Costruire una canna fumaria sulla facciata, malgrado il dissenso dei condomini e del Comune, è un lecito uso del bene comune

Il combinato disposto degli artt. 1102 e1122 c.c. consente di sfruttare il bene comune, purchè ciò non leda i diritti degli altri condomini, la sicurezza ed il decoro architettonico dello stabile. L’opposizione dei due condomini, in pieno centro, sulla cui facciata comune doveva essere edificata una canna fumaria funzionale ad punto di ristoro, posto al pian terreno, non è sufficiente a legittimare il diniego del Comune al rilascio dell’autorizzazione edilizia, se non è dimostrata tale alterazione dell’estetica.

È il principio di diritto elaborato dal Tar Lombardia-Brescia, sez. I, numero 1308 depositata il 2 dicembre 2014. Il caso. Un’immobiliare chiedeva al Comune di Mantova il permesso di costruire una canna fumaria esterna al servizio di un suo locale nel quale intendeva svolgere una attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, in quanto essa andrebbe a collocarsi sulla facciata condominiale, nelle parti di pertinenza di altri due condomini, i quali hanno rifiutato il loro assenso, per asserite ragioni di decoro . È irrilevante che la ricorrente avesse presentato anche una soluzione alternativa all’originaria proposta. Si noti che gli stabili erano siti in Corso Vittorio Emanuele II, una delle vie più importanti della città. Contestava sia il prediniego che il provvedimento con cui era stata rifiutata l’autorizzazione per 3 motivi, ma di questi è stato accolto solo quello relativo al miglior sfruttamento della cosa comune. L’ente dovrà pagare anche le spese di lite pari ad € 2000 oltre accessori di legge. I titoli abilitativi edilizi prescindono da quelli civilistici dei terzi. La PA ai sensi dell’art. 11 T.U. 380/01 li rilascia salvi i diritti dei terzi, e quindi dovrebbero in linea di principio prescindere dai titoli civilistici dei terzi stessi, anche se in astratto suscettibili di paralizzarne l’efficacia, come nel caso esemplare di un permesso di costruire rilasciato su un fondo che è inedificabile per causa di una servitù in tal senso . Deve, quindi, verificare la legittimazione del richiedente e la sussistenza dei diritti dei terzi che la escludono Tar Liguria numero 1376/07 . Questo contrasto potenziale si supera col principio del non aggravamento del procedimento. In tali termini, un titolo confliggente con i diritti di terzi sarà legittimo se l’amministrazione non poteva riconoscerne l’esistenza in base ai soli atti del procedimento forniti dalla parte interessata sarà invece illegittima se dell’esistenza del vincolo l’amministrazione aveva motivo di sospettare . Nella fattispecie l’operato del Comune è stato corretto perché doveva ottenere il consenso degli altri condomini i cui diritti confliggevano con quelli del singolo condomino richiedente. Per completezza d’informazione si citi la recente Cass. civ. sez. II numero 4936/14 in cui si chiarisce che la canna fumaria non è considerata una costruzione e, perciò, non è soggetta al rispetto delle distanze ex art. 907 c.c., ma solo a quelle imposte dal regolamento contrattuale del condominio. Infatti rientra nel libero sfruttamento del bene comune ai sensi degli articolo 1102 e 1122 cc, purchè non leda i diritti di pari godimento degli altri condomini, la sicurezza e la salubrità dell’edificio, dato che i suoi scarichi, soprattutto se prossimi alle altre proprietà condominiali, potrebbero nuocere alla loro salute ex art. 844 c.c., con le ovvie conseguenze legali. Uso della cosa comune. La giurisprudenza costante Cass. civ. sez. II 11 maggio 2011 numero 10350, T. Roma sez. XII 28 luglio 2002, T. Milano 26 marzo 1992 e T. Trento 16 maggio 2013 numero 432 , GdP Grosseto 1038/11 e Cass. civ., sez. II, numero 14822/14 e la recente riforma del condominio consentono tale sfruttamento della cosa comune art. 1102 e non 1002 c.c. come erroneamente indicato nel testo annotato , non negando a priori di edificare l’opera senza l’assenso degli altri comunisti/condomini, purchè questa, oltre a quanto sopra, non leda anche l’armonia ed il decoro architettonici della facciata. Nel nostro caso non c’era stato alcun apprezzamento sull’impatto dell’opera sulla facciata interessata, limitandosi a giustificare il rifiuto solo per la mancanza della piena titolarità a intervenire” derivante dal diniego degli altri condomini . Il Tar precisa che è annullato solo il rifiuto, perché è un provvedimento propriamente detto e non anche gli altri atti connessi impugnati col ricorso perché endoprocedimentali e, quindi, privi di un’autonoma attitudine lesiva.

Tar Lombardia, sez. I Brescia, sentenza 26 novembre – 2 dicembre 2014, n. 1308 Presidente De Zotti – Estensore Spisani Fatto e diritto Ritenuto - che la Borgo Immobiliare, odierna ricorrente, impugna il provvedimento, meglio indicato in epigrafe, con il quale si è vista denegare l’assenso ad installare una canna fumaria esterna nell’immobile sito al locale corso Vittorio Emanuele II civico 73, nel quale intende svolgere una attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, in quanto essa andrebbe a collocarsi sulla facciata condominiale, nelle parti di pertinenza di altri due condomini, i quali hanno rifiutato il loro assenso, per asserite ragioni di decoro docomma 10 Comune, copia provvedimento impugnato docomma 9 Comune, copia prediniego, la cui motivazione è richiamata docomma 6, copia lettera condomini - che a sostegno deduce due censure, riconducibili in ordine logico ai seguenti tre motivi. Con il primo di essi, corrispondente alla seconda censura a p. 9 dell’atto, deduce violazione dell’art. 10 bis l. 7 agosto 1990 n°241, per avere a suo dire il Comune omesso di confutare i rilievi presentati a fronte del prediniego. Con il secondo motivo, corrispondente alla prima parte della prima censura alle pp. 5-6 dell’atto, deduce violazione degli artt. 11 e 12 T.U. 6 giugno 2001 n°380, perché a suo dire il Comune, nel rilasciare il permesso di costruire, dato per legge salvi i diritti dei terzi, non si sarebbe dovuto far carico, come ha fatto, di richiedere l’assenso degli altri condomini. Con il terzo motivo, corrispondente alla seconda parte della prima censura alle pp. 7-8 dell’atto, deduce violazione dell’art. 1002 c.c., che a suo dire consentirebbe l’intervento, in quanto volto al migliore godimento esclusivo della cosa comune - che il Comune resiste, con atto 21 novembre 2014, in cui chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile, per avere la ricorrente adottato nelle more una soluzione tecnica alternativa, e comunque respinto nel merito - che il ricorso è fondato e va accolto, nei termini che seguono - che è infondata l’eccezione preliminare di inammissibilità, perché all’evidenza l’aver adottato una soluzione alternativa, che non era quella in origine preferita, non elide l’interesse a veder assentito il proprio progetto originario - che il primo motivo è infondato e va respinto, nel senso che il Comune ha effettivamente tenuto conto delle controdeduzioni della ricorrente, se pure, come risulterà subito chiaro, pervenendo a conclusioni non corrette - che è infondato e va respinto anche il secondo motivo. E’ noto che i titoli abilitativi edilizi, da un lato si rilasciano. ai sensi dell’art. 11 comma 3 T.U. 6 giugno 2001 n°380, salvi i diritti dei terzi, e quindi dovrebbero in linea di principio prescindere dai titoli civilistici dei terzi stessi, anche se in astratto suscettibili di paralizzarne l’efficacia, come nel caso esemplare di un permesso di costruire rilasciato su un fondo che è inedificabile per causa di una servitù in tal senso. Dall’altro lato però, i titoli stessi impongono ai sensi dell’art 11 citato comma 1 all’amministrazione che le rilascia di verificare la legittimazione del richiedente, e con essa, si dovrebbe ritenere, anche la sussistenza di diritti di terzi che la escludano. La contraddizione potenziale -secondo la giurisprudenza, per tutte già TAR Liguria 11 luglio 2007 n°1376- si compone applicando il principio di non aggravamento del procedimento. In tali termini, un titolo confliggente con i diritti di terzi sarà legittimo se l’amministrazione non poteva riconoscerne l’esistenza in base ai soli atti del procedimento forniti dalla parte interessata sarà invece illegittima se dell’esistenza del vincolo l’amministrazione aveva motivo di sospettare. Così nel caso di specie, dato che negli edifici in condominio per definizione a fronte dell’opera del singolo condomino vi sono i diritti degli altri condomini, e quindi correttamente il Comune li ha considerati - che è invece fondato e va accolto il terzo motivo. In generale, per l’art. 1002 c.comma comma 1, ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.”. Nel caso particolare che qui rileva, di installazione di una canna fumaria che interessi anche la facciata in corrispondenza delle proprietà di altri condomini, costante giurisprudenza – Cass. civ. sez. II 11 maggio 2011 n°10350, T. Roma sez. XII 28 luglio 2002, T. Milano 26 marzo 1992 e T. Trento 16 maggio 2013 n°432- non nega a priori la possibilità di effettuare l’opera senza l’assenso di costoro richiede però, perché se ne possa prescindere, che in concreto non siano pregiudicati l’armonia e il decoro della facciata in questione. Di conseguenza, il provvedimento impugnato, che motiva soltanto con riguardo alla mancanza della piena titolarità a intervenire” docomma 10 Comune, cit. derivante dal diniego degli altri condomini, e non apprezza l’impatto dell’opera sulla facciata interessata, risulta illegittimo e va annullato - che l’annullamento, come evidente, si riferisce al solo diniego, che è provvedimento propriamente detto, e non agli atti endoprocedimentali citati in epigrafe, come tali privi di autonoma attitudine lesiva - che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento 16 luglio 2014 prot. n°28344 del successivo 17 luglio del Dirigente del settore attività produttive e sviluppo economico del Comune di Mantova. Condanna il Comune stesso a rifondere alla ricorrente le spese del presente giudizio, spese che liquida in € 2.000 duemila/00 oltre accessori di legge, se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.