Fondazioni di diritto privato e diritto pubblico

L’elemento fondante dell’organismo di diritto pubblico è quello, riconducibile alla rilevanza degli interessi generali perseguiti, in rapporto ai quali non può venire meno una funzione amministrativa di controllo, anche qualora la gestione fosse produttiva di utili. E' propria dell’Amministrazione, infatti, la cura concreta di interessi della collettività, che lo Stato ritiene corrispondenti a servizi da rendere ai cittadini e che pertanto, ove affidati a soggetti esterni all’Apparato amministrativo vero e proprio, debbono comunque rispondere a corretti parametri gestionali, anche sul piano dell’imparzialità e del buon andamento.

Lo ha affermato il Consiglio di Stato, Sezione VI, con la sentenza 5617 del 10 dicembre 2015. Organismi di diritto pubblico. In tale pronuncia il Consiglio di Stato ha stabilito che la Fondazione Arena di Verona che ha personalità giuridica di ordine privatistico, a norma del decreto legislativo n. 367/1996 ha comunque connotati tali da consentire di qualificare l’ente come organismo di diritto pubblico, nei termini recepiti dall’art. 3, comma 26, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE . I parametri di individuazione degli organismi di diritto pubblico enunciati nella norma citata, ha rilevato il Collegio sono a finalizzazione istituzionale al soddisfacimento di specifiche esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale e commerciale b possesso di personalità giuridica anche di natura privata c attività finanziata in percentuale maggioritaria dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico , o – in alternativa – la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri, dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali, o da altri organismi di diritto pubblico sul carattere cumulativo di detti requisiti, salvo il carattere alternativo di quelli di cui al punto c, cfr. Cass. SS.UU. 7.4.2010, n. 8225 . La Fondazione Arena di Verona. La rispondenza della fondazione della quale sono soci fondatori lo Stato, la Regione Veneto e il Comune di Verona ai parametri sopra indicati risulta innegabile in base a dati non controversi, quali il possesso di personalità giuridica – la cui natura privata non esclude il perseguimento di rilevanti interessi pubblici, connessi alla diffusione dell’arte musicale e quindi alla promozione della cultura, quale valore riconducibile all’art. 9, primo comma, della Costituzione – con ulteriore e di primario rilievo sotto il profilo in esame percezione di contributi pubblici, nonchè assoggettamento a controlli di assoluta pregnanza. Questi controlli si concretizzano non solo nella vigilanza, ex art. 19 d.lgs. n. 367/1996, del Ministero per i beni e le attività culturali nei cui confronti sussiste obbligo di rendiconto e nella possibilità di commissariamento, ex art. 21 del medesimo d.lgs. n. 367, ma anche nell’affidamento della presidenza al sindaco della città che è sede dell’ente art. 11 d.lgs. cit. , nell’obbligatoria presenza, nel consiglio di amministrazione, di due rappresentanti dell’autorità di Governo competente art. 12 , nella nomina da parte del Ministro [allora] del tesoro – di concerto con la predetta autorità di Governo – del collegio dei revisori, composto da tre membri effettivi ed un supplente, la maggioranza dei quali designati dalle medesime autorità di Governo art. 14 e nel controllo della gestione finanziaria da parte della Corte dei Conti art. 15 in caso di insolvenza, infine, si prevede non il fallimento, ma la liquidazione coatta amministrativa degli enti così disciplinati art. 20 . In tale contesto, giuridico e finanziario, non può essere posta in dubbio la sussistenza di un controllo pubblico, del tutto rispondente a quanto previsto dal citato art. 3, comma 26, del. d.lgs. n. 163/2006, a nulla rilevando al riguardo le argomentazioni dell’ente interessato, che sottolinea l’autonomia statutariamente prevista, a norma dell’art. 10 del più volte citato d.lgs. n. 367/1996, della fondazione di cui trattasi, per quanto riguarda l’attività di produzione artistica e le attività connesse, o strumentali. Detta autonomia, infatti, attiene alla fase attiva dell’esercizio delle funzioni affidate alla Fondazione, ma non esclude il controllo, quale relazione interorganica nell’ambito della quale l’operato degli organi attivi può essere sindacato per valutare la relativa rispondenza alla legge, o alla convenienza amministrativa, o a regole tecniche di varia natura, potendo il controllo essere finalizzato ad assicurare non solo la legittimità, ma anche l’economicità o l’efficacia della gestione operativa. Nel caso specifico la Fondazione aveva impugnato il proprio inserimento nell'elenco degli enti formato dall’Istituto Nazionale di Statistica ISTAT e pubblicato sulla G.U. n. 227 del 28 settembre 2012 – delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato, da individuare ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 legge di contabilità e di finanza pubblica .

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 17 settembre – 10 dicembre 2015, n. 5617 Presidente Severini – Estensore De Michele Fatto Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, sez. III, n. 5635/13 del 5 giugno 2013 che non risulta notificata è stato respinto il ricorso proposto dalla Fondazione Arena di Verona, avverso l’elenco – formato dall’Istituto Nazionale di Statistica ISTAT e pubblicato sulla G.U. n. 227 del 28 settembre 2012 – delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato, da individuare ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 legge di contabilità e di finanza pubblica , nella parte in cui la Fondazione stessa risultava iscritta in tale elenco. L’inserimento in questione, effettuato anche negli anni precedenti, era considerato lesivo degli interessi della ricorrente dopo l’emanazione del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica, con invarianza dei servizi ai cittadini , in quanto gli enti, qualificati come amministrazioni pubbliche, erano assoggettati a interventi di riduzione della spesa, con inevitabile contrazione degli spettacoli programmati e conseguenze negative anche per i lavoratori. Nella citata sentenza i motivi di gravame, prospettati dalla ricorrente, erano trattati in modo congiunto, in quanto tutti sostanzialmente volti a contestare una presunta natura provvedimentale dell’elenco pubblicato dall’ISTAT, nella parte in cui sarebbe stata effettuata una certa qualificazione delle fondazioni lirico-sinfoniche. In realtà, l’inserimento nell’elenco era già avvenuto per la prima volta il 24 luglio 2010 e nuovamente, senza variazioni, il 30 settembre 2011, con successiva recezione del contenuto di entrambi gli elenchi nel dettato dell’art. 5, comma 7, del d.-l. 2 marzo 2012, n. 16 convertito dalla legge n. 44 del 2012 , modificativo dell’art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009. La qualificazione degli enti lirico-sinfonici come amministrazioni, da assoggettare alle disposizioni di finanza pubblica contenute nella citata legge n. 196 del 2009 doveva, pertanto, considerarsi effettuata con norma di rango primario. Venivano ritenute irrilevanti, di conseguenza, le censure riferite ai parametri comunitari, fissati con regolamento UE n. 2223 del 1996, con residuale esigenza di verificare – sotto i noti profili di rilevanza e non manifesta infondatezza – il rispetto dei principi costituzionali, cui la legge in questione doveva uniformarsi, non sussistendo i presupposti per la disapplicazione della stessa con riferimento al citato regolamento 2223/1996 e al sistema europeo dei conti nazionali e regionali SEC 95 , aventi diverse finalità, comunque non incompatibili con la qualificazione contestata. Ugualmente insussistenti, inoltre, erano ritenuti i presupposti per sollevare questione di costituzionalità, in considerazione dell’indirizzo normativo e giurisprudenziale, che consente di qualificare gli enti lirici come organismi di diritto pubblico, ai quali può essere ragionevole estendere un regime restrittivo delle spese, imposto per ragioni di contingente crisi economica del Paese. Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame n. 5249/13 , sulla base dei seguenti motivi di gravame I erroneità della sentenza nell’aver ritenuto legificato” l’elenco ISTAT 2012, dovendosi invece procedere ad interpretazione sistematica dell’art. 1, commi da 1 a 3, della legge n. 196 del 2009, da cui emergerebbe l’incompatibilità del dettato normativo con l’”asserita natura recettizia del rinvio, operato dal legislatore all’elenco ISTAT” II erroneità della sentenza nel non avere sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della citata legge n. 196 del 2009 e delle disposizioni del d.-l. n. 95 del 2012, convertito in legge n. 135 del 2012, con riferimento agli articoli 3, 9, 33 e 97 della Costituzione, in quanto gli obiettivi di finanza pubblica sarebbero già conseguiti con la riduzione del finanziamento statale e solo il giudice delle leggi potrebbe valutare i parametri di bilanciamento fra detti articoli, tenuto conto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza III riproposizione delle censure già proposte in primo grado III.1 violazione o falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 196 del 2009 violazione o falsa applicazione del regolamento UE n. 2223/1996 – SEC 95 eccesso di potere per manifesta illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, errore sui presupposti, poiché la Fondazione Arena di Verona non potrebbe essere inserita fra le amministrazioni pubbliche”, comprese nel settore S13 in base al predetto regolamento UE – SEC 95, con particolare riguardo al requisito della produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita”. Ai sensi del d.lgs. n. 367 del 1996, infatti, gli enti di prioritario interesse nazionale che operano nel settore musicale sono stati trasformati in fondazioni di diritto privato”, la cui disciplina, benchè caratterizzata anche da aspetti pubblicistici, sarebbe sostanzialmente rimessa a norme di diritto civile, senza possibilità di inquadramento fra gli organismi pubblici, di cui alla lettera a del par. 2.69 del SEC 95 quanto sopra, in mancanza del requisito del controllo – inteso come capacità di determinare la politica generale o il programma di una unità istituzionale” – da parte di altra pubblica amministrazione, poichè la Fondazione avrebbe piena libertà di autodeterminazione operativa e gestionale, per la programmazione e la produzione sia artistica che commerciale degli spettacoli l’assenza di controlli, nel senso sopra indicato, escluderebbe anche la possibilità di inserire la medesima fondazione nell’altra categoria S13, ovvero in quella delle Istituzioni senza scopo di lucro, che agiscono da produttori di beni e di servizi non destinabili alla vendita, che sono controllate e finanziate in prevalenza da amministrazioni pubbliche” III.2 ancora violazione o falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 196 del 2009, e del regolamento UE n. 2223/1996 – SEC 95 eccesso di potere per manifesta illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria ed errore sui presupposti, con riferimento al requisito – fondamentale per l’inserimento nell’elenco ISTAT di cui trattasi – della produzione di beni e di servizi non destinabili alla vendita”. Per l’individuazione di tale requisito – non ancora reso oggetto di approfondimento da parte della giurisprudenza – una nota esplicativa, riconducibile alla regolamentazione comunitaria, rinvia al c.d. criterio del 50% fra costi e ricavi” rapporto che, nella fattispecie, sarebbe ampiamente” superato, sulla base di criteri e conteggi puntualmente esposti III.3 eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria, illogicità, irrazionalità, errore sui presupposti, essendosi l’Amministrazione vincolata all’osservanza delle norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario” Regolamento UE n. 2223/96 – SEC 95 , senza però che risultino precisate le relative modalità di applicazione, con effettivi accertamenti per i singoli Enti inseriti nell’elenco III.4 ancora violazione dell’art. 1 della legge n. 196 del 2009, nonché degli articoli 1, comma 7, 3, commi 1, 10 e 11-bis, 5, commi 2, 7, 8 e 8 comma 3 del d.-l. n. 95 del 2012, convertito con modificazioni in legge n. 135 del 2012 violazione o falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 800 del 1967, nonché degli articoli 1 e 3 del d.lgs. n. 367 del 1996 violazione degli articoli 3, 9, 33 e 97 della Costituzione eccesso di potere per illogicità, ingiustizia manifesta e sviamento, non avendo l’ISTAT esercitato correttamente le proprie funzioni, implicanti individuazione degli enti che, perseguendo obiettivi di finanza pubblica, avrebbero potuto essere coinvolti in interventi di contenimento della spesa, a norma del d.-l. n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012 c.d. spending review , che prevede interventi di revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”. Nel caso di specie, viceversa, le disposizioni restrittive introdotte avrebbero impedito alla Fondazione di perseguire le proprie finalità istituzionali, incidendo appunto negativamente sul servizio da rendere ai cittadini, nell’importante settore di promozione e sviluppo della cultura musicale. III.5 In via subordinata illegittimità derivata per illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge n. 196 del 2009 e degli articoli 1, comma 7, 3, commi 1, 10 e 11-bis, 5, commi 2, 7, 8 e 8, comma 3 del decreto legge n. 95 del 2012, convertito con modificazioni in legge n. 135 del 2012, con riferimento agli articoli 3, 9, 33 e 97 della Costituzione, essendo irragionevole disporre l’applicazione omogenea ed indistinta di previsioni gravemente limitative in tema di finanza pubblica ad enti affatto diversi per caratteri, struttura, autonomia operativa e finalità perseguite”, per il solo fatto di essere collocati negli elenchi ISTAT. Quanto sopra, in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza in base al quale non possono essere disciplinate nello stesso modo situazioni diverse , nonché con l’esigenza di salvaguardare, previo opportuno bilanciamento, sia il coordinamenrto della finanza pubblica che il perseguimento degli scopi istituzionali della Fondazione di cui trattasi, in base a tutte le norme ordinarie da prendere in considerazione – e da interpretare sistematicamente – nel caso di specie L’Istituto Nazionale di Statistica ISTAT , costituitosi in giudizio, descriveva puntualmente le proprie funzioni, per la predisposizione annuale del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, in un contesto di articolate competenze nazionali e comunitarie ed eccepiva, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse a ricorrere, in quanto le disposizioni di finanza pubblica, a cui sarebbe connesso il pregiudizio dell’appellante, continuerebbero comunque a trovare applicazione nei confronti del medesimo, per espressa prescrizione legislativa. Nel merito, venivano altresì formulate analitiche controdeduzioni a tutte le prospettazioni difensive, contenute nell’appello. Diritto E’ sottoposta all’esame del Collegio la questione di legittimità, concernente l’inserimento della Fondazione Arena di Verona fra le amministrazioni che concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e che sono, di conseguenza, soggette a disposizioni di contenimento della spesa c.d. spending review” , nei termini disciplinati dall’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 legge di contabilità e finanza pubblica , da raccordare con le procedure e i criteri stabiliti dall’Unione Europea” art. 1 cit., comma 1 . A quest’ultimo riguardo, deve farsi prioritario riferimento al regolamento CE n. 2223/96 del 25 giugno 1996, concernente il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella comunità Ue” cosiddetto SEC 95 , in conformità al quale l’ISTAT predispone annualmente il conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, nell’ambito della procedura sui deficit eccessivi regolati dal Trattato di Maastricht. Il regolamento in questione detta modalità di classificazione – su cui è fondato l’intero sistema europeo di controllo dei conti pubblici – prevedendo singole unità istituzionali” intese come centri di decisione economica raggruppate in settori, fra cui quello – denominato S 13” – che comprende le amministrazioni pubbliche”. Rientrano nel citato settore S13 le seguenti unità istituzionali cfr. SEC 95, par. 2.69 a gli organismi pubblici che gestiscono e finanziano un insieme di attività, principalmente consistenti nel fornire alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita b le istituzioni senza scopo di lucro, dotate di personalità giuridica, che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, che sono controllate e finanziate in prevalenza da amministrazioni pubbliche c i fondi pensione autonomi” Fra le amministrazioni pubbliche è stata appunto inserita – per quanto qui interessa – la Fondazione Arena di Verona, oggetto delle disposizioni del decreto legislativo n. 367 del 20 giugno 1996 Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato . Con tale normativa viene operata la privatizzazione degli enti di prioritario interesse nazionale” art. 1 , che perseguono senza scopo di lucro la diffusione dell’arte musicale.la formazione professionale dei quadri artistici e l’educazione musicale della collettività” art. 2, comma 1 . Le questioni da affrontare, in rapporto alla situazione sopra delineata, possono essere sintetizzate nei seguenti termini I valutazione della sussistenza, o meno, dell’interesse a ricorrere dell’attuale appellante, tenuto conto dell’eccezione di inammissibilità, riproposta in appello dalla parte resistente II determinazione della natura giuridica dell’elenco, a cui fa rinvio l’art. 1, comma 2, della citata legge n. 196 del 2009 III esame della fondatezza, o meno, della qualificazione operata nell’elenco impugnato, con riferimento alla Fondazione Arena di Verona IV giudizio sulla rilevanza e non manifesta infondatezza dell’eccezione di incostituzionalità, sollevata con riferimento alle disposizioni legislative, che fossero considerate giustificative di tale qualificazione. Il primo quesito in realtà, benché prospettato in termini di eccezione preliminare, presuppone che si affronti prioritariamente il secondo, in quanto l’Istituto resistente ritiene il ricorso inammissibile per le ragioni interpretative – sostanzialmente accolte nella sentenza appellata – secondo cui il contestato elenco del 28 settembre 2012 sarebbe insensibile” agli esiti del giudizio, poiché assorbito dall’art. 1, comma 2 della legge n. 196 del 2009 [] .partecipando della natura giuridica della norma che lo richiama”. Il Collegio non condivide tale prospettazione e di conseguenza, in accoglimento del primo motivo di appello, ravvisa l’infondatezza dell’eccezione preliminare. In base al citato articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009, infatti, Ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono, per l’anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell’elenco, oggetto del comunicato dell’Istituto nazionale di statistica in data 24 luglio 2010, nonché a decorrere dall’anno 2012 gli enti e i soggetti indicatidal predetto Istituto nell’elencoin data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 228 e successivi aggiornamenti, ai sensi del comma 3 del presente articolo”. Il testo riportato sembrerebbe avallare, in qualche misura, la tesi della natura recettizia del rinvio, visto che in particolare l’elenco, comunicato dall’ISTAT nel 2011, sembra assunto come termine di riferimento per gli anni futuri – salvo aggiornamenti – a decorrere” dal 2012, come se lo stesso facesse ormai parte del testo legislativo e ne avesse assunto la natura. Un’interpretazione logica e sistematica, tuttavia, induce a ravvisare piuttosto il carattere dinamico di tale rinvio cfr. anche in tal senso Cons. Stato, VI, 28 novembre 2012, n. 6014 , essendo prevista al successivo comma 3 del medesimo articolo 1 della legge n. 196/2009 la ricognizione” e non il mero, eventuale aggiornamento delle amministrazioni pubbliche, di cui al precedente comma 2, con un provvedimento” da pubblicare, annualmente, entro il 30 settembre. Al testo normativo appena sintetizzato si aggiungono le disposizioni del già ricordato SEC 95 e del relativo Manuale, che delineano i parametri di un accertamento complesso, in cui si pone come principio fondamentale del sistema europeo dei conti la realtà economica, prescindendo da quella giuridica” cfr. punto 2 del Manuale . Le esigenze di adeguamento ad un fattore, di certo non statico come detta realtà economica, d’altra parte, non possono non apparire incompatibili con la cristallizzazione normativa delle amministrazioni pubbliche, determinate per il 2011 dal medesimo SEC 95 e, come impediscono di attribuire forza e valore di legge all’elenco, ugualmente non consentono di ravvisare nella reiterazione immodificata del medesimo un atto meramente confermativo e non – come dispone la legge – una ricognizione”, frutto di periodico riesame ed eventuale revisione. In tale ottica deve riconoscersi che l’elenco di cui trattasi ha carattere di accertamento costitutivo – a carattere provvedimentale e con margini di discrezionalità tecnica, come più avanti meglio illustrato – per quanto riguarda la qualificazione degli enti in esso compresi come amministrazioni pubbliche, chiamate a concorrere agli equilibri finanziari fissati dall’Unione Europea per gli Stati membri, con gli effetti giuridici determinati dalla legge e, ove ritenuti lesivi, assoggettabili a valutazione in sede giurisdizionale attualmente, in base all’art. 1, comma 169, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 –legge di stabilità 2013 – innanzi alle Sezioni Riunite della Corte Dei Conti, in speciale composizione, ai sensi dell’art. 103, secondo comma, della Costituzione” . L’accoglimento del primo motivo di appello, nei termini sopra esposti, in parte supera e in parte rende necessario posticipare la disamina del secondo motivo riferito alle argomentazioni, con cui nella sentenza appellata si escludeva che l’elenco, ritenuto parte integrante del testo legislativo, potesse indurre a sollevare questioni di costituzionalità . Tali questioni, in ogni caso, vengono in qualche misura assorbite dall’ultimo motivo di gravame III.5 , prospettato in via subordinata e da esaminare in caso di rigetto delle altre argomentazioni difensive. Deve quindi essere prioritariamente affrontata, nel merito, la questione di legittimità dell’avvenuto inserimento, per l’anno 2012, della Fondazione Arena di Verona nell’elenco delle amministrazioni pubbliche. Tale inserimento è contestato censure nn. III.1, III.2 e III.3 , per violazione o falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 196 del 2009, nonché del regolamento UE n. 2223/1996 – SEC 95 e per eccesso di potere sotto vari profili profili diversi, ma strettamente correlati e, quindi, tali da meritare trattazione congiunta. Per affrontare le problematiche sollevate, il Collegio ritiene necessarie alcune considerazioni, per quanto riguarda la natura giuridica dell’ente interessato, il rilievo di tale circostanza ai fini della normativa di riferimento e la corretta lettura delle norme regolamentari, in base alle quali debbono essere individuate le amministrazioni pubbliche, da inserire nel conto consolidato dello Stato Come già ricordato, in primo luogo, la Fondazione Arena di Verona ha personalità giuridica di ordine privatistico, a norma del decreto legislativo n. 367 del 1996 nondimeno, la stessa ha connotati tali da consentire di qualificare l’ente come organismo di diritto pubblico, nei termini recepiti dall’art. 3, comma 26, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE . I parametri di individuazione degli organismi di diritto pubblico enunciati nella norma citata sono a finalizzazione istituzionale al soddisfacimento di specifiche esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale e commerciale” b possesso di personalità giuridica anche di natura privata c attività finanziata in percentuale maggioritaria dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”, o – in alternativa – la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri, dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali, o da altri organismi di diritto pubblico” sul carattere cumulativo di detti requisiti, salvo il carattere alternativo di quelli di cui al punto c, cfr. Cass. SS.UU. 7.4.2010, n. 8225 . La rispondenza della fondazione appellante della quale sono soci fondatori lo Stato, la Regione Veneto e il Comune di Verona ai parametri sopra indicati risulta innegabile in base a dati non controversi, quali il possesso di personalità giuridica – la cui natura privata non esclude il perseguimento di rilevanti interessi pubblici, connessi alla diffusione dell’arte musicale e quindi alla promozione della cultura, quale valore riconducibile all’art. 9, primo comma, della Costituzione – con ulteriore e di primario rilievo sotto il profilo in esame percezione di contributi pubblici , nonchè assoggettamento a controlli di assoluta pregnanza. Questi controlli si concretizzano non solo, come sottolineato dalla stessa appellante, nella vigilanza, ex art. 19 d.lgs. n. 367 del 1996, del Ministero per i beni e le attività culturali nei cui confronti sussiste obbligo di rendiconto e nella possibilità di commissariamento, ex art. 21 del medesimo d.lgs. n. 367, ma anche nell’affidamento della presidenza al sindaco della città che è sede dell’ente art. 11 d.lgs. cit. , nell’obbligatoria presenza, nel consiglio di amministrazione, di due rappresentanti dell’autorità di Governo competente art. 12 , nella nomina da parte del Ministro [allora] del tesoro – di concerto con la predetta autorità di Governo – del collegio dei revisori, composto da tre membri effettivi ed un supplente, la maggioranza dei quali designati dalle medesime autorità di Governo art. 14 e nel controllo della gestione finanziaria da parte della Corte dei Conti art. 15 in caso di insolvenza, infine, si prevede non il fallimento, ma la liquidazione coatta amministrativa degli enti così disciplinati art. 20 . In tale contesto, giuridico e finanziario, non può essere posta in dubbio la sussistenza di un controllo pubblico, del tutto rispondente a quanto previsto dal citato art. 3, comma 26, del. d.lgs. n. 163 del 2006, a nulla rilevando al riguardo le argomentazioni dell’appellante, che sottolinea l’autonomia statutariamente prevista, a norma dell’art. 10 del più volte citato d.lgs. n. 367 del 1996, della fondazione di cui trattasi, per quanto riguarda l’attività di produzione artistica e le attività connesse, o strumentali. Detta autonomia, infatti, attiene alla fase attiva dell’esercizio delle funzioni affidate alla Fondazione, ma non esclude il controllo, quale relazione interorganica nell’ambito della quale l’operato degli organi attivi può essere sindacato per valutare la relativa rispondenza alla legge, o alla convenienza amministrativa, o a regole tecniche di varia natura, potendo il controllo essere finalizzato ad assicurare non solo la legittimità, ma anche l’economicità o l’efficacia della gestione operativa. A tale nozione di controllo – risultante dal testo normativo di riferimento art. 3, comma 26, d.lgs. n. 163 del 2006 – si è attenuta la prevalente giurisprudenza, nel definire organismi di diritto pubblico” figure soggettive anche molto diverse fra loro, come la Fondazione Ca’ d’Industria Cons. Stato, VI, 3 giugno 2014, n. 2843 la Fondazione La Biennale di Venezia Cons. Stato, VI, 8 maggio 2014, n. 2362 , le Autorità Portuali Cons. Stato, VI, 15 dicembre 2014, n. 6146 , gli Aeroporti di Milano Linate e Malpensa Cons. Stato, VI, 8 ottobre 2013, n. 4934 e gli Aeroporti di Roma Cons. Stato, VI, 22 aprile 2014, n. 2026 questi ultimi solo attraverso la specificazione dei parametri identificativi degli organismi in questione, parametri che possono anche prescindere, come ampiamente dedotto, dal finanziamento pubblico ed associarsi a criteri imprenditoriali di gestione cfr. in tal senso Cons. Stato,. VI, n. 6014 del 2012 cit. II, 25 luglio 2008, parere n. 2361 e IV, 8 maggio 2013, ordinanza n. 2492, emessa ai sensi dell’art. 267 TFUE sulla connotazione pubblicistica delle Fondazioni lirico-sinfoniche cfr. anche Corte cost., 21 aprile 2011, n. 153 . Appare evidente, dunque, come l’elemento fondante dell’organismo di diritto pubblico sia appunto quello, riconducibile alla rilevanza degli interessi generali perseguiti, in rapporto ai quali non può venire meno una funzione amministrativa di controllo, anche qualora la gestione fosse produttiva di utili come dimostra il carattere espressamente disgiunto dei requisiti, di cui al precedente punto c” è propria dell’Amministrazione, infatti, la cura concreta di interessi della collettività, che lo Stato ritiene corrispondenti a servizi da rendere ai cittadini e che pertanto, ove affidati a soggetti esterni all’Apparato amministrativo vero e proprio, debbono comunque rispondere a corretti parametri gestionali, anche sul piano dell’imparzialità e del buon andamento . Altrettanto evidente invece – ed essenziale per le finalità di contenimento della spesa pubblica, cui corrisponde la ratio della normativa in esame che non può tollerare, essendo posta in relazione al sistema economico nazionale, eccezioni formalistiche – è la rilevanza prioritaria del fattore di finanziamento pubblico per le amministrazioni, da inserire nell’elenco di cui al più volte citato art. 1 della legge n. 196 del 2009, in conformità ai criteri enunciati nel c.d. SEC 95. Deve pertanto ammettersi che la mera qualificazione della fondazione in questione come organismo di diritto pubblico non sia sufficiente, perché la stessa risulti inserita nell’elenco delle amministrazioni”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1 della legge n. 196 del 2009. Detta qualificazione, tuttavia, consente di aderire alla prospettazione dell’ISTAT, secondo cui la fondazione di cui trattasi deve essere ricondotta alla prima tipologia di unità istituzionali, comprese nel settore S13 del SEC 95 par. 2.68 , ovvero a quella degli organismi pubblici che gestiscono e finanziano un insieme di attività, principalmente consistenti nel fornire alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita” e non fra le Istituzioni senza scopo di lucro dotate di personalità giuridica”, per le quale si richiede – in forma cumulativa e non alternativa – che sussistano controlli e finanziamenti, provenienti in prevalenza” da amministrazioni pubbliche . L’unico requisito, che appare quindi suscettibile di accertamento, per valutare il legittimo inserimento della Fondazione Arena di Verona fra le amministrazioni pubbliche”, ai fini che qui rilevano, è dunque quello della produzione e offerta al pubblico, da parte della stessa, di beni e servizi non destinabili alla vendita”. Quest’ultima espressione, come chiarito dal regolamento SEC 95 e dal relativo Manuale esplicativo rispettivamente, nei paragrafi 3.33 e 5.2 implica una ricognizione del carattere economicamente significativo, o meno, del prezzo di vendita, dovendo ritenersi non destinabile alla vendita” un bene o un servizio, il cui prezzo influisce in maniera scarsa sia sulla domanda che sull’offerta convenzionalmente, è stato scelto al riguardo – come riportato dal Manuale – il criterio del 50%”, in base al quale deve essere accertato se i ricavi realizzati, in condizioni di mercato, coprano o meno una quota superiore alla metà dei costi di produzione fermo restando che, per la rilevanza dell’interesse pubblico sotteso, l’attività viene comunque espletata, anche ove non sfruttabile economicamente in modo produttivo . Nell’impugnativa vengono prodotti al riguardo conteggi, dai quali dovrebbe desumersi che il rapporto tra ricavi e costi di produzione supera ampiamente il valore del 50%”. Quanto sopra, tuttavia, sulla base di criteri valutativi, che appaiono efficacemente contestati dall’ISTAT, per quanto riguarda l’inserimento, tra i ricavi, di quote di finanziamento pubblico, nonché per lo scorporo di parte dei costi, con particolare riguardo a quelli per il personale, peraltro senza tenere conto di peculiari eventi, che il medesimo Istituto rappresenta senza puntuale smentita apporti patrimoniali straordinari intervenuti ed altri contributi in conto esercizio, dopo un periodo peraltro di gestione commissariale . Appare rilevante, inoltre, che il SEC 95 par. 3.33 b imponga non un mero riscontro contabile, ma un vero e proprio giudizio prognostico, formulato nei seguenti termini Il criterio del 50% va applicato in un’ottica pluriennale, ossia solo se vale per diversi anni, oppure se vale per l’anno in corso e si attende che varrà per il prossimo futuro. Le fluttuazioni secondarie del volume delle vendite da un anno all’altro non richiedono una riclassificazione delle Unità Istituzionali.” quanto sopra, all’evidente fine di riconoscere o meno all’ente – con relativa stabilità – carattere imprenditoriale in un sistema di mercato, ovvero più marcato perseguimento di interessi pubblici non economici, con mezzi prevalentemente a carico dello Stato. In tale contesto fondatamente, ad avviso del Collegio, l’Istituto nazionale di statistica sottolinea la sussistenza di margini di discrezionalità tecnica richiedenti il possesso di conoscenze specialistiche”, contestabili non con mere argomentazioni difensive o ricostruzioni soggettive dei fatti, ma solo per erronea rappresentazione della realtà, palese incongruenza o inosservanza di regole tecnico-scientifiche di inequivoca lettura come riconosciuto da giurisprudenza ormai consolidata, per il sindacato giurisdizionale di legittimità su atti del tipo indicato . Data la complessità dei parametri di riscontro, appare pertanto rafforzata la tesi della natura provvedimentale – e non di mero strumento contabile, come talvolta ritenuto dalla giurisprudenza senza tuttavia che sussista, al riguardo, un orientamento consolidato – dell’elenco di cui trattasi, da formare in base ad un apprezzamento sistematico, nonché ad una proiezione anche futura dei dati stessi e da cui discende una qualificazione, produttiva per gli enti interessati di effetti giuridici. Nel caso di specie, l’ISTAT ha ragionevolmente rappresentato il carattere tendenzialmente non remunerativo dell’attività tipica della Fondazione, nei termini richiesti dalla normativa vigente, tanto da poter esprimere – su scala pluriennale – un giudizio di sostanziale sottrazione della stessa a criteri imprenditoriali di mercato, nonostante l’indubbio valore, sul piano culturale, del servizio offerto alla collettività. Alla ragionevole impostazione di cui sopra – che sembra escludere vizi di accertamento e di istruttoria contrariamente a quanto sostenuto, in particolare, nel terzo motivo di gravame, al punto n. 3 non si contrappongono da parte dell’appellante controdeduzioni tecniche idonee, nel senso in precedenza chiarito, a smentire le risultanze contabili illustrate dall’ISTAT. In base alle considerazioni svolte, nessuna delle censure prospettate nell’impugnativa appare quindi meritevole di accoglimento oltre alle argomentazioni, già puntualmente disattese nella presente decisione, l’appellante espone infatti tesi difensive che attengono a scelte di indirizzo politico, non sindacabili in tema di finanziamento pubblico e di revisione della spesa c.d. spending review” . Quest’ultima, come è noto, risulta finalizzata a migliorare efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa nell’impiego di risorse della collettività, attraverso una sistematica analisi e valutazione di obiettivi e risultati, tenuto conto delle strutture organizzative e delle procedure decisionali esistenti. L’appellante contesta il contenuto delle scelte, operate con d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica, con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale del settore bancario , con riferimento ad una serie di misure restrittive, inerenti anche al trattamento del personale, che sarebbero di impedimento per le attività istituzionali di promozione della cultura e dell’educazione musicale, in aggiunta alla disposta riduzione del finanziamento pubblico che dovrebbe di per sé soddisfare le esigenze di contenimento della spesa pubblica, poste a base della disciplina contestata . Tali argomentazioni appaiono inammissibili, in quanto volte, appunto, a contestare nel merito scelte di politica economica dello Stato, imposte peraltro a livello europeo nell’intento di ridurre il disavanzo dei Paesi membri dell’Unione Europea. Tutte le amministrazioni pubbliche inserite nell’apposito elenco, predisposto in base alle regole in precedenza esaminate, sono chiamate ad operare peculiari forme di restrizioni nelle spese, quand’anche fonte di difficoltà sul piano gestionale non può dunque riconoscersi alla fondazione appellante una posizione speciale, tale da esonerarla da restrizioni che investono ogni pur essenziale servizio pubblico, dalla scuola alla sanità, fino ad ogni ulteriore settore considerato dalla normativa di riferimento. Diverse e non fungibili, d’altra parte, sono le finalità del finanziamento pubblico, rispetto a quelle della cosiddetta spending review le prime, indirizzate a sostenere strutture organizzative non autosufficienti sul piano finanziario, per la rilevanza degli interessi pubblici perseguiti con tagli” riconducibili, in via esclusiva, all’attuale momento di crisi economica le seconde, come ricordato, indirizzate a razionalizzare e contenere le spese in base ad un disegno preordinato, con la minima possibile penalizzazione per l’efficienza dei servizi e con modalità che – in quanto disposte in via legislativa – non risultano censurabili, in sede di giudizio di legittimità, sotto i profili propri dell’eccesso di potere. Resta quindi da valutare soltanto l’eccezione di incostituzionalità delle norme di riferimento art. 1 della legge n. 196 del 2009, articoli 1, comma 7, 3, commi 1, 10 e 11-bis, 5, commi 2, 7 e 8 e 8 comma 3 della citata legge n. 135 del 2012 , in rapporto agli articoli 3, 9, 33 e 97 della Costituzione. Il Collegio ritiene che tale eccezione sia manifestamente infondata. L’appellante, infatti, riconduce i dubbi di costituzionalità alle caratteristiche peculiari della fondazione e all’esigenza sia di non trattare in modo uguale situazioni diverse, sia di non incidere con ripercussioni irreparabili sul funzionamento di enti di produzione che ricevono contributi pubblici”, tenuto conto dell’importanza degli interessi perseguiti, che imporrebbero apposito bilanciamento con le ragioni esclusivamente finanziarie, ispiratrici delle norme in discussione. Appare evidente, tuttavia, che l’elemento unificante tra i soggetti, di cui è previsto l’inserimento negli elenchi ISTAT, è riconducibile ai fondi pubblici di cui gli stessi sono destinatari e che ne giustificano l’inclusione nel conto consolidato dello Stato le misure finanziarie, successivamente assunte, possono inoltre presentare aspetti controvertibili, in rapporto ai quali, tuttavia, le scelte del legislatore possono muoversi con ampi margini di discrezionalità, peraltro nell’ambito di obiettivi imposti a livello comunitario, in presenza di situazioni di deficit eccessivo. Apodittico e indimostrato, infine, appare il rappresentato pregiudizio irreparabile per la cultura e il buon andamento dell’Amministrazione, in rapporto ad una serie di specifiche misure che – come quella del divieto di monetizzare le ferie non godute – possono presentare aspetti opinabili, ma non appaiono tali da compromettere il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente, né esulano dalle finalità di contenimento generale della spesa, stimato necessario per fronteggiare la situazione economica in atto, così come non evidenziano percepibili alterazioni dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, nell’ottica di austerità imposta dal contingente andamento dei conti pubblici. Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto le spese giudiziali, da porre a carico della parte soccombente, vengono liquidate nella misura di €. 3.000,00 euro tremila/00 . P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando, respinge l’appello indicato in epigrafe condanna la Fondazione appellante al pagamento delle spese giudiziali, nella misura di €. 3.000,00 euro tremila/00 . Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.