Serve anche la licenza stradale per la recinzione

La licenza edilizia necessaria al posizionamento di un cancello in prossimità di una strada è condizionata anche dall’autorizzazione che deve essere rilasciata ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 285/1992. In ogni caso il manufatto dovrà essere distante almeno tre metri dal confine ed aprirsi verso la proprietà privata.

Lo ha chiarito il Tar Trento, sez. Unica, con la sentenza n. 207 del 20 aprile 2016. Il fatto. Un utente proprietario di una vecchia galleria posta a confine con una strada provinciale ha richiesto l’autorizzazione edilizia necessaria a chiudere l’accesso privato con una cancellata di ferro. Ma il comune ha negato il rilascio del titolo evidenziando la mancanza dell’autorizzazione viabilistica prevista dal codice stradale. Il Collegio ha confermato questa determinazione. Distanze. La specifica disciplina di settore, specifica la sentenza, devolve all’autorità comunale il rilascio sia dell’autorizzazione paesaggistica che il titolo abilitativo definitivo conseguente. L’intervento del servizio provinciale ha permesso di verificare che la realizzazione della cancellata progettata avrebbe richiesto oltre all'autorizzazione paesaggistica, anche l'acquisizione di quella prevista dall'art. 21 del codice della strada in materia di opere, depositi e cantieri stradali nelle fasce di rispetto, e che in specifico - trattandosi di una recinzione progettata con altezza superiore ad un metro - la distanza della stessa dal confine con la strada pubblica non avrebbe potuto essere inferiore alla misura di metri 3,00, come espressamente prescritto dall'art. 26, comma 8, del regolamento al codice stradale approvato con d.P.R. n. 495/1992, e non ridursi a 30 centimetri come progettato dal richiedente . In buona sostanza per chiudere l’accesso alla vecchia galleria il cancello dovrà essere arretrato di almeno 3 metri rispetto alla strada ed aprirsi esclusivamente verso la proprietà privata.

Tar Trento, sez. Unica, sentenza 10 marzo – 20 aprile 2016, n. 207 Presidente Vigotti – Estensore Devigili Fatto Il ricorrente è proprietario di una porzione della particella 3282 c.comma Riva, corrispondente al tratto nord di una galleria denominata Panda , sita sul sedime del vecchio tracciato stradale della Gardesana occidentale, posta a confine con la strada - tutt’ora pubblica - contraddistinta dalla particella 4638. La zona è assoggettata a vincolo di tutela paesaggistica. L’interessato ha presentato domanda di autorizzazione paesaggistica, per il cui rilascio nella fattispecie è competente l’amministrazione comunale ex art. 74, co. 1 bis, L.P. n. 1/2008, al fine di poter collocare, all’interno del tratto di galleria che gli appartiene ed alla distanza di 30 centimetri dal confine con la strada pubblica, una cancellata in ritti di ferro. Nella fase istruttoria l’amministrazione comunale ha richiesto una preventiva valutazione al servizio provinciale competente in materia di viabilità, e quest’ultimo ha rilevato che la realizzazione del progettato cancello avrebbe richiesto il rilascio dell’apposita autorizzazione prevista dall’art. 21 del d.lgs. n. 285/1992 codice della strada e che, in forza della disposizione contenuta nell’art. 26 del regolamento d.P.R n. 495/1992 allo stesso codice, il cancello avrebbe dovuto semmai posizionarsi ad una distanza non inferiore a 3 metri con la strada pubblica, ed aprirsi verso la proprietà privata. Sulla scorta di ciò il Comune ha comunicato il preavviso di diniego e l’interessato ha inviato le proprie controdeduzioni, nelle quali peraltro ha espresso la disponibilità a garantire la posa del cancello con apertura verso l’interno e con l’osservanza delle distanze. L’amministrazione comunale, preso atto di tale dichiarazione, ha rilevato da un lato che la realizzazione del cancello avrebbe richiesto - in ogni caso - la presentazione di un progetto diverso da quello inoltrato, e dall’altro che il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica sarebbe stata priva di effetti al fine della presentazione della successiva, necessaria, SCIA, data la contrarietà già espressa dagli uffici provinciali sotto il profilo viabilistico, con ciò motivando la decisione di non rilasciare l’autorizzazione paesaggistica. Il ricorrente impugna - previa richiesta di sospensione - il suddetto provvedimento, affidando il gravame ai seguenti motivi - Illegittimità della scelta di coinvolgere nel procedimento l’amministrazione provinciale. - Assenza di motivazione. Nel conseguente giudizio si è costituito con memoria il Comune di Riva del Garda, eccependo l’inammissibilità del ricorso per l’omessa notificazione alla Provincia di Trento e comunque contestando la fondatezza dei dedotti motivi. All’esito dell’udienza camerale del giorno 3.12.2015, con ordinanza n. 502 il Collegio ha fissato - ex art. 55, co. 10, c.p.a. - la data di discussione nel merito per il giorno 10.3.2016 ed a tale udienza il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa dell’amministrazione comunale. 1.1. L’eccezione è infondata. 1.2. Invero, la partecipazione al procedimento da parte del servizio provinciale si è limitata alla fase istruttoria ed endoprocedimentale, nel mentre l’attività decisionale - nella fattispecie rimessa ex lege all’amministrazione comunale - è imputabile in via esclusiva a quest’ultima. In tale situazione, deve dunque escludersi che l’amministrazione provinciale intervenuta nella fase istruttoria possa aver assunto, ex art. 41 del cod. procomma amm., il ruolo di ente controinteressato, non configurandosi in capo alla stessa un interesse diretto uguale e contrario a quello del ricorrente, e peraltro non rivestendo neppure il ruolo di autorità emanante il provvedimento impugnato cfr. Tar Liguria, sez. II, 15.2.2012, n. 293 . 2. Ciò posto, passando al merito del ricorso va osservato quanto segue. 2.1. Pur dovendosi riaffermare, in linea di principio ed in ragione della diversità degli interessi pubblici territoriali coinvolti, la distinzione fra autorizzazione paesaggistica e concessione edilizia o altro titolo abilitativo , non può negarsi che sussista fra queste - nell’ambito della complessiva disciplina urbanistica - un rapporto di stretta connessione e di reciproco condizionamento cfr. Tar Liguria, sez. I, 22.5.2009, n. 1163 , atteso che entrambe sono indispensabili per legittimare l’attività edificatoria progettata. 3. La fattispecie in esame, peraltro, presenta indubbie particolarità, ravvisabili - da un lato - nella situazione dei luoghi, in relazione ai quali il progettato cancello sarebbe destinato a collocarsi nelle estreme vicinanze di una strada pubblica e - dall’altro – nella specifica disciplina urbanistica di settore che, in tema di recinzioni, devolve alla medesima autorità comunale il rilascio sia dell’autorizzazione paesaggistica sia del definitivo titolo abilitativo. 4. Premesso che l’amministrazione decidente può attivare nella fase istruttoria l’acquisizione di pareri facoltativi da parte di organi esterni alla stessa cfr. art. 16 L. n. 241/1990 e art. 11 L.p. n. 23/1992 , nella particolare fattispecie in esame appare legittima l’iniziativa assunta dal Comune di Riva del Garda, cui competeva anche il controllo sull’inoltro della successiva Scia, protesa a verificare preliminarmente, in vista del possibile conseguimento del titolo abilitativo, sia la delimitazione del confine fra la strada pubblica e la proprietà privata, sia la compatibilità del progetto inoltrato dall’interessato rispetto alla normativa viabilistica. 5. Peraltro, il richiesto intervento del servizio provinciale ha consentito all’amministrazione comunale, all’esito dello stesso docomma 11 fascomma Comune , di verificare che la realizzazione della cancellata progettata avrebbe richiesto, oltre all’autorizzazione paesaggistica, anche l’acquisizione di quella prevista dall’art. 21 del codice della strada in materia di opere, depositi e cantieri stradali nelle fasce di rispetto, e che in specifico - trattandosi di una recinzione progettata con altezza superiore ad un metro - la distanza della stessa dal confine con la strada pubblica non avrebbe potuto essere inferiore alla misura di metri 3,00, come espressamente prescritto dall’art. 26, co. 8, del regolamento al codice stradale approvato con d.P.R. n. 495/1992, e non ridursi a 30 centimetri come progettato dal richiedente. 6. Rilevato quindi che l’interessato non avrebbe potuto comunque acquisire legittimamente il definitivo necessario titolo abilitativo sulla scorta dei dati progettuali, nel disporre il non accoglimento della domanda di autorizzazione paesaggistica l’amministrazione comunale ha legittimamente valutato la medesima nell’ambito di una complessiva compatibilità del progetto con la normativa di settore applicabile, ispirandosi - come esposto nella motivazione del provvedimento - ai criteri di economicità ed efficacia del procedimento amministrativo che trovano fondamento nell’art. 1 della L. n. 241/1990. 7. Né può trascurarsi che l’odierno ricorrente, nelle proprie controdeduzioni procedimentali docomma 10 fascomma Comune , aveva comunque manifestato la disponibilità a modificare il progetto iniziale in modo da renderlo compatibile con le prescritte distanze, mentre nel prosieguo - anziché apportare le necessarie modifiche - ha preferito percorrere le vie dell’impugnazione giurisdizionale, attestando le proprie difese primo motivo sulla, nel caso di specie recessiva, affermata indipendenza della valutazione paesaggistica rispetto a quella - ostativa - derivante dall’applicazione delle norme sulla sicurezza stradale, e su un preteso difetto motivazionale secondo motivo che, peraltro, non è ravvisabile nel caso di specie, atteso che l’amministrazione ha compiutamente giustificato l’adozione del provvedimento di rigetto. 8. In definitiva il ricorso non merita accoglimento. 9. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate a carico del ricorrente nella misura stabilita nel dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa per la Regione autonoma del Trentino – Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo respinge. Condanna il ricorrente a rifondere al Comune di Riva del Garda le spese di causa nella misura di Euro 1.000,00 mille/00 oltre ad accessori. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.