Il soggetto denunciato ha diritto ad accedere agli atti anche in caso di denuncia anonima

D’altra parte, a fronte di una reiterazione di esposti, per lo più anonimi, volti a sollecitare in più occasioni il controllo ispettivo dell’amministrazione, non può disconoscersi in capo all’istante un interesse all'accesso giuridicamente rilevante e differenziato, non emulativo, né riducibile a mera curiosità, ma collegato da uno specifico nesso con le esigenze di tutela e di esercizio del diritto di difesa poste a base della istanza inoltrata.

E' quanto statuito dal Tar Campania, sez. Napoli VI, nella sentenza n. 653 del 4 febbraio 2016. L’illegittimo diniego di accesso. L'impresa E. srl era stata destinataria di denunce, depositate presso la Direzione Territoriale del Lavoro di Avellino con conseguenti ispezioni e sopralluoghi, in un arco temporale decennale dal 2004 al 2014. Precisamente - in un primo tempo, denunce del 29.01.2004, 21.05.2004, 21.04.2005, 8.06.2005 - in un secondo tempo, denunce del 30.08.2006 - infine, denunce del 15.10.2014. A fronte di tali denunce, l'impresa presentava richiesta di accesso, che veniva denegata sulla base dell'articolo 2, comma 1, del d.m. n. 757/1994, recante Regolamento concernente le categorie di documenti formati o stabilmente detenuti dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale sottratti al diritto di accesso ai sensi dell’art. 24 comma 4 della legge n. 241/1990”. Tale articolo, alle lettere b e c , del comma 1, stabilisce che sono sottratti al diritto di accesso i documenti concernenti le richieste di intervento dell’Ispettorato del Lavoro , nonché i documenti contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di terzi . La durata del divieto di ostensione è pari a cinque anni nel primo caso mentre nel secondo, è pari a cinque o finchè perduri il rapporto di lavoro nell'ipotesi che la richiesta di intervento provenga da un lavoratore o abbia comunque ad oggetto un rapporto di lavoro. L'impresa impugna il diniego, sostenendo, in primo luogo, che le esigenze di difesa, sottese alla richiesta di accesso e fondate sull'articolo 24 della Costituzione, prevalgono sulla normativa ora richiamata, fermo restando che l'amministrazione doveva effettuare, comunque, un bilanciamento fra diritto di difesa ed esigenze di riservatezza. Bilanciamento mai posto in essere. Inoltre, l'impresa ricorrente evidenzia l'indiscussa prevalenza della l. n. 241/1990 sulla richiamata normativa, in quanto questa, essendo di rango secondario, non può che recedere rispetto alla prima. Il controverso accesso alle denunce segrete od anonime. In linea generale, la tolleranza verso le denunce segrete e/o anonime costituisce un valore estraneo al nostro ordinamento giuridico, sicché l’anonimato non può costituire una prerogativa del diritto alla riservatezza. Emblematico, in tal senso, è l'articolo 111 della Costituzione, che, nel sancire come elemento essenziale del giusto processo il diritto dell'accusato di interrogare o far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, inevitabilmente presuppone che l'accusato abbia anche il diritto di conoscere il nome dell'autore di tali dichiarazioni. Quindi, proprio il diritto di difendersi o comunque di interagire in maniera efficace con la Pubblica Amministrazione, che procede alla verifica dei fatti oggetto di segnalazione o denuncia, presuppone la possibilità dell’incolpato di conoscere il contenuto delle stesse, come anche il nominativo dell’autore. D’altronde, il diritto a mantenere l’anonimato non è salvaguardato neanche al mero scopo di agevolare iniziative di denuncia di fatti lesivi dell’interesse pubblico o implicanti caratteri di illiceità. Tale disfavore verso le denunce e le dichiarazioni anonime emerge poi, a più riprese, dal codice di procedura penale. In tal senso, all'articolo 240 si dispone che i documenti, che contengono dichiarazioni anonime, non possono essere acquisti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano il corpo del reato o provengano comunque dall'imputato. Inoltre, all'articolo 195, comma 7, viene sancita l'inutilizzabilità della testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame. Gran parte della giurisprudenza amministrativa, sulla base di tale principio di generale disfavore presente nell'ordinamento giuridico, afferma che al diritto alla riservatezza, pure costituzionalmente rilevante, non può certo riconoscersi ampiezza tale da includere il diritto all'anonimato di colui che rende una dichiarazione a carico di terzi nell'ambito di un procedimento ispettivo o sanzionatorio. Ciò, in quanto la denuncia o l'esposto non possono essere considerati come un fatto circoscritto al solo autore e all’amministrazione competente, ma riguardano direttamente anche i soggetti denunciati, nell'ordinamento delineato dalla l. n. 241/1990 Tar Lombardia, sez. Brescia I, n. 1469/2008 . Precisamente, è stato affermato che il soggetto che subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti utilizzati dall’amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza, compresi gli esposti e le denunce che hanno determinato l’attivazione di tale potere Consiglio di Stato, sez. IV, n. 231/2012 , non ostandovi neppure il diritto alla riservatezza che non può essere invocato quando la richiesta di accesso ha ad oggetto il nome di coloro che hanno reso denunce o rapporti informativi nell’ambito di un procedimento ispettivo, giacché al predetto diritto alla riservatezza non può riconoscersi un’estensione tale da includere il diritto all’anonimato di colui che rende una dichiarazione a carico di terzi, tanto più che l’ordinamento non attribuisce valore giuridico positivo all’anonimato Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3601/2007 . Ancor più recentemente, è stato affermato che il privato, che subisce un procedimento di controllo, vanta un interesse qualificato a conoscere tutti i documenti utilizzati per l'esercizio del potere, inclusi, di regola, gli esposti e le denunce che hanno attivato l'azione dell'autorità, e che l'esposto, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell'amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un'attività ispettiva o di un intervento in autotutela Tar Lombardia, sez. Brescia II, n. 1251/2014 . Non mancano, tuttavia, voci dissonanti. Il Tar Veneto, sez. III, nella sentenza n. 321/2015, ha sostenuto che l'esposto presentato alla Pubblica Amministrazione, dal quale trae origine un'attività amministrativa che si traduce, prima, in verifiche ispettive e, quindi, in verbali di accertamento di illeciti amministrativi, non può essere fatto oggetto di accesso agli atti, non sussistendo il requisito della stretta connessione e del rapporto di strumentalità necessaria rispetto alla tutela delle proprie posizioni soggettive in giudizio, previsto dall’articolo 24 comma 7, della l. n. 241/1990. La prevalenza del principio di trasparenza. Il Tar Campania, facendo primariamente leva sulla normativa di rango secondario, invocata proprio dall'amministrazione il d.m. n. 757/1994 , evidenzia che le denunce relative agli anni 2004 e 2006 devono essere sicuramente rese ostensibili, in quanto fuoriescono dall'ambito di operatività della preclusione quinquennale prevista. Invero, i giudici amministrativi campani, in aderenza all'illustrato orientamento maggioritario, estendono la loro analisi sia ai precisi documenti prodotti in causa, sia ai principi generali in tema di rapporti fra accesso e riservatezza. Il Tar evidenzia che, né dalla motivazione del provvedimento impugnato, né altrove, riesce possibile desumere che le denunce, oggetto di richiesta di ostensione, provengano da un lavoratore alle dipendenze della impresa richiedente. Ciò comporta che non possono ravvisarsi evidenti e individuate ragioni di tutela della riservatezza, tali da giustificare il procrastinarsi del divieto di accesso oltre il limite previsto dalla disposizione regolamentare. Inoltre, occorre tener conto di un importante elemento a fronte di una reiterazione di esposti volti a sollecitare in più occasioni il controllo ispettivo dell’amministrazione intimata, non può disconoscersi in capo all’istante un interesse giuridicamente rilevante e differenziato, non emulativo, né riducibile a mera curiosità, ma collegato da uno specifico nesso con le esigenze di tutela e di esercizio del diritto di difesa poste a base della istanza inoltrata . Tale assunto viene giustificato in base ad un semplice e condivisibile ragionamento chi subisce un procedimento di controllo non può che essere considerato come titolare di un interesse qualificato a conoscere i documenti, che hanno sollecitato ed attivato l’esercizio del potere di controllo medesimo. Documenti, i quali si presentano sicuramente come rilevanti in virtù del loro particolare contenuto probatorio, finalizzato a concorrere all’accertamento di fatti potenzialmente pregiudizievoli. Infatti, la denuncia o l’esposto, una volta pervenuta nella sfera di conoscenza dell’amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un’attività ispettiva o di un intervento in autotutela. Di conseguenza , afferma il Tar, il denunciante perde il controllo sulla propria segnalazione la quale diventa un elemento nella disponibilità dell’amministrazione . In relazione alla concreta fattispecie, i giudici amministrativi campani rilevano che, sulla base di quanto dichiarato dall'impresa ricorrente e non contestato dall’amministrazione, le denunce, oggetto di richiesta di accesso, sarebbero di provenienza anonima. A fronte di tale accertamento fattuale, il Tar aderisce all'indirizzo prevalente, affermando che la tolleranza verso denunce segrete e/o anonime è un valore estraneo al nostro ordinamento giuridico . Di conseguenza, la conoscenza integrale dell’esposto non può che costituire uno strumento indispensabile per la tutela degli interessi giuridici dell'impresa richiedente l'accesso, essendo intuitivo che solo in questo modo la ricorrente potrebbe proporre eventualmente contro-denunce a tutela della propria immagine verso l’esterno . Infine, molto opportunamente e più che condivisibilmente, il Tar ricorda che il principio di trasparenza dell’attività amministrativa, sotteso alla disciplina in materia di accesso, vale sia per il denunciato, sia nei confronti del denunciante, in quanto la posizione di denunciante legittima l’accesso agli atti della procedura che ha preso origine dall’esposto .

Tar Campania, sez. Napoli VI, sentenza 13 gennaio – 4 febbraio 2016, n. 653 Presidente Maiello – Estensore Ianigro Fatto e diritto 1. Con riscorso ex articolo 116 c.p.a. la società Eurosystem s.r.l., quale azienda operante da oltre 25 anni nella produzione di sistemi modulari di arredamento e semilavorati per conto terzi, impugnava, chiedendone l’annullamento, il diniego di accesso oppostole con atto del 23.07.2015 dall’amministrazione intimata sulla richiesta di ostensione delle denunce asseritamente anonime” ivi menzionate cui avevano fatto seguito verbali di accesso ispettivo dell’Inps in un periodo di tempo compreso tra il 2004 ed il 2014 conclusesi tutte in assenza di rilievi a carico della istante. A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi di diritto 1 Violazione e falsa applicazione del d.m. 757/1994 in relazione agli artt. 22 e segg della legge n. 241/1990, violazione artt. 24, 41 e 97 Cost. eccesso di potere, sviamento, irragionevolezza, illogicità Il regolamento di cui al d.m. 4.11.1994 n. 757 concernente le categorie di documenti formati o stabilmente detenuti dal Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale inserisce all’articolo 2 lettere b e c tra quelli sottratti al diritto di accesso i documenti concernenti le richieste di intervento dell’Ispettorato del Lavoro”, nonché i documenti contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di terzi”. In ogni caso le necessità difensive riconducibili all’articolo 24 Cost. sono prioritarie rispetto alla riservatezza ed il dettato normativo in tal senso richiede che l’accesso sia garantito comunque, ferma restando la valutazione caso per caso che potrebbe condurre a ritenere prevalenti le esigenze difensive in questione. Nel caso di specie, nel bilanciamento tra diritto di difesa e tutela della riservatezza deve prevalere il primo poiché, nel corso di questi anni, numerose sono state le denunce che hanno portato ad ispezioni risoltesi con esito negativo. Ciò ha provocato ingenti danni alla ricorrente che ha dovuto impiegare e sottrarre molto tempo al lavoro per seguire l’attività degli ispettori durante le loro visite. 2 Violazione dell’articolo 3 della legge n. 241/1990, violazione e falsa applicazione del d.m. 757/1994 in relazione agli artt. 22 e segg. della legge n. 241/1990, violazione degli artt. 24,41 e 97 della Cost., Eccesso di potere, difetto di motivazione Nel provvedimento non è stato chiarito quale sarebbe l’effettivo pregiudizio per i dimostranti. 3 Violazione e falsa applicazione del d.m. 757/1994 in relazione agli artt. 22 e segg. della legge n. 241/1990, violazione degli artt. 24, 41 e 97 Cost., eccesso di potere, violazione della norma di rango primario, sviamento La legge n. 241/1990 prevale sul d.m. 757/1994, poiché, nel caso di dichiarazione rese dai lavoratori a carico del datore di lavoro nel corso di indagini ispettive, il diritto alla riservatezza recede di fronte al diritto di difesa, per cui, nel conflitto fra due norme di rango diverso, va data preminenza alla norma di fonte legislativa rispetto a quella regolamentare. In ogni caso l’amministrazione non ha dato alcuna motivazione delle ragioni per cui la norma di rango primario debba essere disattesa rispetto a quella di fonte regolamentare. 4 Violazione e falsa applicazione del d.m. 757/1994 in relazione agli artt. 22 e segg. della legge n. 241/1990, violazione dell’articolo 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere, difetto di motivazione e di istruttoria La motivazione è inesistente rispetto all’ istanza presentata che invece è molto articolata ed esprime gli orientamenti esistenti sulla necessità di una valutazione caso per caso. Concludeva quindi per l’accoglimento del ricorso con ogni conseguenza di legge quanto alle spese. L’amministrazione si costituiva per opporsi al ricorso chiedendone il rigetto. Alla camera di consiglio del 13.01.2016 il ricorso veniva introitato per la decisione. 2. Nel presente giudizio si controverte in ordine alla legittimità dell’atto prot. 14761 del 23.07.2015 con cui la Direzione Territoriale del Lavoro di Avellino, pronunciandosi sull’istanza inoltrata nell’interesse della ditta ricorrente in data 29.06.2015, non consentiva l’accesso a tre denunce cui avevano fatto seguito accessi ispettivi nelle seguenti date così verbalizzati per la prima denuncia i verbali del 29.01.2004, 21.05.2004, 21.04.2005, 8.06.2005, per la seconda il verbale ispettivo del 30.08.2006, e per la terza quello 15.10.2014. Quale motivo di diniego veniva opposto il disposto di cui all’articolo 2 comma 1 lettera b del d.m. 757/1994 recante Regolamento concernente le categorie di documenti formati o stabilmente detenuti dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale sottratti al diritto di accesso ai sensi dell’articolo 24 comma 4 della legge n. 24171990” a tenore del quale tra le categorie di atti sottratti al diritto di accesso sono ricomprese le richieste d’intervento”, e la durata della preclusione ai sensi del successivo articolo 3 lettera a del medesimo d.m. è di 5 anni. 2.1 Tanto premesso il ricorso è fondato e merita accoglimento limitatamente alle denunce indicate sub 1 e sub 2 del diniego impugnate che, in quanto sporte in data anteriore alle ispezioni di cui ai verbali redatti rispettivamente nel 2004 e nel 2006, fuoriescono dall’ambito di operatività della esclusione quinquennale” opposta di cui all’articolo 3 lett.a del regolamento di cui al d.m. 757/1994 citato nel provvedimento impugnato. L’articolo cit. nel determinare difatti la durata del divieto di accesso per le categorie di documenti indicati nell'articolo precedente, con riferimento ai documenti contenenti le richieste di intervento dell'Ispettorato del lavoro di cui all’articolo 2 lett. b , stabilisce che l’esclusione perdura per una durata di cinque anni, o finché perduri il rapporto di lavoro nella ipotesi in cui la richiesta di intervento provenga da un lavoratore o abbia comunque ad oggetto un rapporto di lavoro. Nella specie, né dalla motivazione del provvedimento impugnato, né aliunde, può ricavarsi che le denunce oggetto di richiesta di ostensione provengano da un lavoratore alle dipendenze della impresa istante sicchè in siffatta evenienza non possono ravvisarsi evidenti e individuate ragioni di tutela della riservatezza che giustifichino il procrastinarsi del divieto di ostensione opposto oltre il limite imposto dalla norma regolamentare richiamata dalla stessa amministrazione a sostegno del provvedimento impugnato. D’altra parte, a fronte di una reiterazione di esposti volti a sollecitare in più occasioni il controllo ispettivo dell’amministrazione intimata, non può disconoscersi in capo all’istante un interesse giuridicamente rilevante e differenziato, non emulativo, nè riducibile a mera curiosità, ma collegato da uno specifico nesso con le esigenze di tutela e di esercizio del diritto di difesa poste a base della istanza inoltrata. Ed infatti il soggetto che subisce un procedimento di controllo vanta un interesse qualificato a conoscere i documenti utilizzati per l’esercizio del potere – inclusi, di regola, gli esposti e le denunce che hanno attivato l’azione dell’autorità – suscettibili per il loro particolare contenuto probatorio di concorrere all’accertamento di fatti potenzialmente pregiudizievoli. Ciò in quanto l’esposto, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell’amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un’attività ispettiva o di un intervento in autotutela, e di conseguenza il denunciante perde il controllo sulla propria segnalazione la quale diventa un elemento nella disponibilità dell’amministrazione. Peraltro nella specie, sulla base di quanto dichiarato in atti dal ricorrente e non contestato in atti dall’amministrazione intimata, le denunce oggetto della presente richiesta ostensiva sarebbero di provenienza anonima e la tolleranza verso denunce segrete e/o anonime è un valore estraneo al nostro ordinamento giuridico Non può pertanto seriamente dubitarsi che la conoscenza integrale dell’esposto rappresenti uno strumento indispensabile per la tutela degli interessi giuridici dell’istante, essendo intuitivo che solo in questo modo la ricorrente potrebbe proporre eventualmente contro-denunce a tutela della propria immagine verso l’esterno. Del resto il principio di trasparenza dell’attività amministrativa sotteso alla disciplina in materia di accesso vale sia per il denunciato, sia nei confronti del denunciante, in quanto la posizione di denunciante legittima l’accesso agli atti della procedura che ha preso origine dall’esposto. Il ricorso pertanto merita accoglimento limitatamente alla richiesta di ostensione delle denunce sub 1 e 2 di cui al provvedimento impugnato, ferma restando la legittimità del diniego impugnato rispetto alla denuncia sub 3 ai sensi della norma richiamata che, ponendo un divieto solo temporalmente limitato e circoscritto, non può dirsi in contrasto con le esigenze di tutela e di difesa invocate in ricorso. Da ultimo quanto alle spese processuali avuto riguardo all’esito del giudizio di parziale accoglimento ricorrono giusti motivi per disporne l’integrale compensazione. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Sesta definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie per quanto di ragione e per l’effetto ordina alla Direzione Provinciale del Lavoro di Avellino di consentire alla parte ricorrente di prendere visione ed estrarre copia, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura, della documentazione richiesta con l'istanza di accesso di cui trattasi nei limiti di cui in motivazione nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione respinge il ricorso per la restante parte. Spese compensate Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.