Lavorare (non) stanca: sempre più ambito il lavoro in municipio

Ma se non c'è copertura finanziaria, le buone intenzioni del Comune restano inattuate.

Perché non è possibile stabilizzare i soggetti che hanno partecipato a progetti per i lavori socialmente utili, quando mancano le condizioni previste espressamente dalla legge. L’art. 2, comma 4, d.lgs. n. 468/1997 stabilisce che I progetti di lavori di pubblica utilità prevedono l’impegno dei soggetti promotori a realizzare nuove attività stabili nel tempo e devono, a tal fine, contenere un piano d’impresa relativo alle attività che si intendono promuovere alla fine del progetto e tale previsione, che trova coerente sviluppo in quelle del comma 5 dello stesso articolo e quelle recate dal successivo art. 10, con le quali si coordina, comporta, quindi, che nel riferito contesto normativo costituisce condizione per l’approvazione del progetto di LSU sub specie di lavori di pubblica utilità” LPU la circostanza che l’ente promotore approvi anche un Piano d’impresa in funzione della successiva stabilizzazione occupazionale delle risorse umane interessate. Progetto approvato? Tuttavia, il fatto che la delibera adottata dal Comune non contenga alcun Piano d’impresa, né schede progettuali di sorta, non poteva avere valore di approvazione di un progetto, secondo quanto infondatamente avevano sostenuto i ricorrenti delusi dalla mancata assunzione. Ciò in quanto il provvedimento del Comune si limitava – al di là dell’equivoca terminologia impiegata - al semplice avvio dell’ iter istruttorio tecnico a ciò preordinato, con l’affidamento all’agenzia Italia Lavoro della predisposizione del Piano d’impresa che sarebbe stato poi sottoposto all’esame degli organi comunali per le valutazioni del caso. L’art. 2, comma 4, d.lgs. cit. dispone infatti, a completamento di quanto già ricordato, che I progetti sono corredati da dichiarazione scritta attestante la sussistenza dei presupposti tecnicamente fondati del progetto di nuove attività stabili nel tempo, rilasciata da una delle agenzie di promozione di lavoro e di impresa individuate con decreti . Le medesime agenzie possono accertare i predetti presupposti mediante la documentata fornitura di assistenza tecnica alla definizione del progetto . Di conseguenza, secondo il Collegio, risulta priva di fondamento la doglianza circa la mancata attuazione della delibera comunale poggiante sul presupposto del carattere già definitivo e vincolante di quest’ultima, dal momento che tale atto rivestiva, invece, natura del tutto preliminare e prodromica rispetto all’approvazione del progetto, che non avrebbe potuto prescindere né dall’elaborazione del connesso Piano d’impresa, né dalla verifica della copertura finanziaria necessaria per l’uno e per l’altro.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 21 ottobre – 17 novembre 2014, n. 5629 Presidente Pajno – Estensore Gaviano Fatto e diritto PREMESSO che gli attuali appellanti, dopo avere prestato attività lavorativa presso il Comune di Porto Cesareo LE nell’ambito di un progetto di Lavori Socialmente Utili di seguito, LSU dal 1° luglio 1996 al 30 giugno 1997 e dall’8 settembre 1997 all’8 settembre 1998, avevano diffidato lo stesso Ente a dare seguito alla propria deliberazione di G.M. n. 341 del 1998, assumendo una determinazione espressa in merito all’attivazione del progetto di LSU che con tale provvedimento era stato approvato che alla diffida il Comune aveva dato riscontro con nota sindacale prot. n. 1468 del 27 gennaio 2003, esponendo che il Piano d’impresa relativo al progetto predisposto con l’agenzia Italia Lavoro sulla scorta della suddetta delibera n. 341/1998 evidenziava un impegno economico per l’Amministrazione quantificabile in circa 125 milioni di lire annui, oltre ad oneri accessori ed assicurativi annuali, per la durata di cinque anni, laddove gli impegni assunti per i progetti precedenti avevano riguardato i soli oneri accessori ed assicurativi e che tale impegno economico avrebbe comportato una variazione del bilancio pluriennale, oltre che annuale, che tuttavia non trovava la necessaria copertura finanziaria che avverso tale atto sindacale n. 1468/2003 gli interessati proponevano ricorso al T.A.R. per la Puglia domandandone l’annullamento, oltre ad instare per la declaratoria del loro diritto ad ottenere un risarcimento per i danni subiti che il Tribunale adìto con la sentenza in forma semplificata n. 3140/2003 in epigrafe respingeva il ricorso DATO ATTO che avverso tale sentenza gli interessati hanno spiegato il presente appello alla Sezione riproponendo le proprie doglianze, deduzioni e domande, e contestando gli argomenti con i quali queste erano state disattese quando non addirittura il loro omesso esame da parte del T.A.R. che il Comune di Porto Cesareo si è costituito in giudizio in resistenza all’appello eccependone l’inammissibilità sotto più profili e soprattutto la sua infondatezza OSSERVATO che la sicura infondatezza del ricorso nel merito suggerisce alla Sezione di concentrarsi immediatamente sui suoi contenuti sostanziali, tralasciando l’esame delle eccezioni preliminari sollevate dalla difesa comunale RICORDATO che il ricorso di prime cure è stato respinto dal Tribunale sulla base della seguente motivazione Considerato che ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. 468/1997 l’approvazione del progetto da parte dell’Ente assume una mera valenza propositiva nell’ambito dell’intera procedura che porta al finanziamento e alla realizzazione dello stesso che pertanto l’interesse tutelabile dei ricorrenti concerne la definizione di tale procedimento che esso in effetti è terminato con la presa d’atto da parte dell’Amministrazione municipale dell’insostenibilità della spesa discendente dal piano d’impresa elaborato da Lavoro Italia, contenuta nel provvedimento prot. n. 1468 del Comune di Porto Cesareo, datato 27.1.2003 che a tal punto deve verificarsi la legittimità dell’atto, alla stregua dei motivi dedotti e, quindi, in particolare, in relazione alla contestazione attorea, secondo la quale i fondi a disposizione del Comune sarebbero comunque sufficienti a finanziare il progetto, in quanto l’onere economico è sostanzialmente sopportato dall’INPS che in base all’art. 8, III comma, del D. Lgs. 468/1997 l’importo mensile di lire 800.000, denominato assegno per i lavori socialmente utili, è erogato dall'INPS, ma ciò sul presupposto che I lavoratori sono impegnati per un orario settimanale di 20 ore e per non più di 8 ore giornaliere” che il progetto approntato da Italia Lavoro prevede invece un impiego stabile dei lavoratori, utilizzati in servizi che necessitano un normale impegno di lavoro, e quindi effettivamente un esborso da parte del Comune, non coperto dall’INPS che perciò il provvedimento appare correttamente motivato. Essendo l’atto immune dai vizi denunciati, esso non può aver causato alcun danno ingiusto.” RILEVATO che con il presente appello parte ricorrente A ripropone la doglianza per cui il Comune avrebbe omesso di dare esecuzione alla deliberazione di G.M. n. 341/1998, esecutiva per legge, relativa al prosieguo dell’utilizzo degli interessati nell’ambito dei LSU, provvedimento che imponeva all’Ente di avviare il relativo progetto, da esso ormai -in tesi già deliberato B contesta che la detta delibera avesse una valenza meramente propositiva, deducendo che alla luce dell’art. 5 del d.lgs. n. 468/1997 essa costituiva un vero e proprio provvedimento definitivo di approvazione del progetto di LSU, e come tale era vincolante per l’Amministrazione C critica le valutazioni espresse dal Comune in merito all’aspetto economico-finanziario della materia del contendere, osservando C1 che l’impegno economico quantificato dall’Amministrazione era stato erroneamente riferito all’intera retribuzione spettante agli interessati, laddove a carico dell’Ente, in verità, sarebbe gravato solo l’importo integrativo riflettente l’eventuale eccedenza della retribuzione posta a carico dell’INPS C2 che, stante la natura ontologicamente temporanea delle prestazioni nell’ambito dei LSU, sarebbe stato inconferente addurre quale ostacolo al progetto gli oneri economici riflettenti un impiego stabile dei lavoratori C3 che, infine, le caratteristiche del Piano d’impresa elaborato da Italia Lavoro non avrebbero trovato rispondenza nella delibera n. 341/1998, la quale si limitava ad approvare il progetto di LSU e a consentire il prosieguo dell’utilizzo dei lavoratori del progetto precedente sicché il Comune avrebbe dovuto pretendere che Italia Lavoro si attenesse ai contenuti della suddetta delibera, cosa che non avrebbe fatto sorgere problemi di copertura finanziaria CONSIDERATO che queste censure non sono suscettibili di trovare adesione RITENUTO che i rilievi appena indicati sub A e B , da valutare congiuntamente per la loro interdipendenza, devono essere disattesi in quanto muovono da una travisata lettura della reale portata dell’anzidetta delibera n. 341/1998 OSSERVATO, infatti, che l’art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 468/1997 stabilisce che I progetti di lavori di pubblica utilità prevedono l’impegno dei soggetti promotori a realizzare nuove attività stabili nel tempo e devono, a tal fine, contenere un piano d’impresa relativo alle attività che si intendono promuovere alla fine del progetto” e che tale previsione, che trova coerente sviluppo in quelle del comma 5 dello stesso articolo e quelle recate dal successivo art. 10, con le quali si coordina, comporta, quindi, che nel riferito contesto normativo costituisce condizione per l’approvazione del progetto di LSU sub specie di lavori di pubblica utilità” LPU la circostanza che l’ente promotore approvi anche un Piano d’impresa in funzione della successiva stabilizzazione occupazionale delle risorse umane interessate RILEVATO, di contro, che la delibera n. 341/1998, non contenendo alcun Piano d’impresa, né schede progettuali di sorta, non poteva avere valore di approvazione di un progetto, secondo quanto infondatamente sostenuto dai ricorrenti, ma si limitava –al di là dell’equivoca terminologia impiegata al semplice avvio dell’iter istruttorio tecnico a ciò preordinato, con l’affidamento all’agenzia Italia Lavoro della predisposizione del Piano d’impresa che sarebbe stato poi sottoposto all’esame degli organi comunali per le valutazioni del caso l’art. 2, comma 4, d.lgs. cit. dispone infatti, a completamento di quanto già ricordato, che I progetti sono corredati da dichiarazione scritta attestante la sussistenza dei presupposti tecnicamente fondati del progetto di nuove attività stabili nel tempo, rilasciata da una delle agenzie di promozione di lavoro e di impresa individuate con decreti . Le medesime agenzie possono accertare i predetti presupposti mediante la documentata fornitura di assistenza tecnica alla definizione del progetto” CONSIDERATO, per quanto precede, che risulta priva di fondamento la doglianza di parte ricorrente circa la mancata attuazione dell’anzidetta delibera n. 341, censura poggiante sul presupposto del carattere già definitivo e vincolante di quest’ultima, dal momento che tale atto rivestiva, invece, natura del tutto preliminare e prodromica rispetto all’approvazione del progetto, che non avrebbe potuto prescindere né dall’elaborazione del connesso Piano d’impresa, né dalla verifica della copertura finanziaria necessaria per l’uno e per l’altro RILEVATO che non può accedersi neppure all’assunto di parte che la medesima delibera n. 341 fosse stata approvata per silentium dalla Regione in forza del disposto dell’art. 5, comma 1, d.lgs. cit., poiché ben prima che spirasse il termine di sessanta giorni previsto da quest’ultima norma la Regione, con la sua nota del 4 febbraio 1999, aveva richiesto al Comune la trasmissione del Piano d’impresa e delle schede del progetto, con l’effetto di impedire, giusta l’apposita previsione dello stesso comma 1, la formazione del silenzio-assenso OSSERVATO, per le ragioni fin qui esposte, che poiché il Piano di impresa allegato al progetto di LPU, redatto dall’agenzia Italia Lavoro in attuazione della delibera n. 341/1998, si era appalesato al Comune concretamente irrealizzabile per carenza di disponibilità e copertura finanziaria, l’impugnata nota sindacale n. 1468 del 2003, che di tanto si limitava a dare atto, risulta immune dai vizi dedotti SOGGIUNTO che il già emerso legame instaurato dal d.lgs. n. 468/1997 tra progetto e Piano d’impresa, e la connessa necessità che anche il secondo trovasse copertura finanziaria, rendono infondata la prospettazione dei ricorrenti secondo la quale il problema di copertura finanziaria evidenziato dal Comune avrebbe potuto essere superato stralciando” la componente LSU-LPU e valutandola quale iniziativa avulsa e fine a se stessa, scissione in contrasto con la ben diversa impostazione prescelta dal legislatore RILEVATO che risulta conseguentemente privo di pregio il rilievo sub C1 , secondo il quale sul Comune sarebbe gravato solo l’importo integrativo riflettente l’eventuale eccedenza della retribuzione LSU posta a carico dell’INPS CONSIDERATO che da parte dei ricorrenti vengono altresì genericamente richiamate delle fonti di finanziamento pubblico posteriori, senza però fornire alcun principio di prova sulla loro possibile rilevanza agli specifici fini della risoluzione della problematica di copertura finanziaria riscontrata dal Comune OSSERVATO, infine, che gli autonomi rilievi sopra indicati sub C2 e C3 risultano inammissibili, in quanto, essendo estranei al contenuto del ricorso di primo grado, integrano dei motivi nuovi incompatibili con il tradizionale divieto di nova confermato dall’art. 104 CPA RITENUTO, in conclusione, che l’appello deve essere respinto in quanto infondato, mentre le spese processuali, tenuto conto della specifica natura della controversia, possono essere equitativamente compensate anche per il presente grado tra le parti P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta , definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.