Chiosco al cimitero: concessione per la vendita

Il vigente ordinamento prevede due distinte discipline relativamente all'occupazione di suolo pubblico. Una di carattere generale, TOSAP/COSAP nella quale rientra la concessione per la sistemazione di dehors ed in genere tavolini e sedie davanti ai bar, ma anche l'installazione di impalcature per i lavori in corso, ed una specifica che riguarda le occupazioni di suolo pubblico per lo svolgimento delle attività commerciali disciplinata dal d.lgs. n. 114/1998.

L'attività di vendita su aree pubbliche, peraltro, è stata sostanzialmente innovata, in tempi recenti, dal d.lgs. n. 59/2010 di recepimento della direttiva comunitaria Servizi 2006/123/CE e dal recentissimo decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 125 del 31 maggio 2014 , convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, entrata in vigore il 31 luglio e recante Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo. Vendita di fiori e piante. La questione posta all'attenzione del Collegio sent. n. 3960/2014, depositata il 25 luglio , sotto questo punto di vista e concernente la gara per l'assegnazione in concessione di un'area di proprietà comunale per l'installazione di una struttura tipo chiosco da adibire alla vendita di fiori, piante ed accessori vari è certamente atipica. Ciò in quanto non tiene conto della disciplina speciale relativa alle aree pubbliche destinate al commercio che presuppone precisi limiti temporali alle concessioni, salvo la possibilità di revoca della concessione, previa determinazione dell'indennizzo secondo la disciplina contenuta all'articolo 21 quinquies legge n. 241/1990. Di tale speciale disciplina, invece, il Comune di Caorle non ha tenuto conto e nella vicenda pertanto, è stata utilizzata - quale base giuridica - la disciplina generale in materia di concessioni demaniali. Relativamente a tale specifica questione, il Collegio ha pertanto rilevato che il concessionario di un bene demaniale non può vantare se non disposto diversamente nell'atto concessorio alcuna aspettativa al rinnovo del rapporto, per cui il relativo diniego, comunque esplicitato, nei limiti ordinari della ragionevolezza e della logicità dell'agire amministrativo, non necessita di ulteriore motivazione e non implica alcun diritto d'insistenza allorché l'Amministrazione intenda procedere a un nuovo sistema d'affidamento mediante gara pubblica o comunque procedura comparativa pertanto, in sede di rinnovo, il precedente concessionario va posto sullo stesso piano di qualsiasi altro soggetto richiedente lo stesso titolo, con possibilità di indizione di una gara al riguardo senza necessità di particolare motivazione con riferimento alla richiesta di rinnovo Cons. St., Sez. V, 21 novembre 2011, n. 6132 Sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3145 . Nella fattispecie in esame, a fronte della preferenza di chiara derivazione comunitaria per i sistemi di affidamento che consentono l’affidamento di beni pubblici tramite il ricorso al mercato, la Sezione non ha registrato la presenza nell’art. 7 del Regolamento comunale che evidentemente disciplina l'occupazione di suolo pubblico in via generale di alcun autovincolo in capo all’amministrazione tale da obbligarla a rimuoverlo prima di utilizzare strumenti di assegnazione del bene di tipo competitivo. La norma suddetta, infatti, si limita a descrivere come permanenti le occupazioni di carattere stabile, rinnovabili alla scadenza con il pagamento del canone della concessione e suppone che l’amministrazione non manifesti l’intento, come nel caso in esame, di escludere la possibilità di rinnovo. Lesione dell’affidamento? Né può dirsi presente, pertanto, afferma la sentenza 3960/2014, una lesione dell’affidamento in capo al concessionario o uno scostamento dal principio della proporzionalità dell’azione amministrativa nel tener conto degli interessi del privato. Infatti, l’amministrazione proprio per consentire allo stesso di terminare la concessione in modo adeguato prevedeva che la stessa terminasse non il 31 dicembre 2010, ma il successivo 31 marzo 2011, termine coincidente con la conclusione del procedimento di evidenza pubblica.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 13 maggio – 25 luglio 2014, n. 3960 Presidente Saltelli – Estensore Tarantino Fatto 1. A seguito di acquisto di un'azienda, avente a oggetto il commercio al minuto di generi appartenenti al settore merceologico non alimentare, vendita di fiori e piante su area comunale in prossimità del cimitero, l’originaria ricorrente subentrava alla venditrice anche nel rapporto concessorio di suolo pubblico, su autorizzazione espressa dal Comune con provvedimento del 18 maggio 2009. Ottenuto il rinnovo della predetta concessione per l’anno 2010, l’odierna appellante riceveva la notizia, con nota dirigenziale 17 novembre 2010, che la giunta comunale, con atto numero 259 del 2 novembre 2010, aveva deliberato di indire una procedura a evidenza pubblica per la concessione di un'area pubblica per l'installazione di una struttura tipo chiosco, da adibire alla vendita di fiori e piante e accessori, demandando al dirigente la predisposizione degli atti necessari, nonché di autorizzare il dirigente competente a rinnovare la concessione già rilasciata fino al 31 dicembre 2010 compreso, eventualmente prorogabile fino alla conclusione dell'iter amministrativo di assegnazione dell'area. Successivamente su richiesta di proroga della suddetta società, il Comune replicava precisando che le attuali concessioni sarebbero state dilazionate fino al 31 marzo 2011, termine coincidente con la conclusione del procedimento di evidenza pubblica. 2. Ritenendo di essere stata ingiustamente lesa, la Onoranze Funebri Caprulae S.n.c. di Braida Renato & amp C. proponeva ricorso al TAR per il Veneto, invocando l’annullamento a dell'avviso di gara pubblica per l'assegnazione in concessione di un'area di proprietà comunale, in prossimità del cimitero, per l'installazione di una struttura tipo chiosco da adibire alla vendita di fiori, piante ed accessori vari , avviso trasmesso con nota dirigenziale 17/11/2010, prot. n. 00039719 b della delibera della Giunta Comunale 2/11/2010, n. 259, pubblicata all'albo pretorio del Comune di Caorle dal 14 al 19 novembre 2010 c nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto. 3. Il primo Giudice, prescindendo dall’esame delle eccezioni proposte dalla controinteressata, dichiarava infondato il ricorso, mettendo l’accento sul fatto che alla scadenza del rapporto di concessione di un bene pubblico, l’amministrazione può decidere, se procedere o meno al rinnovo della concessione medesima. Né era di ostacolo, secondo il TAR, la previsione derivante dall’art. 7 lettera a del Regolamento comunale, posto che lo stesso definisce permanenti” le occupazioni di carattere stabile, effettuate a seguito del rilascio di un atto di concessione, aventi durata di un anno solare e con disponibilità completa e continuativa dell'area occupata, sicché la durata della concessione è solo infrannuale. Infine, il TAR per il Veneto riteneva ammissibile l'intervento dell'aggiudicatario provvisorio, non evocato in relazione alla indizione della procedura, non applicandosi al medesimo la disposizione ostativa invocata dall’originario ricorrente dell’ art. 50 ultimo comma c.p.a., laddove prevede bensì che l’atto di intervento deve essere depositato al massimo 30 giorni prima dell’udienza, ma solo per l’intervento di cui all’art. 28, comma 2, vale a dire quello esperibile da chi non sia parte del giudizio. 4. Con il gravame in esame l’originaria ricorrente si duole dell’erroneità della sentenza di prime cure, perché a al momento della proposizione del ricorso non sarebbe stato individuabile alcun controinteressato e, una volta intervenuta l’aggiudicazione provvisoria, al più sarebbe sorto un interesse di mero fatto all’intervento, con obbligo però di depositare l’intervento ex art. 50 comma 3 c.p.a., mentre a fronte dell’udienza di discussione fissata per il 20 ottobre 2011, l’atto di intervento veniva depositato il 27 settembre sicché, l’intervento stesso si sarebbe dovuto dichiarare inammissibile b il TAR Veneto avrebbe fatto pedissequa applicazione del principio di discrezionalità della p.a. al rinnovo delle concessioni, senza valutare il necessario conformarsi al principio di proporzionalità inoltre, la sentenza sarebbe incorsa in un errore di fatto, laddove ha ritenuto che l’area a seguito della gara sarebbe stata adibita ad uso più idoneo c la sentenza non avrebbe motivato sulla violazione del principio di affidamento d erroneamente la sentenza non avrebbe rilevato il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, non essendo sufficiente la dichiarata natura pubblica del bene e il primo Giudice avrebbe errato anche nel non ritenere che il comune avrebbe dovuto preventivamente modificare il proprio regolamento. 5. Si è costituito in appello solo l’originario interventore, chiedendo che il gravame in esame sia dichiarato inammissibile e/o infondato, in quanto a il ricorso sarebbe tardivo, perché la ricorrente aveva ricevuto notizia con nota dirigenziale del 17 novembre 2010 che la GM aveva indetto un bando in data 2 novembre 2010, ma la notifica del ricorso sarebbe del 13 gennaio 2011, ben oltre i 30 giorni previsti dall’art. 120 comma 5 c.p.a. b il ricorso sarebbe inammissibile perché la ricorrente avrebbe partecipato alla procedura di gara collocandosi al secondo posto, prestandovi acquiescenza c il ricorso sarebbe inammissibile essendo decorsi più di 30 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione provvisoria d il termine decadenziale di cui all’art. 50 c.p.a. varrebbe solo per gli interventori privi di autonoma posizione tutelabile e il concessionario non vanterebbe un diritto di insistenza, né un affidamento altrimenti tutelabile. 6. Con successiva memoria l’appellante ha ribadito le proprie conclusioni, rammentando l’esistenza dell’art. 70, comma 5, d.lgs. n. 59/2010, secondo il quale Con intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche in deroga al disposto di cui all'articolo 16 del presente decreto, sono individuati, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell'impresa, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto ed a quelle prorogate durante il periodo intercorrente fino all'applicazione di tali disposizioni transitorie.”. L’intesa raggiunta con deliberazione della Conferenza Unificata 5 luglio 2012, n. 83, pur ratione temporis non applicabile, darebbe spazio alle esigenze di ammortamento e remunerazione degli investimenti anche immateriali. 7. All’udienza del 13 maggio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. L’appello è infondato e deve essere respinto. 2. Preliminarmente va dato atto del fatto che il ricorso di prime cure non risulta tardivamente proposto. Infatti, la fattispecie in esame esula dall’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 120 c.p.a., sicché non può trovare applicazione la disposizione di cui al comma 5 del citato art. 120, che prevede l’obbligo di notificare il ricorso introduttivo del giudizio nel termine dimidiato di trenta giorni. Del pari infondata è l’eccezione di inammissibilità per avere l’odierna appellante partecipato successivamente alla procedura di gara che l’ha vista collocarsi al secondo posto infatti, l’interesse azionato nel presente giudizio è di carattere oppositivo rispetto alla scelta in generale dell’amministrazione di non consentire la proroga della concessione e rispetto a questo non vale come acquiescenza il successivo comportamento dell’odierna appellante, che ha comunque inteso partecipare alla gara al contrario, quest’ultima condotta conferma la sua volontà, anche in sede di procedimentale, di voler mantenere lo stesso bene della vita che oggi difende in sede processuale. Da ultimo, è destituita di fondamento l’eccezione di tardività in relazione all’adozione del provvedimento di aggiudicazione provvisoria, che, essendo atto procedimentale non definitivo, non obbliga chi se ne ritenga leso ad impugnarlo. 3. Del pari infondata è l’eccezione spiegata dall’appellante circa l’inammissibilità dell’intervento in prime cure a causa del mancata rispetto del termine fissato dall’art. 50 comma 3 c.p.a., norma non applicabile in ragione della natura di controinteressato sostanziale che deve riconoscersi all’interventore di prime cure. 4. Nessuna della doglianze contenute nel gravame in esame merita di essere accolta. 4.1. La giurisprudenza costante di questo Consiglio, infatti, ha chiarito che il concessionario di un bene demaniale non può vantare se non disposto diversamente nell'atto concessorio alcuna aspettativa al rinnovo del rapporto, per cui il relativo diniego, comunque esplicitato, nei limiti ordinari della ragionevolezza e della logicità dell'agire amministrativo, non necessita di ulteriore motivazione e non implica alcun diritto d'insistenza allorché l'Amministrazione intenda procedere a un nuovo sistema d'affidamento mediante gara pubblica o comunque procedura comparativa pertanto, in sede di rinnovo, il precedente concessionario va posto sullo stesso piano di qualsiasi altro soggetto richiedente lo stesso titolo, con possibilità di indizione di una gara al riguardo senza necessità di particolare motivazione con riferimento alla richiesta di rinnovo Cons. St., Sez. V, 21 novembre 2011, n. 6132 Sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3145 . Nella fattispecie in esame, a fronte della preferenza di chiara derivazione comunitaria per i sistemi di affidamento che consentono l’affidamento di beni pubblici tramite il ricorso al mercato, non si registra la presenza nell’art. 7 del Regolamento comunale di alcun autovincolo in capo all’amministrazione tale da obbligarla a rimuoverlo prima di utilizzare strumenti di assegnazione del bene di tipo competitivo. La norma suddetta, infatti, si limita a descrivere come permanenti le occupazioni di carattere stabile, rinnovabili alla scadenza con il pagamento del canone della concessione e suppone che l’amministrazione non manifesti l’intento, come nel caso in esame, di escludere la possibilità di rinnovo. Né può dirsi presente una lesione dell’affidamento in capo al concessionario o uno scostamento dal principio della proporzionalità dell’azione amministrativa nel tener conto degli interessi del privato. Infatti, l’amministrazione proprio per consentire allo stesso di terminare la concessione in modo adeguato prevedeva che la stessa terminasse non il 31 dicembre 2010, ma il successivo 31 marzo 2011, termine coincidente con la conclusione del procedimento di evidenza pubblica. Del pari manifestamente infondato è il paventato travisamento dei fatti in ordine all’uso più idoneo dell’are oggetto della concessione, giacché l’odierno appellante non fornisce elementi validi per ritenere sussistente il denunciato vizio sintomatico di eccesso di potere. 5. In ragione delle suddette motivazione l’appello deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo nei confronti della parte appellata costituita nulla per le spese nei confronti del Comune, non costituito. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l’appellante Onoranze Funebri Caprulae S.n.c. di Braida Renato & amp C al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di Stebi Puliter S.a.s. di Stefanutto C. & amp C., che liquida in 3.000,00 tremila/00 euro, oltre accessori di legge nulla per le spese nei confronti dell’amministrazione comunale di Caorle, non costituita in giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.