Requisiti morali e cattive frequentazioni

Il Ministero dell'Interno, per le sue valutazioni, si affida ai proverbi ma non sempre chi va con lo zoppo impara a zoppicare.

Il caso. Il Prefetto negava l’approvazione dell’atto di assunzione di un giovane, come guardia giurata, da parte di un Consorzio bonifica del Casertano per mancanza del requisito della buona condotta, richiesta dall’art. 138 R.D. n. 773/1933, ciò in quanto in due controlli di polizia l’interessato sarebbe stato trovato in macchina con 2 soggetti aventi precedenti per detenzione ai fini spaccio di sostanze stupefacenti. Relativamente a tale situazione, il Collegio ha osservato che i 3 erano giocatori della stessa squadra di basket dilettantistica, uno dei due era anche il vice allenatore della squadra medesima . Car sharing” Nell’ambiente delle squadre di dilettanti, per evidenti ragioni pratiche, è diffusa l’abitudine che più giocatori appartenenti alla medesima squadra si rechino con la stessa auto nel luogo ove si svolgono le manifestazioni sportive. Peraltro, precisa la sentenza, sotto il profilo soggettivo, non avrebbe potuto essere addebitata all’appellato alcuna volontaria contiguità né alcuna leggerezza per il fatto di accompagnarsi in automobile con i medesimi soggetti, in quanto si trattava di compagni di una squadra sportiva e, quindi, come tali, non sospettabili di essere coinvolti in vicende illegali, quali lo spaccio di droga. Peraltro, è stato anche precisato, né in sede amministrativa né il sede giurisdizionale erano emersi o sono stati dedotti elementi in base ai quali si sarebbe potrebbe desumere che l’aspirante guardia giurata fosse a conoscenza che i propri compagni di squadra fossero stati coinvolti in attività illecite quali lo spaccio di stupefacenti.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 31 marzo – 13 aprile 2016, n. 1472 Presidente Maruotti – Estensore Deodato Fatto 1. Con la sentenza impugnata, il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo respingeva, in parte, i motivi aggiunti proposti dall’avv. Paola Poddi contro la sua esclusione dal concorso bandito dalla A.U.S.L. 4 di Teramo d’ora innanzi AUSL per la copertura di un posto di dirigente amministrativo da assegnare all’U.O. Acquisizione di beni e servizi, disposta dopo che la candidata aveva superato la prova scritta ed era stata esclusa da quella orale per non aver ottenuto un punteggio sufficiente alla prova teorico-pratica . Il provvedimento di esclusione era originariamente impugnato con il ricorso introduttivo n. 777 del 2014, dichiarato, tuttavia, improcedibile, per effetto della reiezione delle doglianze svolte con i motivi aggiunti contro l’esclusione dal concorso, per la mancanza del requisito di partecipazione previsto alla lettera d del bando. 2. Avverso la decisione del TAR proponeva appello l’avv. Oddi, contestando la correttezza della statuizione reiettiva dei motivi aggiunti, riproponendo tutte le censure, assorbite dalla sentenza gravata, indirizzate con il ricorso originario contro l’esclusione dalla prova orale e concludendo per la riforma della sentenza appellata e per il conseguente accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in primo grado. Resistevano nel giudizio l’AUSL, la Regione Abruzzo e la dr.ssa Ernestina Pierluigi mentre non si costituivano gli altri appellati indicati in epigrafe , che contestavano la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione, con conseguente conferma della sentenza impugnata. 3. L’appello veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 31 marzo 2016. Diritto 1.- E’ controversa la legittimità dell’esclusione della ricorrente dal concorso bandito dalla AUSL per la copertura di un posto di dirigente amministrativo a tempo indeterminato, per il rilevato difetto, in capo alla candidata, del requisito di partecipazione relativo all’ anzianità di servizio effettivo di almeno cinque anni corrispondente alla medesima professionalità prestato in enti del Servizio Sanitario Nazionale nella posizione funzionale di settimo livello, ottavo ed ottavo bis, ovvero qualifiche funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre pubbliche amministrazioni . Il TAR per l’Abruzzo ha respinto i motivi aggiunti proposti contro la ‘seconda’ esclusione disposta dopo che la candidata aveva superato la prova scritta ed era stata una prima volta esclusa dal concorso, con atto gravato con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, per non aver superato la prova teorico-pratica , sulla base dell’assorbente rilievo della inconfigurabilità nella qualifica di funzionario esperto avvocato , ricoperta dalla ricorrente presso la Regione Abruzzo ed allegata come integrativa del requisito in discussione, degli estremi del titolo di partecipazione, per come richiesto dal bando. L’appellante critica la correttezza della sentenza del TAR, sulla base delle argomentazioni di seguito esaminate, e ne invoca la riforma, con conseguente riproposizione delle censure, non esaminate dal T.A.R. siccome dichiarate improcedibili , rivolte contro la valutazione negativa riportata nella prova teorico-pratica. 2.- L’appello è infondato, alla stregua delle considerazione appresso svolte, e dev’essere respinto. 3.- Con il primo motivo di appello si sostiene, in sintesi, che il profilo di esperto avvocato implica, di per sé, sulla base dell’articolo 1, comma 4, della l.r. Abruzzo 14 febbraio 2000, n. 9, lo svolgimento di funzioni amministrative di particolare complessità, non soltanto qualora, a norma del comma 4-bis del medesimo articolo, l’avvocato sia assegnato alle direzioni ed ai servizi dell’Amministrazione per l’espletamento di compiti di amministrazione attiva, ma anche in ragione dell’esercizio delle funzioni proprie dell’avvocato regionale, per come descritte dalla predetta disposizione. L’assunto non può essere condiviso. Le funzioni assegnate all’avvocato regionale dall’articolo 1, comma 4, l.r. cit., e le relative attività, infatti, devono essere ascritte entro il perimetro dell’attività legale e giurisdizionale propria della attività forense e non possono essere in alcun modo classificate come funzioni amministrative di particolare complessità o, comunque, equiparate a queste ultime, ai fini che qui interessano . In assenza di una specifica disposizione normativa, l’attività di consulenza e di assistenza prestata dall’avvocatura regionale agli uffici dirigenziali non può essere considerata equivalente a quella forense propriamente intesa, né può essere considerata alla stregua dell’espletamento di funzioni amministrative. Del resto, sotto il profilo sostanziale anche l’attività di studio di questioni giuridiche a supporto dell’esercizio di compiti di amministrazione attiva dev’essere catalogata come attività legale propria dell’avvocato regionale che, a sua volta, non può essere circoscritta alla sola attività di difesa in sede giurisdizionale dell’Amministrazione regionale . Non solo, ma l’equiparazione sostanzialmente prospettata con l’appello risulta smentita proprio dalla previsione dell’articolo 1, comma 4-bis, l.r. cit.,, il quale – nel prevedere come eccezionale l’assegnazione dei funzionari esperti avvocati presso le direzioni regionali, dove espletano anche le funzioni amministrative di particolare complessità di competenza delle direzioni e dei servizia cui sono assegnati - conferma implicitamente, ma chiaramente, che, in difetto di tale assegnazione, l’attività legale svolta dagli avvocati regionali non può essere qualificata come comprensiva dello svolgimento di funzioni amministrative di particolare complessità e, quindi, integrativa della professionalità richiesta per la partecipazione al concorso. L’assegnazione a una direzione o a un servizio, consentita dalla disposizione citata e che avrebbe, quella sì, integrato il requisito di professionalità richiesto dal bando, non consta, peraltro, essere stata disposta nel caso di specie, sicché resta confermato il mancato espletamento, da parte della ricorrente, di funzioni amministrative di particolare complessità, che, alla stregua della normativa regionale di riferimento, possono essere svolte da un funzionario esperto avvocato solo in tale ipotesi. 4.- Con la prospettazione difensiva compendiata nel secondo motivo di appello, si deduce, inoltre, che la professionalità del funzionario esperto avvocato comprende ed assorbe, per i caratteri peculiari delle competenze e della formazione dalla stessa implicati, quella dei funzionari amministrativi, con la conseguente erroneità della motivazione dell’esclusione impugnata, là dove si fonda, invece, sul rilievo della difformità del profilo posseduto dalla ricorrente dalla professionalità afferente alla posizione dirigenziale oggetto del concorso. Anche tale tesi risulta infondata. L’univoca formulazione testuale del bando impone di interpretare e di applicare il requisito di partecipazione in senso conforme al suo chiaro significato letterale e, quindi, di circoscriverne la titolarità alle sole qualifiche amministrative ivi espressamente previste e, quindi, ai funzionari, inquadrati in quelle posizioni, che, per un quinquennio, hanno esercitato le funzioni di amministrazione attiva ad esse corrispondenti. Il bando richiedeva, in altri termini, per la partecipazione al concorso, un’esperienza specifica afferente alle posizioni ivi richiamate, ma, soprattutto, attinente all’espletamento, per almeno cinque anni, dei compiti amministrativi e gestionali compresi nel mansionario delle pertinenti qualifiche funzionali. Ne consegue che il funzionario esperto avvocato non può essere ascritto alle categorie legittimate alla partecipazione al concorso, per come previste nel bando, avendo svolto compiti di consulenza e di assistenza legale eterogenei rispetto a quelli propriamente amministrativi richiesti dall’avviso, salva il caso della assegnazione ad un ufficio amministrativo ciò che, nella fattispecie, non risulta essere avvenuto . Neppure rileva il principio del favor partecipationis, che postula il carattere ambiguo ed incerto della disciplina speciale della procedura concorsuale si veda, tra le tante, Cons. St., sez. IV, 14 marzo 2016, n. 1015, in materia di appalti pubblici, ma applicabile anche ai concorsi del tipo di quello qui controverso e che resta, quindi, inapplicabile a fronte di clausole chiare ed univoche, quale quella in esame, nella loro portata dispositiva. 5.- Il terzo motivo, con cui si contesta il capo di condanna alla rifusione delle spese processuali in favore dei controinteressati, dev’essere, infine, respinto, atteso che il mancato esame, nel merito, del ricorso introduttivo e la dichiarazione della sua improcedibilità non esimevano, nella fattispecie, il Giudice di primo grado dall’osservanza della regola generale della soccombenza. La ricorrente è rimasta comunque soccombente, anche nei confronti dei controinteressati che hanno partecipato al relativo dibattito processuale , in ordine all’esame e alla reiezione dei motivi aggiunti. Inoltre, la regola della soccombenza risulta correttamente applicata nella fattispecie, in ragione della sua finalità che sarebbe stata, altrimenti, vanificata di tenere indenne dagli oneri processuali la parte che è stata costretta a resistere, a fronte di una impugnazione rivelatasi infondata. 6.- Alle considerazioni che precedono conseguono il rigetto dell’appello e la conferma della statuizione gravata, anche, ovviamente, in ordine alla declaratoria della improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. 7.- Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello n. 8602 del 2015, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata. Condanna l’appellante a rifondere le spese del presente grado di giudizio, che liquida in Euro 1.500,00, oltre accessori di legge, in favore di ciascuna parte appellata costituitasi. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.