Accesso garantito, sempre e comunque, per i consiglieri comunali

Sopratutto per quelli di minoranza e a prescindere, quindi, dal d.lgs. n. 33/2013 Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” , ovvero il cosiddetto accesso civico .

Il Consiglio di Stato, con la decisione 4525, depositata il 5 settembre 2014, riafferma i principi che nel tempo sono stati espressi, chiarendo innanzitutto che per esercitare tale diritto il consigliere non è tenuto ad indicare alcuna motivazione. Ciò in quanto il diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali ha in realtà una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini ex art. 10 d.lgs. n. 267/2000 ovvero a chiunque sia portatore di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso ex art. 22 e ss. legge n. 241/1990 infatti, mentre in linea generale il diritto di accesso è finalizzato a permettere ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti per la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, quello riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all’esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale, ai fini della tutela degli interessi pubblici piuttosto che di quelli privati e personali e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività. Nessun onere di motivare le richieste di accesso. Di conseguenza sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle funzioni del consigliere comunale. In sostanza, il termine utili”, contenuto nell’art. 43 d.lgs. n. 267/2000, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, poiché tale aggettivo comporta in realtà l’estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l’esercizio delle funzioni. Peraltro, il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento delle funzioni non incontra neppure alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio. In definitiva gli unici limiti all’esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi, per un verso, nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell’ente e, per altro verso, che esso non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando tuttavia che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 8 luglio – 5 settembre 2014, n. 4525 Presidente Maruotti – Estensore Saltelli Fatto 1. Con il ricorso n. 1850 del 2013, la signora Maria Chiara Proto, consigliere comunale di minoranza del Comune di Controne, ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione di Salerno, la declaratoria del proprio diritto ad accedere agli atti richiesti con l’istanza prot. n. 2400 del 26 agosto 2013 e precisamente copia dell’elenco IMU anno 2013 con nominativi ed immobili copia della nota prot. 2113 del 17 luglio 2013 proveniente dalla Banca di Credito Cooperativo Comuni Cilentani di Moio della Civitella, avente ad oggetto Riconciliazione saldi” copia della nota prot. 2098 del 16 luglio 2013, indirizzata alla Banca di Credito Cooperativo Comuni Cilentani di Agropoli, avente ad oggetto Riconciliazione saldi” copia relazioni trimestrali dei dott. Bufano e Raeli revisori dei conti relativi ai periodi febbraio 2012, gennaio 2013, maggio 2013 , stante l’illegittimo comportamento inadempiente dell’amministrazione comunale. A sostegno dell’impugnativa, ella ha dedotto violazione di legge art. 43 D. Lgs. 267/2000 – artt. 2, 3 e 22 e ss. L 241/1990 – Art. 33 e ss. regolamento comunale del Comune di Controne” , rilevando l’illegittimità dell’ingiustificato silenzio tenuto dall’amministrazione sulla istanza di accesso, che costituiva un inammissibile ostacolo all’effettivo esercizio della propria funzione di consigliere comunale. 2. L’adito tribunale, sez. I, con la sentenza n. 680 del 4 aprile 2014, nella resistenza dell’intimata amministrazione comunale, ha accolto il ricorso, dichiarando l’obbligo del Comune di Controne di rilasciare la documentazione richiesta nel termine indicato in motivazione , respingendo le preliminari eccezioni di inammissibilità del ricorso imperniate sulla mancata notifica al secondo revisore dei conti non qualificabile come controinteressato e sul preteso difetto di un interesse concreto ed attuale, non potendo condividersi l’assunto difensivo secondo per gli atti contabili, quali quelli oggetto di accesso, quest’ultimo si esercitasse nell’ambito del procedimento di approvazione del rendiconto o anche del bilancio di previsione . 3. Con atto di appello notificato a mezzo del servizio postale il 21 maggio 2014, il Comune di Controne ha chiesto la riforma della sentenza, sostenendone l’erroneità alla stregua di sei motivi di gravame, così rubricati I Error in iudicando Violazione dell’art. 43 del D. Lgs. n. 267/2000, in relazione agli artt. 22 e ss. della legge n. 241/90” II Error in iudicando – Violazione dell’articolo 43 del D. Lgs. n. 267/2000, in relazione agli artt. 22 e ss. della legge n. 241/90” III Error in iudicando – Violazione dell’art. 43 del D. Lgs. n. 267/2000 in relazione agli articolo 22 e ss. della legge n. 241/90” IV Error in iudicando – Violazione dell’art. 43 del D. Lgs. n. 267/2000, in relazione agli artt. 22 e ss. della legge n. 241/90 – Violazione del D. Lgs. n. 33/2013” V Error in iudicando – Violazione dell’art. 43 del D. Lgs. n. 267/2000 in relazione agli artt. 22 e ss. della legge n. 241/90 – Violazione del D. Lgs. n. 33/2013” VI Violazione del D. Lgs. n. 104/2010”. In sintesi, a suo avviso, il tribunale non solo avrebbe sbrigativamente respinto, con motivazione superficiale e lacunosa, le puntuali e fondate eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata notifica ad un controinteressato e per difetto di interesse , per quanto altrettanto immotivatamente avrebbe ritenuto fondato quest’ultimo, senza tener conto che l’esigenza di conoscenza degli atti di cui era stata chiesto l’accesso sarebbe già stata pienamente soddisfatta nel corso del procedimento di approvazione del rendiconto, così che tale domanda sarebbe qualificabile come meramente emulativa e priva di interesse, finalizzata esclusivamente ad ostacolare l’attività amministrativa peraltro, sempre secondo l’amministrazione appellante, i primi giudici avrebbero fondato il proprio convincimento su atti irritualmente e tardivamente prodotti dalla ricorrente in primo grado, in quanto depositati nel corso della stessa udienza di trattazione. 4. Ha resistito al gravame la sig. Maria Chiara Proto, che ne ha chiesto il rigetto, illustrando poi le proprie tesi difensive con apposita memoria depositata il 3 luglio 2014, con allegata documentazione. Anche l’amministrazione appellante ha deposito documentazione, in data 7 luglio 2014. 5. All’udienza in camera di consiglio dell’8 luglio 2014, fissata per la decisione dell’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, stante la integrità del contraddittorio ed informate le parti, la causa è stata introitata per la decisione nel merito. Diritto 6. I motivi di appello, che per la loro intima connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati, alla stregua delle osservazioni che seguono. 6.1. Occorre innanzitutto rilevare che, come correttamente rilevato dai primi giudici, non è fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado riproposta con apposito motivo di gravame per essere stato lo stesso notificato solo a uno dei due revisori dei conti dell’ente. Anche a voler prescindere invero dalla considerazione che una simile mancanza, se rilevante, avrebbe determinato soltanto la necessità di integrare il contraddittorio e non già l’inammissibilità tout court del ricorso, deve rilevarsi che nel processo amministrativo è contrinteressato colui che è portatore di un interesse qualificato alla conservazione dell’assetto recato dal provvedimento impugnato e di natura uguale e contrario a quello del richiedente controinteressato in senso sostanziale e che inoltre sia stato nominativamente indicato nel provvedimento o sia facilmente individuabile controinteressato in senso formale tra le più recenti Con. Stato, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1862 24 marzo 2014, n. 1448 9 ottobre 2007, n. 5241 . Tali caratteristiche non si riscontrano nel caso di specie nei confronti del collegio dei revisori dei conti e tanto meno nei confronti di uno solo dei componenti quel collegio, la cui attività, così come puntualmente delineata dall’art. 239 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, integra una funzione di ausilio e di assistenza tecnico contabile controllo in senso lato sull’attività finanziaria e contabile dell’ente locale ai fini della sua legittimità e regolarità formale e sostanziale. Tale peculiare funzione accede a quella tipica dell’ente locale, fondendosi con quest’ultima ed esaurendosi all’interno dei rapporti interni tra gli organi di amministrazione attiva e il collegio di revisione, con la conseguenza che essendo gli atti posti in essere dagli organi comunali imputabili solo a questi ultimi non è neppure configurabile un interesse qualificato dell’organo di revisione o dei suoi singoli componenti all’eventuale conservato dell’assetto recato dal provvedimento impugnato e, nel caso in esame, dal diniego implicito di accesso ai documenti. 6.2, Sotto altro profilo, deve altresì ricordarsi che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, da cui non vi è motivo di discostarsi Cons. Stato, sez. V, 17 settembre 2010, n. 6963 9 ottobre 2007, n. 5264 , i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento delle loro funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare con piena cognizione la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale. Il diritto di accesso loro riconosciuto ha in realtà una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini ex articolo 10 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 ovvero a chiunque sia portatore di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso ex art. 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241 infatti, mentre in linea generale il diritto di accesso è finalizzato a permettere ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti per la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, quello riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all’esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale Cons. Stato, sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855 ai fini della tutela degli interessi pubblici piuttosto che di quelli privati e personali e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 1994, n. 976 . Di conseguenza sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle funzioni del consigliere comunale Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2007, n. 929 9 dicembre 2004, n. 7900 è stato osservato d’altra parte che dal termine utili”, contenuto nell’articolo 43 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, poiché tale aggettivo comporta in realtà l’estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l’esercizio delle funzioni Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5879 . Deve anche aggiungersi che il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento delle funzioni non incontra neppure alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio Cons. Stato, sez. V, 29 agosto 2011, n. 4829 4 maggio 2004, n. 2716 . In definitiva gli unici limiti all’esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi, per un verso, nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell’ente e, per altro verso, che esso non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando tuttavia che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso. 6.3. Ciò posto, deve escludersi che l’istanza di accesso agli atti della ricorrente in primo grado dovesse essere supportata da un particolare motivazione e suffragata da uno specifico interesse concreto ed attuale, diverso ed ulteriore da quello insito nella sua qualifica e nella sua funzione di consigliere comunale di minoranza . Del resto, come emerge dalla documentazione in atti, quella richiesta di accesso, lungi dal riferirsi genericamente ad una non meglio identificata documentazione, indicava puntualmente gli atti e i documenti richiesti, così che essa non può essere considerata e qualificata, come pretenderebbe l’amministrazione appellante, come meramente emulativa ed ostruzionistica nei confronti della maggioranza consiliare, tanto più che sotto tale profilo non è stato fornito alcun elemento probatorio, neppure a livello indiziario. Né, come già si è avuto modo di rilevare, può ammettersi, sotto un profilo logico – sistematico, che gli uffici comunali possano in qualche modo sindacare le istanze di accesso dei consiglieri comunali soprattutto di minoranza onde apprezzare la rilevanza e l’effettività degli interessi ad esse sottese, giacché in tal modo si altererebbe il funzionamento democratico degli organi rappresentativi dell’ente locale. D’altra parte la funzione dei consiglieri comunali ed in special modo di quelli di minoranza è proprio quella di controllo politico e di stimolo all’attività della maggioranza e dell’ente, così che è del tutto ragionevole che sia sufficiente la sola qualità di consigliere a legittimare l’accesso agli atti dell’ente, non occorrendo a tal fine una particolare motivazione o un particolare interesse, concreto ed attuale, potendosi escludere l’accesso soltanto in presenza di richieste generiche ed indeterminate, ipotesi che non ricorre nel caso in esame. 6.4. Non può inoltre costituire ostacolo al predicato diritto di accesso riconosciuto ai consigli comunali la circostanza, suggestivamente prospettata dall’amministrazione appellante, secondo cui le informazioni desumibili dagli atti oggetto dell’accesso sarebbero state contenute negli atti contabili ritualmente messi a disposizione di tutti i consiglieri comunali nell’ambito di approvazione del rendiconto dell’ente. Anche a voler prescindere dall’apoditticità dell’argomentazione in questione, che non è stata suffragata da alcun elemento probatorio, deve osservarsi che una cosa sono gli atti e i documenti oggetto della richiesta di accesso ed altra cosa sono le informazioni o i dati che da essi possono essere stati desunti o elaborati per altri fini per la predisposizione e l’approvazione del rendiconto , così che non può negarsi l’interesse del consigliere comunale, al fine di correttamente e pienamente adempiere alla sua peculiare funzione, di esaminare quei documenti per finalità diverse da quelle indicate dall’amministrazione, la cui tesi è evidentemente fondata su di un non sostenibile ‘carattere monofunzionale’ degli atti e documenti. Neppure può costituire ostacolo all’accesso degli atti la esiguità della struttura burocratica del comune, fermo restando in questo caso la necessità di contemperare adeguatamente il diritto di accesso con il regolare funzionamento degli uffici comunali e comunque non essendo controversa tra le parti la distinta questione sul chi ricadano le relative spese . 6.5. La sentenza impugnata non è neppure viziata, come sostenuto dall’appellante, in virtù del richiamo operato dai primi giudici al D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” , giacché quel richiamo ha esclusivamente una funzione argomentativa ad ulteriore supporto del diritto di accesso di cui ha chiesto tutela la ricorrente, a nulla rilevando che quest’ultima non l’avesse invocato a fondamento dei motivi di ricorso. 6.5. E’ infondato anche il sesto motivo di gravame, con cui l’amministrazione appellante ha lamentato la violazione del D. Lgs. n. 104 del 2010, poiché, per un verso, non è stata neppure puntualmente indicata quale sia stata la documentazione non autorizzata che la ricorrente avrebbe prodotto direttamente all’udienza di trattazione del ricorso il che non consente di verificare se i primi giudici abbiano effettivamente posto a fondamento del proprio convincimento tale documentazione , e, per altro verso, che dalla lettura della motivazione non si evince affatto che i primi giudici avrebbero ritenuto decisiva la documentazione asseritamente prodotta in modo irrituale e tardivo. 7. In conclusione l’appello deve essere respinto. Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 4552 del 2014 proposto dal Comune di Controne avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sez. I, n. 680 del 4 aprile 2014, lo respinge. Condanna l’appellante al pagamento in favore della sig. Maria Chiara Proto delle spese del presente grado di giudizio, che liquida complessivamente in €. 2.500,00 duemilacinquecento , oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.