Ai testimoni di giustizia deve essere assicurato il medesimo tenore di vita che era loro assicurato prima del programma di protezione

La questione posta all’esame del Collegio, che ha deciso con sentenza 5151 depositata il 15 ottobre 2014 ha riguardato l’adeguatezza e la congruità delle misure economiche ed assistenziali adottate dalla Commissione Centrale prevista dall’art. 10 legge n. 82/1991 nei confronti di un testimone di giustizia e di suoi familiari, nel quadro dello speciale programma di protezione deliberato ai sensi della legge predetta.

Collaboratori ed i testimoni di giustizia. Esiste una netta differenza tra i collaboratori e i testimoni di giustizia. Infatti, mentre i primi sono persone che hanno un passato di appartenenza ad una organizzazione criminale o mafiosa i secondi sono cittadini incensurati. I collaboratori sottoscrivono un contratto” con lo Stato basato sulla fornitura di informazioni provenienti dall'interno dell'organizzazione criminale in cambio di benefici processuali, penali e penitenziari, della protezione e del sostegno economico per sé e per i propri famigliari. I testimoni invece forniscono la loro testimonianza relativamente all'accadimento di un fatto delittuoso e per tale ragione godono di una protezione da parte degli organi dello Stato appositamente creati. In molti casi si tratta di commercianti che si rifiutano di pagare il pizzo o di persone non più disposte a continuare a pagare interessi a tassi usurai concessi loro da membri dell'organizzazione mafiosa. La disciplina è stata dettata dal d.l. n. 8/1991, recante nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia legge di conversione n. 82/1991 . Nell’ambito delle misure di assistenza riconosciute al testimone di giustizia vengono, tra l’altro, in rilievo, secondo quanto previsto dall’art. 13, comma 6, legge e dall’art. 8, comma 5, del regolamento approvato con d.m. n. 161/2004, quelle inerenti alla sistemazione alloggiativa, all’assistenza sanitaria, a quella legale nei casi in cui l’interessato nei processi in cui rende testimonianza assuma la qualità di persona offesa dal reato alla spese di trasferta in ipotesi indicate in dettaglio. E’ prevista, inoltre, l’erogazione di un assegno di mantenimento - nel caso di insufficienza di mezzi di sostentamento e di impossibilità, per motivi di sicurezza, di svolgere un’ attività lavorativa - secondo criteri quantitativi definiti dalla Commissione in relazione al numero delle persone protette. Nel caso specifico, il testimone di giustizia aveva ritenuto non congruo l'importo assegnatogli ed il Giudice di primo grado gli aveva dato ragione. Nello specifico, le doglianze sviluppate avevano investito la quantificazione dell’assegno di mantenimento erogato nella misura di euro 2.640,00 mensili, il cui importo era stato ritenuto sottodimensionato rispetto ai redditi percepiti nei tre anni antecedenti all’ammissione al programma di protezione, che si quantificava nella somma di euro 7.719,22 mensili. Importo contestato dal Ministero dell'interno che ha appellato la decisione del Tar. Riconoscimento delle misure si assistenza. L’art. 16- ter , comma 1, lett. b , del decreto-legge n. 8/1991, convertito dalla legge n. 82/1991, riconosce il diritto del testimone di giustizia al riconoscimento di misure si assistenza, anche oltre la cessazione della protezione, volte a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello esistente prima dell’avvio del programma, fino a quando non viene riacquistata la possibilità di godere di un reddito proprio. Nei confronti del testimone di giustizia è previsto un trattamento differenziato e più favorevole rispetto al collaboratore di giustizia, stante il concorso delle misure di assistenza concesse al mantenimento del precedente tenore di vita. Ciò si riflette, in via residuale, sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento. Per detto assegno è fissato in via forfetaria con riguardo ai soli collaboratori di giustizia il limite massimo in cinque volte l’ammontare dell’assegno sociale previsto dall’art. 3 della legge n. 335/1995 art. 13, comma 6, legge n. 82/1991, come sostituito dall’art. 6 della legge n. 45/2001 . Detto limite, invece, non trova applicazione nei confronti dei testimoni di giustizia che godono della guarentigia del mantenimento del pregresso tenore di vita. Le modalità di calcolo. Il flusso reddituale che si riflette sul tenore di vita va determinato non sulla base del reddito imponibile, ma al netto del debito di imposta. In tal modo si individuano le somme effettivamente disponibili per soddisfare le esigenze di vita del testimone di giustizia e relativi familiari inclusi nel programma. L'importo preciso va calcolato con il monitoraggio spalmato in un lungo periodo. In modo tale che lo stesso si configuri idoneo a fotografare, con maggior grado di aderenza alla realtà, la condizione economica del testimone di giustizia e del di lui nucleo familiare agli effetti del complesso delle misure assistenziali volte a garantire il precedente tenore di vita. Concorrono nel mantenimento del tenore di vita e vanno quindi detratte dal flusso reddituale disponibile gli esborsi sostenuti dall’Amministrazione per spese scolastiche in favore dei figli del testimone di giustizia sanitarie diagnostiche e terapeutiche per prestazioni non erogabili a carico del servizio sanitario nazionali per vacanze annuali per riscaldamento dell’ alloggio assegnato. Vanno invece escluse tutte le specie necessitate dalla qualità di testimone di giustizia quali, a titolo di esemplificazione, quelle inerenti a esigenze di viaggio per il ritorno al luogo di provenienza ivi comprese le spese di vitto ed alloggio di assistenza legale nelle ipotesi previste nella delibera di adozione del programma speciale di protezione di conduzione aziendale cui prima dell’ammissione al programma di protezione poteva direttamente attendere il ricorrente.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 17 luglio – 15 ottobre 2014, n. 5151 Presidente Romeo – Estensore Polito Fatto e diritto 1. Con delibera in data 1° ottobre 2007 della Commissione centrale ex art. 10 della legge n. 82 del 1991, il sig. S. F., unitamente alla proprio nucleo familiare, costituito dalla moglie e da tre figli, era ammesso ad un piano provvisorio di protezione ai sensi dell’art. 13, comma 1, della citata legge e dell’art. 6 del d.m 23.4.2004, n. 161, in qualità di testimone di giustizia. Nella seduta del 17 dicembre 2007 la Commissione centrale respingeva la richiesta del ricorrente datata 12.10.2007, tesa all’adeguamento dell’assegno mensile previsto per i testimoni di giustizia, sulla base della considerazione che lo stesso era stato ammesso al programma provvisorio, riservandosi quindi il riesame della questione in sede di ammissione al programma definitivo. Con successiva delibera della predetta Commissione del 5 marzo 2009 il programma provvisorio era trasformato in definitivo, con conferma dello status di testimone di giustizia in capo al ricorrente. Una volta ammesso al programma definitivo, con istanza del 5.5.2009 il ricorrente chiedeva che la Commissione de qua si pronunciasse in merito all’assegno mensile. Detta istanza restava priva di riscontro. In relazione a nuova richiesta di adeguamento dell’assegno mensile da euro 2.640,00 a euro 7.719,22 mensili l’apposita Commissione, con delibera in data 28 marzo 2012, si pronunziava in senso negativo, facendo richiamo alla nota del Servizio Centrale di Protezione del 3.2.2012, nella quale era posto in rilievo che viene complessivamente assicurato in favore del F. un tenore di vita superiore a quello dichiarato”. Avverso l’atto negativo il sig. S.F. ha proposto ricorso avanti al T.A.R. per il Lazio assumendo l’illegittimità di detto provvedimento per violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili. Con sentenza n. 860 del 2014 il T.A.R. adito accoglieva il ricorso. Il T.A.R. dopo aver tratteggiato il quadro normativo relativo alla fattispecie di cui è controversia con specifico richiamo all’art. 16-ter, comma 1, lett. b , del decreto-legge n. 8 del 1991, convertito dalla legge n. 82 del 1991, recante disposizioni sullespeciali misure di protezione, ove è stabilito che i testimoni di giustizia cui è applicato lo speciale programma di protezione hanno diritto a misure di assistenza, anche oltre la cessazione della protezione, volte a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello esistente prima dell’avvio del programma, fino a quando non riacquistano la possibilità di godere di un reddito proprio” si pronunziava in base alle risultanze degli atti non avendo l’amministrazione adempiuto ordinanza istruttoria disposta dal collegio. Il primo giudice statuiva in particolare che l’assegno deve in ogni caso garantire al testimone di giustizia ed alla sua famiglia il medesimo tenore di vita in godimento prima della sottoposizione al programma di protezione che agli effetti predetti deve essere assunto in primo luogo a riferimento il reddito percepito e, per altro verso, che fuoriescono dal computo le ulteriori spese che, sebbene assunte a carico dell’Amministrazione, il testimone di giustizia non avrebbe comunque affrontato se non avesse assunto tale status che in tale ultima categoria vanno ricondotte le spese alloggiative, stante la proprietà della casa di abitazione da parte del ricorrente nel luogo di origine, quelle relative agli spostamenti verso la località di provenienza correlate unicamente alla necessità di vivere altrove per effetto della sottoposizione al programma di protezione nonché quelle per le lavorazioni dei terreni, essendo incombenti precedentemente assolti direttamente dal ricorrente con le proprie attrezzature. Non vanno inoltre considerate le spese per avvocato e quelle di giustizia, derivanti, dalla sottoposizione al programma di protezione e che diversamente non avrebbero coinvolto il ricorrente che si rinvengono ulteriori spese, contestate dall’interessato nell’ an per baby sitter, per viaggi, per custodia cani ovvero nel quantum spese sanitarie, indicate nel loro complesso e non per singole voci , non contraddette da contrarie allegazioni dell’ Amministrazione malgrado il disposto incombente istruttorio Il T.A.R. annullava, quindi la delibera gravata e statuiva l’ obbligo, per l’Amministrazione, di provvedere all’adeguamento dell’assegno in favore del ricorrente e del suo nucleo familiare, conformemente a quanto indicato in motivazione. Avverso la pronunzia del T.A.R. il Ministero dell’ Interno ha proposto atto di appello ed ha contestato le conclusioni del T.A.R., insistendo sull’adeguatezza e sul concorso delle misure economiche ed assistenziali, accordate nei confronti del testimone di giustizia, al mantenimento del pregresso tenore di vita. In sede di note conclusive S.F. ha insistito nelle proprie tesi difensive e chiesto la conferma delle sentenza impugnata. All’udienza del 17 luglio 2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione. 2. La questione all’esame del Collegio investe l’adeguatezza e la congruità delle misure economiche ed assistenziali adottate dalla Commissione Centrale prevista dall’art. 10 della legge n. 82 del 1991 nei confronti del testimone di giustizia S.F. e di suoi familiari, nel quadro dello speciale programma di protezione deliberato ai sensi della legge predetta. Nell’ambito delle misure di assistenza vengono, tra l’altro, in rilievo, secondo quanto previsto dall’art. 13, comma 6, della legge n. 82 del 1991 e dall’art. 8, comma 5, del regolamento approvato con d.m. n. 161 del 2004, quelle inerenti alla sistemazione alloggiativa, all’assistenza sanitaria, a quella legale nei casi in cui l’interessato nei processi in cui rende testimonianza assuma la qualità di persona offesa dal reato alla spese di trasferta in ipotesi indicate in dettaglio. E’ prevista, inoltre, l’erogazione di un assegno di mantenimento nel caso di insufficienza di mezzi di sostentamento e di impossibilità, per motivi di sicurezza, di svolgere un’ attività lavorativa secondo criteri quantitativi definiti dalla Commissione in relazione al numero delle persone protette. La doglianze sviluppate in ricorso da S.F. hanno investito al quantificazione dell’assegno di mantenimento erogato nella misura di euro 2.640,00 mensili, il cui importo è dal ricorrente qualificato sottodimensionato rispetto ai redditi percepiti nei tre anni antecedenti all’ammissione al programma di protezione, che si quantifica nella somma di euro 7.719,22 mensili. In sede di note a difesa e produzione documentale il Ministero resistente precisa che l’assegno di mantenimento è stato corrisposto nella misura di euro 2.640,00 fino al 20 dicembre 2013. Dopo il distacco del nucleo familiare di A. F. figlio del testimone di giustizia l’assegno di mantenimento è stato scisso in euro 2.310,00 per il sig. S. F. ed in euro 1.995,00 per A.F. Si tratta tuttavia di vicenda che esula dall’economia del presente contenzioso, in quanto successiva alla definizione del ricorso proposto avanti al T.A.R. per il Lazio che ha investito il quantum dell’assegno di mantenimento nell’originaria determinazione in euro 2.640,00. 2.1. Come accennato nell’esposizione in fatto l’art. 16-ter, comma 1, lett. b , del decreto-legge n. 8 del 1991, convertito dalla legge n. 82 del 1991, riconosce il diritto del testimone di giustizia al riconoscimento di misure si assistenza, anche oltre la cessazione della protezione, volte a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello esistente prima dell’avvio del programma, fino a quando non riacquistano la possibilità di godere di un reddito proprio” Nei confronti del testimone di giustizia è previsto un trattamento differenziato e più favorevole rispetto al collaboratore di giustizia, stante il concorso delle misure di assistenza concesse al mantenimento del precedente tenore di vita. Ciò si riflette, in via residuale, sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento. Per detto assegno è fissato in via forfetaria con riguardo ai soli collaboratori di giustizia il limite massimo in cinque volte l’ammontare dell’assegno sociale previsto dall’art. 3 della legge n. 335 del 1995 art. 13, comma 6, della legge n. 82 del 1991, come sostituito dall’art. 6 della legge n. 45 del 2001 . Il limite non trova applicazione nei confronti dei testimoni di giustizia che godono della guarentigia del mantenimento del pregresso tenore di vita. La Commissione Centrale, nel disporre con atto del 24 marzo 2009 le misure di assistenza in favore di S.F., ha dato tra l’altro rilievo, ai fini del parametrazione del tenore di vita personale e familiare, alla documentazione di carattere fiscale. Il ricorrente, con richiamo alla delibera della Commissione centrale del 30 luglio 2009, raccorda la quantificazione della propria posizione reddituale alle risultanze presso l’ Agenzie delle Entrate nel triennio antecedente all’ingresso nel programma di protezione anni 2004, 2005 e 2006 , e ragguaglia in euro 7.719,22 l’ importo da assumere a riferimento. Al riguardo l’ Amministrazione ha correttamente opposto che il flusso reddituale che si riflette sul tenore di vita diversamente da quanto prospettato dal ricorrente va determinato non sulla base del reddito imponibile, ma al netto del debito di imposta. In tal modo si individuano le somme effettivamente disponibili per soddisfare le esigenze di vita del testimone di giustizia e relativi familiari inclusi nel programma. Applicando il su riferito criterio il reddito effettivo nel triennio di osservazione corrisponde alla minor somma di euro 4.982,5 mensili. 2.1. In contrario a quanto prospetto dal ricorrente la resistente amministrazione in sede di note difensive procede ad un più ampio screening dei redditi percepiti da S.F. dal 1998 al 2007 e calcola secondo diversi accorpamenti degli anni presi in considerazione una media mensile che va dal minimo di euro 3.602,28 al massimo di euro 3.768,45 Il collegio reputa che – a fronte della posizione reddituale di S.F. caratterizzata nel tempo da notevoli differenziazioni nel quantum, stante la provenienza dei proventi da attività di impresa, nonché da sostanziale azzeramento di ogni vantaggio economico negli anni 2006 e 2007, antecedenti all’ammissione al programma di protezione – si debba privilegiare il criterio osservato dall’ Amministrazione che, con il monitoraggio spalmato in un più lungo periodo, si configura idoneo a fotografare, con maggior grado di aderenza alla realtà, la condizione economica del testimone di giustizia e del di lui nucleo familiare agli effetti del complesso delle misure assistenziali volte a garantire il precedente tenore di vita. 2.2. Ciò posto viene in rilievo in che misura le accordate misure assistenziali concorrano nella monetizzazione dell’assegno di mantenimento attribuito a S.F. per l’ impedimento ad attendere alla normale attività lavorativa. La sentenza appellata ha correttamente escluso che possano essere inclusi negli oneri di mantenimento le spese di alloggio – essendo il testimone di giustizia proprietario di immobile adibito ad abitazione nel luogo di origine – nonché quelle per spostamenti verso la predetta località, necessitate dalla acquisita condizione di testimone di giustizia. Esulano, inoltre, dal calcolo gli incombenti per lavorazione terreni di cui il ricorrente si sarebbe dato direttamente carico se avesse mantenuto la precedente condizione di vita e gli esborsi per difese legali connesse alla qualità di testimone di giustizia. Si tratta invero di spese che il ricorrente non avrebbe affatto sostenuto se non fosse stato inserito nel programma di protezione e che, quindi, assumono carattere del tutto neutro agli effetti della determinazione della somma utile al mantenimento del precedente tenore di vita. L’ Amministrazione presta sostanziale acquiescenza al punto di decisione e sostiene, in ogni caso, l’adeguatezza dell’assegno di mantenimento, dovendo aggiungersi alla somma di euro 2,640,00 mensili, erogata a regime, la somma di euro 887,93, pari alla media mensile degli esborsi sostenuti dall’ Amministrazione medesima per spese scolastiche, sanitarie, viaggi e di riscaldamento, pervenendosi ad un complessivo beneficio medio mensile di euro 3.527,93. Tale somma tuttavia si attesta in ogni caso al di sotto della media dei redditi percepiti mensilmente dall’appellante secondo i criteri indicati dalla stessa Amministrazione. Va quindi confermata la statuizione di annullamento del T.A.R. che ha rilevato l’erroneità dei parametri presi in considerazione dall’ Amministrazione onde monetizzare l’assegno di mantenimento da erogarsi in concorso con le altre misure di assistenza. Il collegio reputa, in conclusione, il che in sede di rinnovazione del provvedimento annullato in base a criteri di adeguatezza, logicità e proporzionalità dell’azione amministrativa dovrà assumersi quale reddito medio mensile di riferimento, cui raccordare il tenore di vita da assicurare al testimone di giustizia e del di lui nucleo familiare, quello determinato sulla media del più ampio periodo di osservazione di cui alla nota del 6 marzo 2014, pari ad euro 3.768,45. Concorrono nel mantenimento del tenore di vita e vanno quindi detratte dal flusso reddituale disponibile gli esborsi sostenuti dall’ Amministrazione per spese scolastiche in favore dei figli del testimone di giustizia sanitarie diagnostiche e terapeutiche per prestazioni non erogabili a carico del servizio sanitario nazionali per vacanze annuali per riscaldamento dell’ alloggio assegnato. Vanno invece escluse tutte le specie necessitate dalla qualità di testimone di giustizia quali, a titolo di esemplificazione, quelle inerenti a esigenze di viaggio per il ritorno al luogo di provenienza ivi comprese le spese di vitto ed alloggio di assistenza legale nelle ipotesi previste al punto 5 della delibera 14 settembre 2009 di adozione del programma speciale di protezione di conduzione aziendale cui prima dell’ammissione al programma di protezione poteva direttamente attendere il ricorrente. Per le considerazioni che precedono l’ appello va respinto e va confermata con diversa motivazione al sentenza appellata. In relazione ai profili della controversia spese ed onorari del giudizio vanno compensati fra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma con diversa motivazione al sentenza impugnata. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Sussistono i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 e 2 del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della condizione della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi di -OMISSIS e -OMISSIS-. Manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della anzidetta disposizione nei termini indicati.