Se il difensore del ricorrente si cancella dall'albo il processo deve essere interrotto

Il Consiglio di Stato, pur dando atto delle problematiche interpretative relative all'art. 301 c.p.c., ha deciso di rinviare al giudice di primo grado la questione connessa alla sanzione disciplinare della destituzione dal servizio di un ispettore di Polizia il cui difensore aveva riposto definitivamente la toga proprio il giorno precedente l'udienza davanti al TAR.

Questa la decisione presa dal Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza n. 925/2016. La volontaria cancellazione dall’albo professionale del difensore. Sebbene la tesi secondo la quale la volontaria cancellazione dall’albo professionale del procuratore costituito non dà luogo all’applicazione dell’articolo 301 c.p.c., comma 1, e non determina quindi l’interruzione del processo, sia stata anche recentemente affermata dalla Cassazione cfr. Cass. civ., I, n. 12376/2014 III, n. 22756/2013 , il Collegio ha evidenziato che non può non rilevarsi che la Corte Costituzionale sent. n. 147/2008 ebbe a dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 301, comma 1, c.p.c., censurato in riferimento all’articolo 24, secondo comma, Cost., nella parte in cui non include la cancellazione volontaria dall’albo del procuratore tra le ipotesi di interruzione del processo, proprio affermando che il giudice a quo aveva trascurato l’esistenza di un orientamento opposto, espresso in sede di composizione di contrasto giurisprudenziale cfr. Cass. SS.UU., n. 10284/1996 n. 379/2007 ordd. n. 448/2007 e 464/2007 . Diritto alla difesa. Tra il primo orientamento che sottolinea la volontarietà della cancellazione, ai fini dell’assimilabilità alle ipotesi di revoca della procura o rinuncia ad essa previste dall’articolo 301, comma 3, c.p.c., ed il secondo, che si muove nella prospettiva della tutela della parte comunque rimasta priva di difesa, il Collegio - precisa infatti la sentenza 925 depositata il 7 marzo 2016 - ha ritenuto preferibile aderire a quest’ultimo, in quanto maggiormente coerente con il principio costituzionale del diritto alla difesa in giudizio così come statuito anche da Cons. Stato, IV, n. 4323/2009 .

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 28 gennaio – 7 marzo 2016, n. 925 Presidente Griffi – Estensore Ungari Fatto e diritto 1. Nei confronti dell’odierno appellante, ex ispettore della Polizia di Stato, in ragione della reiterata emissione di assegni a vuoto, sono stati adottati tre provvedimenti di destituzione dal servizio. 2. I provvedimenti sono stati impugnati, con esiti diversi - il primo, in data 13 luglio 1999, con decorrenza 28 luglio 1999, è stato annullato dal TAR del Lazio, ma la sentenza è stata riformata in appello Cons. Stato, VI, n. 758/2008 - il secondo, in data 24 novembre 2000, con decorrenza 18 febbraio 1997, data di inizio della sospensione cautelare, è stato annullato dal TAR del Lazio, la cui sentenza è stata riformata in appello Cons. Stato, VI, n. 2285/2008 , con sentenza tuttavia revocata a causa della notifica dell’appello a procuratore diverso da quello domiciliatario in primo grado e dichiarazione di inammissibilità dell’appello Cons. Stato, VI, n. 7941/2009 - il terzo, in data 9 febbraio 2001, con efficacia espressamente condizionata al venir meno di quella del precedente, è stato annullato dal TAR del Lazio con sentenza n. 6467/2006, passata in giudicato per omessa impugnazione. 3. La presente controversia origina dal conseguente provvedimento in data 29 gennaio 2010, con cui il Capo della Polizia ha riconosciuto utile a tutti gli effetti il periodo di sospensione dal servizio dal 18 febbraio 1997 al 27 luglio 1999, ma non ha disposto la reintegrazione in servizio dell’appellante. 4. Il TAR del Lazio, con la sentenza appellata I-ter, n. 74/2015 ha respinto il ricorso volto all’annullamento del predetto provvedimento, ritenendolo correttamente esecutivo del giudicato formatosi sulla legittimità ed efficacia della prima destituzione. 5. Nell’appello, si sostiene che a – il processo di primo grado doveva essere interrotto, in quanto il difensore del ricorrente, a seguito di cancellazione dall’albo su richiesta, ha perso lo ius postulandi il 4 dicembre, vale a dire il giorno prima dell’udienza di discussione dinanzi al TAR b – nessun avviso è pervenuto al ricorrente con riferimento alla fissazione dell’udienza alla quale ovviamente non ha partecipato ed anche tale circostanza determina la rimessione al primo grado, ex art. 105, cod. proc. amm. c – nel merito, la sentenza è erronea, laddove non ha ritenuto che vi fosse violazione dell’obbligo di ottemperare al giudicato formatosi sull’annullamento della seconda destituzione del 24 novembre 2000, che aveva travolto tutti i provvedimenti medio tempore adottati. 6. Per l’Amministrazione resiste l’Avvocatura Generale dello Stato, limitandosi a depositare la relazione di servizio predisposta per il primo grado. 7. Il Collegio ritiene di aderire alla tesi dell’appellante sulla necessità di rinviare la causa al giudice di primo grado. Non per il mancato ricevimento dell’avviso di fissazione dell’udienza dinanzi al TAR, che dal sistema informativo risulta regolarmente inviato in data 6 febbraio 2014 al procuratore costituito. Bensì, in ragione della causa interruttiva segnalata il cui presupposto trova riscontro nella certificazione dell’Ordine degli avvocati di Roma in data 12 marzo 2015 , che ha pregiudicato l’integrità del contraddittorio. Infatti, sebbene la tesi secondo la quale la volontaria cancellazione dall’albo professionale del procuratore costituito non dà luogo all’applicazione dell’art. 301 c.p.c., comma 1, e non determina quindi l’interruzione del processo, sia stata anche recentemente affermata dalla Cassazione cfr. Cass. civ., I, n. 12376/2014 III, n. 22756/2013 , non può non rilevarsi che la Corte Costituzionale sent. n. 147/2008 ebbe a dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 301, comma 1, c.p.c., censurato in riferimento all’art. 24, secondo comma, Cost., nella parte in cui non include la cancellazione volontaria dall’albo del procuratore tra le ipotesi di interruzione del processo, proprio affermando che il giudice a quo aveva trascurato l’esistenza di un orientamento opposto, espresso in sede di composizione di contrasto giurisprudenziale cfr. Cass. SS.UU., n. 10284/1996 n. 379/2007 ordd. n. 448/2007 e 464/2007 . Tra il primo orientamento, che sottolinea la volontarietà della cancellazione, ai fini dell’assimilabilità alle ipotesi di revoca della procura o rinuncia ad essa previste dall’art. 301, comma 3, c.p.c., ed il secondo, che si muove nella prospettiva della tutela della parte comunque rimasta priva di difesa, il Collegio ritiene preferibile aderire a quest’ultimo, in quanto maggiormente coerente con il principio costituzionale del diritto alla difesa in giudizio così come statuito anche da Cons. Stato, IV, n. 4323/2009 . 8. In accoglimento dell’appello, la sentenza deve pertanto essere riformata, con rinvio della causa al TAR del Lazio, ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm. 9. Spese compensate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza appellata e rinvia la causa al giudice di primo grado. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.