Bando di concorso con limiti di età: nessuno spazio ad interpretazioni alternative

Nessun spazio interpretativo è consentito più rispetto ai limiti di età previsti dal bando di concorso per l’accesso al lavoro pubblico ciò in quanto l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 21/2011, ha già detto l'ultima parola sul significato da attribuire ai diversi termini che l'ente può di volta in volta utilizzare.

E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3703, depositata il 15 luglio 2014. Limiti di età e accesso al lavoro pubblico. All'attenzione della Sezione, l'esclusione dell'interessato dalla partecipazione al concorso a 6 posti di vigile urbano indetto da un comune campano causa il superamento del limite di età di 41 anni alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione. Nella sentenza in esame il Collegio ha avuto gioco facile nel decidere a proposito della questione posta ciò in quanto ha argomentato sul solco tracciato dall'Organo di nomofilachia. L'Adunanza generale, a proposito della pluralità di termini che possono essere utilizzati per definire il limite indicato nei bandi di concorso, ha affermato che Scatta il nuovo anno. - il compimento di un anno di vita, e dunque il raggiungimento di una determinata età, si realizza allorquando il suddetto anno è stato interamente vissuto, sicché il limite di età indicato quale requisito di ammissione deve intendersi superato alla mezzanotte del giorno del compleanno Scadenza del bando. - la fissazione di un determinato limite anagrafico nel bando, mediante l’impiego dell’espressione non superiore a , è concettualmente equivalente” al riferimento al compimento” dell’anno e ciò perché si compie un anno di vita al passaggio di 365 giorni dalla nascita, sicché si supera il limite di età indicato quale requisito di ammissione nello stesso giorno in cui si compiono, e quindi si esauriscono, gli anni indicati nella clausola della lex specialis Ad ulteriore chiarimento, l’Adunanza plenaria ha statuito che superare e compiere un determinato limite di età vanno intese quali espressioni concettualmente fungibili, entrambe evocando la conclusione”, l’ esaurimento”, l’ ultimazione” di un determinato anno, il che accade comunque alla mezzanotte del giorno del compleanno . Il principio espresso dall’organo di nomofilachia è applicabile al caso oggetto del giudizio all'attenzione del Collegio nel caso specifico, posto che il bando in contestazione aveva previsto il limite anagrafico di 41 anni, mediante il riferimento ad una età non superiore , che l'interessato aveva pacificamente superato alla scadenza del termine per presentare domanda di partecipazione al concorso.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 15 maggio – 15 luglio 2014, n. 3703 Presidente Romeo – Estensore Ungari Fatto e diritto 1. L’appellante è cittadino albanese non ancora maggiorenne, nel 2002, a seguito di ricongiungimento familiare col padre, è giunto in Italia, dove tuttora vivono, oltre ai genitori, i due fratelli e la sorella. Ha proposto ricorso gerarchico avverso il provvedimento del Questore di Grosseto in data 27 giugno 2012, con cui è stata respinta la sua istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, a causa della mancata sottoposizione ai rilievi fotodattiloscopici, della mancata consegna delle fototessere e della omessa dimostrazione del possesso di un adeguato reddito da fonte lecita ha lamentato in quella sede che non fossero state considerati i legami familiari. 2. Con provvedimento prot. 40076 in data 1 dicembre 2012, il Prefetto di Grosseto ha respinto il ricorso, affermando la non rilevanza dei legami familiari, posto che il ricorrente non risultava al momento convivente con alcuno di loro e costituiva quindi una singola famiglia”, mentre l’art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, è volto a tutelare l’integrità dei nuclei familiari, caratterizzati dalla convivenza. 3. Il TAR Toscana, con la sentenza appellata II, n. 685/2013 , ha respinto l’impugnazione del rigetto, affermando che la non convivenza con i parenti - e quindi l’uscita del ricorrente dal nucleo familiare, la salvaguardia dell’unità del quale costituisce la ratio dell’art. 5, comma 5, cit. - giustifica il rilievo ostativo attribuito dalla Prefettura alla mancanza di reddito. 4. Nell’appello, lo straniero ribadisce che - i vincoli familiari non possono ridursi al mero dato formale della convivenza sotto lo stesso tetto - occorreva, in applicazione dell’art. 5, comma 5, cit., una seria istruttoria in ordine alla natura ed alla effettività dei vincoli familiari in Italia, all’inesistenza di legami familiari e sociali col paese di origine, alla lunga durata della permanenza in Italia - in realtà, si era trasferito dal fratello poi, quando quest’ultimo ha lasciato l’abitazione per trasferirsi in un’altra, è tornato dai genitori, con i quali risiede tuttora - dopo aver lavorato regolarmente per anni, versa in stato di disoccupazione solo a causa della vicenda relativa al rinnovo del permesso di soggiorno, ma per lui è immediatamente disponibile un contratto di lavoro presso la ditta edile dello zio. 5. Con ordinanza n. 352/2014, questa Sezione ha sospeso l’esecutività della sentenza. 6. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto. 6.1. Alla luce delle motivazioni del rigetto del ricorso gerarchico, deve ritenersi che la Prefettura abbia attribuito rilievo ostativo sostanziale soltanto alla mancanza di un adeguato reddito proprio. La giurisprudenza di questa Sezione ha chiarito che, ai sensi dell’art. 5, del d.lgs. 286/1998, il possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero e del suo nucleo familiare costituisce condizione soggettiva non eludibile, perché attiene alla sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale, sotto il profilo della capacità di offrire un’adeguata contropartita in termini di lavoro e quindi di formazione del prodotto nazionale e partecipazione fiscale alla spesa pubblica, nonché della garanzia che il cittadino extracomunitario non si dedichi ad attività illecite o criminose cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 9 aprile 2014, n. 1687 . 6.2. Tuttavia, ai sensi del secondo periodo del comma 5, dell’articolo 5 del d.lgs. 286/1998, Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”. Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Sezione cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 29 aprile 2014 n. 2207 29 gennaio 2014, n. 457 - la previsione, introdotta nel citato comma 5, ad opera del d.lgs. 5/2007, in attuazione della direttiva comunitaria sulla tutela dell’unità familiare dei migranti, nell’attribuire rilevanza ai legami famigliari ed alla intensità e durata dell’inserimento dello straniero nella società italiana, ha trasformato da vincolato in discrezionale il diniego del permesso di soggiorno, per le ipotesi in cui sussistano quei presupposti che, in linea generale, ai sensi dei precedenti commi dell’art. 5 e del precedente art. 4, risulterebbero altrimenti tassativamente ostativi - detta previsione a tutela dell’unità familiare, anche se testualmente si riferisce agli stranieri che abbiano esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o siano essi stessi familiari ricongiunti, a seguito della sentenza additiva della Corte Costituzionale 18 luglio 2013, n. 202, si applica anche allo straniero che abbia legami familiari nel territorio dello Stato” vale a dire, anche ai nuclei familiari che abbiano quella stessa composizione che, occorrendo, legittimerebbe una procedura di ricongiungimento, ma che non abbiano avuto bisogno di ricorrervi, in quanto riuniti ab origine. 6.3. In particolare, per quanto concerne la situazione in cui sembra versare l’odierno appellante, è stato sottolineato che i legami familiari” rilevanti sono quelli indicati dall’art. 29 del d.lgs. 286/1998 e, a monte, dalla direttiva comunitaria n. 86/2003 con la precisazione che non è necessaria la convivenza, dal momento che il dispositivo della sentenza della Corte Costituzionale n. 202/2013 si riferisce ai legami familiari nel territorio dello Stato”, e non ai soli familiari conviventi e che nel rapporto tra genitori e figli non necessita che i figli siano attualmente minorenni, perché se è vero che sono ricongiungibili solo i figli minorenni, è anche vero che la citata sentenza non fa riferimento alle persone che presentino attualmente” i requisiti del ricongiungimento, ma anche a quelle che a tempo opportuno avrebbero avuto titolo al ricongiungimento, ma non abbiano avuto necessità di avvalersene cfr. Cons. Stato, III, 3 gennaio 2014 n. 1 . 6.4. Quanto esposto smentisce che l’interpretazione restrittiva data dal TAR Toscana - che si risolve nel ridurre i legami rilevanti a quelli esistenti all’interno del nucleo familiare composto dai soli conviventi - sia aderente al dato normativo, come interpretato dalla Corte Costituzionale. Nel caso in esame, la distonia di detta interpretazione rispetto alla ratio di tutela dei legami familiari, sopra ricordata, appare poi evidente se si considera che l’appellante ha precisato di essersi trasferito dal fratello nel 2008 e di essere rientrato dai genitori con i quali tuttora vive allorché il fratello ha lasciato l’abitazione per trasferirsi in un’altra con moglie e figli, e che entrambi i nuclei familiari risiedono nella frazione di Marina di Grosseto e quindi, tenuto conto che la frazione conta circa 600 abitanti, appartengono allo stesso contesto sociale . 6.5. In conclusione, in riforma della sentenza appellata il ricorso di primo grado va accolto, con annullamento del provvedimento impugnato, salvo il potere-dovere dell’Amministrazione di riesaminare la situazione dell’appellante, secondo i criteri di cui all’art. 5, comma 5, secondo periodo, del d.lgs. 286/1998. 7. Considerato che la portata applicativa della disciplina è frutto di evoluzione della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento impugnato. Compensa le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.