietava ai conduttori di cani, anche se muniti di guinzaglio, di poter accedere a tutte le aree verdi del territorio comunale , visto il malcostume di lasciare i cani liberi e senza controllo, evitando di raccogliere i loro escrementi con ovvie conseguenze. Un’associazione che ha tra gli scopi statutari la tutela ed il benessere degli animali la impugnò evidenziando come fosse eccessiva e troppo limitante per le libertà dei cani e dei padroni. Il Tar con una sentenza immediata ha accolto il ricorso, nei termini in epigrafe. Carenza di legittimazione della onlus? La legittimazione di un’associazione va, invero, declinata sulla base della attinenza della questione al perimetro delle finalità statutarie dell'associazione, richiedendosi che gli effetti del provvedimento controverso siano suscettibili di incisione diretta sul suo scopo istituzionale, e dovendo invece ritenersi preclusa ogni iniziativa giurisdizionale sorretta dal solo interesse al corretto esercizio dei poteri amministrativi o per mere finalità di giustizia, occorrendo comunque un interesse concreto ed attuale della stessa associazione alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal contestato provvedimento . Nella fattispecie è pacifica come riconosciuto dalla prassi recente e costante ex plurimis Tar Venezia 502/12, Potenza 611/13, Milano 2431/13 e Sardegna 128/16 . Mutandoni” ai cani? Non scherziamo! La parafrasi di questo celebre spot riassume il caso e la giurisprudenza in materia, di cui l’ultima sentenza citata costituisce un precedente Tar Lazio 6575/13 sui presupposti di trattenere il cane in osservazione e sull’obbligo di fare seguire al padrone corsi di accrescimento di educazione civica , concorda nel vietare ogni limite alla libertà dei cani. La pa dovrà trovare altri strumenti per conseguire lo scopo di tutelare i pubblici igiene, decoro e sicurezza come sopra esplicato. Infatti tali fini sono conseguiti dalla disciplina vigente in materia, che impone di condurre i cani al guinzaglio e di rimuovere le eventuali deiezioni, dovendo quindi l’Amministrazione Comunale adoperarsi – in luogo dell’indiscriminato divieto di accesso dei cani alle aree verdi pubbliche – al fine di rendere cogenti tali misure mediante una efficace azione di controllo e di repressione, in tal modo rendendo possibile il raggiungimento del pubblico interesse attraverso strumenti idonei e nel rispetto del principio di proporzionalità dei mezzi rispetto ai fini perseguiti . Si noti come il problema, molto sentito, sia visto con molta ironia sul web sia dai cittadini che devono fare quotidiane gincane per evitare gli escrementi abbandonati, non solo nei parchi, ma anche dalle stesse associazioni di tutela degli animali, in cui Fido si scusa e si vergogna del comportamento del padrone, evidenziandone la maleducazione in modi più o meno coloriti. Il senso di tutta questa sentenza può essere, però, riassunto da questo cartello reperito su un sito per la tutela degli animali domestici e dei loro accompagnatori Non fare lo str uzzo Raccoglila!!! Il segreto per farsi benvolere è essere educati e civili .

Tar Lazio, sez. II-bis, sentenza 27 aprile – 17 maggio 2016, n. 5836 Presidente/Estensore Stanizzi Fatto e diritto Con il ricorso in esame l’associazione odierna ricorrente impugna l’ordinanza – meglio indicata in epigrafe nei suoi estremi - adottata dal Sindaco della resistente Amministrazione nella sola parte in cui è stato disposto il divieto, per i proprietari e detentori di cani, di accedere in tutte le aree verdi pubbliche. Tenuto conto che con riferimento a fattispecie analoghe si è formato un consolidato e non contrastato orientamento della giurisprudenza e ritenuto, su tale scorta, di poter procedere all’immediata definizione nel merito del ricorso, di tale possibilità è stato formale avviso alle parti ai sensi dell’art. 60 del codice del processo amministrativo, come da verbale. Tanto premesso, va in primo luogo affermata – al contempo disattendendo la corrispondente eccezione formulata dalla resistente Amministrazione Comunale - la legittimazione dell’Associazione ricorrente all’impugnazione in esame, perseguendo la stessa, quale fine statutario, la tutela degli animali. L’Associazione ricorrente, alla luce dello scopo statutariamente perseguito, può invero insorgere, avendone la legittimazione, avverso atti che siano ritenuti – in astratto - in contrasto con il benessere e gli interessi degli animali, incidendo l’eventuale effettiva lesione di tali interessi, tutelati statutariamente dall’associazione ricorrente, unicamente sull’eventuale infondatezza del ricorso, ma non sui presupposti processuali per la sua proposizione. Erra, quindi, la resistente Amministrazione comunale laddove riconduce l’affermato difetto di legittimazione della ricorrente – oltre alla mancanza di un interesse previsto dal relativo statuto connesso al contenuto della gravata ordinanza – alla insussistenza di una lesione dell’interesse degli animali. Se, invero, per come dianzi accennato, nello statuto dell’associazione ricorrente è ricompresa, tra gli scopi perseguiti, la tutela del benessere degli animali, osserva il Collegio che, ai fini del riscontro della legittimazione ad agire, deve aversi unicamente riguardo alla astratta incidenza dei gravati atti sul bene protetto, in relazione alla connessione esistente tra contenuto degli atti impugnati e interessi perseguiti, di per sé legittimante alla relativa impugnazione, mentre la concreta lesione di tali interessi attiene alla fase della valutazione della fondatezza dell’azione quanto a legittimità di tale lesione. La legittimazione di un’associazione va, invero, declinata sulla base della attinenza della questione al perimetro delle finalità statutarie dell'associazione, richiedendosi che gli effetti del provvedimento controverso siano suscettibili di incisione diretta sul suo scopo istituzionale, e dovendo invece ritenersi preclusa ogni iniziativa giurisdizionale sorretta dal solo interesse al corretto esercizio dei poteri amministrativi o per mere finalità di giustizia, occorrendo comunque un interesse concreto ed attuale della stessa associazione alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal contestato provvedimento. Positivamente delibata la sussistenza della legittimazione ad agire in capo all’associazione ricorrente, ritiene il Collegio, in adesione al costante orientamento giurisprudenziale formatosi su fattispecie analoghe ex plurimis T.A.R. Potenza, 17 ottobre 2013, n. 611 T.A.R. Reggio Calabria, 28 maggio 2014, n. 225 T.A.R. Milano, 22 ottobre 2013 n. 2431 T.A.R. Sardegna, 27 febbraio 2016 n, 128 T.A.R. Venezia, 12 aprile 2012, n. 502 , che debba ritenersi la fondatezza del ricorso in esame. L’ordinanza sindacale che rechi il divieto assoluto di introdurre cani, anche se custoditi, nelle aree destinate a verde pubblico - pur se in ragione delle meritevoli ragioni di tutela dei cittadini in considerazione della circostanza che i cani vengono spesso lasciati senza guinzaglio e non ne vengono raccolte le deiezioni - risulta essere eccessivamente limitativa della libertà di circolazione delle persone ed è comunque posta in violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità, atteso che lo scopo perseguito dall'Ente locale di mantenere il decoro e l'igiene pubblica, nonché la sicurezza dei cittadini, può essere soddisfatto attraverso l’attivazione dei mezzi di controllo e di sanzione rispetto all’obbligo per gli accompagnatori o i custodi di cani di rimuovere le eventuali deiezioni con appositi strumenti e di condurli in aree pubbliche con idonee modalità di custodia guinzaglio e museruola trattandosi di obblighi imposti dalla disciplina generale statale, cosicchè il Sindaco può fronteggiare comportamenti incivili da parte dei conduttori di cani, al fine di prevenire le negative conseguenze di tali condotte, con l'esercizio degli ordinari poteri di prevenzione, vigilanza, controllo e sanzionatori di cui dispone l'Amministrazione. Ed invero, le esigenze poste a fondamento della gravata ordinanza risultano già compiutamente salvaguardate dalla disciplina vigente in materia, che impone di condurre i cani al guinzaglio e di rimuovere le eventuali deiezioni, dovendo quindi l’Amministrazione Comunale adoperarsi – in luogo dell’indiscriminato divieto di accesso dei cani alle aree verdi pubbliche – al fine di rendere cogenti tali misure mediante una efficace azione di controllo e di repressione, in tal modo rendendo possibile il raggiungimento del pubblico interesse attraverso strumenti idonei e nel rispetto del principio di proporzionalità dei mezzi rispetto ai fini perseguiti. La gravata ordinanza, pertanto, in relazione ai dichiarati scopi perseguiti, appare essere posta in violazione dei principi di adeguatezza e di proporzionalità dell’azione amministrativa, atteso che lo scopo di mantenere il decoro e l’igiene pubblica, nonché la sicurezza dei cittadini, è già adeguatamente soddisfatto attraverso l’imposizione, di cui alla disciplina statale, agli accompagnatori o custodi di cani di rimuovere le eventuali deiezioni con appositi strumenti e di condurli al guinzaglio. In conclusione, il ricorso in esame deve essere accolto, con conseguente annullamento, in parte qua, della gravata ordinanza, nei limiti di interesse. Le spese di giudizio, tenuto conto della peculiarità della controversia e della natura degli interessi perseguiti dall’Amministrazione, possono essere equamente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Roma - Sezione Seconda Bis definitivamente pronunciando sul ricorso N. 3084/2016 R.G., come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla in parte qua il gravato provvedimento. Compensa tra le parti le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.