A decidere in merito all'ammontare del canone di concessione del bene demaniale non sempre è il Giudice ordinario

Ciò in quanto se ci sono componenti variabili che determinano discrezionalità in capo all'Ente, la competenza è del Giudice amministrativo.

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza n. 336, depositata il 26 gennaio 2015. Il caso. La società proprietaria del porto turistico di Civitavecchia aveva chiesto al TAR del Lazio l’annullamento del provvedimento del dirigente regionale con il quale era stato rideterminato, ai sensi dei commi 250 e seguenti dell’art. 1 l. n. 296/2006, il canone demaniale dovuto per l'anno 2012. Ma il ricorso in questione era stato ritenuto inammissibile per difetto di giurisdizione. Di parere opposto, invece, è stato il Giudice amministrativo di appello, che ha accolto le osservazioni della società concessionaria, la quale aveva dedotto che la controversia non aveva contenuto meramente patrimoniale poiché riguarda l’esercizio di poteri discrezionali valutativi in relazione, specificamente, all’applicabilità al rapporto concessorio in corso porto turistico , della normativa sopravvenuta e, in particolare, l’art. 1, comma 252, l. n. 296/2006. Nello specifico, la ricorrente aveva contestato la proprietà demaniale dei beni su cui era stato rideterminato il canone, in quanto non ancora devoluti al demanio per non essere scaduta la prima concessione, coinvolgendo ciò la qualificazione del rapporto concessorio. Per cui, ne conseguiva la non automaticità dell’applicazione della normativa poiché da applicare soltanto alle concessioni in corso nelle quali lo Stato sia già proprietario delle opere di facile e di difficile rimozione. Le pertinenze. In giurisprudenza, ha rilevato la sez. VI del Consiglio di Stato, è stata affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sul contenzioso concernente i provvedimenti di rideterminazione del canone demaniale sulle concessioni marittime, in applicazione dell’art. 1, comma 251, della legge finanziaria 2007 ritenuto costituzionalmente legittimo dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 302/2010 da applicare anche, ai sensi del successivo comma 252, per le misure dei canoni sulle concessioni per la realizzazione e gestione di strutture per la nautica da diporto , qualora non si tratti di mera quantificazione del canone ma di integrale revisione previa ricognizione tecnico-discrezionale del carattere di pertinenze demaniali marittime delle opere realizzate in precedenza dal concessionario, nonché in considerazione dell’inamovibilità o meno delle stesse CdS n. 2371/2011 e giurisprudenza ivi citata . Nel caso di specie con il ricorso di primo grado non si faceva questione soltanto della misura del canone ma era stato specificamente contestato che le opere, di facile o difficile rimozione, realizzate sul suolo demaniale fossero di proprietà dello Stato ai fini della determinazione del canone. Ciò in quanto sarebbero divenute tali, si sosteneva, soltanto alla scadenza cinquantennale della concessione, ed era stata anche contestata la stessa applicabilità della normativa sopravvenuta alle concessioni in corso, e quindi, con ciò, la valutazione tecnico-discrezionale sottesa alla ritenuta applicazione della stessa.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 16 dicembre 2014 – 26 gennaio 2015, n. 336 Presidente Baccarini – Estensore Meschino Fatto 1. La Porto Turistico di Traiano s.p.a. in seguito ricorrente” , con il ricorso n. 8159 del 2012 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha chiesto l’annullamento del provvedimento del 5 settembre 2012, prot. 380403 04/05/00, con il quale il Direttore del Dipartimento Istituzionale e Territorio della Regione Lazio ha rideterminato, ai sensi dei commi 250 e seguenti del comma 1 della legge n. 296 del 2006, il canone demaniale dovuto dalla ricorrente per l'anno 2012 in euro 333.407,10. 2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima ter, con la sentenza n. 9093 del 2014 ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione, con compensazione tra le parti delle spese del giudizio. 3. Con l’appello in epigrafe è chiesta la riforma della sentenza di primo grado affinché sia affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia. 4. Alla camera di consiglio del 16 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione. Diritto 1. Nella sentenza di primo grado si richiama anzitutto l’art. 133, comma 1, lett. b , cod. proc. amm., per il quale Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo . b le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche ”. Si accoglie quindi l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia in esame, sollevata dalla resistente Regione Lazio poiché, afferma il primo giudice - con il provvedimento regionale impugnato è stato determinato il canone demaniale per il 2012, relativo ad una concessione di demanio marittimo e specchi d’acqua rilasciata alla ricorrente, in applicazione della normativa in materia e, in particolare, dei commi 250 e seguenti dell’art. 1 della legge 27 dicembre, 2006, n. 296 sulla base di una perizia giurata trasmessa dal concessionario il 25 luglio 2012 , applicando l’aumento Istat per l’anno nella misura del 3,75% fissato con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 1° dicembre 2011, non impugnato - la controversia non riguarda perciò scelte discrezionali della Regione ma la contestazione della pretesa patrimoniale relativa alla determinazione e al pagamento del canone in questione, dovuto in relazione alla concessione alla Società ricorrente di una porzione di demanio marittimo. 2. Nell’appello si deduce che la controversia non ha contenuto meramente patrimoniale poiché riguarda l’esercizio di poteri discrezionali valutativi in relazione, specificamente, all’applicabilità al rapporto concessorio in corso porto turistico , della normativa sopravvenuta e, in particolare, l’art. 1, comma 252, della legge n. 296 del 2006 dovendosi considerare che la ricorrente ha contestato la proprietà demaniale dei beni su cui è stato rideterminato il canone, in quanto non ancora devoluti al demanio per non essere scaduta la prima concessione, coinvolgendo ciò la qualificazione del rapporto concessorio, con la conseguente non automaticità dell’applicazione della normativa poiché da applicare soltanto alle concessioni in corso nelle quali lo Stato sia già proprietario delle opere di facile e di difficile rimozione. 3. L’appello è fondato. In giurisprudenza è stata affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sul contenzioso concernente i provvedimenti di rideterminazione del canone demaniale sulle concessioni marittime, in applicazione dell’art. 1, comma 251, della legge finanziaria 2007 ritenuto costituzionalmente legittimo da Corte Cost. 22 ottobre 2010, n. 302 da applicare anche, ai sensi del successivo comma 252, per le misure dei canoni sulle concessioni per la realizzazione e gestione di strutture per la nautica da diporto , qualora non si tratti di mera quantificazione del canone ma di integrale revisione previa ricognizione tecnico-discrezionale del carattere di pertinenze demaniali marittime delle opere realizzate in precedenza dal concessionario, nonché in considerazione dell’inamovibilità o meno delle stesse Cons. Stato sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2371 e giurisprudenza ivi citata . Nel caso di specie con il ricorso di primo grado non si fa questione soltanto della misura del canone ma è stato specificamente contestato che le opere, di facile o difficile rimozione, realizzate sul suolo demaniale siano in atto di proprietà dello Stato ai fini della determinazione del canone, in quanto tali, si sostiene, soltanto alla scadenza cinquantennale della concessione punto 2.d del ricorso di primo grado , ed è stata anche contestata la stessa applicabilità della normativa sopravvenuta alle concessioni in corso punti 2.b e 4 , e quindi, con ciò, la valutazione tecnico-discrezionale sottesa alla ritenuta applicazione della stessa. 4. Ne consegue che la controversia non è meramente patrimoniale per cui l’appello deve essere accolto, con conseguente annullamento della sentenza impugnata e rinvio al giudice amministrativo di primo grado, ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod.proc.amm. Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta accoglie l’appello in epigrafe, n. 7366 del 2014, e, per l’effetto, annulla con rinvio la sentenza impugnata. Condanna la Regione Lazio, appellata, al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio a favore della Porto Turistico di Traiano s.p.a., appellante, che liquida in euro 4.000,00 quattromila/00 , oltre gli accessori di legge se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.