Condono edilizio negato se l'intervento riguarda una trasformazione urbanistica

Ha ragione, quindi, il Comune che non ammette la procedura di condono quando gli abusi commessi hanno determinato di fatto un mutamento della destinazione d’uso di una area avente rilievo urbanistico. Ciò in quanto l’accoglimento della istanza di condono avrebbe comportato la sottrazione alle scelte pianificatorie spettanti all’autorità comunale preposta. Perché una superficie di oltre 4.000 metri quadri nell’ambito della zona destinata ad attività agricole in base al vigente strumento urbanistico generale ed invece utilizzata come area di deposito di materiali edili non è fatto irrilevante. L’art. 31 l. n. 47/1985, cui rinvia l’art. 39 l. n. 724/1994, consente infatti di ottenere il titolo in sanatoria per costruzioni o altre opere e non già per intere aree aventi rilievo dal punto di vista urbanistico.

E’ quanto deciso dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3700, depositata il 15 luglio 2014. Casi di esclusione. Diversamente da quanto aveva assunto l'interessato, le ipotesi previste al n. 4 della tabella allegata alla citata legge sul primo condono edilizio, accomunate ai fini della dell’oblazione, consistono in opere non comportanti aumenti di superficie o volume, interventi di ristrutturazione edilizia ed opere comportanti un mutamento di destinazione d’uso, le quali presuppongono evidentemente che esse siano state realizzate su manufatti specifici e ben definiti dal punto di vista edilizio. Inoltre, in relazione a quest’ultima ipotesi è quindi sopraggiunta la norma interpretativa, contenuta nell’art. 2, comma 53, l. n. 662/1992, in modo da farvi rientrare il c.d. mutamento d’uso funzionale, realizzato cioè senza opere . Si tratta in ogni caso di opere circoscritte ad una singola costruzione o ad altre opere edilizie a questa assimilabili. Destinazione d’uso. Non è giovato all'interessato, quindi, richiamare l’art. 2 l. reg. n. 19/ 1992 Disposizioni di attuazione degli articoli 7, 8 e 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni in materia di abusivismo edilizio , giacché questa è una norma meramente definitoria, la quale specifica che per destinazione d’uso di un area o di un edificio deve intendersi il complesso di funzioni ammesse dallo strumento urbanistico per l'area o per l'edificio , ai fini della semplificazione delle procedure di autorizzazione di mutamenti di destinazione d’uso, ai sensi dell’art. 25 della legge statale. E' anche infondato, a giudizio del Collegio, il richiamo all’art. 7, comma 2, lett. b , d.l. n. 9/1982, giacché l’autorizzazione in essa prevista si riferisce ad occupazioni di suolo mediante deposito di materiali conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti , con ciò confermando la non assentibilità di interventi di entità tale da comportare una trasformazione urbanistica e un ‘consumo di suolo’ in fattispecie non espressamente previste dalla legge. Peraltro, secondo la Sezione, non sussiste alcuna contraddittorietà tra il diniego di condono e l’ordine di ripristino delle aree, giacché, come aveva evidenziato il giudice di primo grado, la trasformazione urbanistica abusiva è stata realizzata nel caso di specie attraverso opere edili, consistenti nella realizzazione di un piazzale in cemento, di cui del tutto legittimamente il Comune ha ordinato la rimozione, ai sensi dell’art. 7 l. n. 47/1985. Cosa si intende per nuova costruzione? Occorre al riguardo evidenziare che sono tra gli altri considerati nuova costruzione , ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e , t.u. edilizia di cui al d.P.R. n. 380/2001 gli interventi di trasformazione urbanistica comportanti la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato punto e.7 . Tale previsione recepisce un costante indirizzo del Consiglio di Stato, applicabile anche precedentemente all’entrata in vigore del d.P.R. n. 380/2001, da ultimo espresso nella sentenza di questa Sezione sent. n. 2450/2012 negli stessi termini, in precedenza, nn. 7343/2005 7324/2004 . Ne consegue che a fortiori è qualificabile come opera edile la realizzazione di un piazzale in cemento, la quale determina un ‘consumo di suolo’ con una cementificazione che si sostituisce al piano naturale di campagna e dunque una trasformazione tendenzialmente irreversibile di quest’ultimo.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 14 maggio – 15 luglio 2014, n. 3700 Presidente Maruotti – Estensore Franconiero Fatto Con la sentenza appellata il TAR Lombardia – sez. staccata di Brescia respingeva l’impugnativa n. 1141 del 1999, proposta dal sig. V. R. avverso due dinieghi di condono ex art. 39 l. n. 724/1994 Misure di razionalizzazione delle finanza pubblica” , emanati dal Comune di Caravaggio note nn. 17327 e 17328 del 20 maggio 1999 in relazione ad opere edili da lui realizzate sul compendio immobiliare di sua proprietà sito in via Pirolo, censito al mappale n. 2159, ubicato in area omogenea E agricola in base al vigente piano regolatore generale. Le domande respinte, presentate il 28 febbraio 1995, erano dirette a sanare il mutamento di destinazione d’uso, da agricola ad artigianale, di un’area utilizzata come deposito di materiali edili della superficie di 3325 mq istanza n. 4574 e di un’altra area impiegata per la lavorazione dei medesimi materiali dell’estensione di 875 mq istanza n. 4575 , sulla quale era già stato realizzato un piazzale in cemento. Il Comune di Caravaggio aveva addotto alla base dei due dinieghi, e del conseguente ordine di ripristino dello stato dei luoghi, la non riconducibilità del mutamento di destinazione d’uso mediante l’occupazione di suolo” tra le ipotesi di abuso suscettibile di concessione in sanatoria ai sensi della l. n. 47 del 1985 Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia” . Giova peraltro precisare che - contestualmente all’emissione dei dinieghi impugnati - l’amministrazione rilasciava invece la sanatoria concessione edilizia n. 73 del 1° luglio 1995 , richiesta contestualmente dal medesimo sig. R., per il fabbricato adiacente alle predette aree di superficie di 200 mq istanza n. 4576 . Nel respingere tutte le censure articolate dal ricorrente, il giudice di primo grado affermava che del tutto legittimamente l’amministrazione aveva negato la sanatoria, visto che - la stessa avrebbe comportato, in assenza di una previsione di piano regolatore, un mutamento di destinazione urbanistica, non condonabile - l’ordine di riduzione in ripristino era relativo all’opera edile rappresentata dal detto piazzale” - non poteva essere invocata la concessione edilizia in sanatoria rilasciata per il mutamento di destinazione d’uso del fabbricato, perché ben diverso è l’oggetto dell’invocata concessione edilizia”, rientrando l’abuso sanato in quelli condonabili - la motivazione dei provvedimenti impugnati conteneva una esauriente esternazione dei presupposti di fatto a giuridici a sostegno degli stessi. Il sig. R. ha proposto appello, chiedendo che, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia accolto. Si è costituito in resistenza il Comune di Caravaggio. All’udienza del 14 maggio 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione. Diritto Con una prima censura, il sig. R. deduce che il Comune di Caravaggio ed il giudice di primo grado avrebbero travisato l’oggetto della domanda di condono. Sul punto, egli ribadisce che gli abusi consistono in mutamenti di destinazione d’uso delle aree agricole conseguenti alla realizzazione di un piazzale in cemento e del deposito su parte di esso di materiali, e dunque in opere edili che sarebbero condonabili ai sensi dell’art. 39 l. n. 724 del 1994. L’appellante contesta inoltre che le opere in questione possano essere qualificate come mera occupazione di suolo mediante deposito di materiali edili, deduce la natura edilizia della formazione del piazzale in cemento e rileva che anche l’occupazione di suolo secondo le sopra esposte modalità costituirebbe una attività all’epoca assoggettato ad autorizzazione edilizia, previo accertamento della loro conformità ai vigenti strumenti urbanistici, ai sensi dell’art. 7, comma 2, lett. b , d.l. n. 9 del 1982 Norme per l'edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti” , conv. con l. n. 94 del 1982. Con un secondo motivo, l’appellante ribadisce che, diversamente da quanto ritenuto dal TAR, i dinieghi impugnati sarebbero carenti di motivazione, non avendo il Comune di Caravaggio specificato le disposizioni di legge sul condono edilizio ostative al rilascio della sanatoria. Nel terzo motivo, egli reitera la censura di contraddittorietà degli atti impugnati, sul rilievo che gli stessi da un lato hanno negato l’esistenza di opere edili sanabili e dall’altro lato hanno ordinato ai sensi dell’art. 7 l. n. 47 del 1985 di ripristinare lo status quo, presupponendone dunque l’esistenza. Con una quarta censura, l’appellante reitera l’assunto secondo cui, contrariamente a quanto ritenuto dall’amministrazione, il mutamento di destinazione d’uso senza opere edilizie rientrerebbero tra le tipologie di abusi sanabili di cui alla tabella 4 allegata alla l. n. 47 del 1985, come confermato dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 2, comma 53, d.l. n. 662 del 1996 e come riconosciuto dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato. Con il quinto motivo, il sig. R. ripropone la censura di ingiustizia manifesta, sottolineando che per il fabbricato materialmente adiacente e funzionalmente connesso alle aree è stata rilasciata la concessione in sanatoria richiesta. Così riassunte le censure dell’appello, il Collegio ritiene che nessuna di esse sia fondata. Con riguardo alla prima ed alla quarta, che possono essere esaminate congiuntamente, stante la loro stretta connessione, il TAR ha correttamente accertato l’oggetto della domanda di condono e sulla base di esso è condivisibilmente pervenuto alla conclusione secondo cui gli abusi commessi dall’odierno appellante hanno determinato di fatto un mutamento della destinazione d’uso di una area avente rilievo urbanistico, mentre l’accoglimento della istanza di condono avrebbe comportato la sottrazione alle scelte pianificatorie - spettanti all’autorità comunale preposta - una superficie di oltre 4.000 metri quadri nell’ambito della zona destinata ad attività agricole in base al vigente strumento urbanistico generale. L’art. 31 l. n. 47/1985, cui rinvia l’art. 39 l. n. 724/1994, consente invece di ottenere il titolo in sanatoria per costruzioni” o altre opere” e non già per intere aree aventi rilievo dal punto di vista urbanistico. Diversamente da quanto assume l’appellante, inoltre, le ipotesi previste al n. 4 della tabella allegata alla citata legge sul primo condono edilizio, accomunate ai fini della dell’oblazione, consistono in opere non comportanti aumenti di superficie o volume, interventi di ristrutturazione edilizia ed opere comportanti un mutamento di destinazione d’uso, le quali presuppongono evidentemente che esse siano state realizzate su manufatti specifici e ben definiti dal punto di vista edilizio. Inoltre, in relazione a quest’ultima ipotesi è quindi sopraggiunta la norma interpretativa, invocata dal sig. R., contenuta nell’art. 2, comma 53, l. n. 662/1992, in modo da farvi rientrare il c.d. mutamento d’uso funzionale, realizzato cioè senza opere”. Pertanto, si tratta in ogni caso di opere circoscritte ad una singola costruzione o ad altre opere edilizie a questa assimilabili. Non giova al sig. R. richiamare l’art. 2 l. reg. n. 19 del 1992 Disposizioni di attuazione degli articoli 7, 8 e 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni in materia di abusivismo edilizio” , giacché questa è una norma meramente definitoria, la quale specifica che per destinazione d’uso di un area o di un edificio deve intendersi il complesso di funzioni ammesse dallo strumento urbanistico per l'area o per l'edificio”, ai fini della semplificazione delle procedure di autorizzazione di mutamenti di destinazione d’uso, ai sensi dell’art. 25 della legge statale. Va pure respinto, perché infondato, il richiamo all’art. 7, comma 2, lett. b , d.l. n. 9 del 1982, giacché l’autorizzazione in essa prevista si riferisce ad occupazioni di suolo mediante deposito di materiali conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti”, con ciò confermando la non assentibilità di interventi di entità tale da comportare una trasformazione urbanistica e un ‘consumo di suolo’ in fattispecie non espressamente previste dalla legge. Anche la censura di difetto di motivazione non è fondata, perché la ragione alla base dei dinieghi è chiaramente percepibile, in particolare laddove i provvedimenti impugnati fanno riferimento alla diversa utilizzazione dell’area in oggetto”. Dell’infondatezza di questa censura si trae conferma dal fatto che l’appellante ha potuto articolare in questo giudizio specifiche censure di legittimità nei confronti dei dinieghi, avendo in particolare mostrato di comprendere che essi si sono fondati sulla trasformazione urbanistica dell’area da egli realizzata e sulla violazione di specifiche disposizioni di legge. Non sussiste del pari alcuna contraddittorietà tra il diniego di condono e l’ordine di ripristino delle aree, giacché, come già evidenziato dal giudice di primo grado, la trasformazione urbanistica abusiva è stata realizzata nel caso di specie attraverso opere edili, consistenti nella realizzazione di un piazzale in cemento, di cui del tutto legittimamente il Comune di Caravaggio ha ordinato la rimozione, ai sensi dell’art. 7 l. n. 47 del 1985. Occorre al riguardo evidenziare che sono tra gli altri considerati nuova costruzione”, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e , t.u. edilizia di cui al d.p.r. n. 380/2001 gli interventi di trasformazione urbanistica comportanti la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato” punto e.7 . Tale previsione recepisce un costante indirizzo di questo Consiglio di Stato, applicabile anche precedentemente all’entrata in vigore del d.p.r. n. 380 del 2001, da ultimo espresso nella sentenza di questa Sezione 27 aprile 2012, n. 2450 negli stessi termini, in precedenza, sentenze 22 dicembre 2005, n. 7343 e 11 novembre 2004, n. 7324 . Ne consegue che a fortiori è qualificabile come opera edile la realizzazione di un piazzale in cemento, la quale determina un ‘consumo di suolo’ con una cementificazione che si sostituisce al piano naturale di campagna e dunque una trasformazione tendenzialmente irreversibile di quest’ultimo. Inoltre, per le ragioni sinora esposte circa l’ambito di applicazione del condono edilizio, non sussiste l’ingiustizia lamentata nel quinto motivo, giacché diversa è la situazione del fabbricato in relazione al quale la sanatoria è stata rilasciata rispetto alle aree per le quali è stata rilasciata la sanatoria posta in comparazione. D’altra parte, in considerazione della natura vincolata del diniego di condono, quando risulti in contrasto con la legge, va comunque considerato irrilevante quanto è avvenuto all’esito di istanze riguardanti altri abusi. In conclusione, l’appello deve essere respinto. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta , definitivamente pronunciando sull'appello n. 7404 del 2003, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l’appellante signor R. V. a rifondere al Comune di Caravaggio le spese del secondo grado della causa, liquidate in € 4.000,00, oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.