Abusi edilizi, ordine di ripristino ed eccesso di zelo della PA

E' illegittima l'ordinanza di demolizione di opere ritenute abusive realizzate nello stabilimento balneare, con la quale il Comune aveva inteso dare attuazione all’ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale di condanna emessa dal Tribunale per abusi edilizi.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 5324/2015 del Consiglio di Stato, depositata il 24 novembre scorso. La giurisprudenza penale della Corte di Cassazione Cass., SS.UU., n. 15/1996 III, 12 dicembre 2006 n. 32952/2010 n. 3456/2012 ha chiarito che l’ordine di demolizione delle opere abusive impartito dal giudice penale in sentenza di condanna per violazioni alla normativa urbanistico-edilizia non deve essere eseguito dalla pubblica amministrazione ma, al contrario, la caratterizzazione che tale provvedimento riceve dalla sede in cui viene adottato conferma la giurisdizione del giudice ordinario riguardo alla pratica esecuzione dello stesso. Natura autonoma dell’ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale di condanna. La giurisprudenza penale della Corte di Cassazione ha peraltro già affermato la natura autonoma dell’ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale di condanna, rilevando l’assenza di norme specifiche che riconducano all’autorità amministrativa l’esecuzione dell’ordine di demolizione emesso dal giudice penale e, dunque, l’assoggettamento della demolizione alla disciplina dell’esecuzione prevista dal Codice di procedura penale. Ne consegue che, ha rilevato il Consiglio di Stato, Sezione VI, con la sentenza 5324 del 24 novembre 2015, non essendo ipotizzabile che l'esecuzione d'un provvedimento adottato dal giudice venga affidata alla pubblica amministrazione, salvo che la legge non disponga altrimenti in modo espresso, l'organo promotore dell'esecuzione, secondo la citata giurisprudenza, va identificato nel Pubblico ministero, con connessa parallela funzione del giudice dell'esecuzione per quanto di specifica competenza. L'ordine di demolizione irrogato in sentenza, costituendo una misura amministrativa caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale ne è appunto attribuita l'applicazione, non passa in giudicato essendo sempre possibile la sua revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità intervenuti anche successivamente. È però compito esclusivo del giudice penale anche dell'esecuzione verificare la sussistenza dei presupposti per un’eventuale revoca della sanzione. Nel caso specifico, inoltre, ha osservato il Collegio, l’esecuzione in sede penale risultava già in corso. L’iniziativa assunta dall’Amministrazione con l’adozione delle ordinanze impugnate, di conseguenza, oltre a rappresentare di per sé un ipotesi di sconfinamento e di indebito esercizio di competenze riservate alla giurisdizione penale, rischiava anche di sovrapporsi ed interferire sull’incidente di esecuzione pendente in sede penale.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 17 settembre – 24 novembre 2015, numero 5324 Presidente Severini – Estensore Giovagnoli Fatto e diritto 1. Viene in decisione l’appello proposto dalla società Porta Nuova Entertainment s.r.l. per ottenere la riforma della sentenza, di estremi indicati in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, ha respinto il ricorso proposto in primo grado avverso le ordinanze del Comune di Pescara, emesse da due differenti uffici, ma di identico contenuto entrambe in data 30 gennaio 2014 prot. numero 13857/SDM e prot. numero 13266 , contenenti l’ordine di demolizione di opere ritenute abusive realizzate dalla società Porta Nuova Entertainment di seguito anche solo Porta Nuova o Società presso lo stabilimento balneare denominato Lido delle Sirene”, sito in Pescara, alla Piazza Le Laudi, numero 2. 2. Con i suddetti provvedimenti, il Comune di Pescara ha inteso dare attuazione all’ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale di condanna numero 1330 del 2011, emessa dal Tribunale ordinario di Pescara confermata in appello e in Cassazione , a carico di Filippo Antonio De Cecco, per abusi edilizi rilevati sullo stabilimento in questione. 3. La società Porta Nuova ha impugnato le predette ordinanze innanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, deducendone l’illegittimità per i seguenti profili - per incompetenza del Comune alla relativa adozione - per violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo - per difetto di istruttoria, ingiustizia manifesta, travisamento dei fatti difetto dei presupposti - per ingiustizia manifesta e difetto dei presupposti con riferimento ai singoli interventi individuati dall’ordinanza come oggetto di necessaria demolizione. 4. Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso con sentenza numero 15 ottobre 2014, numero 412. Il Tribunale amministrativo regionale ha fondato il rigetto sull’esistenza di un giudicato penale che ha disposto la demolizione delle opere abusive. Secondo il Tribunale amministrativo regionale, il Comune avrebbe legittimamente adottato provvedimenti volti ad ottemperare al predetto giudicato penale. 5. Per ottenere la riforma di tale sentenza ha proposto appello la società Porta Nuova, che ha riproposto i motivi già formulati in primo grado, lamentando, in particolare, il difetto di competenza del Comune all’adozione degli atti impugnati. 6. Alla pubblica udienza del 17 settembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione. 7. L’appello merita accoglimento. 8. È fondato, in particolare, il motivo diretto a sostenere il difetto di competenza del Comune a dare esecuzione al giudicato penale di condanna. Nella sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale ha ritenuto che la pendenza del giudizio di esecuzione dinnanzi al giudice penale non impedirebbe al Comune di adottare i provvedimento oggetto di censura. La tesi non merita condivisione. 9. Deve al riguardo rilevarsi che la giurisprudenza penale della Corte di Cassazione Cass., SS.UU., 24 luglio 1996, numero 15 III, 12 dicembre 2006 8 settembre 2010, numero 32952 21 novembre 2012, numero 3456 ha chiarito che l’ordine di demolizione delle opere abusive impartito dal giudice penale in sentenza di condanna per violazioni alla normativa urbanistico-edilizia non deve essere eseguito dalla pubblica amministrazione ma, al contrario, la caratterizzazione che tale provvedimento riceve dalla sede in cui viene adottato conferma la giurisdizione del giudice ordinario riguardo alla pratica esecuzione dello stesso. La giurisprudenza penale della Corte di Cassazione ha affermato la natura autonoma dell’ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale di condanna, rilevando l’assenza di norme specifiche che riconducano all’autorità amministrativa l’esecuzione dell’ordine di demolizione emesso dal giudice penale e, dunque, l’assoggettamento della demolizione alla disciplina dell’esecuzione prevista dal Codice di procedura penale. 10. Ne consegue che, non essendo ipotizzabile che l'esecuzione d'un provvedimento adottato dal giudice venga affidata alla pubblica amministrazione, salvo che la legge non disponga altrimenti in modo espresso, l'organo promotore dell'esecuzione, secondo la citata giurisprudenza, va identificato nel Pubblico ministero, con connessa parallela funzione del giudice dell'esecuzione per quanto di specifica competenza. 11. Deve ancora aggiungersi che ordine di demolizione irrogato in sentenza, costituendo una misura amministrativa caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale ne è appunto attribuita l'applicazione, non passa in giudicato essendo sempre possibile la sua revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità intervenuti anche successivamente. È però compito esclusivo del giudice penale anche dell'esecuzione verificare la sussistenza dei presupposti per un’eventuale revoca della sanzione . Nel caso oggetto del presente giudizio, peraltro, tali conclusioni sono avvalorate dalla circostanza che l’esecuzione in sede penale risulta, peraltro, già in corso. L’iniziativa assunta dall’Amministrazione con l’adozione delle ordinanze impugnate, pertanto, oltre a rappresentare di per sé un ipotesi di sconfinamento e di indebito esercizio di competenze riservate alla giurisdizione penale, rischia anche di sovrapporsi ed interferire sull’incidente di esecuzione pendente in sede penale. 12. I provvedimenti amministrativi impugnati sono stati, quindi, adottati in carenza di potere da parte del Comune e vanno, pertanto, annullati. 13. Sussistono i presupposti per compensare integralmente le spese del doppio grado di giudizio, considerata la complessità anche in punto di fatto della vicenda e, comunque, la controvertibilità delle questioni oggetto del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado. Spese del doppio grado compensate Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.