Nuovi criteri per l’assegnazione degli incarichi e per la liquidazione degli onorari degli avvocati della PA

L’art. 9, d.l. n. 90/14 ha fissato nuovi parametri per l’assegnazione degli incarichi consultivi e contenziosi e per la liquidazione dei compensi professionali cumulati con la normale retribuzione da pubblico dipendente agli avvocati impiegati presso la PA, purché sia stato fatto l’adeguamento previsto dal comma 9 entro il 1/1/15. La sentenza annotata ne chiarisce aspetti dubbi.

È quanto sancito dalla sentenza del Tar Campania, sez. V, n. 5025 depositata il 23/10/15. Il caso. I ricorrenti sono dipendenti della Città Metropolitana ex Provincia di Napoli, inquadrati col profilo di Funzionari avvocati ed hanno impugnato il regolamento per la corresponsione dei compensi professionali al personale togato, approvato nel 2014 dalla Giunta, e vari atti ad esso connessi, compresi quelli a firma dell’Avvocato capo, citato in giudizio con l’ente. Il Tar ha accolto le censure, respingendo le eccezioni, sollevate ex adverso , circa la competenza del G.O. e la carenza di legittimazione processuale dei ricorrenti per i convenuti, essendo un atto di natura endoprocessuale, doveva essere impugnato dalle organizzazione sindacali. In realtà è un atto di natura regolamentare e dai vari elementi che risultano dagli atti, dai verbali impugnati, dalle difese dei convenuti e dai rilievi sollevati dai sindacati durante la sua elaborazione emerge che è esso attiene ai diritti dei ricorrenti che perciò sono interessati ad impugnarlo. Quadro normativo. L’art. 9 fissa i criteri per la remunerazione dell’avvocato e per l’assegnazione degli incarichi consultivi e contenziosi, rinviando a quelli previsti dai regolamenti dell'Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici ed ai contratti collettivi . Il compenso deve essere parametrato al criterio oggettivo del rendimento dell’attività svolta, dato che la contrattazione collettiva fissa le differenti retribuzioni spettanti agli avvocati dirigenti e funzionari. Si ricordi che quella del legale nelle PA è una figura peculiare che somma le caratteristiche e le prerogative sia del dipendente pubblico che del libero professionista. Divieto di prendere parte a decisioni sui compensi. Da ciò emerge il palese conflitto d’interessi dell’Avvocato capo coordinatore ai sensi del combinato disposto degli artt. 54 d.lgs. n. 165/01 Codice etico, novellato dalla L. n. 190/12 e 7, d.p.r. n. 62/13 obbligo di astensione . Le sentenze favorevoli e le transazioni devono sempre essere compensate. L’art. 9 anche nella conversione del DL 90/14 nella L.114/14 ed il CCNL comparto Regioni ed Autonomie locali prevede che l’avvocato abbia un compenso per le sentenze favorevoli, senza specificare quali esse siano. Si deve perciò riconoscerlo ogni volta che la PA tragga profitto dall’opera del legale sia per la transizione art. 1956 cc che nei casi in cui sia dovuta all’inerzia delle parti e similia. Infatti la sentenza favorevole per l’estinzione del giudizio per perenzione, per rinuncia al ricorso o, in generale, per inattività della parte ricorrente può, in determinate ipotesi, essere ricollegata all’attività giudiziale svolta dai legali della amministrazione resistente, nella misura in cui detta attività ha indotto la parte ricorrente a desistere dal giudizio intrapreso . I compensi spettano anche ai legali che nel frattempo sono andati in pensione, in aspettativa o trasferiti ad altra PA. Non sono lecite le ripartizioni delle spettanze per percentuali in base alla diversa qualifica od all’anzianità di servizio presso l’ente. Ogni contraria statuizione violerebbe l’art. 97 Cost Reddito di posizione. È altresì illegittima la previsione di un compenso in caso di compensazione delle spese di lite e/o differenziato per il dirigente per la sua maggiore responsabilità ed esposizione a rischi. In primis se le spese sono compensate, sono a totale carico dell’ente, perciò, anche per logica contabile, non avendo alcun vantaggio, nulla sarà dovuto al legale oltre alla normale retribuzione ex art. 36 Cost. Per i dirigenti, poi, i CCNL prevedono una voce a sé per la maggiore responsabilità delle loro mansioni il c.d. reddito di posizione. Criteri per l’assegnazione degli affari contenziosi e consultivi. I parametri ed i vincoli netta distinzione tra i ruoli del dirigente e del funzionario del regolamento impugnato contrastano con l’art. 9 e con i principi di piena indipendenza ed autonomia nella trattazione stabile ed esclusiva degli affari legali dell’Ente ex art. 23 L. n. 247/12. Gli incarichi devono essere assegnati esclusivamente in base ai criteri di par condicio e di specializzazione professionale, che esula dall’inquadramento contrattuale basandosi solo sul percorso formativo seguito dall’avvocato e alla esperienza professionale maturata nei diversi ambiti dell’ordinamento giuridico . Successione di leggi quali tariffe bisogna applicare? L’art. 9 comma 9 è chiaro i commi 3, 4 e 5 e il secondo e il terzo periodo del comma 6 nonché il comma 7 si applicano a decorrere dall'adeguamento dei regolamenti e dei contratti collettivi di cui al comma 5, da operare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. In assenza del suddetto adeguamento, a decorrere dal 1 gennaio 2015, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 non possono corrispondere compensi professionali agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell'Avvocatura dello Stato .

TAR Campania, sez. V, sentenza 8 – 23 ottobre 2015, n. 5025 Presidente Nappi - Estensore Marotta Fatto e diritto 1.1 I ricorrenti sono avvocati della Città Metropolitana di Napoli già Provincia di Napoli , inquadrati nella relativa dotazione organica in cat. D3 ex 8 q.f. con il profilo professionale di Funzionari avvocati”. Con il ricorso introduttivo del giudizio hanno impugnato il regolamento per la corresponsione dei compensi professionali al personale togato di cui all’art. 9 del decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, l. 11 agosto 2014 n. 114 , approvato dalla Provincia di Napoli con deliberazione di Giunta provinciale n. 591 del 22 dicembre 2014, nonché i relativi atti istruttori richiamati in epigrafe, contestandone la legittimità con nove articolati motivi. 1.2 Si sono costituiti in giudizio la Città Metropolitana di Napoli e l’avv.to Aldo di Falco quale avvocato capo coordinatore dell’Avvocatura della Città Metropolitana , eccependo l’inammissibilità di alcune censure e contestando comunque nel merito la fondatezza delle dedotte doglianze. 2. All’udienza camerale del 16 aprile 2015, fissata per la delibazione dell’istanza cautelare, la causa è stata cancellata dal ruolo delle sospensive, ai fini di una sollecita definizione nel merito delle questioni dedotte in giudizio. 3. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 30 maggio – 3 giugno 2015 e depositato in data 5 giugno 2015, i ricorrenti hanno contestato la legittimità degli atti impugnati sotto ulteriori profili emersi in relazione ad un accesso documentale intervenuto successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo del giudizio . Con diverse memorie le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive. 4. All’udienza pubblica dell’8 ottobre 2015, su richiesta delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione. 5 Preliminarmente, il Collegio è chiamato a valutare la fondatezza delle eccezioni di inammissibilità del gravame, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e per difetto di interesse, sollevate dalla Città Metropolitana di Napoli e dal controinteressato con riguardo alle censure relative alle disposizioni regolamentari con le quali sono stati determinati i criteri di assegnazione degli affari consultivi e contenziosi e i criteri di ripartizione dei compensi professionali tra gli avvocati dipendenti della Provincia di Napoli ora Città Metropolitana di Napoli . 5.1 L’amministrazione resistente e il controinteressato sostengono che la cognizione delle predette questioni, attenendo alla gestione del rapporto di lavoro, deve ritenersi devoluta al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, in quanto, secondo il criterio del petitum sostanziale, indipendentemente dalla natura degli atti impugnati, la domanda azionata dagli odierni ricorrenti è diretta al conseguimento di utilità di natura economica connesse allo svolgimento della loro attività professionale o comunque ad incidere sulle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. 5.2 Sostiene, altresì, la Città Metropolitana di Napoli che il ricorso sarebbe inammissibile nella parte in cui impugna i verbali del gruppo di lavoro e degli incontri con le organizzazioni sindacali, in quanto, da un lato, detti verbali costituiscono atti di natura endoprocedimentale rispetto ai quali i ricorrenti non formulano alcuna censura specifica, dall’altro, l’impugnazione dei verbali in questione deve ritenersi riservata in via esclusiva alle sole organizzazioni sindacali. 5.3 Infine, la Città Metropolitana di Napoli eccepisce l’inammissibilità del gravame per difetto di interesse, essendo le disposizioni regolamentari inidonee ad incidere direttamente ed immediatamente sulla sfera giuridica dei ricorrenti. 5.4 Le eccezioni sono prive di fondamento. 5.5 Infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il provvedimento oggetto di impugnazione è infatti un atto di natura regolamentare, con il quale l’amministrazione ha provveduto, in attuazione di quanto disposto dall’art. 9 del d.l. n. 90/2014 alla regolamentazione dei criteri di riparto dei compensi professionali spettanti agli avvocati dipendenti della Provincia e dei criteri di assegnazione degli affari contenziosi e consultivi. Vengono dunque in rilievo nel provvedimento impugnato aspetti relativi alla organizzazione delle funzioni istituzionalmente attribuite all’Avvocatura provinciale e quindi l’esercizio di potestà pubblicistiche in materia di organizzazione degli uffici , la cui cognizione deve ritenersi devoluta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo. 5.6 Del pari deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso relativa alla impugnazione dei verbali del gruppo di lavoro del 3 febbraio 2014, del 20 febbraio 2014, del 22 aprile 2014 e del 5 dicembre 2014 nonché dei verbali delle organizzazioni sindacali dell’11 e del 17 dicembre 2014. Trattandosi dei verbali dei lavori svolti dal gruppo di lavoro relativamente alla predisposizione del regolamento contestato dagli odierni ricorrenti nonché dei verbali di approvazione da parte delle organizzazioni sindacali del testo predisposto da gruppo di lavoro, risulta evidente l’interesse dei ricorrenti al loro annullamento. 5.7 Infine, infondata è anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, in quanto il provvedimento impugnato, contenendo la enucleazione dei criteri di assegnazione degli affari contenziosi e consultivi e dei criteri di riparto dei relativi compensi, si rivela idoneo ad incidere, in via diretta ed immediata, sulla sfera giuridica dei ricorrenti. 6.1 Con il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, i ricorrenti deducono violazione dell’art. 54 del d.lgs. n. 165/2001. Dopo aver evidenziato che la Provincia di Napoli ha adottato, con deliberazione di Giunta provinciale n. 407 del 30 luglio 2014, il codice di comportamento dei propri dipendenti di cui all’art. 54 del d.lgs. n. 165/2001 e s.m.i. e che l’articolo 6 del predetto codice prevede testualmente Il dipendente si astiene dal partecipare alla adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri.”, i ricorrenti fanno rilevare che l’avvocato capo dell’Amministrazione provinciale avv.to Aldo Di Falco ha partecipato al gruppo di lavoro che ha proceduto alla redazione del regolamento relativo alla attribuzione dei compensi agli avvocati dell’Ufficio legale, violando il dovere di astensione previsto oltre che dal predetto art. 6 del codice di comportamento dell’amministrazione provinciale anche dall’art. 7 del d.P.R. 16 aprile 2013 n. 62. 6.2 L’amministrazione resistente e il controinteressato avv.to Aldo Di Falco hanno contestato la fondatezza della censura evidenziando che - il provvedimento impugnato ha natura regolamentare e come tale inidoneo a perseguire interessi individuali - il gruppo di lavoro che ha provveduto alla materiale redazione del regolamento aveva natura composita, comprendendo oltre al coordinatore dell’Area Avvocatura , il vice segretario, il coordinatore dell’Area risorse umane, il coordinatore dell’Area servizi economico – finanziari, con l’affidamento della funzione di coordinamento del gruppo di lavoro al Segretario generale dell’Ente - il regolamento predisposto dal Gruppo di lavoro è stato poi approvato dalla Giunta provinciale, con deliberazione n. 591 del 22 dicembre 2014, sulla base dei pareri di regolarità tecnica e contabile espressi rispettivamente dal coordinatore dell’Area risorse umane e dal Coordinatore dell’Area servizi economico – finanziari - non sarebbe ravvisabile nel caso di specie una violazione dell’art. 6-bis della l. n. 241/1990, introdotto dall’art. 1 comma 41 della l. 6 novembre 2012 n. 190 a norma del quale Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale” , in quanto non verrebbe in rilievo nel caso de quo un’attività provvedimentale che impegni l’amministrazione nei confronti di terzi, ma una semplice attività endoprocedimentale funzionale alla predisposizione di un atto di natura regolamentare. 6.3 La censura è fondata. Costituisce principio generale del nostro ordinamento giuridico quello secondo il quale tutti i soggetti preposti all’esercizio delle funzioni pubbliche debbono astenersi dal prendere parte alla formazione di provvedimenti amministrativi, in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto. Tale obbligo, che ha il suo fondamento costituzionale nel principio di imparzialità di cui all’art. 97 Costituzione, trova il suo espresso riconoscimento in alcune disposizioni di diritto positivo nell’art. 51 c.p.c. e nell’art. 36 c.p.p. che individuano le fattispecie in cui il giudice ha l’obbligo di astenersi nell’art. 78, 2° comma, primo periodo, del d.lgs. n. 267/2000 a norma del quale gli amministratori locali devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado” . Con specifico riguardo ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, l’art. 54, comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 165/2001, come sostituito dalla l. n. 190/2012, dispone testualmente Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico”. In attuazione di quanto disposto dall’art. 54, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 è stato approvato il d.P.R. 16 aprile 2013 n. 62, che, con riguardo a tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ha disposto all’art. 7 obbligo di astensione 1. Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza”. Orbene, nel caso di specie, risulta non controverso tra le parti che l’avvocato capo dell’Avvocatura della Provincia di Napoli ora Città Metropolitana di Napoli ha partecipato al gruppo di lavoro preposto alla stesura del regolamento per la corresponsione dei compensi professionali al personale togato della Provincia di Napoli ora Città Metropolitana di Napoli . Risulta, altresì, per tabulas, che alcune delle disposizioni del predetto regolamento hanno ad oggetto i criteri di ripartizione dei compensi professionali da corrispondere ai dipendenti dell’Avvocatura della Provincia di Napoli ora Città Metropolitana di Napoli con qualifica di dirigente o di funzionario, in possesso della abilitazione all’esercizio della professione forense ivi compresi quelli spettanti all’avvocato capo . Ne consegue che risulta disatteso l’obbligo di astensione riveniente dal combinato disposto dell’art. 54 del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 7 del d.P.R. n. 62/2013. La sussistenza di un conflitto di interesse dell’avvocato capo rispetto alla partecipazione al procedimento che ha portato alla formazione del contestato regolamento risulta evidente solo se si considerino le disposizioni regolamentari contenute all’art. 3 comma 6 a norma del quale In ogni caso, per le sentenze che prevedano la compensazione delle spese di giudizio la quota dei compensi professionali liquidati a favore dell’Avvocato Capo , dell’Avvocato Capo Vicario e degli altri Avvocati Dirigenti non potrà essere inferiore a quella eventualmente erogata ad altro personale togato, stante la maggiore esposizione in punto di responsabilità degli Avvocati – Dirigenti, i quali alle responsabilità connesse alla costituzione nei giudizi affidati agli stessi in via esclusiva, assommano quelle relative alla loro costituzione in tutti i giudizi assegnati agli Avvocati – funzionari, con esclusione delle cause in cui gli avvocati funzionari si costituiscono da soli” e all’art. 3, comma 7 Fermo quanto stabilito nel precedente comma 6, in ogni caso, per le sentenze che prevedano la compensazione delle spese di giudizio, la quota dei compensi professionali liquidati a favore dell’Avvocato Capo non potrà essere inferiore a quella corrisposta ad altro avvocato funzionario e dirigente, anche se con funzioni di Avvocato Capo Vicario”. A riguardo il Collegio deve rilevare che, coerentemente con i principi desumibili dall’art. 36 della Cost., l’art. 9, comma 5, del d.l. n. 90/2014 dispone I regolamenti dell'Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici e i contratti collettivi prevedono criteri di riparto delle somme di cui al primo periodo del comma 3 e al primo periodo del comma 4 in base al rendimento individuale, secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto tra l'altro della puntualità negli adempimenti processuali”. Ne consegue che i compensi professionali da attribuire agli avvocati dipendenti dalle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni di cui all’art. 9 del d.l. debbono essere rapportati in via esclusiva alla attività professionale espletata, da valutarsi in base al rendimento individuale secondo criteri oggettivamente misurabili, indipendentemente dall’inquadramento dell’avvocato nella dotazione organica come dirigente o come funzionario , prevedendo già la contrattazione collettiva un trattamento economico differenziato degli avvocati – dirigenti rispetto agli avvocati – funzionari. 6.4 Stando così le cose, si rivelano prive di rilievo giuridico le argomentazioni svolte dall’amministrazione resistente e dal controinteressato - non dirimente è la considerazione che del gruppo di lavoro che ha proceduto alla materiale redazione del regolamento abbiano fatto parte anche altre figure professionali apicali dell’Ente, non risultando l’astensione dell’Avvocato capo dalla partecipazione alla redazione delle disposizioni regolamentari che denotano un evidente conflitto di interesse rispetto alla posizione ricoperta - del pari giuridicamente irrilevanti sono le argomentazioni relative alla natura endoprocedimentale dell’attività svolta dal gruppo di lavoro e alla formale approvazione del regolamento da parte dalla Giunta provinciale, in quanto l’obbligo di astensione non viene in rilievo solo al momento dell’esercizio del potere provvedimentale, ma anche nella fase istruttoria relativa alla predisposizione, da parte degli uffici pubblici, degli atti poi formalmente approvati dagli organi di indirizzo politico. 7.1 Con il secondo motivo di gravame, i ricorrenti deducono l’illegittimità dell’art. 1, comma 9, del regolamento della Provincia di Napoli ora Città Metropolitana di Napoli nella parte in cui esclude l’erogazione dei compensi ai dipendenti togati per quei provvedimenti il cui esito favorevole del procedimento è dipeso dall’inerzia delle parti estinzione del giudizio o perenzione ed altre formule analoghe , cancellazione dal ruolo o accordi transattivi”. 7.2 La censura è fondata. 7.3 Occorre premettere che la contrattazione collettiva del comparto Regioni e Autonomie locali, pur riconoscendo ai dipendenti del settore Avvocatura delle Regioni e degli Enti locali il diritto a percepire compensi professionali nel caso di sentenza favorevole”, non enumera i provvedimenti giurisdizionali che debbono essere inclusi nel relativo novero l’art. 27 del C.c.n.l. del 14 settembre 2000 si limita a stabilire Gli enti locali provvisti di avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all'ente, secondo i principi di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578” . Anche l’art. 9 del d.l. n. 90/2014, nel testo convertito dalla l. n. 114/2014, non specifica che cosa debba intendersi per sentenza favorevole” alle amministrazioni pubbliche. 7.4 Tanto premesso, il Collegio fa rilevare che la transazione che, ai sensi dell’art. 1965 c.c., è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro” , comporta sempre un vantaggio per l’Ente rispetto alle pretese originariamente azionate dalla controparte cfr. T.a.r. Puglia, Lecce, 16 ottobre 2014 n. 2543 ne consegue che sarebbe ingiusto escludere gli avvocati dipendenti dell’Ente da ogni riconoscimento economico in relazione alla attività professionale svolta nella fase antecedente al perfezionamento dell’accordo transattivo se è liquidabile in favore dell’avvocato dipendente l’attività consultiva svolta per conto dell’Ente di appartenenza, non si vede per quale ragione gli debba essere negato ogni riconoscimento economico per l’attività, giudiziale o stragiudiziale, svolta nella fase che ha preceduto il perfezionamento dell’accordo transattivo . 7.5 Mutatis mutandis, il Collegio deve rilevare che anche l’estinzione del giudizio per perenzione, per rinuncia al ricorso o, in generale, per inattività della parte ricorrente può, in determinate ipotesi, essere ricollegata all’attività giudiziale svolta dai legali della amministrazione resistente, nella misura in cui detta attività ha indotto la parte ricorrente a desistere dal giudizio intrapreso cfr. T.a.r. Puglia, Lecce, 16 ottobre 2014 n. 2543 ne consegue che anche in questa ipotesi appare ingiusto escludere sic et simpliciter gli avvocati dipendenti dell’Ente da ogni compenso per l'attività professionale svolta. 7.6 Ritiene, conseguentemente, il Collegio, per le ragioni sopra indicate, che la delimitazione del novero delle sentenze favorevoli all’amministrazione solo a quelle che abbiano deciso nel merito la causa, ovvero abbiano accolto eccezioni di rito formulate dalla difesa dell’Ente improcedibilità, inammissibilità, difetto di legittimazione ad agire, carenza di interesse ed altre forme analoghe”, con esplicita esclusione di quelle che abbiano definito il giudizio per perenzione, per rinuncia al ricorso o, in generale, per inattività della parte ricorrente ovvero per effetto della conclusione di un accordo transattivo sia censurabile per la dedotta violazione del principio di imparzialità e buon andamento art. 97 Cost. . 8.1 Con il terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, i ricorrenti contestano la legittimità dell’art. 4 del regolamento impugnato per violazione dell’art. 9, comma 5, del d.l. n. 90/2014, nel testo sostituito dalla legge di conversione n. 114/2014. 8.2 La censura è fondata. 8.3 Occorre premettere che l’art. 9, comma 5, ultimo periodo, del d.l. n. 90/2014 dispone testualmente I suddetti regolamenti e contratti collettivi definiscono altresì i criteri di assegnazione degli affari consultivi e contenziosi, da operare ove possibile attraverso sistemi informatici, secondo principi di parità di trattamento e di specializzazione professionale”. 8.4 Il Collegio rileva che l’art. 4 del regolamento impugnato, rubricato Criteri di assegnazione degli affari contenziosi e consultivi”, dispone quanto segue - demanda all’Avvocato capo il compito di stabilire, sentiti l’Avvocato capo vicario e gli altri avvocati dirigenti, i criteri di attribuzione del peso ponderale di ciascun giudizio e di ogni richiesta di parere mediante criteri numerici - il peso ponderale viene graduato sulla base dei seguenti criteri in ordine decrescente difficoltà, valore economico, urgenza, novità o ripetitività delle questioni giuridiche connesse alla causa o all’affare costitutivo trattato, dislocazione dei fori - determinato il peso ponderale in termini numerici l’assegnazione delle cause e delle richieste di parere avviene tenendo conto del peso ponderale complessivo del carico di lavoro, al fine della sua perequazione, in considerazione della specializzazione, esperienza professionale ed inquadramento giuridico dell’Avvocato assegnatario” - nell’assegnazione degli affari consultivi e contenziosi l’Avvocato Capo dovrà tenere conto del preminente interesse dell’Amministrazione alla miglior difesa in giudizio, nonché del diverso inquadramento giuridico del personale togato e della eventuale titolarità di posizione organizzativa” - il sistema di assegnazione sarà, ove possibile, organizzato con sistema informatico”. 8.5 Orbene, i criteri di assegnazione degli affari consultivi e contenziosi enumerati nell’articolo sopra richiamato non si presentano conformi a quelli indicati dall’art. 9, comma 5, del d.l. n. 90/2014, in quanto nell’assegnazione degli incarichi consultivi e contenziosi viene attribuito un rilievo privo di copertura legislativa all’inquadramento giuridico dell’avvocato assegnatario e alla titolarità di posizione organizzativa, mentre invece l’art. 9, comma 5, del d.l. n. 90/2014 enumera quali unici criteri per l’assegnazione dei predetti affari il principio della parità di trattamento” e la specializzazione professionale” è un fatto di intuitiva evidenza che un avvocato può aver acquisito una maggiore specializzazione professionale in un determinato ambito giuridico rispetto ad un altro collega, pur avendo una minore esperienza professionale o un inquadramento contrattuale meno elevato così come non si configura compatibile con il principio della parità di trattamento una sperequazione nella assegnazione degli incarichi basata non sulla professionalità acquisita, ma sulla titolarità di posizione organizzativa . 9.1 Con il quarto motivo del ricorso introduttivo del giudizio i ricorrenti contestano la legittimità dell’art. 5 del regolamento impugnato, che disciplina le modalità di costituzione in giudizio dell’Ente in relazione al diverso inquadramento dell’Avvocato dipendente. Nella disposizione regolamentare i ricorrenti ravvisano una violazione dell’art. 9 del d.l. n. 90/2014 e dell’art. 23 della l. n. 247/2012. 9.2 Le censure sono fondate. 9.3 Occorre premettere che l’art. 5 del regolamento impugnato dispone che - Ai fini della costituzione in giudizio, stante l’elevato grado di professionalità raggiunto, gli Avvocati dirigenti possono costituirsi da soli o congiuntamente ad altro avvocato dirigente in tutti i giudizi in cui è parte l’Ente” 1° comma - la costituzione in giudizio dell’Ente mediante il patrocinio di un solo avvocato funzionario è possibile in base a disposizione dell’Avvocato capo e limitatamente alle cause dinanzi al Giudice di pace ovvero al Tribunale in materia di invalidità e di opposizione ad ordinanza ingiunzione amministrativa nonché innanzi alle Commissioni tributarie di primo grado ovvero nei giudizi penali nei quali l’Ente è individuato quale persona offesa dal reato ovvero come soggetto civilmente responsabile per fatti dei propri dipendenti e/o amministratori 2° comma - il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori è riservato esclusivamente all’Avvocato capo e all’Avvocato capo vicario ovvero congiuntamente ad altro Avvocato dirigente 3° comma - le relazioni agli organi e agli uffici dell’Ente sull’esito di ciascun giudizio sono sottoscritte dall’avvocato assegnatario dello stesso e dall’Avvocato capo o dall’Avvocato capo vicario, anche ai fini della valutazione della sussistenza di eventuali motivi di impugnazione 4° comma - per quanto concerne l’attività consultiva, al fine di garantire l’uniformità degli orientamenti, i pareri sono sottoscritti dall’avvocato assegnatario dell’affare e dall’Avvocato capo 5° comma . 9.3 Dalle disposizioni regolamentari sopra richiamate emerge con chiara evidenza che gli avvocati dirigenti possono assumere, da soli o in forma congiunta con altro avvocato dirigente, il patrocinio dell’Ente in tutti i giudizi in cui è parte l’Ente” di contro, gli avvocati funzionari possono assumere da soli il patrocinio dell’Ente solo su disposizione dell’Avvocato capo e limitatamente alle ipotesi individuate nel 2° comma costituzione davanti al Giudice di pace e davanti al Tribunale in materia di invalidità e di opposizione ad ordinanza ingiunzione amministrativa nonché innanzi alle Commissioni tributarie di primo grado ovvero nei giudizi penali nei quali l’Ente è individuato quale persona offesa dal reato ovvero come soggetto civilmente responsabile per fatti dei propri dipendenti e/o amministratori . 9.4 Orbene, questa netta linea di demarcazione tra avvocati dirigenti e avvocati funzionari, rispetto alle modalità di espletamento del patrocinio dell’Ente, non è reputata dal Collegio conforme al criterio di specializzazione professionale” di cui all’art. 9, comma 5, secondo periodo del d.l. n. 90/2014 nel testo sostituito dalla legge di conversione n. 114/2014 né ai principi di piena indipendenza ed autonomia nella trattazione stabile ed esclusiva degli affari legali dell’Ente”, enunciati con riguardo agli avvocati degli uffici legali istituiti presso gli Enti pubblici dall’art. 23 della l. 31 dicembre 2012 n. 247. 9.5 Con riguardo al primo profilo, il Collegio si limita a rilevare che la specializzazione professionale prescinde dall’inquadramento contrattuale dell’avvocato dipendente, dovendo essere messa in relazione al percorso formativo seguito dall’avvocato e alla esperienza professionale maturata nei diversi ambiti dell’ordinamento giuridico. 9.6 Con riguardo al secondo profilo, il necessario affiancamento di un avvocato dirigente all’avvocato funzionario per le cause di maggiore rilevanza non si configura conforme ai principi enunciati dall’art. 23 della l. n. 247/2012, dovendo, da un lato, la necessità della costituzione di un collegio difensivo essere valutata di volta in volta in relazione alla particolare complessità del singolo affare e potendo, dall’altro lato, il collegio difensivo essere composto, per ragioni di specializzazione professionale, anche solo da avvocati funzionari senza la necessaria presenza di un avvocato dirigente . 10.1 Con il quinto motivo, i ricorrenti contestano la legittimità dell’art. 3 del regolamento impugnato, relativo ai criteri di riparto dei compensi professionali, per violazione dell’art. 9 del d.l. n. 90/2014, dell’art. 23 della l. n. 247/2012 nonché violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento art. 97 Cost. . 10.2 Le censure sono fondate. 10.3 L’art. 3 del regolamento, per la parte di interesse, prevede - In ogni caso, per le sentenze che prevedano la compensazione delle spese di giudizio la quota dei compensi professionali liquidati a favore dell’Avvocato Capo, dell’Avvocato Capo Vicario e degli altri Avvocati Dirigenti non potrà essere inferiore a quella eventualmente erogata ad altro personale togato, stante la maggiore esposizione in punto di responsabilità degli Avvocati – Dirigenti, i quali alle responsabilità connesse alla costituzione nei giudizi affidati agli stessi in via esclusiva, assommano quelle relative alla loro costituzione in tutti i giudizi assegnati agli Avvocati – funzionari, con esclusione delle cause in cui gli avvocati funzionari si costituiscono da soli” comma 6 - Fermo quanto stabilito nel precedente comma 6, in ogni caso per le sentenze che prevedono la compensazione delle spese di giudizio, la quota dei compensi professionali liquidati a favore dell’Avvocato Capo non potrà essere inferiore a quella corrisposta ad altro avvocato funzionario e dirigente, anche se con funzioni di Avvocato Capo Vicario” comma 7 - Le competenze professionali di cui al comma 1 sono ripartite secondo i seguenti criteri oggettivi a il 60% spetta all’avvocato titolare del relativo giudizio. In caso di mandato congiunto ad un avvocato – funzionario e ad un avvocato – dirigente, il 60% spetta all'avvocato che ha seguito il giudizio b il 25% va suddiviso tra tutto il personale togato in base agli anni di servizio nel profilo di Avvocato della Provincia di Napoli nonché della Città Metropolitana di Napoli a decorrere dalla sua istituzione, con conseguente iscrizione all’albo speciale degli avvocati dipendenti da enti pubblici ogni anno, ovvero sei mesi e un giorno, vale un punto i periodi di aspettativa e di comando non maturano anzianità c il restante 15% va attribuito solo agli avvocati che abbiano raggiunto gli obiettivi loro assegnati in relazione all’espletamento dell’attività contenziosa e consultiva in carico, in base ai seguenti parametri I. puntuale rispetto dei termini processuali dai quali possano conseguire decadenze o preclusioni o, comunque, effetti pregiudizievoli per l’attività istituzionale II. il puntuale svolgimento dell’attività consultiva anche con riguardo alle esigenze degli Organi e/o Uffici dell’ente richiedenti III. la cura dell’attività di udienza con riferimento alle udienze destinate allo svolgimento di attività non dilazionabili IV. il rispetto delle direttive emanate dall’Avvocato Capo o dall’Avvocato Capo Vicario in materia di trattazione degli affari, di partecipazione alle attività istituzionali, di organizzazione del lavoro tenuto conto della corretta implementazione delle nuove tecnologie per la gestione delle attività di competenza” comma 8 . 10.4 Orbene, le disposizioni regolamentari sopra richiamate si pongono in evidente contrasto con l’art. 9, comma 5, primo periodo, del d.l. n. 90/2014 a norma del quale I regolamenti dell'Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici e i contratti collettivi prevedono criteri di riparto delle somme di cui al primo periodo del comma 3 e al primo periodo del comma 4 in base al rendimento individuale, secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto tra l'altro della puntualità negli adempimenti processuali” e con l’art. 23, 1° comma, della l. n. 247/2012, nella parte in cui riconosce agli avvocati dipendenti degli uffici legali degli enti pubblici un trattamento economico adeguato alla funzione professionale svolta”. 10.5 Anzitutto, si rivelano prive di copertura legislativa sia la disposizione regolamentare contenuta nel comma 6, secondo la quale la quota dei compensi professionali spettante agli avvocati dirigenti non può essere inferiore a quella erogata ad altro personale togato stante la maggiore esposizione in punto di responsabilità degli Avvocati – Dirigenti, i quali alle responsabilità connesse alla costituzione nei giudizi affidati agli stessi in via esclusiva, assommano quelle relative alla loro costituzione in tutti i giudizi assegnati agli Avvocati – funzionari” sia la disposizione regolamentare contenuta nel comma 7, a norma della quale in ogni caso per le sentenze che prevedono la compensazione delle spese di giudizio, la quota dei compensi professionali liquidati a favore dell’Avvocato Capo non potrà essere inferiore a quella corrisposta ad altro avvocato funzionario e dirigente, anche se con funzioni di Avvocato Capo Vicario”. 10.6 Il Collegio deve rilevare, da un lato, che, in base alle disposizioni legislative sopra richiamate, la liquidazione dei compensi professionali in questione deve essere rapportata in via esclusiva al rendimento individuale, secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto tra l'altro della puntualità negli adempimenti processuali”, dall’altro, che ai dirigenti la contrattazione collettiva riconosce, anche in relazione alla maggiore esposizione a responsabilità, la c.d. retribuzione di posizione”, che costituisce una voce significativa del loro trattamento stipendiale. 10.7 Del pari si rivela incompatibile con le disposizioni di cui all’art. 9, comma 5, del d.l. n. 90/2014 e con l’art. 23 della l. n. 247/2012 e priva di ratio giustificativa la previsione regolamentare della suddivisione del 25% dei compensi professionali in questione tra tutto il personale togato in base agli anni di servizio nel profilo di Avvocato della Provincia di Napoli nonché della Città Metropolitana di Napoli”. Il Collegio deve ancora una volta ribadire che unico elemento legislativamente previsto per l’attribuzione dei compensi professionali in questione è costituito dall’effettivo svolgimento individuale da parte degli avvocati dipendenti di un’attività professionale di natura consultiva o contenziosa, da valutarsi secondo criteri oggettivamente misurabili” la distribuzione di una quota parte di questi compensi a tutto il personale togato in base agli anni di servizio” non costituisce criterio compatibile con le disposizioni legislative sopra richiamate. 11.1 Con il sesto motivo di gravame i ricorrenti deducono l’illegittimità dell’art. 6 del regolamento impugnato nella parte in cui non prevede uno specifico limite temporale entro il quale l’Avvocato capo deve provvedere alla liquidazione dei compensi maturati. 11.2 La censura è fondata. 11.3 L’art. 6, comma 1, del regolamento impugnato dispone In analogia a quanto disposto per l’Avvocatura dello Stato dal vigente art. 21, comma 4, del D.P.C.M. 30 ottobre 1933, n. 1611, le competenze professionali sono corrisposte in base a determinazione di liquidazione dell’Avvocato Capo o dell’Avvocato Capo Vicario, adottate periodicamente, alla loro maturazione”. La mancata determinazione di un termine entro il quale deve essere adottato il provvedimento di liquidazione delle competenze maturate si traduce in una lesione della legittima aspettativa degli aventi diritto, in contrasto con i principi di imparzialità e buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost. 11.4 Non dirimente è la considerazione secondo la quale la liquidazione delle competenze professionali presuppone il verificarsi di determinate circostanze passaggio in giudicato della sentenza approvazione del bilancio di previsione, nel caso di sentenze favorevoli con compensazione delle spese recupero delle spese di lite, nel caso di sentenza favorevole con condanna a carico della controparte , ben potendo l’esercizio del potere di liquidazione essere ancorato ad un termine preciso, connesso al verificarsi delle condizioni che incidono sulla possibilità di effettiva erogazione dei compensi maturati. 12.1 Con il settimo motivo di gravame, i ricorrenti contestano la legittimità dell’art. 8 del regolamento impugnato, limitatamente al 2° comma, a norma del quale La partecipazione di cui al precedente comma ossia, alla ripartizione dei compensi professionali nel caso di collocamento in quiescenza o cessazione dal servizio, n.d.r. è esclusa per quei giudizi nei quali l’Avvocato Capo ritenga necessario l’espletamento di ulteriore attività defensionale nell’interesse dell’Ente, assegnando a tal fine il giudizio ad altro professionista o a se medesimo” e al 3° comma In caso di aspettativa, comando o incarico presso altri Enti pubblici o privati o amministrazioni, nonché in tutte le altre ipotesi di sospensione del rapporto di servizio con la Provincia di Napoli, all’Avvocato titolare del giudizio verrà sospesa l’erogazione delle competenze professionali per tutto il periodo di assenza”. Nelle disposizioni sopra richiamate i ricorrenti ravvisano una violazione dell’art. 9 del d.l. n. 90/2014 e dell’art. 23 della l. n. 247/2012 nonché dei principi di cui all’art. 97 Cost. 11.2 Le censure sono fondate. 11.3 Con riguardo al primo profilo, nel caso di collocamento in quiescenza ovvero di cessazione dal servizio, indipendentemente dalla necessità di ulteriore attività defensionale, non può essere denegata all’avvocato assegnatario della causa la spettanza delle competenze professionali maturate debitamente parametrate in relazione alla attività da questi effettivamente espletata prima del collocamento in quiescenza o della cessazione dal servizio da erogarsi ovviamente dopo la definizione del giudizio con sentenza favorevole” con riguardo al secondo profilo, nel caso di aspettativa, comando o incarico presso altri Enti, non si configura compatibile con il principio di imparzialità e buon andamento art. 97 Cost. la sospensione delle competenze professionali già maturate per tutto il periodo di assenza, non essendovi ragione per discostarsi dagli ordinari criteri di liquidazione delle competenze professionali maturate, limitatamente alla attività professionale espletata. 12.1 Con l’ottavo motivo di gravame, i ricorrenti sollevano una questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 7, del d.l. n. 90/2014, nel testo sostituito dalla legge di conversione n. 114/2014, per violazione degli artt. 3, 35 e 36 Cost. I ricorrenti sostengono che l’art. 9, comma 7, del d.l. n. 90/2014 non sia compatibile con il principio di uguaglianza art. 3 Cost , operando una ingiusta equiparazione del personale togato, e con l’art. 36 Cost., privando il personale dipendente di una parte della sua giusta retribuzione. 12.2 Occorre premettere che l’art. 9, comma 7, del d.l. n. 90/2014 dispone testualmente 7. I compensi professionali di cui al comma 3 sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, n.d.r. e al primo periodo del comma 6 sentenza favorevole con compensazione delle spese, n.d.r. possono essere corrisposti in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo”. 12.3 La questione sollevata dai ricorrenti è sicuramente rilevante, essendo la predetta disposizione legislativa sostanzialmente trasfusa nell’art. 10 del regolamento impugnato, a norma del quale Ai sensi dell’art. 9, comma 7, del d.l. n. 90/2014 i compensi professionali corrisposti a seguito di decisione favorevole all’Amministrazione in caso di compensazione delle spese ed onorari di lite o sentenze favorevoli con recupero delle spese e dei compensi professionali a carico delle controparti condannate, possono essere corrisposti solo in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo. La eventuale parte eccedente il limite di cui al citato art. 9, comma 7, del D.L. n. 90/2014 verrà riversata nel bilancio dell’Ente”. 12.4 Ritiene, tuttavia, il Collegio che la questione sia manifestamente infondata. Gli avvocati dipendenti di enti pubblici ed iscritti nell'albo speciale annesso all'albo professionale godono di uno status particolare, in quanto, pur essendo a tutti gli effetti dipendenti pubblici e godendo di tutte e garanzie e le prerogative economiche e giuridiche connesse al pubblico impiego, sono legittimati all’esercizio della attività professionale per le cause e gli affari propri dell’Ente nel quale sono incardinati. In qualità di pubblici dipendenti godono di una retribuzione parametrata al livello di inquadramento contrattuale come funzionari o come dirigenti , alla quale si aggiungono i compensi professionali per l’attività di natura contenziosa o consultiva svolta per conto dell’Ente. Stando così le cose, appare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dagli odierni ricorrenti, in quanto la determinazione legislativa di un limite massimo alla liquidazione dei compensi professionali appare un equo contemperamento tra il diritto degli avvocati dipendenti ad un’equa retribuzione, proporzionata alla quantità e qualità dell’attività svolta art. 36 Cost. e la necessità di salvaguardare la tenuta dei conti pubblici, tenendo conto che, in caso di sentenza favorevole con compensazione delle spese di lite, la liquidazione dei compensi professionali spettanti avviene a totale carico del bilancio dell’Ente di appartenenza. 13.1 Con il nono motivo di gravame, i ricorrenti contestano la legittimità dell’art. 12 del regolamento impugnato a norma del quale I criteri generali di riparto di cui all’art. 3 del presente regolamento saranno applicati anche per la liquidazione delle sentenze depositate anteriormente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 90/2014 come convertito dalla L. n. 114/2014”. 13.2 La censura è parzialmente fondata. 13.3 Occorre premettere che il principio di irretroattività della legge, stabilito dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, può essere derogato da norme di rango legislativo. Orbene, nel caso di specie, il Collegio fa rilevare che - l’art. 9, comma 2, del d.l. n. 90/2014 ha disposto Sono abrogati il comma 457 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e il terzo comma dell'articolo 21 del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. L'abrogazione del citato terzo comma ha efficacia relativamente alle sentenze depositate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto” - l’art. 9, comma 9, secondo e terzo periodo, del d.l. n. 90/2014, dispone I commi 3, 4 e 5 e il secondo e il terzo periodo del comma 6 nonché il comma 7 si applicano a decorrere dall'adeguamento dei regolamenti e dei contratti collettivi di cui al comma 5, da operare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. In assenza del suddetto adeguamento, a decorrere dal 1º gennaio 2015, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 non possono corrispondere compensi professionali agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse, ivi incluso il personale dell'Avvocatura dello Stato”. 13.3 Da una lettura sistematica delle disposizioni sopra indicate, emerge che per i giudizi definiti con sentenza depositata anteriormente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 90/2014 continuano ad applicarsi i criteri di riparto dei compensi professionali precedentemente vigenti per i giudizi non ancora definiti con sentenza depositata anteriormente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 90/2014 trovano applicazione i nuovi criteri di riparto dei compensi professionali, sulla base delle nuove disposizioni legislative e regolamentari in assenza di adeguamento regolamentare, a decorrere dal 1° gennaio 2015, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 non possono corrispondere compensi professionali agli avvocati dipendenti delle amministrazioni stesse”. 14.1 Con ricorso per motivi aggiunti non impugnatori , i ricorrenti contestano la legittimità del regolamento impugnato per eccesso di potere sotto diversi profili difetto di istruttoria carenza di motivazione illogicità contraddittorietà . Sostengono i ricorrenti che a seguito di accesso documentale hanno avuto modo di rilevare ulteriori vizi di legittimità relativi al provvedimento impugnato. 14.2 In particolare, i ricorrenti fanno rilevare che nella seduta del 5 dicembre 2014, uno dei componenti del gruppo di lavoro preposto alla redazione del regolamento, la dott.ssa Monda Vice Segretario della Provincia , depositava alcune osservazioni, con le quali esprimeva alcune perplessità rispetto alle disposizioni regolamentari, segnalando in particolare - con riguardo all’art. 3, relativo ai criteri di riparto delle competenze professionali, la necessità di stabilire criteri di valutazione del rendimento individuale oggettivamente misurabili la periodicità della valutazione stessa criteri di assegnazione degli affari consultivi e contenziosi, da operare ove possibile attraverso sistemi informatici” e l’esigenza di conoscere il fondamento normativo che attribuisce all’Avvocato dirigente maggiori responsabilità rispetto al funzionario avvocato, laddove costituiti congiuntamente” - con riguardo all’art. 5, alcune perplessità sulla formulazione dell’intero articolo - con riguardo all’art. 10, l’illegittimità delle previsione della retroattività dei nuovi criteri di riparto. Dopo aver evidenziato che, nella medesima seduta del 5 dicembre 2014 , il gruppo di lavoro dava mandato all’Avvocato capo di provvedere alla modifica e alla integrazione del regolamento in base alle osservazioni formulate dal Vice segretario, i ricorrenti lamentano che il regolamento è stato approvato senza tenere in alcuna considerazione le osservazioni formulate dal Vice segretario e contestano la legittimità delle disposizioni regolamentari approvate per eccesso di potere in relazione ai dedotti profili. 14.3 La censura è fondata. Anche a voler condividere la tesi del controinteressato, secondo la quale il mandato conferitogli dal gruppo di lavoro sarebbe stato limitato alle sole osservazioni formulate dalla dott.ssa Capasso e dalla dott.ssa de Martino, dalla documentazione in atti non risulta che le puntuali e in parte condivisibili osservazioni formulate dal Vice Segretario depositate nella medesima seduta siano state in alcun modo valutate né dal gruppo di lavoro né dall’Avvocato capo. 15. In conclusione, il ricorso, così come integrato dai motivi aggiunti, è fondato e va accolto. 16. In relazione alla novità e alla complessità delle questioni dedotte in giudizio, il Collegio ravvisa eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Quinta , definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, come integrato dai motivi aggiunti, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla in parte qua gli atti impugnati. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.