“D.I.A. illegittima”: dopo i canonici 30 giorni, è solo possibile una motivata autotutela

Nel caso di interventi edilizi sottoposti a D.I.A realizzati in assenza dei necessari presupposti, il Comune può esercitare i previsti poteri di controllo, di inibizione e sanzionatori solo entro il termine di trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori. Decorso tale termine, in capo al Comune residua il solo potere di autotutela, da esercitare congruamente e previa adeguata motivazione.

E’ quanto statuito dal Tar Lazio, sez. Latina I, nella sentenza 1° aprile 2014, n. 269. Il tardivo esercizio del potere di controllo . Il signor A.M.S., proprietario di un terreno con annesso fabbricato, presentava denuncia di inizio attività per una recinzione metallica, sorretta da paletti in ferro infissi al terreno per un’altezza massima di metri 1,50. Prima dell’avvio dei lavori, il perito di fiducia del proprietario denunciante ed il tecnico comunale effettuavano un sopralluogo, al fine di verificare il preciso confine di proprietà. In tale sede, il tecnico comunale segnalò la necessità di procedere ad alcuni spostamenti, relativi sia alla rete metallica che al posizionamento dei paletti, ma non avanzò alcuna contestazione in tema di rispetto di confini. Tuttavia, a distanza di oltre due anni dalla presentazione della D.I.A., il Comune emanò un'ordinanza, con la quale, contestando l'occupazione della sede stradale comunale posta in essere con l'intervento edilizio, ordinò la rimozione dei paletti. E' importante precisare che tale provvedimento di rimozione venne esercitato facendo esplicito riferimento ai poteri di controllo ed inibitori, tipici della D.I.A., come previsti dalla vigente normativa in materia. Avverso tale provvedimento, insorse il privato, lamentando la violazione dell’art. 23, comma 6, d.p.r. n. 380/2001, essendo il provvedimento impugnato intervenuto dopo due anni e, quindi, abbondantemente oltre il termine di 30 giorni dalla presentazione della D.I.A I poteri di intervento del Comune. Occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 23, comma 1°, del già richiamato d.p.r. n. 380/2001, il proprietario dell'immobile, o altro soggetto avente titolo, può presentare la Denuncia di Inizio Attività, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali. La relazione esplica una precisa funzione, che è quella di asseverare - la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati - il non contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti - il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. A questo punto, il competente tecnico del Comune ha, innanzitutto, il dovere di verificare le effettive condizioni di disponibilità del bene, sul quale sono destinate ad incidere le opere, essendo il diritto reale sul bene una condizione di legge per poterne disporre Tar Calabria, sez. Reggio Calabria, n. 486/2012 . Indi, il Responsabile comunale, ai sensi del citato art. 23, deve controllare - che la D.I.A. con i suoi documenti allegati, sia conforme tanto alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, quanto alle norme di sicurezza ed a quelle igienico-sanitarie - l’autenticità e la veridicità delle autocertificazioni, delle attestazioni, delle asseverazioni e delle certificazioni di tecnici abilitati relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge in sostituzione degli atti o dei pareri di organi o di enti appositi, o dell’esecuzione di verifiche preventive, la cui acquisizione sia prevista dalla normativa vigente. Ove entro il termine di trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, il Responsabile comunale deve notificare all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, deve informare l'autorità giudiziaria, cioè la Procura della Repubblica per i profili di responsabilità penale, ed il consiglio dell'ordine di appartenenza per i profili di responsabilità disciplinare. L’autotutela in sede di DIA. Questi poteri di intervento inibitorio e sanzionatorio possono essere esercitati solo entro il predetto termine dei 30 giorni. Su tale profilo, si incentrano le argomentazioni del ricorso, presentato dal signor A.M.S Il Tar condivide la censura avanzata ed accoglie il ricorso, evidenziando che, dopo i trenta giorni, il Comune può solo intervenire attivando il ben distinto potere di autotutela. Occorre ricordare che, con riferimento alla D.I.A. in campo edilizio non sembra applicabile l'istituto della revoca, disciplinato dall'art. 21- quinquies legge n. 241/1990, dal momento che ad essa deve essere riconosciuto carattere irrevocabile, analogamente a quanto disposto, in tema permesso di costruire, dall'art. 11, comma 2, terzo periodo, d.p.r. n. 380/2001. Di conseguenza, occorrerà limitarsi al solo annullamento d’ufficio”, quale unico atto di autotutela. Orbene, i presupposti per l'esercizio del potere di autotutela devono essere rinvenuti all'art. 2- nonies , comma 1, legge n. 241/1990, che, oltre all'illegittimità del provvedimento, richiede lasussistenza di un interesse pubblico, il rispetto di untermine ragionevoleed ilcontemperamento con gli interessi dei destinatari ossia il denunciante e dei controinteressati i soggetti che hanno interesse a che l'attività edilizia assentita con D.I.A. non sia posta in essere . Il provvedimento di annullamento in autotutela costituisce una tipica manifestazione della discrezionalità dell'amministrazione, che non è obbligata a ritirare gli atti illegittimi o inopportuni in quanto tali, ma deve valutare, di volta in volta, se esista un concreto ed essenziale interesse pubblico alla loro eliminazione, diverso dal semplice ristabilimento della legalità violata. Tale interesse pubblico non viene, ovviamente, esplicitato a priori dal richiamato art. 21- nonies , ma deve essere ricavato dalla stessa amministrazione, caso per caso, attraverso un'attività di comparazione tra l'interesse pubblico e gli interessi dei destinatari del provvedimento, nonché degli eventuali altri soggetti cointeressati ” Tar Campania, sez. Napoli, VII, n. 626/2013 . In tale ordine di idee, si inserisce l’analisi del Tar Latina, il quale evidenzia che i poteri inibitori e sanzionatori, previsti dal comma 6° del predetto art. 23 ordine motivato di non effettuare il previsto intervento possono essere esercitati solo entro il già richiamato termine di trenta giorni. Decorso tale termina, siffatti poteri si esauriscono e residua il solo potere di autotutela. Purtroppo, il provvedimento di rimozione è stato adottato dal Responsabile comunale esercitando, non il potere di autotutela, ammesso nei limiti dei suoi presupposti, ma facendo esplicito riferimento ai poteri di controllo ed inibitori, tipici della D.I.A Ma, tali poteri si sono dissolti con lo spirare dei 30 giorni e, dunque, il provvedimento non può che essere annullato, con conseguente accoglimento del ricorso.

TAR Lazio, sez. I Latina, sentenza 6 febbraio – 1° aprile 2014, n. 269 Presidente Corsaro – Estensore Marra Fatto e diritto Con ricorso notificato il 14.12.2007, tempestivamente depositato, il sig. Angelo Maria Sarra premette in punto di fatto di essere proprietario di un terreno con entrostante fabbricato nel territorio del Comune di Pescosolido, località Case Cantenne, riportato in catasto al foglio 16, particella 1047 che in data 18.11.2005 depositava presso il Comune di Pescosolido denuncia d’ inizio di attività per ”recinzione provvisoria in rete metallica, sorretta da paletti in ferro infissi al terreno per un’altezza massima di mt 1,50”. Soggiunge il ricorrente che, anteriormente all’avvio dei lavori il perito di fiducia, ed il tecnico comunale effettuavano un sopralluogo per accertare l’esatta confine della proprietà che in tale occasione il tecnico comunale pretese alcuni spostamenti sia per la rete metallica che per il posizionamento dei paletti Con l’impugnata ordinanza il Comune intimato contestava al ricorrente l’asserita occupazione della sede stradale, non contestata in sede di sopralluogo. Avverso i provvedimenti in epigrafe indicati è stato proposto il presente ricorso, con cui sono stati dedotti vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili. Il comune di Pescosolido non si è costituito in giudizio Alla pubblica udienza del 6 febbraio 2014 la causa in decisione. Oggetto del presente giudizio è l’ordinanza comunale prot. n. 23/2007, con cui il Responsabile dell’Ufficio tecnico del comune intimato ha intimato al ricorrente la immediata sospensione dei lavori ed il ripristino dei luoghi. Lamenta anzitutto il deducente la violazione dell’articolo 23, 6 comma, del d.p.r. 380/01, essendo il provvedimento impugnato intervenuto dopo che era maturato il termine di 30 giorni dalla presentazione della D.I.A. di. Secondo quanto sostenuto dall’istante il comune di Pescosolido avrebbe ricevuto la denunzia d’inizio attività il 18.11.2005, laddove, gli impugnati provvedimenti inibitori sarebbero intervenuti a distanza di oltre due anni dalla presentazione della D.I.A., circostanza che avrebbe comportato il perfezionamento del provvedimento tacito di assentimento, rimovibile solo con atto di autotutela di secondo grado. Detto ordine d’idee deve essere pienamente condiviso. Osserva, anzitutto, il Collegio che, la D.I.A. è stata introdotta disciplinata, in via generale, dall’art. 19 della 7 agosto 1990, n. 241 e, con riferimento alla materia edilizia, dagli artt. 22 e 23 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Dispone, in particolare, l’art. 23, comma 1, d.P.R. n. 380/2001 che il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Il comma 6 del medesimo articolo aggiunge che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. E' comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. Se non è quindi contestabile che l’amministrazione conservi poteri di controllo, di inibizione e sanzionatori, se difettano i presupposti per la d.i.a., tuttavia tali poteri vanno esercitati nelle forme dell’autotutela. Nel caso di specie, l’amministrazione non ha esercitato alcun potere inibitorio entro il termine legale di trenta giorni dal deposito della d.i.a, di tal che gli atti adottati ed impugnati con il presente ricorso sono illegittimi. In conclusione il ricorso deve essere accolto, potendo restare assorbiti i motivi non espressamente esaminati. Le spese seguono la soccombenza e sono quantificate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie. Condanna il Comune di Pescosolido a corrispondere al ricorrente la somma di €. 700,00 per spese ed onorari di difesa. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.