La stazione appaltante può imporre il riassorbimento del personale dell'impresa uscente

La clausola sociale anche nota come clausola di protezione o di salvaguardia sociale o clausola sociale di assorbimento è un istituto previsto dalla contrattazione collettiva e da specifiche disposizioni legislative statali art. 69, d.lgs. n. 163/2006, l’art. 63, comma 4, d.lgs. n. 112/1999, l’art. 29, comma 3, d.lgs. n. 276/2003 , che opera nell’ipotesi di cessazione d’appalto e subentro di imprese o società appaltatrici e risponde all’esigenza di assicurare la continuità del servizio e dell’occupazione, nel caso di discontinuità dell’affidatario.

E' quanto statuito dal Tar Puglia, sez. II - Lecce, nella sentenza n. 2986 del 1° dicembre 2014. L'affidamento in house con clausola di riassorbimento. L'Azienda Sanitaria Locale di Brindisi affidava direttamente, in house providìng , alla Sanitaservice ASL BR s.r.l. per un periodo di anni sei, a decorrere dal 1° ottobre 2014, salvo rinnovo alla scadenza, il servizio di pulizia e sanificazione di tutte le strutture dell'ASL medesima. La società Markas, attuale gestore del servizio, impugna il provvedimento di affidamento, evidenziandone l'illegittimità alla luce, secondo la sua prospettazione, della vigente normativa in materia art. 4, d.l. n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012 . Come secondo motivo di impugnazione, la società ricorrente contesta la legittimità dell'impugnato provvedimento di affidamento, in quanto prevedente l’assunzione a tempo indeterminato del personale utilizzato dai precedenti gestori del servizio. Ad avviso della società ricorrente, siffatta clausola si porrebbe in contrasto con i principi avanzati dalla Corte costituzionale sent. n. 68/2011 , esigenti l'estensione alle società in house degli stessi divieti, in materia di assunzione del personale, vigenti per le amministrazioni che le controllano. La clausola sociale di riassorbimento”. Con tale secondo motivo di gravame, l'impresa ricorrente intende contestare la legittimità della cd. clausola sociale di riassorbimento del personale , consistente nell'obbligo, previsto in sede di bando di gara, a carico del vincitore della medesima di assumere il personale utilizzato dall'impresa uscente nello specifico appalto. Al riguardo, occorre tener conto che, inizialmente, si è registrato un negativo orientamento. Precisamente, l'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici sosteneva che l’obbligo di assunzione del personale, già adibito allo svolgimento del servizio oggetto dell’appalto è irragionevole ed ingiustificato, salvo il caso in cui sia imposto da specifiche disposizioni di legge o della contrattazione collettiva nazionale di riferimento. Secondo l’Autorità di vigilanza, diversamente opinando, la clausola sociale si dovrebbe considerare lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ingiustificatamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà di impresa riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost. parere n. 44/2010 . Conseguentemente, l’imprenditore deve essere anche libero di scegliere ed organizzare i lavoratori, di cui avvalersi nell’espletamento del servizio, senza essere vincolato a riassorbire il personale già in servizio. Contestualmente a tale negativo orientamento, si registrò una timida apertura nei riguardi della clausola in esame. Precisamente, il Consiglio di Stato, sez. V, con alcune decisioni nn. 3.848 e 3.900/2009 , ritenne di dare una lettura della clausola coerente con il principio della libertà di iniziativa economica e con il quadro normativo di riferimento, affermando che la c.d. clausola sociale va interpretata nel senso che l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante. In altri termini, sul presupposto che, proprio ai sensi dell’articolo 41 Cost., l’iniziativa economica privata è sì libera ma deve avere riguardo anche all’utilità sociale, occorre dar luogo, secondo il CdS, ad una interpretazione adeguatrice della clausola. L'analisi del Tar Lecce. Il Tar Lecce, nella pronuncia in esame, è ben consapevole del dibattito in corso, ed aderisce al secondo orientamento, amplificando ancor più il profilo di legittimità della clausola sociale. In tal senso, i giudici amministrativi richiamano l'articolo 69 del Codice dei contratti pubblici d.lgs. n. 163/2006 , il quale stabilisce che le stazioni appaltanti possono esigere condizioni particolari per l'esecuzione del contratto , purché queste siano compatibili con il diritto comunitario e, tra l'altro, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, e purché siano precisate nel bando di gara, o nell'invito in caso di procedure senza bando, o nel capitolato d'oneri. Sempre l’art. 69, comma 2, stabilisce che siffatte condizioni possono attenere, in particolare, ad esigenze sociali o ambientali . Al riguardo, occorre ricordare che l’articolo 2, comma 2, del Codice, stabilisce che il principio di economicità può essere subordinato ai criteri, previsti nel bando ed ispirati ad esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente, oltre che alla promozione dello sviluppo sostenibile. La disposizione normativa costituisce attuazione delle cosiddette clausole ambientali e sociali”, previste dal 5° considerando della direttiva 2004/18 e dal 12° considerando della direttiva 2004/17. Entrambi i considerandi richiamano, a loro volta, l’articolo 6 del Trattato, in tema di esigenza di tutela dell’ambiente anche in sede di gara. Fra l'altro, il Tar ricorda che l'articolo 29, comma 3°, del d.lgs. n. 276/2003, si occupa espressamente di tale clausola prevedendo che l'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto, non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda. Ancora, i giudici amministrativi di primo grado ricordano che l'articolo 2112 del codice civile, come modificato dall'art. 32 d.lgs. n. 276/2003, trova piena applicazione in presenza di talune condizioni. Precisamente, si è statuito che l'indicata disposizione codicistica deve ritenersi applicabile anche nei casi in cui il trasferimento dell'azienda non derivi dall'esistenza di un contratto tra cedente e cessionario, ma sia riconducibile ad un atto autoritativo della P.A., con conseguente diritto dei dipendenti dell'impresa cedente alla continuazione del rapporto di lavoro subordinato con l'impresa subentrante, purché si accerti l'esistenza di una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese Cass., sez. Lavoro, n. 21023/2007 . Pertanto, sulla base di tali argomenti, il Tar Lecce qualifica come pienamente legittima la clausola di assorbimento del personale e respinge il ricorso.

TAR Puglia, sez. II – Lecce, sentenza 30 ottobre – 1 dicembre 2014, n. 2986 Presidente Trizzino – Estensore Rinaldi Fatto e diritto 1.- La società Markas, attuale gestore in regime di proroga dal luglio 2010 del servizio di pulizia di alcuni plessi della Azienda Sanitaria Locale di Brindisi, ha chiesto l’annullamento della deliberazione del Direttore Generale dell’ASL di Brindisi n. 1487 del 13 agosto 2014 con cui è stato disposto l’affidamento in house a Sanitaservice ASL BR s.r.l. per il periodo di anni sei, a decorrere dal 1° ottobre 2014, salvo rinnovo alla scadenza, del servizio di pulizia e sanificazione di tutte le strutture della ASL. 1.1.- L’illegittimità di tale scelta gestionale è invocata dalla ricorrente in ragione del supposto divieto di costituzione di società strumentali in house introdotto dall’art. 4 del D.L. 95/2012, conv. con mod. in L. 135/2012 dell’assunto secondo cui la società in house non potrebbe procedere all’assunzione a tempo indeterminato del personale utilizzato dal precedente gestore del difetto di motivazione e della mancata contestuale approvazione del disciplinare di servizio. 2.- Si è costituita in giudizio l’ASL BR contrastando analiticamente le avverse pretese. 3.- Il ricorso non merita accoglimento. 3.1.- Con il primo motivo di gravame la società Markas deduce la violazione dell’art. 4 del D.L. 95/2012, conv. con mod. in L. 135/2012 la scelta di affidare in house il servizio strumentale di pulizia e sanificazione si porrebbe in contrasto con la citata disposizione normativa che, nell’interpretazione fornitane dalla ricorrente, vieterebbe l’affidamento diretto di servizi strumentali ovvero la costituzione di società strumentali in house società che svolgono la loro attività a favore della P.A. controllante, prestando alla stessa servizi e forniture . L’assunto non può essere condiviso. Il Collegio non ignora quanto disposto dall’art. 4, comma 7, del d.l. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 135/2012, e successive modificazioni, a tenore del quale Al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel rispetto dell’articolo 2, comma 1 del citato decreto, acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo”. La norma, che enuncia il principio dell’evidenza pubblica, è tuttavia derogata dal successivo comma 8, primo periodo, secondo cui A decorrere dal 1° gennaio 2014 l’affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house”. La possibilità per l’ASL BR di ricorrere al modello dell’in house per la gestione del servizio di pulizia e sanificazione degli ambienti ospedalieri non può dirsi neanche venuta meno per effetto della sentenza della Corte costituzionale 23 luglio 2013, n. 229 che ha reso inapplicabile alle Regioni a statuto ordinario il comma 8 dell’art. 4 del D.L. 95/2012 e s.m.i. ma solo per un problema di competenze legislativa detta norma doveva, infatti, ritenersi pleonastica, limitandosi a recepire la giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di generale operatività dell’in house nel campo degli appalti e dei servizi pubblici. L’immediata applicabilità erga omnes delle sentenze della Corte di giustizia, con riguardo all’affermazione dei principi e all’interpretazione, rende pleonastica la norma contenuta nel citato art. 4, comma 8, poiché quanto dalla stessa disposto sarebbe stato egualmente desumibile, pure in sua assenza, dai principi comunitari in materia. 3.2.- Con il secondo motivo di ricorso la società istante contesta la legittimità della delibera impugnata nella parte in cui, al punto 5 del dispositivo, richiamato l’art. 30 della L.R. 4/2010 dichiarato incostituzionale da Corte Cost. n. 68/2011 , prevede l’assunzione a tempo indeterminato del personale utilizzato dai precedenti gestori del servizio tale previsione, perpetuando il vizio che affliggeva i commi 1 e 4 dell’art. 30 della L.R. 4/2010, si porrebbe in contrasto con l’insegnamento di Corte Cost. n. 68/2011 nonché con le varie disposizioni, susseguitesi nel tempo, che hanno esteso alle società in house gli stessi divieti, in materia di assunzione del personale, vigenti per le amministrazioni che le controllano. L’assunto è infondato. E invero, ad onta di alcune ambiguità terminologiche ravvisabili nell’atto impugnato, in particolare al punto 5 del dispositivo, la delibera gravata non contrasta con la citata pronuncia del Giudice delle Leggi, che anzi richiama, limitandosi a prevedere l’assunzione a tempo indeterminato del solo personale già titolare di un contratto di lavoro subordinato sine die con il precedente gestore. Nelle premesse della delibera l’azienda sanitaria richiama, infatti, la sentenza della Corte Cost. n. 68/2011 e nella parte motiva specifica che l’assunzione a tempo indeterminato non riguarderà in modo automatico e generalizzato tutti i lavoratori transitati, compresi quelli assunti con contratto a termine, ma solo quelli già occupati sine die dal precedente gestore così testualmente la delibera ” RITENUTO che l’affidamento alla società in house Sanitaservice Asl Br s.r.l. della gestione del servizio in parola possa essere disposto per la durata di sei anni, salvo proroga, autorizzando conseguentemente l’Amministratore Unico della stessa Società, in applicazione della richiamata clausola sociale, ad assumere con contatto di lavoro subordinato a tempo indeterminato gli operatori aventi diritto se ed in quanto titolari di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con gli attuali Gestori esterni” . La delibera dunque, seppur in modo non sempre perspicuo e con espressioni a tratti anfibologiche, si limita a conservare lo status quo ante e non valica i limiti della clausola sociale non crea nuovi diritti, ma conserva solo quelli esistenti non vi è pertanto violazione dei principi del pubblico concorso e del buon andamento, ma mero rispetto delle garanzie dei diritti dei lavoratori previste dalla legge e dai contratti collettivi per le ipotesi di subentro nell’appalto e di trasferimento d’azienda la clausola sociale anche nota come clausola di protezione o di salvaguardia sociale o clausola sociale di assorbimento è un istituto previsto dalla contrattazione collettiva e da specifiche disposizioni legislative statali, es. l’art. 69 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, l’art. 63, comma 4, del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, l’art. 29, comma 3, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, che opera nell’ipotesi di cessazione d’appalto e subentro di imprese o società appaltatrici e risponde all’esigenza di assicurare la continuità del servizio e dell’occupazione, nel caso di discontinuità dell’affidatario la conservazione dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda è prevista dalla Direttiva 12 marzo 2001, 2001/23/CE e dall’art. 2112 c.c., la cui applicabilità, ricorrendo determinate condizioni, è stata estesa dalla giurisprudenza ai casi in cui il trasferimento derivi non da un contratto fra cedente e cessionario, ma da un atto autoritativo della P.A. Cass. Lav. n. 21023 del 2007, n. 5708 del 2009 e n. 21278 del 2010, Corte di Giustizia, 29 luglio 2010, C-151/09, UGT-FSP, punti 23 e 25 . 3.3.- Prive di pregio sono, infine, le censure con cui la ricorrente deduce l’illegittimità della delibera gravata per difetto di motivazione e per mancata contestuale approvazione del disciplinare. Con riferimento al prospettato vizio di motivazione, occorre preliminarmente osservare che l’istituto dell’in house, più che un’eccezione al diritto comunitario degli appalti e delle concessioni, è a sua volta espressione di un principio generale riconosciuto sia dal diritto dell’Unione che dall’ordinamento nazionale trattasi, segnatamente, del principio di auto-organizzazione amministrativa o di autonomia istituzionale, in forza del quale gli enti pubblici possono organizzarsi nel modo ritenuto più opportuno per offrire i loro servizi o per reperire le prestazioni necessarie alle loro finalità istituzionali. Come precisato in recenti pronunce del Consiglio di Stato L’affidamento diretto, in house – lungi dal configurarsi come un’ipotesi eccezionale e residuale di gestione dei servizi pubblici locali costituisce invece una delle tre normali forme organizzative delle stesse, con la conseguenza che la decisione di un ente in ordine alla concreta gestione dei servizi pubblici locali, ivi compresa quella di avvalersi dell’affidamento diretto, in house sempre che ne ricorrano tutti i requisiti così come sopra ricordati e delineatisi per effetto della normativa comunitaria e della relativa giurisprudenza , costituisce frutto di una scelta ampiamente discrezionale, che deve essere adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano e che, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, irragionevolezza, irrazionalità ed arbitrarietà ovvero non sia fondata su di un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti Cons. St., sez. V, 29 aprile 2014, n. 4599 Cons. St., sez. V, 30 settembre 2013, n. 4832 sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762 . I suesposti principi, benché riferiti dal Consiglio di Stato alla materia dei servizi pubblici locali, ben possono essere estesi all’odierna fattispecie, concernente la scelta di un’azienda sanitaria di autoprodurre i servizi di pulizia e sanificazione delle proprie strutture, considerato che il modello dell’in house providing nasce a livello comunitario proprio come alternativa all’appalto di servizi Corte di Giustizia, sentenza Teckal del 18 novembre 1999, causa C-107/98 . Chiarito che l’opzione tra in house providing e outsourcing si risolve in una scelta discrezionale fra modelli organizzativi alternativi, che ogni P.A. è chiamata a operare entro margini di autonomia pienamente riconosciuti dall’ordinamento comunitario, nel caso di specie, la motivazione addotta dall’ASL BR a fondamento della propria scelta gestionale maggiore convenienza economica della gestione in house rispetto all’acquisizione del servizio sul mercato, atteso che il costo che l’azienda sanitaria dovrà sostenere per l’affidamento del servizio a Sanitaservice Srl è stato calcolato in € 7.228.903,82 IVA compresa, a fronte di un costo di mercato pari € 7.526.306,00 deducibile dalla spesa sostenuta nell’anno 2013 non appare al Collegio manifestamente illogica, irrazionale e arbitraria né fondata su di un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti. Il costo stimato per l’affidamento in house risulta, infatti, essere inferiore a quelli finora sostenuti con gli operatori privati e persino a quello che l’Amministrazione si era impegnata a sostenere all’esito della adesione alla convenzione CONSIP Facility management uffici 3″, pari ad €. 7.296.462,00, poi annullata da questo T.a.r., con sentenza n. 1781 del 14 luglio 2014. 3.3.1.- La mancanza di contestualità tra scelta della gestione in house e approvazione del disciplinare non appare idonea a determinare l’illegittimità dell’atto impugnato la decisione dell’ASL di differire l’adozione del disciplinare in prossimità del concreto affidamento del servizio appare, nella specie, giustificata dal processo di riorganizzazione delle strutture ospedaliere in atto, in virtù del quale numerosi reparti, strutture complesse e servizi sono o saranno, a breve, soppressi, trasferiti o riallocati es. chiusura degli ospedali di Cisternino e Ceglie Messapica fatti non contestati . 4.- Per quanto sin qui esposto il ricorso deve essere rigettato. Le spese processuali possono essere compensate in ragione della complessità delle questioni trattate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.