Assistenza negata ed efficienza della PA

Il Ministero dell'interno nega ai propri dipendenti il diritto di prendersi cura dei propri cari, mediante una interpretazione della l. n. 104/1992 che il Consiglio di Stato non condivide, anche in relazione alla evoluzione normativa della legge in questione.

Eliminata la previsione dei requisiti della continuità ed esclusività dell'assistenza. A seguito della novella di cui alla l. n. 183/2010, infatti, ha rilevato la Sezione III del Consiglio di Stato nella sentenza 5113 del 10 novembre 2015, è stata eliminata dall'art. 33 della l. n. 104/1992 la previsione dei requisiti della continuità ed esclusività dell'assistenza tali requisiti, pertanto, non possono più essere pretesi dall'Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui al citato art. 33. Con la conseguenza che gli unici parametri entro i quali l'Amministrazione deve valutare se concedere o meno il trasferimento presso la sede di servizio del richiedente sono, da un lato le proprie esigenze organizzative ed operative, e dall'altro l'effettiva necessità del beneficio, al fine di impedire un suo uso strumentale. La Sezione, peraltro, aveva già chiarito nel proprio precedente n. 4085/2014, che agli effetti del trasferimento ai sensi dell'art. 33, comma 5, della l. n. 104/1992, per dare assistenza con carattere di continuità a parente o affine entro il terzo grado che versa in condizione di handicap - l'inciso ove possibile , contenuto nella predetta disposizione, nel settore del pubblico impiego sta a significare che, avuto riguardo alla qualifica rivestita dal pubblico dipendente, deve sussistere la disponibilità nella dotazione di organico della sede di destinazione del posto in ruolo per il proficuo utilizzo del dipendente che chiede il trasferimento . La necessità di assicurare l'apporto assistenziale alla persona in condizione di handicap ha carattere prevalente. Peraltro, correttamente, la sentenza appellata aveva rilevato che il trasferimento ex art. 33,comma 5, della l. n. 104/1992 risponde a finalità del tutto distinte rispetto al regime ordinario previsto per i trasferimenti, e che, quindi, la necessità di garantire l’avvicendamento del personale non può costituire valida ragione per ledere il preminente diritto all’assistenza spettante al disabile. In sostanza, pur non configurandosi il trasferimento ai sensi dell'art. 33, comma 5, della l. n. 104/1992 come un diritto assoluto del dipendente interessato - nella graduazione degli interessi coinvolti, ove sussista per la qualifica rivestita la disponibilità di posti nella sede richiesta, la necessità di assicurare l'apporto assistenziale alla persona in condizione di handicap si configura prevalente e prioritaria oltreché derogatoria alle regole ordinarie di mutamento del luogo di servizio , rispetto ai trasferimenti da effettuarsi secondo gli interpelli periodici a livello nazionale, volti a soddisfare, di massima, le esigenze di rientro nella sede di origine in base all'anzianità di servizio maturata .

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 1 ottobre – 10 novembre 2015, n. 5113 Presidente Lignani – Estensore Santoleri Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per la Lombardia, il ricorrente in primo grado ha impugnato il provvedimento con cui l’amministrazione dell’Interno ha respinto la sua richiesta di trasferimento, inoltrata in data 5 settembre 2011, ai sensi dell’art. 33 comma 5 della L. n. 104/1992. In particolare, l’istante ha dedotto - di essere agente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Lodi - di provvedere da molti anni all’assistenza della sorella -omissis-, portatrice di handicap in situazione di gravità, con accertata invalidità totale e permanente inabilità lavorativa al 100% - che, stante l’indisponibilità dei suoi genitori ad assistere la figlia disabile in quanto a loro volta affetti da personali patologie invalidanti , in data 5 settembre 2011, aveva presentato una domanda di trasferimento ai sensi dell’art. 33, comma 5 della L. n. 104/92, corredata della relativa documentazione medica - che il Ministero dell’Interno, aveva con un primo provvedimento rigettato l’istanza motivando che Non si rilevano elementi utili per l'applicazione della normativa citata. Nel caso di specie, infatti, non risulta comprovato che il dipendente assista, in via esclusiva, il portatore di handicap. Non è possibile infatti, ipotizzare un'assistenza prestata unicamente dal dipendente, rappresentata solo per mezzo di semplici dichiarazioni di carattere formale, non risultando provata con la produzione di dati ed elementi di carattere oggettivo, oppure concernenti stati psicofisici connotati da particolare gravità, e, quindi, idonei a comprovare l'effettiva indisponibilità assistenziale degli altri familiari, sulla base di criteri di ragionevolezza tali da concretizzare un'effettiva esimente dal vincolo di assistenza familiare” - che l’adito T.A.R. di Perugia, aveva dichiarato illegittimo tale provvedimento con sentenza n. 160/2013, sul presupposto che, per effetto dell’articolo 24 della Legge n. 183/2010, non fosse più previsto l’obbligo della continuità ed esclusività dell’assistenza ai fini delle richieste di cui all’art. 33 della Legge quadro per l’assistenza ai disabili - che, con il provvedimento oggi impugnato, l’amministrazione resistente ha nuovamente denegato il trasferimento richiesto dal ricorrente, motivando questa volta nel senso che considerato che l’Amministrazione espleta i concorsi, impegnando notevoli risorse finanziarie ed investendone ulteriori per la formazione degli allievi, con il fine di avvalersene per il perseguimento dei propri compiti istituzionali, individuando a questo scopo le sedi ove le esigenze di servizio, legate alle necessità di ordine e sicurezza pubblica, risultino rilevanti” considerato, altresì, che per i suddetti motivi, la sede richiesta dal dipendente non è contemplata tra quelle resesi disponibili per l'assegnazione del personale di prima nomina” tenuto conto, inoltre, che l’assegnazione dei neo agenti permette la movimentazione di dipendenti dello stesso ruolo che aventi maggiore anzianità di sede, a volte, anche ultradecennale, attendono di raggiungere le destinazioni richieste” considerato, infine, che le istanze ai sensi della normativa invocata dal dipendente possono trovare accoglimento ove possibile alla luce delle irrinunciabili specifiche esigenze organizzative e funzionali dell'Amministrazione, la quale, pur dovendo tener conto dei bisogni personali e familiari dei propri dipendenti, non può assolutamente prescindere dal perseguimento del proprio fine, coincidente con l'interesse primario della collettività, interesse a cui deve riconoscersi priorità assoluta, in quanto individuato come prevalente rispetto alle esigenze personali del singolo, anche se normativamente tutelate”. Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto le seguenti censure - la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 2 e dell’art. 51 della Costituzione e dell’art. 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, della l. 3 marzo 2009, n. 18, in quanto l’amministrazione resistente avrebbe del tutto obliterato i principi costituzionali e comunitari della pari dignità e di inserimento sociale delle persone con disabilità - la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 della legge n. 104/1992, dell’art. 3 della l. n. 241/1990, dell’art. 7 del d.p.r. n. 254/1999 e dell’art. 55 del d.p.r. 335/1982 - l’eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, illogicità e irragionevolezza della motivazione, travisamento. violazione del principio di proporzionalità - la violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis della l. 7 agosto 1990, n. 241, in quanto l’amministrazione avrebbe posto a sostegno del provvedimento finale di reiezione motivazioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle prospettate nel preavviso di rigetto comunicato in data 8 aprile 2013. Con la sentenza appellata il primo giudice ha accolto il ricorso avverso il diniego di trasferimento respingendo la domanda risarcitoria. Il T.A.R. Lombardia ha rilevato che -- l’inciso ove possibile” recato dalla norma più volte richiamata, implica un bilanciamento, effettivo e non apparente, tra le esigenze vitali del disabile in vista della cui assistenza soltanto è stato introdotto l’istituto e quelle organizzative della p.a., il che implica che le valutazioni del datore di lavoro, da specificarsi dettagliatamente, debbono apparire del tutto imprescindibili -- la stessa amministrazione ha riconosciuto, nella relazione dell’8 aprile 2014, che non si registra una grande differenza tra le vacanze organiche specifiche del ruolo di appartenenza del ricorrente -” nelle sedi di Lodi e Caserta”, né ha puntualmente indicato le ragioni che rendono prevalente l’interesse organizzativo dell’Amministrazione a trattenere nell’attuale sede il ricorrente, rispetto all’interesse di questi ad assistere il congiunto invalido -- che l’art. 33, comma 5, citato è applicabile anche ai vincitori di concorso, e che l’assegnazione ai sensi della disposizione citata è del tutto diversa e prevalente rispetto al trasferimento ordinario. Con ricorso ritualmente notificato il Ministero dell’Interno ha proposto appello avverso la predetta sentenza deducendo che -- la richiesta di trasferimento ex art. 33 della L. 104/92 non costituisce un diritto incondizionato del richiedente, essendo necessaria non solo la vacanza nell’organico, ma anche la disponibilità del posto -- l’Amministrazione ha individuato le sedi nelle quali assegnare i frequentatori del 180° corso di formazione, e tra queste non è ricompresa la sede di Caserta nella quale il ricorrente in primo grado ha chiesto l’assegnazione -- l’assegnazione dei nuovi agenti consente la movimentazione di quelli aventi maggiore anzianità di sede -- la presenza dei genitori della disabile deve essere comunque valutata per la concessione del beneficio al fine di evitare l’uso strumentale della disposizione. L’Amministrazione ha quindi concluso chiedendo l’accoglimento dell’impugnazione. L’appellato si è costituito in giudizio e nella propria memoria ha replicato alle censure proposte chiedendo il rigetto dell’appello. In particolare, ha rilevato che le ragioni di servizio sarebbero state genericamente indicate e sarebbero smentite dagli accertamenti istruttori disposti dal primo giudice sarebbe stato provato nel giudizio di primo grado che alcuni suoi colleghi vincitori del concorso sarebbero stati assegnati presso commissariati casertani la disposizione recata dall’art. 33 comma 5 della L. 104/92 si applicherebbe anche ai vincitori di concorso in sede di prima nomina sarebbe stato accertato nel primo giudizio dinanzi al T.A.R. Umbria l’impossibilità per i genitori di prestare assistenza alla figlia disabile. Alla Camera di Consiglio del giorno 1 ottobre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione ai sensi degli artt. 38 e 60 c.p.a., ricorrendo i presupposti ivi previsti dal codice del processo amministrativo. L’appello è infondato. Occorre preliminarmente premettere che a seguito della novella di cui alla legge nr. 183 del 2010, è stata eliminata dall'art. 33 della legge nr. 104 del 1992 la previsione dei requisiti della continuità ed esclusività dell'assistenza tali requisiti, pertanto, non possono più essere pretesi dall'Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui al citato art. 33, e dunque gli unici parametri entro i quali l'Amministrazione deve valutare se concedere o meno il trasferimento presso la sede di servizio di Caserta o località limitrofe, sono da un lato le proprie esigenze organizzative ed operative, e dall'altro l'effettiva necessità del beneficio, al fine di impedire un suo uso strumentale. La Sezione ha già chiarito che agli effetti del trasferimento ai sensi dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, per dare assistenza con carattere di continuità a parente o affine entro il terzo grado che versa in condizione di handicap - l'inciso ove possibile , contenuto nella predetta disposizione, nel settore del pubblico impiego sta a significare che, avuto riguardo alla qualifica rivestita dal pubblico dipendente, deve sussistere la disponibilità nella dotazione di organico della sede di destinazione del posto in ruolo per il proficuo utilizzo del dipendente che chiede il trasferimento . Ha poi aggiunto che pur non configurandosi il trasferimento ai sensi dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1192 come un diritto assoluto del dipendente interessato - nella graduazione degli interessi coinvolti, ove sussista per la qualifica rivestita la disponibilità di posti nella sede richiesta, la necessità di assicurare l'apporto assistenziale alla persona in condizione di handicap si configura prevalente e prioritaria oltreché derogatoria alle regole ordinarie di mutamento del luogo di servizio , rispetto ai trasferimenti da effettuarsi secondo gli interpelli periodici a livello nazionale, volti a soddisfare, di massima, le esigenze di rientro nella sede di origine in base all'anzianità di servizio maturata” cfr. Cons. Stato Sez. III, 1/08/2014 n. 4085 . Nel caso di specie, il primo giudice ha svolto un’approfondita istruttoria in esito alla quale è emerso che non si registra una grande differenza tra le vacanze organiche specifiche del ruolo di appartenenza del ricorrente nelle sedi di Lodi e Caserta le quali presentano scoperture rispettivamente del 9% e del 5%, pur calcolate rispetto a organici quantitativamente diversi tra di loro ”. Il primo giudice ha poi chiesto ulteriori chiarimenti all’Amministrazione sulla questione, ma nessun ulteriore precisazione è stata fornita, tanto che nella sentenza il primo giudice ha rilevato che la nota del 3 giugno 2014, oltre a non rispondere in termini puntuali alla richiesta di chiarimenti formulata da Collegio, non contiene un’adeguata rappresentazione delle specifiche ragioni che rendono prevalente l’interesse organizzativo dell’Amministrazione a trattenere nell’attuale sede il ricorrente, rispetto all’interesse di questi specificatamente tutelato dall’ordinamento di assistere il congiunto invalido”. In sostanza, l’Amministrazione non ha fornito un’idonea dimostrazione dell’esistenza di ragioni di servizio tali da rendere recessivo l’interesse alla tutela della disabile. Neppure può rilevare in modo assoluto la disponibilità” del posto rivendicato dal ricorrente, atteso che la giurisprudenza ha ritenuto applicabile la disciplina recata dall’art. 33 citato anche in sede di prima assegnazione cfr. T.A.R. Lazio Sez. I 8/5/2012 n. 4126 , come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, senza considerare che il ricorrente ha dedotto – senza essere stato contraddetto sul punto dall’Amministrazione – che ben tre colleghi del suo concorso sarebbero stati assegnati a commissariati nella zona di Caserta. Infine, correttamente la sentenza appellata ha rilevato che il trasferimento ex art. 33 comma 5 della L. 104/92 risponde a finalità del tutto distinte rispetto al regime ordinario previsto per i trasferimenti, e che quindi la necessità di garantire l’avvicendamento del personale non può costituire valida ragione per ledere il preminente diritto all’assistenza spettante al disabile. Infine, la questione relativa all’impossibilità di prestare assistenza alla disabile da parte degli altri congiunti non costituisce motivo di rigetto della domanda di trasferimento, essendo stata la questione già dedotta nel primo provvedimento di diniego di trasferimento annullato dal T.A.R. Umbria con la sentenza n. 160/2013, nella quale si è fatto specifico riferimento al venir meno dei requisiti dell’esclusività e della continuità dell’assistenza. In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello deve essere respinto. Quanto alle spese di lite, in considerazione della particolarità della fattispecie, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti per l’intero giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate per l’intero giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.