Non è possibile leggere il futuro, e quindi chi pretende di poterlo fare è un ciarlatano

E' legittimo di conseguenza, il provvedimento del Questore il quale ordina la cessazione immediata dell'attività abusiva di cartomanzia, scienze occulte e grande esorcista , con espresso divieto anche di esercizio di propaganda e ricerca di clientela attraverso la stampa, il mezzo televisivo e radiofonico. Anche solo per il fatto che l'attività in questione costituisce esercizio del mestiere di ciarlatano ai sensi dell’art. 231 del Regolamento di esecuzione del TULPS. Con nessun obbligo quindi di motivare l'atto così come invece aveva ritenuto il Giudice di primo grado.

Il Tar Palermo, infatti, aveva accolto il ricorso avverso l'ordinanza di cessazione dell'attività, ritenendo fondato il motivo di insufficienza della motivazione. Ciò in quanto, a suo avviso, il Questore non doveva limitarsi alla contestazione dell’attività svolta, ma aveva il dovere di valutare in concreto, attraverso apposita istruttoria e conseguente sufficiente motivazione, l’oggettiva idoneità dell’attività svolta dalla ricorrente a integrare l’ipotesi di ciarlataneria. Di tutt'altra opinione, invece, l'Organo di appello il quale ha rilevato che nell’elenco delle attività, che rientrano nell’esercizio del mestiere di ciarlatano è espressamente prevista quella di cartomante. E tale elenco non potrebbe essere valutato in maniera evolutiva”, in quanto il mestiere di cartomante, ragionevolmente indicato dalla norma, comporterebbe in ogni caso il rischio dell’approfittamento dell’altrui credulità con pregiudizio dei valori patrimoniali e personali dell’individuo. Da ciò la necessità di un’applicazione quanto meno dichiarativa della norma, che porrebbe a carico dell’amministrazione solo il dovere di indicare l’attività che si intende reprimere, senza bisogno di ulteriori specificazioni. E, a tale proposito, la decisione ribalta il precedente giurisprudenziale del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 510/2006. L'attività di cartomante, infatti, espressamente ricompresa dall’art. 231 del Regolamento di esecuzione del TULPS tra quelle del ciarlatano non potrà mai essere esercitata in maniera professionale” – come sostenuto dal Tribunale - ma con una strumentazione” che, per sua natura, farà affidamento sulla credulità e sull’ignoranza di quanti intendono servirsene, con evidente pregiudizio dei valori personali e patrimoniali dell’individuo. Nella lingua italiana il termine ciarlatano” sta ad indicare il soggetto che sfrutta a proprio vantaggio la credulità altrui, e il termine cartomante” indica il soggetto che pretende di leggere nel futuro tramite le carte o tramite scienze occulte, cioè segrete e non conoscibili. Una interpretazione al passo con i tempi? Giacché l’art. 12 delle preleggi del codice civile, afferma la Corte, impone all’interprete di attribuire alle norme il senso che ad esse deriva dal significato proprio delle parole”, di cui si compongono, risulta evidente che l’attività di chi afferma di potere dare consigli ai clienti” in quanto capace di leggere nel futuro e di padroneggiare scienze segrete e non conoscibili è proprio quella del ciarlatano, di colui cioè che intende speculare sulla credulità e sull’ignoranza, vantando il possesso di qualità, conoscenze e capacità che, per loro natura, non possono essere comprovate. Ha errato, quindi, il primo giudice allorché ha affermato che il Questore doveva valutare in concreto l’attraverso apposita istruttoria e conseguente motivazione, l’oggettiva idoneità dell’attività svolta dalla ricorrente ad integrare l’ipotesi di ciarlataneria, giacché l’attività svolta di cartomante e di scienze occulte integra all’evidenza l’attività del ciarlatano, così che il semplice richiamo dell’art. 231, r.d. n. 635/1940 e delle attività che si intendono proibire costituisce sufficiente motivazione del provvedimento impugnato che appare esente da vizi denunziati. La Corte di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia si è pronunciata sul medesimo argomento con due distinte sentenze depositate il medesimo 3 marzo 2015 la n. 192 e la 195.

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza 3 febbraio – 3 marzo 2015, n. 195 Presidente De Lipsis Estensore Barone Fatto Parte ricorrente ha impugnato in prime cure l’ordinanza del 11.4.1996 con la quale il Questore di Palermo le aveva ordinato di cessare immediatamente l’attività abusiva di cartomanzia, scienze occulte e grande esorcista”, con espresso divieto anche di esercizio di propaganda e ricerca di clientela attraverso la stampa, il mezzo televisivo e radiofonico”. Il provvedimento recava la seguente motivazione Considerato che detta attività costituisce esercizio del mestiere di ciarlatano ai sensi dell’art. 231 del Regolamento di esecuzione del TULPS”. Ha affidato il suo ricorso a due motivi, denunziando soprattutto la violazione e/o erronea applicazione dell’art. 121 del TULPS in relazione all’art. 231 del Regolamento di esecuzione, nonché eccesso di potere per insufficienza e/o genericità della motivazione e ingiustizia manifesta. Ha resistito l’amministrazione intimata. Il Tribunale ha accolto il ricorso ritenendo fondato il motivo di insufficienza della motivazione, in quanto il Questore non doveva limitarsi alla contestazione dell’attività svolta, ma aveva il dovere di valutare in concreto, attraverso apposita istruttoria e conseguente sufficiente motivazione, l’oggettiva idoneità dell’attività svolta dalla ricorrente a integrare l’ipotesi di ciarlataneria. Avverso la sentenza ha proposto appello l’amministrazione, che tramite l’Avvocatura distrettuale dello Stato ha criticato la sentenza impugnata sulla base del seguente motivo di appello legittimità del provvedimento, insussistenza di qualsivoglia difetto di motivazione ricorrenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge ai fini dell’imposizione del divieto. All’udienza del 3.2.2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione. Diritto L’appello è fondato. L’amministrazione ricorrente afferma che lo stringente obbligo motivazionale, affermato dal Tribunale e posto a carico dell’amministrazione, non trova nessun riscontro nella norma regolativa della fattispecie e cioè nell’art. 121 del TULPS in combinato disposto con l’art. 231 del R.D. 635/1940. L’elenco delle attività, che rientrano nell’esercizio del mestiere di ciarlatano tra cui è espressamente prevista quella di cartomante, non potrebbe essere valutato in maniera evolutiva”, in quanto il mestiere di cartomante, ragionevolmente indicato dalla norma, comporterebbe in ogni caso il rischio dell’approfittamento dell’altrui credulità con pregiudizio dei valori patrimoniali e personali dell’individuo. Da ciò la necessità di un’applicazione quanto meno dichiarativa della norma, che porrebbe a carico dell’amministrazione solo il dovere di indicare l’attività che si intende reprimere, senza bisogno di ulteriori specificazioni. Ad avviso del Collegio la tesi sostenuta all’amministrazione merita di essere condivisa, quantunque si registrino in giurisprudenza orientamenti diversi C.d.S, sez. VI, n. 510/2006 , dai quali tuttavia il Consiglio ritiene di dovere dissentire. L’attività di cartomante, infatti, espressamente ricompresa dall’art. 231 del Regolamento di esecuzione del TULPS tra quelle del ciarlatano non potrà mai essere esercitata in maniera professionale” – come sostenuto dal Tribunale ma con una strumentazione” che, per sua natura, farà affidamento sulla credulità e sull’ignoranza di quanti intendono servirsene, con evidente pregiudizio dei valori personali e patrimoniali dell’individuo. Nella lingua italiana il termine ciarlatano” sta ad indicare il soggetto che sfrutta a proprio vantaggio la credulità altrui, e il termine cartomante” indica il soggetto che pretende di leggere nel futuro tramite le carte o tramite scienze occulte, cioè segrete e non conoscibili. Giacché l’art. 12 delle preleggi del codice civile impone all’interprete di attribuire alle norme il senso che ad esse deriva dal significato proprio delle parole”, di cui si compongono, risulta evidente che l’attività di chi afferma di potere dare consigli ai clienti” in quanto capace di leggere nel futuro e di padroneggiare scienze segrete e non conoscibili è proprio quella del ciarlatano, di colui cioè che intende speculare sulla credulità e sull’ignoranza, vantando il possesso di qualità, conoscenze e capacità che, per loro natura, non possono essere comprovate. Ha errato, quindi, il primo giudice allorché ha affermato che il Questore doveva valutare in concreto l’attraverso apposita istruttoria e conseguente motivazione, l’oggettiva idoneità dell’attività svolta dalla ricorrente ad integrare l’ipotesi di ciarlataneria, giacché l’attività svolta di cartomante e di scienze occulte integra all’evidenza l’attività del ciarlatano, così che il semplice richiamo dell’art. 231 del R.D. 635/1940 e delle attività che si intendono proibire costituisce sufficiente motivazione del provvedimento impugnato, il quale, quindi, appare esente dai vizi denunziati. Conclusivamente, il Collegio ritiene che l’appello sia fondato e come tale vada accolto. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza 3 febbraio – 3 marzo 2015, n. 192 Presidente De Lipsis – Estensore Barone Fatto Parte ricorrente ha impugnato in prime cure l’ordinanza del 15.4.1996 con la quale il Questore di Palermo le aveva ordinato di cessare immediatamente l’attività abusiva di cartomanzia, scienze occulte e grande esorcista”, con espresso divieto anche di esercizio di propaganda e ricerca di clientela attraverso la stampa, il mezzo televisivo e radiofonico”. Il provvedimento recava la seguente motivazione Considerato che detta attività costituisce esercizio del mestiere di ciarlatano ai sensi dell’art. 231 del Regolamento di esecuzione del TULPS”. Ha affidato il suo ricorso a due motivi, denunziando soprattutto la violazione e/o erronea applicazione dell’art. 121 del TULPS in relazione all’art. 231 del Regolamento di esecuzione, nonché eccesso di potere per insufficienza e/o genericità della motivazione e ingiustizia manifesta. Ha resistito l’amministrazione intimata. Il Tribunale ha accolto il ricorso ritenendo fondato il motivo di insufficienza della motivazione, in quanto il Questore non doveva limitarsi alla contestazione dell’attività svolta, ma aveva il dovere di valutare in concreto, attraverso apposita istruttoria e conseguente sufficiente motivazione, l’oggettiva idoneità dell’attività svolta dalla ricorrente a integrare l’ipotesi di ciarlataneria. Avverso la sentenza ha proposto appello l’amministrazione, che tramite l’Avvocatura distrettuale dello Stato, ha criticato la sentenza impugnata sulla base del seguente motivo di appello legittimità del provvedimento, insussistenza di qualsivoglia difetto di motivazione ricorrenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge ai fini dell’imposizione del divieto. All’udienza del 3.2.2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione. Diritto L’appello è fondato. L’amministrazione ricorrente afferma che lo stringente obbligo motivazionale, affermato dal Tribunale e posto a carico dell’amministrazione, non trova nessun riscontro nella norma regolativa della fattispecie e cioè nell’art. 121 del TULPS in combinato disposto con l’art. 231 del R.D. 635/1940. L’elenco delle attività, che rientrano nell’esercizio del mestiere di ciarlatano tra cui è espressamente prevista quella di cartomante, non potrebbe essere valutato in maniera evolutiva”, in quanto il mestiere di cartomante, ragionevolmente indicato dalla norma, comporterebbe in ogni caso il rischio dell’approfittamento dell’altrui credulità con pregiudizio dei valori patrimoniali e personali dell’individuo. Da ciò la necessità di un’applicazione quanto meno dichiarativa della norma, che porrebbe a carico dell’amministrazione solo il dovere di indicare l’attività che si intende reprimere, senza bisogno di ulteriori specificazioni. Ad avviso del Collegio la tesi sostenuta all’amministrazione merita di essere condivisa, quantunque si registrino in giurisprudenza orientamenti diversi C.d.S, sez. VI, n. 510/2006 , dai quali tuttavia il Consiglio ritiene di dovere dissentire. L’attività di cartomante, infatti, espressamente ricompresa dall’art. 231 del Regolamento di esecuzione del TULPS tra quelle del ciarlatano non potrà mai essere esercitata in maniera professionale” – come sostenuto dal Tribunale - ma con una strumentazione” che, per sua natura, farà affidamento sulla credulità e sull’ignoranza di quanti intendono servirsene, con evidente pregiudizio dei valori personali e patrimoniali dell’individuo. Nella lingua italiana il termine ciarlatano” sta ad indicare il soggetto che sfrutta a proprio vantaggio la credulità altrui, e il termine cartomante” indica il soggetto che pretende di leggere nel futuro tramite le carte o tramite scienze occulte, cioè segrete e non conoscibili. Giacché l’art. 12 delle preleggi del codice civile impone all’interprete di attribuire alle norme il senso che ad esse deriva dal significato proprio delle parole”, di cui si compongono, risulta evidente che l’attività di chi afferma di potere dare consigli ai clienti” in quanto capace di leggere nel futuro e di padroneggiare scienze segrete e non conoscibili è proprio quella del ciarlatano, di colui cioè che intende speculare sulla credulità e sull’ignoranza, vantando il possesso di qualità, conoscenze e capacità che, per loro natura, non possono essere comprovate. Ha errato, quindi, il primo giudice allorché ha affermato che il Questore doveva valutare in concreto l’attraverso apposita istruttoria e conseguente motivazione, l’oggettiva idoneità dell’attività svolta dalla ricorrente ad integrare l’ipotesi di ciarlataneria, giacché l’attività svolta di cartomante e di scienze occulte integra all’evidenza l’attività del ciarlatano, così che il semplice richiamo dell’art. 231 del R.D. 635/1940 e delle attività che si intendono proibire costituisce sufficiente motivazione del provvedimento impugnato che appare esente da vizi denunziati. Conclusivamente, il Collegio ritiene che l’appello sia fondato e come tale vada accolto. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.