Patente revocata senza attenuanti

Riportare una condanna penale per maneggio di sostanze stupefacenti comporta una automatica revoca della patente di guida.

E questa misura punitiva resta correlata alla condanna per i reati previsti dagli artt. 73 e 74, d.p.r. n. 309/1990 nonostante l’innegabile evoluzione giurisprudenziale delle disposizioni in materia di droga. Lo ha evidenziato il TAR Lazio, sez. I - ter , con la sentenza n. 11381 del 24 settembre 2015. Il caso. Un utente stradale è stato condannato per un reato previsto dal testo unico sugli stupefacenti e per questo motivo il prefetto, ai sensi dell’art. 120 del codice stradale, ha disposto la revoca della patente con inibizione al conseguimento di un nuovo titolo prima di tre anni. Contro questa determinazione punitiva l’interessato ha proposto ricorso ai giudici amministrativi ma senza successo. Innanzitutto la notifica del provvedimento di revoca ha una mera funzione di conoscenza della determinazione per cui trova piena applicazione il principio della strumentalità delle forme e quindi, specifica il collegio, eventuali irregolarità riscontrate in fase di comunicazione dell’atto devono considerarsi sanate dalla dimostrata, piena conoscenza dello stesso da parte del destinatario . Per quanto riguarda la lettura evolutiva dell’art. 120, codice stradale in relazione all’art. 73, d.p.r. n. 309/1990 a parere del TAR non ci sono problemi. Anche se i reati in materia di stupefacenti sono stati oggetto di rivisitazione giurisprudenziale resta indubbio che a seguito di condanna per gli artt. 73 e 74 del testo unico sugli stupefacenti scatta la revoca automatica ed obbligatoria della patente di guida. Il fatto che il trasgressore non possa recarsi autonomamente al lavoro, conclude il Collegio, scolora alla luce delle suesposte considerazioni è evidente che quella applicata è una misura sanzionatoria, oltre che diretta ad impedire la commissione di ulteriori reati, sicché le esigenze lavorative frustrate non possono sicuramente incidere in punto di legittimità della misura e sulle modalità che il legislatore ha dettato per punire e reprimere un fatto di indubbia gravità .

TAR Lazio, sez. I – ter, sentenza 9 luglio – 24 settembre 2015, n. 11381 Presidente/Estensore Amodio Fatto Con il ricorso in esame il sig. De Filippi impugna il provvedimento in epigrafe indicato, deducendo 1 Violazione e falsa applicazione dell’art. 201 del Codice della strada, per difetto di notifica del decreto di revoca, in quanto, anziché essere effettuata con le modalità previste dal codice di procedura civile, è stata operata imponendo all’interessato di recarsi negli uffici della Questura. Trattandosi di notifica inesistente, non sarebbe possibile neppure invocare la sanatoria prevista dall’art. 156 del Codice di rito. 2 Violazione dell’art. 120 del Codice della strada in relazione all’art. 73 del D.P.R. n. 309/90, in quanto il citato art. 120 non consentirebbe, in un mutato quadro normativo e giurisprudenziale, un’applicazione automatica degli effetti ad essa connessi. 3 in via subordinata, incostituzionalità dell’art. 120 del Codice della strada, se interpretata nel senso di prevedere l’automaticità dell’effetto sanzionatorio. 4 Violazione dell’art. 4 della Costituzione, in quanto la revoca della patente, disposta nella specie, finirebbe con l’impedire al ricorrente di espletare il suo lavoro, con ovvie conseguenze negative. Si è costituito in giudizio l’Ufficio territoriale del Governo, a difesa del provvedimento impugnato. Alla camera di consiglio del 9 luglio 2015, il Tribunale, ritenendo che ci fossero tutti i presupposti, di cui all’art. 60 del Codice del processo amministrativo, per definire la controversia con una sentenza in forma semplificata, ha dato avviso ai difensori delle parti presenti di tale intenzione. Diritto La questione controversa si presta ad un’agevole soluzione, in quanto tutt’e quattro i motivi di doglianza appaiono palesemente infondati. 1 In ordine al primo, concernente il presunto difetto di notifica del decreto di revoca, è agevole osservare, intanto, che contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il provvedimento impugnato non costituisce un atto ricetti zio, in quanto l’effetto revocatorio è conseguenza del mero esercizio del potere sanzionatorio della pubblica amministrazione. La comunicazione al privato ha una mera funzione di conoscenza della determinazione stessa, sicché l’eventuale irritualità di essa non inficia il provvedimento, ma, al più, dilata il termine per eventuali impugnative. In ragione dell’evidenziata natura conoscitiva dell’adempimento de quo, trova piena applicazione il principio di strumentalità delle forme, sancito dall’art. 156 del codice di procedura civile, e, quindi, eventuali irregolarità riscontrate in fase di comunicazione dell’atto devono considerarsi sanate dalla dimostrata, piena conoscenza dello stesso da parte del destinatario. 2 Con riguardo alla seconda doglianza, il sig. De Filippi postula una lettura evolutiva dell’art. 120 del Codice della strada in relazione all’art. 73 del D.P.R. n. 309/90, assumendo che, oramai, i reati riguardanti gli stupefacenti sarebbero stati oggetto di una profonda rimeditazione da parte della giurisprudenza. Non a caso, in via gradata, con il terzo motivo, strettamente connesso a quello in trattazione, prospetta una questione di costituzionalità dell’art. 120 del Codice della strada, se interpretato in senso difforme dalla tesi dal medesimo sostenuta. La questione interpretativa, invero, è nettamente più semplice di quanto il sig. De Filippi vorrebbe fare intendere. Premesso che le regole dell’ermeneutica impongono di privilegiare l’interpretazione letterale delle norme su qualsivoglia altro criterio applicativo, l’art. 120, al comma 2, è di una chiarezza esemplare, in quanto prevede la revoca – automatica – della patente di guida al verificarsi di determinati presupposti, tassativamente individuati al comma 1 fra essi, vi è, appunto, la condanna per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309, vale a dire per uno dei delitti inerenti gli stupefacenti. Nella specie, è incontroverso non essendo neppure motivo di doglianza o di contestazione in fatto che il ricorrente è stato condannato per una delle fattispecie innanzi indicate, sicché la misura revocatoria costituisce una conseguenza ineludibile della condotta sanzionata con sentenza penale. 3 Da quanto esposto, risulta evidente, per la gravità del reato accertato ed in virtù dell’ampia discrezionalità di cui gode il Legislatore, la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell’art. 120 del Codice della strada, non essendovi alcun elemento che possa far dubitare della giustezza, oltre che dell’opportunità, di revocare la patente di guida in un caso come quello di specie. 4 L’ultima doglianza scolora alla luce delle suesposte considerazioni è evidente che quella applicata è una misura sanzionatoria, oltre che diretta ad impedire la commissione di ulteriori reati, sicché le esigenze lavorative” frustrate non possono sicuramente incidere in punto di legittimità sulla misura e sulle modalità che il Legislatore ha dettato per punire e reprimere fatto di indubbia gravità. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese di giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima Ter rigetta il ricorso in epigrafe indicato. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate in euro 1.000,00. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.