Accesso alla cattedra e valutazione dei titoli

Non ci può essere contraddizione tra i giudizi individuali e la valutazione finale. Ciò in quanto, se è pur vero che l'iniziale giudizio individuale dei singoli commissari non ha una sua autonoma e definitiva rilevanza, dato che lo stesso è destinato ad essere messo in discussione con gli altri giudizi e a confluire nel definitivo giudizio collegiale, tuttavia non ci può essere incoerenza nell’ambito del procedimento con i giudizi che costituiscono il presupposto della valutazione finale, che deve trovare in essi la sua logica premessa.

Giudizi individuali e fase collegiale. Il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza 2886, depositata il 12 giugno 2015, ha ribaltato la decisione del Giudice di primo grado, il quale aveva respinto il ricorso del candidato escluso in base al principio secondo il quale nei concorsi a cattedre universitarie i giudizi individuali rappresentano solo il punto di partenza della discussione collegiale, destinato ad essere assorbito e superato dalla fase collegiale della procedura. Nonché sulla base della considerazione che, nella fattispecie, i giudizi individuali erano stati formulati, nel complesso, in termini estremamente lusinghieri per tutti e tre i candidati, sicché, in mancanza di evidenti elementi di illogicità, non era consentito al giudice entrare nel merito della valutazioni svolte dalla commissione. Il TAR aveva, peraltro, rilevato che i criteri fissati dall'art. 4 d.P.R. n. 117/2000 per la valutazione dei titoli posseduti e documentati dai singoli partecipanti alla procedura di valutazione comparativa indetta per la copertura di posti di professore universitario ordinario costituiscono solo le linee guida per la commissione giudicatrice in sede di valutazione del livello qualitativo della produzione scientifica del candidato escludendo, poi, che il livello debba essere verificato mediante separato raffronto con ciascuno dei sei parametri codificati nella norma, potendo essere oggetto di una valutazione globale. Nel caso posto all'attenzione della sez. VI, il Rettore aveva invitato la Commissione a rivedere la complessiva valutazione ma, all’esito della rinnovazione della procedura, la stessa aveva confermato i giudizi dei quali il rettore aveva evidenziato le carenze, ovvero proprio quella contraddizione che consente al giudice di rilevare l’illegittimità estrinseca del provvedimento impugnato, senza con ciò entrare nell’ambito discrezionale riservato all’Amministrazione. Procedura selettiva ad hoc per le università. Nella medesima giornata, ovvero il 12 giugno, la sez. VI ha anche depositato la sentenza n. 2893 con la quale è stata affermata la non applicabilità, alle università, della disciplina generale in materia di lavoro pubblico. In particolare, il Collegio ha affermato che in materia di personale docente delle università, la procedura di valutazione comparativa per il conferimento dell’idoneità a professore universitario costituisce un tipo di procedura selettiva diversa dagli ordinari concorsi preordinati al reclutamento di pubblici impiegati e soprattutto è soggetta a una normativa speciale che disciplina, tra l’altro, anche la durata della idoneità ora abilitazione , conseguita in modo autonomo e diverso rispetto alla normativa che regola la durata della graduatorie dei normali concorsi per il reclutamento di pubblici impiegati. Tale specificità, alla quale è correlata l’esigenza di assicurare l’accertamento di una conoscenza specialistica più aggiornata ed attuale possibile, e che è confermata anche dalla natura non privatizzata” del rapporto di pubblico impiego dei docenti universitari, comporta che non possano ritenersi applicabili proroghe ulteriori rispetto al termine quinquennale previsto dalla l. n. 230/2005 e dalla l. n. 240/2010, in assenza di un espresso richiamo del legislatore. In sostanza, solo una espressa disposizione in tal senso avrebbe infatti consentito l’applicazione al particolare settore dell’impiego dei professori universitari delle norme comuni al pubblico impiego ne deriva che argomenti a sostegno della tesi dell’appellante non possono essere tratti da quanto dispone il comma 101 dell’art. 1 l. n. 311/2004 legge finanziaria 2005 , che, nell’individuare le disposizioni dei commi precedenti non applicabili alle Università, ha indicato solo quelle in tema di divieto di assunzioni commi 95 e 96 e non il comma 100 che ha prorogato di tre anni le graduatorie per le assunzioni del personale presso le pubbliche amministrazioni. Come del resto aveva anche rilevato il primo giudice, data la ribadita specificità del settore relativo all’impiego dei professori universitari specificità dell’impiego, rispetto alla quale la pacifica appartenenza delle Università al settore della amministrazioni pubbliche non rileva , le norme non esplicitamente richiamate come applicabili a tale settore devono intendersi relative al personale amministrativo e alle idoneità conseguite al termine di ordinari concorsi pubblici, solo per le quali vale la proroga disposta dal richiamato art. 1, comma 100. A questa conclusione non si oppone la considerazione, enfatizzata dall’appellante, che il successivo comma 101 esclude esplicitamente le scuole e le Università dall’applicazione solo dei precedenti commi 95 e 96 tale specifica indicazione che non smentisce, ma conferma, la regola generale, secondo la quale per attrarre nella disciplina generale del pubblico impiego il particolare ambito della durata delle idoneità o abilitazione occorre una precisa indicazione del legislatore.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 26 maggio – 12 giugno 2015, numero 2893 Presidente Patroni Griffi – Estensore Vigotti Fatto e diritto Il professor Alessandro Maria Paganini, che ha ottenuto l’idoneità a professore di I fascia in data 8 febbraio 2006 per il settore scientifico-disciplinare MED/18 chirurgia generale presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche e che ha aderito alla procedura indetta dall’Università La Sapienza di Roma per il censimento dei professori associati interessati all’inquadramento in prima per le aree CUN da 1 a 9, chiede la riforma della sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento negativo espresso dall’Università il 17 maggio 2013. Tale provvedimento è stato motivato dalla scadenza del termine quinquennale di validità dell’idoneità, del quale il ricorrente ha sostenuto in giudizio la proroga fino al 31 dicembre 2012 in forza delle diverse disposizioni normative succedutesi nel tempo. Il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso con la sentenza ora in esame. I La questione oggetto del ricorso concerne la validità dell’idoneità conseguita dal ricorrente l’8 febbraio 2006 ai sensi della legge 3 luglio 1998, numero 210 Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo , e in particolare se alla data del 18 dicembre 2012, stabilita per partecipare al censimento, essa, come sostiene il ricorrente, fosse in corso. Va premesso che l’articolo 1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, numero 230, contenente nuove disposizioni concernenti i professori e i ricercatori universitari prevede, tra l’altro, che i candidati giudicati idonei, e non chiamati a seguito di procedure già espletate, ovvero i cui atti sono approvati, conservano l'idoneità per un periodo di cinque anni dal suo conseguimento”, così prorogando il termine triennale previsto dall’art. 2, lett. g della legge numero 210 del 1998 l’art. 29, comma 8, della legge 30 dicembre 2010, numero 240 dispone poi che, per quanto qui interessa, l'idoneità conseguita ai sensi della legge 3 luglio 1998, numero 210, è equiparata all'abilitazione limitatamente al periodo di durata della stessa. In base a tali norme, pertanto, l’idoneità conseguita dal ricorrente nel 2006 conservava validità fino al 2011. Il ricorrente ne sostiene la proroga in forza dell’art. 17, comma 19, del d.l. 1 luglio 2009, numero 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, numero 102, secondo cui l’efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, approvate successivamente al 30 settembre 2003, è prorogata fino al 31 dicembre 2010”, termine prorogato al 31 marzo 2011 dall’articolo 1, comma 1, del d.l. 29 dicembre 2010, numero 225, convertito dalla legge 26 febbraio 2011, numero 10, e quindi al 31 dicembre 2011 dal D.P.C.M. 28 marzo 2011 e al 31 dicembre 2012 dal d.l. 29 dicembre 2011, numero 216, convertito dalla legge 24 febbraio 2012, numero 14 poi al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, comma 388, della legge 24 dicembre 2012, numero 288 . La tesi del ricorrente, riproposta in questo secondo grado, si incentra sull’assoggettamento delle Università, in quanto amministrazioni pubbliche soggette alle limitazioni delle assunzioni mediante procedure concorsuali, alle norme che via via hanno disposto proroghe di validità delle graduatorie formate in esito a pubblici concorsi nel generale comparto del pubblico impiego. La tesi non può essere condivisa. Come ha osservato il Tribunale amministrativo, la procedura di valutazione comparativa per il conferimento dell’idoneità a professore universitario costituisce un tipo di procedura selettiva diversa dagli ordinari concorsi preordinati al reclutamento di pubblici impiegati e soprattutto è soggetta a una normativa speciale che disciplina, tra l’altro, anche la durata della idoneità ora abilitazione , conseguita in modo autonomo e diverso rispetto alla normativa che regola la durata della graduatorie dei normali concorsi per il reclutamento di pubblici impiegati. Tale specificità, alla quale è correlata l’esigenza di assicurare l’accertamento di una conoscenza specialistica più aggiornata ed attuale possibile, e che è confermata anche dalla natura non privatizzata” del rapporto di pubblico impiego dei docenti universitari, comporta che non possano ritenersi applicabili proroghe ulteriori rispetto al termine quinquennale previsto dalle legge numero 230 del 2005 e dalla legge numero 240 del 2010, in assenza di un espresso richiamo del legislatore. Contrariamente a quanto pretende il ricorrente, solo una espressa disposizione in tal senso avrebbe infatti consentito l’applicazione al particolare settore dell’impiego dei professori universitari delle norme comuni al pubblico impiego ne deriva che argomenti a sostegno della tesi dell’appellante non possono essere tratti da quanto dispone il comma 101 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, numero 311 legge finanziaria 2005 , che, nell’individuare le disposizioni dei commi precedenti non applicabili alle Università, ha indicato solo quelle in tema di divieto di assunzioni commi 95 e 96 e non il comma 100 che ha prorogato di tre anni le graduatorie per le assunzioni del personale presso le pubbliche amministrazioni. Come ha rilevato il primo giudice, data la ribadita specificità del settore relativo all’impiego dei professori universitari specificità dell’impiego, rispetto alla quale la pacifica appartenenza delle Università al settore della amministrazioni pubbliche non rileva , le norme non esplicitamente richiamate come applicabili a tale settore devono intendersi relative al personale amministrativo e alle idoneità conseguite al termine di ordinari concorsi pubblici, solo per le quali vale la proroga disposta dal richiamato art. 1, comma 100. A questa conclusione non si oppone la considerazione, enfatizzata dall’appellante, che il successivo comma 101 esclude esplicitamente le scuole e le Università dall’applicazione solo dei precedenti commi 95 e 96 tale specifica indicazione che non smentisce, ma conferma, la regola generale già evidenziata, secondo la quale per attrarre nella disciplina generale del pubblico impiego il particolare ambito qui in discorso occorre una precisa indicazione del legislatore si veda in tal senso l’art. 6 bis della legge 27 febbraio 2014, numero 15, su cui infra è dettata dalla necessità di puntualizzare l’ambito oggettivo delle disposizioni di cui ai commi appena citati, che si riferiscono ad amministrazioni pubbliche eterogenee e appartenenti a diversi settori. In conclusione, occorre concludere che, come ha ritenuto la sentenza impugnata, l’idoneità conseguita dal ricorrente conservava la propria validità per un quinquennio, e cioè fino all’8 febbraio 2011, sicché il differimento operato dall’art. 6 bis aggiunto dalla legge 27 febbraio 2014, numero 15 in sede di conversione del d.l. 30 dicembre 2013, numero 150, a norma del quale la validità delle idoneità conseguite ai sensi della legge 3 luglio 1998, numero 210, è prorogata di due anni dalla data di scadenza del quinto anno dal loro conseguimento” non può essere utile a soddisfare l’interesse dedotto in giudizio, trattandosi di norma successiva alla scadenza dell’idoneità 8 febbraio 2011 , al termine stabilito per il possesso dei requisiti utile alla partecipazione 18 dicembre 2012 e financo al provvedimento di esclusione oggetto del giudizio del 17 maggio 2013 giudizio al quale sono estranei profili attinenti alla procedura di chiamata, alla quale il censimento era preordinato . II L’appello è, in conclusione, infondato e deve essere respinto, ma, in considerazione della particolarità della fattispecie, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti anche per questo secondo grado. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata. Spese del giudizio compensate tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 26 maggio – 12 giugno 2015, n. 2886 Presidente Patroni Griffi – Estensore Vigotti Fatto e diritto Il professor Luigi Guerriero, associato presso la facoltà di architettura della II Università di Napoli, chiede la riforma della sentenza in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale amministrativo del Piemonte ha respinto il ricorso proposto avverso la mancata idoneità in esito al concorso indetto dal Politecnico di Torino con decreto rettorale n. 141 del 19 giugno 2008 per la copertura di un posto di professore ordinario di prima fascia presso la facoltà di Architettura per il settore scientifico disciplinare ICAR / 19 restauro. All’esito della valutazione comparativa dei candidati la commissione giudicatrice ha individuato a maggioranza col dissenso del commissario professor Francesco La Regina come unici idonei i concorrenti Bartolozzi Carla e Scazzosi Lionella, ma il rettore, con decreto del 14 aprile 2011, ha stabilito di non approvare gli atti concorsuali, avendo rilevato una incongruenza tra i giudizi individuali e il giudizio collegiale della concorrente Bartolozzi e un difetto di motivazione nel giudizio collegiale della concorrente Scazzosi. La commissione giudicatrice si è riunita nuovamente il 9 maggio 2011 e, a seguito di riesame, ha riconfermato a maggioranza i giudizi di idoneità formulati nei confronti delle due concorrenti Bartolozzi e Scazzosi, le sole ad essere ritenute in possesso della piena maturità scientifica”. Anche in tal caso il commissario prof. La Regina ha espresso il proprio dissenso, illustrandolo in una relazione di minoranza allegata al verbale della riunione. Con decreto n. 159 del 6 giugno 2011 il rettore ha infine approvato gli atti della procedura concorsuale. Avverso gli atti della procedura ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo il professor Luigi Guerriero, concorrente nel medesimo concorso, e che, pur avendo conseguito valutazioni ampiamente favorevoli, non è stato però ritenuto in possesso della piena” maturità scientifica ma solo di maturità scientifica” e, all’esito della votazione finale, ha conseguito un solo voto, a fronte dei tre conseguiti da ciascuna delle due concorrenti dichiarate idonee. I Con la sentenza impugnata il ricorso è stato respinto. Il Tribunale amministrativo ha ritenuto che i criteri fissati dall'art. 4 d.P.R. 23 marzo 2000 n. 117 per la valutazione dei titoli posseduti e documentati dai singoli partecipanti alla procedura di valutazione comparativa indetta per la copertura di posti di professore universitario ordinario costituiscono solo le linee guida per la commissione giudicatrice in sede di valutazione del livello qualitativo della produzione scientifica del candidato. Il Tar ha poi escluso che il livello debba essere verificato mediante separato raffronto con ciascuno dei sei parametri codificati nella norma, potendo essere oggetto di una valutazione globale. Quanto alla contraddizione tra i giudizi individuali espressi dai commissari, dai quali erano emersi numerosi profili critici con riguardo sia alla professoressa Bartolozzi sia alla professoressa Scazzosi, e il giudizio conclusivo di piena maturità scientifica” formulato nei loro confronti dalla commissione, il Tar ne ha rilevato l’infondatezza alla luce del principio secondo il quale nei concorsi a cattedre universitarie i giudizi individuali rappresentano solo il punto di partenza della discussione collegiale, destinato ad essere assorbito e superato dalla fase collegiale della procedura e sulla base della considerazione che, nella fattispecie in esame, i giudizi individuali sono stati formulati, nel complesso, in termini estremamente lusinghieri per tutti e tre i candidati, sicché, in mancanza di evidenti elementi di illogicità, non è consentito al giudice entrare nel merito della valutazioni svolte dalla commissione. Dichiarata l’infondatezza delle ulteriori censure relative alle concrete modalità di svolgimento della procedura e alla attribuzione dei voti, il primo giudice ha quindi respinto il ricorso. II L’appello è fondato. Nella complessiva valutazione con la quale la commissione, all’esito della rinnovazione della procedura, ha confermato i giudizi dei quali il rettore aveva evidenziato le carenze, è dato infatti riscontrare proprio quella contraddizione che, come ricorda la stessa sentenza impugnata, consente al giudice di rilevare l’illegittimità estrinseca del provvedimento impugnato, senza con ciò entrare nell’ambito discrezionale riservato all’Amministrazione. Giova premettere che la commissione, riunitasi il 9 maggio 2011 per la rinnovazione del procedimento a seguito del decreto rettorale del 14 aprile 2011, ha proceduto alla stesura dei giudizi collegiali riguardanti i candidati e alla valutazione di idoneità delle controinteressate, tenendo fermi i giudizi individuali in precedenza espressi, il cui senso non pienamente positivo per le candidate poi dichiarate uniche idonee aveva appunto indotto il rettore a rilevarne l’incongruenza rispetto al risultato finale. Tali giudizi individuali, pur costituendo, come ha rilevato il Tar, solo la base di partenza per la formulazione della valutazione finale, tuttavia evidentemente non devono porsi in contrasto con la stessa. Rileva allora che, con riguardo alla professoressa Bartolozzi, i giudizi individuali sono nel senso della non particolare originalità delle pubblicazioni presentate mancanza di una riflessione di più ampio respiro disciplinare e di una riflessione critica attività di studio svolta in collaborazione e non riconoscibile originalità negli scritti congruenza vaga con il settore messo a concorso e poco evidente originalità dei contributi senza una chiara concezione del restauro. Per la professoressa Scazzosi i giudizi individuali evidenziano il deciso orientamento della produzione al tema del paesaggio e del giardino, cioè in un solo ambito della disciplina. A fronte di tali giudizi, la commissione, all’esito della rinnovata fase, ha formulato un giudizio finale che sottolinea, per la Bartolazzi, l’originalità dell’attività, l’ottimo livello e la modernità delle pubblicazioni, l’alto livello dell’attività didattica e, per la Scazzosi, la piena maturità scientifica nell’ambito del restauro. E’ evidente la contraddittorietà tra i giudizi individuali e la valutazione finale, sicché, pur dovendosi ribadire che, come ha rilevato la sentenza impugnata, l'iniziale giudizio individuale dei singoli commissari non ha una sua autonoma e definitiva rilevanza, dato che lo stesso è destinato ad essere messo in discussione con gli altri giudizi e a confluire nel definitivo giudizio collegiale, tuttavia nella fattispecie in esame è dato riscontrare quella manifesta incoerenza nell’ambito del procedimento con i giudizi che costituiscono il presupposto della valutazione finale, che deve trovare in essi la sua logica premessa. Uguale contraddittorietà si riscontra con riguardo al ricorrente. I giudizi individuali ne evidenziano la copiosa attività scientifica, l’originalità di analisi, l’attenzione suscitata nella comunità scientifica delle pubblicazioni, la molteplicità dei filoni disciplinari, l’apertura a innovazioni metodologiche, la densa e rilevante produzione scientifica di ampio respiro, la figura di studioso maturo e completo, la rilevanza delle pubblicazioni e la capacità di coniugare ricerca storica e conservazione del patrimonio. Il giudizio collegiale conclude però nel senso del raggiungimento della maturità scientifica e non della piena maturità scientifica, riconosciuta alle due candidate vincitrici . L’illogicità della valutazione si conferma anche con riguardo al rilevo delle pubblicazioni presentate dai candidati secondo il prospetto depositato in causa e non contestato, che evidenzia per l’appellante la presenza di numerose pubblicazioni nelle più prestigiose biblioteche internazionali specializzate nella storia dell’arte, a fronte di un numero molto più esiguo per le controinteressate. Emerge così che il riesame chiesto dal rettore è sfociato in una mera operazione formalistica, che non ha sanato l’illegittima immotivata incoerenza tra l’esito finale e i giudizi che, come si è detto, avrebbero dovuto costituirne il presupposto. In conclusione, l’appello è fondato sotto il profilo considerato, avente carattere assorbente delle ulteriori censure, attinenti a profili procedurali che risultano superati dalla necessità, derivante dal giudicato, di rinnovare la valutazione da parte di una diversa commissione. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla gli atti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione nei sensi di cui in motivazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.