Prelievo fiscale, ma quale organo è competente?

E’ riservata all’organo di indirizzo politico-amministrativo l’individuazione dei tributi e le linee fondamentali della politica fiscale e del sistema tributario dell’Ente.

È quanto emerso dalla sentenza n. 1423/14 del Consiglio di Stato, depositata il 24 marzo scorso. Il caso. La Giunta decide di introdurre la maggiorazione sull’addizionale dell’accisa per l’energia elettrica ai sensi dell’art. 2, comma 2- bis , d.l. n. 225/2010 Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.”, conv. con modificazioni dalla l. n. 10/2011 ma alcuni cittadini impugnano il provvedimento. Il TAR adito accoglieva la censura di incompetenza della giunta comunale, assorbendo le restanti. Affermava, infatti, che la maggiorazione avrebbe potuto essere deliberata dal consiglio comunale, al quale è devoluta, in virtù dell’art. 42, comma 1, lett. f , t.u.e.l., la competenza in ordine alla istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote . Puntualizzava al riguardo che nel caso della maggiorazione contestata si tratta della determinazione relativa all'istituzione o meno di un nuovo prelievo fiscale, consistente nella maggiorazione all'addizionale, e non già della variazione dell’aliquota di addizionale da applicare . Determinazione delle aliquote di imposte? Ma il Comune di Vico Equense, che non si era costituito in primo grado, decide di proporre appello, sostenendo che la maggiorazione contestata rientra nell’ipotesi determinazione delle aliquote di imposte già istituite, testualmente eccettuata dalla tassativa competenza consiliare ai sensi della citata lett. f . Ed il Consiglio di Stato ha dato ragione al Comune. Ciò in quanto l’art. 42, comma 1, lett. f , t.u.e.l. esclude dalla competenza del consiglio comunale la materia di tributi la determinazione delle relative aliquote . E la formulazione letterale della norma è chiara, così come la relativa ratio . Quest’ultima, infatti, afferma la sezione, consiste nel riservare all’organo di indirizzo politico-amministrativo l’individuazione dei tributi e dunque le linee fondamentali della politica fiscale e del sistema tributario dell’ente. Ma in queste linee fondamentali non rientra certamente la determinazione delle aliquote di tributi già istituiti, le cui decisioni attengono non già all’ an del tributo medesimo, ma alla quantum del prelievo di ricchezza con esso determinato. Le scelte relative a questo secondo profilo non attengono alla definizione dell’indirizzo politico-amministrativo in materia fiscale, ma sono strettamente connesse ai vincoli ed agli obiettivi di bilancio e, nel caso di specie, alla copertura del costo del servizio di gestione dei tributi. Si tratta dunque di decisioni di chiara matrice gestionale, che la norma di legge in esame ha coerentemente devoluto all’organo esecutivo di vertice dell’ente comunale, titolare del potere di iniziativa in materia di programmazione economico-finanziaria e di politica di bilancio art. 174 t.u.e.l. . Ha errato, pertanto, il Giudice di primo grado nel ritenere che la maggiorazione contestata consiste in un nuovo prelievo fiscale , anche se il termine risulta in realtà impiegato dal giudice di primo grado in una accezione atecnica. La locuzione prelievo fiscale è ambigua, almeno dal punto di vista giuridico. La locuzione prelievo fiscale ha infatti un suo significato compiuto nell’ambito di discipline economico-finanziarie quali in particolare la scienza delle finanze, ma dal punto di vista giuridico presenta ambiguità. Da quest’ultimo punto di vista invece – l’unico che rilevava nel procedimento oggetto del ricorso - non vi è dubbio che la maggiorazione consisteva non già in un tributo nuovo, ma in una variazione quantitativa di uno già istituito, rientrando dunque nel caso testualmente sottratto alla competenza consiliare dalla ridetta lett. f dell’art. 42, comma 1, d.lgs. n. 267/2000.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 18 febbraio – 24 marzo 2014, n. 1423 Presidente Pajno – Estensore Franconiero Fatto Alcuni cittadini residenti nel Comune di Vico Equense, indicati in epigrafe quali odierni appellati, impugnavano davanti al TAR Campania – sede di Napoli la delibera di giunta n. 118 del 30 agosto 2011, con la quale l’amministrazione comunale aveva introdotto la maggiorazione sull’addizionale dell’accisa per l’energia elettrica ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis, d.l. n. 225/2010 Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.”, conv. con modificazioni dalla l. n. 10/2011 . Il TAR adito accoglieva la censura di incompetenza della giunta comunale, assorbendo le restanti. Affermava che la maggiorazione avrebbe potuto essere deliberata dal consiglio comunale, al quale è devoluta, in virtù dell’art. 42, comma 1, lett. f , t.u.e.l., la competenza in ordine alla istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote”. Puntualizzava al riguardo che nel caso della maggiorazione contestata si tratta della determinazione relativa all'istituzione o meno di un nuovo prelievo fiscale, consistente nella maggiorazione all'addizionale, e non già della variazione dell’aliquota di addizionale da applicare”. Il Comune di Vico Equense, non costituitosi in primo grado, ha proposto appello, nel quale sostiene che la maggiorazione contestata rientra nell’ipotesi determinazione delle aliquote di imposte già istituite, testualmente eccettuata dalla tassativa competenza consiliare ai sensi della citata lett. f . Si sono costituiti in resistenza i cittadini ricorrenti in primo grado, con memoria contenente la riproposizione dei motivi assorbiti dal TAR. Diritto L’appello è fondato. Come osserva l’amministrazione, l’art. 42, comma 1, lett. f , t.u.e.l. esclude dalla competenza del consiglio comunale in materia di tributi la determinazione delle relative aliquote”. La formulazione letterale della norma è chiara, così come la relativa ratio. Quest’ultima consiste nel riservare all’organo di indirizzo politico-amministrativo l’individuazione dei tributi e dunque le linee fondamentali della politica fiscale e del sistema tributario dell’ente. In queste linee fondamentali non rientra certamente la determinazione delle aliquote di tributi già istituiti, le cui decisioni attengono non già all’an del tributo medesimo, ma alla quantum del prelievo di ricchezza con esso determinato. Le scelte relative a questo secondo profilo non attengono alla definizione dell’indirizzo politico-amministrativo in materia fiscale, ma sono strettamente connesse ai vincoli ed agli obiettivi di bilancio e, nel caso di specie, alla copertura del costo del servizio di gestione dei tributi. Si tratta dunque di decisioni di chiara matrice gestionale, che la norma di legge in esame ha coerentemente devoluto all’organo esecutivo di vertice dell’ente comunale, titolare del potere di iniziativa in materia di programmazione economico-finanziaria e di politica di bilancio art. 174 t.u.e.l. . Non può invece essere condiviso quanto affermato dal giudice di primo grado, e cioè che la maggiorazione qui contestata consiste in un nuovo prelievo fiscale”. Il termine risulta in realtà impiegato dal giudice di primo grado in una accezione atecnica. La locuzione prelievo fiscale ha infatti un suo significato compiuto nell’ambito di discipline economico-finanziarie quali in particolare la scienza delle finanze, ma dal punto di vista giuridico presenta ambiguità. Da quest’ultimo punto di vista invece – l’unico che rileva nella presente sede giurisdizionale - non vi è dubbio che la maggiorazione consista non già in un tributo nuovo, ma in una variazione quantitativa di uno già istituito, rientrando dunque nel caso testualmente sottratto alla competenza consiliare dalla ridetta lett. f dell’art. 42, comma 1, d.lgs. n. 267/2000. Devono a questo punto essere esaminati i motivi assorbiti dal TAR e riproposti dagli originari ricorrenti. Con una prima censura questi ultimi si dolgono sostanzialmente del difetto di motivazione di cui sarebbe affetto il provvedimento impugnato, anche in relazione al fatto che la maggiorazione sarebbe stata deliberata senza alcuna effettiva necessità di copertura del servizio di raccolta rifiuti. Con una seconda censura se ne assume il carattere retroattivo, in violazione dell’art. 1, comma 169, l. n. 296/2006 legge finanziaria per il 2007 , in quanto introdotta dalla giunta con delibera n. 118 del 30 agosto 2011 con decorrenza 1° gennaio 2011. Entrambe sono infondate. La delibera in questione costituisce atto di natura normativa e di rango regolamentare, pertanto sottratto ai sensi dell’art. 3, comma 2, l. n. 241/1990 da qualsiasi obbligo di motivazione. Palese è inoltre l’insussistenza della violazione del predetto art. 1, comma 169 della legge finanziaria per il 2007, la quale consente agli enti locali di deliberare le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza anche successivamente all’inizio dell’esercizio”, in questo caso con effetto dal 1º gennaio dell’anno di riferimento”. Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, in cui la maggiorazione è stata deliberata nel corso del 2011 e con effetto dal 1° gennaio del medesimo anno. Nessun effetto retroattivo è dunque configurabile, visto che l’obbligazione relativa a tributi periodici corrisponde all’intero anno nel quale essa matura, ed in coerenza con queste caratteristiche, oltre che con i principi generali in materia tributaria, la citata norma di legge finanziaria autorizza variazioni quantitative prima di tale maturazione. In conclusione, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza di primo grado deve essere respinto il ricorso colà proposto. Le spese di causa, relative al solo grado d’appello, visto che l’amministrazione comunale non si è costituita in primo grado, seguono la soccombenza e per la relativa liquidazione si rinvia al dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna gli appellati a rifondere al Comune di Vico Equense le spese di causa, liquidate in € 4.000,00, oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.